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1-9-2010

 

Da questa sera ci dedicheremo alla preparazione delle conferenze, qualcuno ha già qualche traccia sulla quale lavorare? Cesare, sì?

Intervento: la fantasia del “questo è questo” che rimane per tutta la vita,  mostrare come questa fantasia di onnipotenza che da l’avvio al linguaggio … la necessità di trovare un referente …

Lei deve incominciare dal come si incomincia a parlare, che cosa accade quando il bambino incomincia a parlare, questo può essere più semplice per chi ascolta …

Intervento: trovare un referente che certifichi perché la persona non è sicura …

Sarebbe il caso di fare una serie di passaggi per rendere la cosa più semplice, più comprensibile, per esempio partire dal fatto che il bambino incomincia a parlare a un certo punto, incomincia a parlare perché qualcuno glielo insegna, chi glielo insegna è una persona alla quale a sua volta qualcun altro ha insegnato a parlare, quindi insegnerà a parlare nello stesso modo, cosa succede quando una persona incomincia a parlare, cosa succede? Questo è importante, quali sono gli effetti, le implicazioni di una cosa del genere? Tenendo conto che soltanto gli umani hanno questa prerogativa, cosa succede? Cioè cosa avviene per il bambino che incomincia a parlare in quel momento, sottolineare il fatto che nel momento in cui incomincia a parlare gli si apre di fronte l’universo, mostrare che finché non ha queste informazioni non è in grado di parlare e questo universo che c’è intorno a lui, adesso può anche metterla così, è come se non esistesse. Poi mostrare che da quel momento incomincia a esistere l’universo intero e a questo punto spiegare il perché e lì possono intervenire le cose che diceva prima e vale a dire il modo in cui si avvia il linguaggio, se vuole parlare delle istruzioni va bene, mostrando nei termini più semplici, facendo anche gli esempi della macchina che viene istruita, citare anche Turing giusto per un’auctoritas, il quale mostrava che addestrare una macchina è la stesa cosa che addestrare un bambino, tenendo conto poi di tutte le obiezioni che interverranno e di questo ci occuperemo mano a mano. La paura di essere abbandonati è una fra le tante cose che avvengono quando il linguaggio si avvia, c’è anche ciò di cui lei diceva prima, ma che va detto dopo e cioè che è stato qualcuno a insegnarlo, questo qualcuno che l’ha insegnato è stato anche il qualcuno che mano a mano ha fornito la conferma, le prime conferme, le prime rassicurazioni, sottoforma di rassicurazioni, di premi, e da qui la necessità che le persone hanno di avere qualcuno che dica “sì va bene così, puoi andare avanti”, nasce proprio in questa circostanza, quando il bambino non ha ancora gli elementi per potere valutare da sé, ha bisogno che qualcuno confermi e la cosa poi prosegue chiaramente in termini più complessi, però si porta appresso questa necessità e da lì sorge la paura di essere abbandonati, cioè che non ci sia più nessuno che dia una conferma, da qui l’idea di essere soli nell’universo, di essere inutili, e da qui tutte le paure immaginabili. Una persona non si sente sola quando c’è qualcuno che la capisce, e cioè che in qualche modo certifica le cose che pensa, la conferma e la conforta nelle sue idee, per questo si cerca una persona. I ragazzini cercano un gruppo che in qualche modo rispecchi quello che appare essere la loro idea e allora immediatamente si affidano al gruppo in questione, a una religione. A questo punto è facile mostrare che se non si intende che cosa muove, che cosa determina, che cosa produce tutto questo non c’è via di uscita, come la persona sia costretta, pilotata per tutta la sua esistenza a cercare comunque qualcosa …

Intervento: …

Sarebbe un bel titolo: “Se la psicologia trionfa è segno che l’intelligenza ha fallito” parafrasando Lacan, questo sarebbe un titolo forte. Io avrò già accennato nelle mie conferenze a qualcosa del genere, cioè il motivo per cui esiste la religione in definitiva soprattutto nella prima. Qualcun altro che abbia un abbozzo, Sandro aveva una buona idea a proposito del titolo “L’elogio dell’ozio”. Tutti gli interventi hanno a che fare con il gioco del pensiero cioè sono il prodotto, l’effetto del gioco del pensiero, un pensiero che è in atto, che sta facendo qualcosa anziché niente …

Intervento: questa idea del lavoro come virtù, la santificazione del lavoro ha a che fare con la questione del produrre che ha a che fare anche con la sessualità, la sessualità può essere solo procreativa …

Sì, così vorrebbe la chiesa cristiana …

Intervento: lavoro come riscatto … il lavoro in qualche modo è qualcosa che identifica la persona, c’è chiaramente una questione che riguarda il mantenimento … il lavoro come una questione di riconoscimento, di identità capire come mai questa cosa ha assunto questa fondamentale importanza perché è tutto improntato alla questione del dovere, del sacrificio qualcosa che deve essere come la sessualità procreativa, produttiva ma dovrebbe essere qualcosa che riguarda il piacere e a questo punto l’ozio è esattamente questo è la pratica del piacere, il lavoro la stessa storia, è durante la rivoluzione industriale che il lavoro ha assunto questa e quindi tornando al discorso della paura di essere abbandonati, il perdere il lavoro è proprio la paura di essere abbandonati. Ma da che cosa si è abbandonati, in qualche modo? Dalla verità, da ciò che si immagina essere la verità e il lavoro è inteso proprio come riscatto per la verità e dice “perché vuole arricchirsi?” per tornare al riscatto dal peccato originale per la felicità. Il peccato originale è ciò che ha posto una frattura al paradiso terrestre in un certo senso il lavoro è ciò che consentirebbe di creare questa ricchezza tale per potersi riconquistare questo paradiso terrestre. Invece questa colpa si autoalimenta man mano che si va avanti più produci e più hai bisogno di produrre è un circolo vizioso … le crisi economiche esistono perché c’è un eccesso di produzione … io insisterei sulla questione della produzione … perché si fanno le cose e poi non si vendono più e come si esce dalla crisi? … quindi il lavoro in un certo modo è quello che ha creato i maggiori disastri … si produce, si produce ma ciò che conta è la produzione dell’intelligenza, del pensiero … poter volgere la cosa parlando dell’ozio. Dicevo della sessualità che deve essere finalizzata perché non deve produrre piacere e il lavoro è un ottimo rimedio per il controllo delle masse si lavora e non si pensa …

Intervento: perché c’è paura di pensare?

Non è controllabile il pensiero dalle persone, sfugge al controllo per questo tutta la pubblicità, la televisione ha come primo obiettivo quello di incanalare il pensiero il più possibile su cose come il calcio eccetera, distraggono e sono pubblicizzate come importanti, da qui tutte le emergenze, le tragedie, in questo modo il pensiero delle persone è sempre occupato da qualche altra cosa, da ciò che si vuole che sia …

Intervento: perché funziona una paura?

Intervento: perché in qualche modo è una paura di essere abbandonati perché manca la verifica …

Intervento: perché si diceva prima “cercare il pastore” cioè cercare una verifica, una direzione, cercare qualcuno che dica cosa è giusto pensare e cosa non lo è …

Intervento: cercare qualcuno che confermi il questo è questo …

Intervento: gli umani da sempre cercano la libertà ma non la trovano mai perché? Perché non sanno che cosa farsene perché cercano un padrone …

Non è facile non credere. Bene, le idee ci sono, Beatrice ha già qualche traccia sul perché la sofferenza?

Intervento: la sofferenza esiste perché è ciò che fa parlare, fa dire tante cose … perché non si sa di che cosa si è fatti, se si sapesse di essere una struttura che funziona in un certo modo ecco che non ci sarebbe più bisogno per parlare di questa cosa che chiamiamo sofferenza, direi che tutto è incentrato sul fatto che gli umani non sanno di essere linguaggio, non sanno di parlare …

Se dovesse fare una scaletta come la farebbe? Deve partire dal fatto che gli umani cercano la sofferenza, mostrando questo per esempio attraverso un auctoritas, come Freud, l’identificazione, fare degli esempi di quanto gli umani siano attratti da scene di sofferenza, la questione della tragedia, anche in Aristotele e aprire la via al fatto che gli umani cercano la sofferenza, sono attratti dalla sofferenza, a questo punto che cos’ha la sofferenza di così attraente?

Intervento: senza sofferenza non ci sono quello che gli umani cercano e cioè le grandi emozioni …

Sì, il passaggio potrebbe essere fornito da Freud nel saggio sull’identificazione, mostrare come sia facile nel caso della sofferenza identificarsi con la persona che soffre e quindi a quel punto indicare, anche utilizzando Freud, perché è così facile, perché c’è questa attrazione verso la sofferenza, e poi mostrato che gli umani sono attratti dalla sofferenza dire perché, cosa c’è nella sofferenza di tanto interessante, e allora sì, introdurre quello che diceva lei e cioè il fatto che la sofferenza fornisce una serie di elementi per sentirsi importanti, per essere al centro dell’attenzione, per avere cose da dire, in definitiva per continuare a parlare e avere il consenso altrui: una persona soffre? Immediatamente ha il consenso attraverso la compassione, la commiserazione …

Intervento: essere importanti, al centro dell’attenzione essere un valore …

Esatto, e poi domandarsi se in assenza di linguaggio potrebbero esistere tutte queste cose, mostrare che in assenza di linguaggio non potrebbero esistere queste cose e quindi la sofferenza è costruita dal linguaggio …

Intervento: gli umani cercano di fuggire la sofferenza ma non lo potranno mai fare visto che ne sono attratti …

No, finché non intendono ciò di cui sono fatti continueranno a cercarla per i motivi che abbiamo appena esposti. Antonella ha già qualcosa da dire anche se abbiamo appena detto il titolo? La questione della seduzione è interessante perché oltre a richiamare le folle fornisce l’opportunità di fare un discorso interessante e anche ben articolato partendo dal fatto che è qualcosa che viene messo in atto sempre ché sono le parole che seducono di fatto, e che soltanto attraverso le parole si ottiene questo risultato e quindi parlare della potenza della parole, del perché sono così tanto potenti, cosa che già Demostene aveva notato, non diciamo niente di nuovo però ci riflettiamo in modo più attento, tant’è che siamo giunti a intendere perché le parole sono così potenti, perché inducono la persone a credere, poi tornano tutte le questioni: perché uno crede alle parole spesso molto più che ai fatti? Perché si crede alle promesse per esempio? Perché è così facile credere a una promessa? Ecco, tutte queste cose danno modo di fare un discorso notevole e poi torniamo sempre alla questione centrale e cioè se non si intende di cosa si è fatti non c’è nessuna possibilità di venirne fuori, si gira in tondo, come dicevamo qualche settimana fa, dicendo sempre inesorabilmente la stessa cosa.