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1-6-2011

 

La questione teorica è sicuramente importante, e è l’unica cosa che può fare la differenza. Se la psicanalisi si occupa di pensiero e di linguaggio, lungo questa via è difficile accorparla a terapie di vario genere, ora però questo come si pone in essere una cosa del genere? Cioè spingere la teoria in modo tale per cui non ci sia più la possibilità di confonderla con altre cose e mettere in difficoltà ogni fede, la fede assoluta e totale, forse questa è una via, potrebbe essere messa in crisi, ma come? Mettendo in crisi la psicanalisi, facendo cioè un lavoro di demolizione della teoria psicanalitica così com’è comunemente intesa. Questo potrebbe portare, anzi porterebbe sicuramente a una sorta di blocco della teoria psicanalitica che di fronte a certe affermazioni che sono autocontraddittorie potrebbe arrestarsi rendendo tutto l’impianto psicanalitico non praticabile, questo è lo scopo: impedire che alcune affermazione e formulazioni intorno alla psicanalisi siano possibili, o quantomeno più difficili da farsi. A questo riguardo si può prendere la teoria di Freud o quella di Lacan o di Verdiglione, è indifferente, ed è sufficiente (è il motivo per cui ho abbandonato tali teorie) portarle alle estreme conseguenze e cioè prendere alla lettera quello che dicono e applicare ciò che affermano alla teoria stessa. Nessuno ha mai fatto una cosa del genere, perché facendola ci si trova di fronte all’impossibilità di affermare ciò che la stessa psicanalisi afferma, voglio dire che se si prende alla lettera ciò che la psicanalisi afferma allora la psicanalisi non può più affermare niente. Una cosa del genere va condotta in modo logico ma anche retorico, mostrando di volta in volta, passo dopo passo, che se fosse vero ciò che la psicanalisi afferma allora effettivamente non potrebbe affermare niente di quello che afferma, com’è che nessuno se ne è mai accorto? Nessuno ha mai interrogato la psicanalisi di fatto, ci si è opposti alla sua teoria, la si è modificata, ma per esempio alcuni asserti principali o i cosiddetti concetti fondamentali, così li chiamava Lacan, non sono messi in discussione mai da nessuno, né questi né altri, e quindi per questo motivo non c’è mai stata una interrogazione che abbia avuto qualche rigore teorico. L’unico che si sia occupato un po’ di queste questioni è stato Wittgenstein in due saggi: Osservazioni sopra i fondamenti della psicologia e La filosofia della psicologia, dove pone obiezioni molto circostanziate, ma Wittgenstein non era uno psicanalista e probabilmente per questo ha fatto quello che ha fatto. Se si considera il concetto di inconscio per esempio, come l’ha posto Freud ma soprattutto come è stato posto con le aggiunte venute dalla linguistica e in parte anche dalla semiotica e cioè come lo pone Lacan e più ancora Verdiglione emerge inesorabilmente il fatto che l’inconscio è non soltanto l’origine di ogni cosa ma che proprio per via dell’inconscio le cose si alterano, si modificano continuamente, ogni cosa è presa in un’altra scena, già questo lo diceva Freud, che non è qualcosa che può intervenire oppure no. Vi dicevo qualche tempo fa che la teoria psicanalitica anche se ha il terrore del termine “universale” però di fatto fa un numero notevole di affermazioni universali, la stessa esistenza dell’inconscio è un universale a meno che ci sia almeno un caso in cui l’inconscio non c’è, ma se questo caso non può darsi come afferma la psicanalisi allora l’inconscio è un universale, cioè non può non esserci, e non può non esserci, insieme con l’inconscio, neanche questa altra scena. Ma l’inconscio per definizione non può essere conosciuto, è l’insaputo, come afferma la psicanalisi ripetutamente e fortemente non c’è un sapere sull’inconscio questo ha degli effetti ovviamente, e cioè che dell’inconscio non posso saperne niente se non per gli effetti che produce, questi effetti sono quelli che Freud ha elencati come atti mancati, come lapsus, come dimenticanze, motti di spirito eccetera, come dire che questi eventi sono la testimonianza dell’inconscio del quale tuttavia non si può sapere niente, è inconscio, come si fa a saperne qualcosa? Ora a questo punto la stessa nozione di sapere viene messa in discussione tant’è, come si afferma in teorie più recenti, non c’è un sapere dato, non c’è un sapere proprio per questo motivo, per la presenza dell’inconscio che altera, modifica e comporta un continuo sviamento, un continuo scivolamento delle questioni verso altre, un po’ come avviene anche per la semiotica, almeno in parte, quindi non c’è un sapere, non si può in effetti affermare “so questo” perché in questo “so” c’è dell’inconscio e quindi non è quello. Affermare una cosa del genere comporta dei problemi, perché del sapere c’è, ma qual è l’escamotage? Non c’è il sapere ma ci sono effetti di sapere, non c’è il senso ma ci sono effetti di senso, effetti di intendimento, non c’è soggetto ma del soggettuale, però la questione non si risolve in realtà, dire che ci sono effetti di senso o di sapere significa soltanto che il sapere si produce come effetto, ma una volta che si è prodotto a questo punto il sapere è dato per cui esiste un sapere dato, cosa che la psicanalisi non può tollerare per una questione estetica, non piace, se ne ha a male, eppure anche questo sapere che si produce come effetto è sempre preso comunque in una spirale, direbbe qualcuno, per cui di fatto non è comunque mai dato, dunque non posso mai affermare di sapere qualcosa. Un’affermazione del genere è impegnativa oltreché problematica: come so che c’è l’inconscio, a questo punto? Da degli effetti che sono quelli che ho elencati prima, la dimenticanza, l’atto mancato, il lapsus eccetera, sì, così dice ma di fatto non lo posso sapere perché questo sapere è sempre comunque altro e anche l’effetto di sapere, anche il sapere se si produce come effetto comunque è preso in questa continua variazione, è una variante anche lui, a meno che non si stabilisca un sapere dato ma questo la psicanalisi non lo ammette …

Intervento: non posso scoprire la causa …

Non propriamente, anche perché la causa in questo caso è l’inconscio e quindi non lo posso conoscere per definizione, lo conosco dai suoi effetti dei quali si dice ancora che si ha esperienza. Il fatto che esista la rimozione, anche questo non può essere saputo, non c’è un sapere sulla rimozione, se è rimossa, tanto più che Freud la pone nell’inconscio e quindi per definizione non c’è un sapere sull’inconscio, se no sarebbe conscio, quindi lo so per esperienza, perché? Perché esperisco parlando, cioè esperisco in atto la variazione degli elementi e cioè le cose che dico non sono mai quelle che volevo dire, anche questa è un’affermazione molto impegnativa, basterebbe domandare “come lo so?” e allora a questo punto siccome non posso sapere e abbiamo visto anche che gli effetti di sapere comunque sono presi in questa variazione continua estrema e inarrestabile, e quindi in ogni caso non lo posso sapere, neanche per esperienza, lasciando stare tutto ciò che può dirsi dell’esperienza. Anche un integralista cattolico ha esperienza di dio continuamente, lo esperisce in tutto il creato, e va bene, però porlo come un asserto teorico mi sembra problematico “siccome esperisco dio in tutto il creato allora dio esiste”, quindi affermare che qualcosa si sa per esperienza come affermazione teorica è problematica. Dunque non posso sapere, non posso sapere niente e di conseguenza non posso affermare niente, anche perché qualunque affermazione che si ponga non può essere conosciuta, non può essere saputa, in realtà non potrei affermare niente se le cose stessero come la psicanalisi ci dice, e allora la psicanalisi non potrebbe affermare nulla, quindi di fatto non potrebbe avere nessuna teoria che la supporta. Se per esempio si afferma che un significante rimosso funziona come nome, questa affermazione è presa in un universale a meno che ci sia un significante, almeno uno, che non funziona come nome cioè non è preso nella rimozione e quindi almeno un atto di parola è esente da rimozione, se è esente da rimozione vuole dire che significa esattamente quello che significa, perché è il fatto che sia preso nella rimozione che porta quelle conseguenze, cioè il fatto che non significhi e questo viene da De Saussure e poi da Lacan. Lacan ha rovesciato il segno di De Saussure che aveva messo significato, barra, significante, e Lacan ha messo significante, barra, significato, questa barra è la rimozione e quindi il significato è sotto la barra della rimozione e cioè è rimosso, se è rimosso non posso saperne niente, posso saperne soltanto dal fatto che questo nome che è rimosso o meglio questo significato nel caso di Lacan comporta un altro significante, ma se di questo significante non posso saperne niente come so che è il significante che procede, che si aggancia e procede da questo significato di cui non so niente, come posso dirlo? È un ipotesi, un ipotesi per altro non verificabile allora o si ammette l’eventualità che si dia un significante inchiodato al suo significato, cosa che la psicanalisi non ammette, oppure ciascun significante, questo nella teoria di Lacan, comporta un significato di cui non si sa nulla e che rinvia a un altro significante, ma che rinvii a un altro significante non lo saprò mai, è soltanto una supposizione. Così come il fatto che un lapsus comporti una rimozione, è possibile, ma è una certezza? No, perché non lo posso verificare in nessun modo, quindi tecnicamente non posso affermare che un significante rimosso funziona come nome, oppure che un significante abbia un significato che è sotto la barra della rimozione e del quale quindi non posso sapere niente, non lo posso affermare perché queste stesse parole che ho utilizzate per definire questa cosa ovviamente hanno lo stesso andamento, avendo lo stesso andamento non possono avere un significato di cui sappia perché rinviano sempre ad altro, quindi non possono essere sapute, quindi affermare che un significato rimosso funziona come nome, questo nella teoria di Verdiglione, di fatto non può essere saputo, se non lo so come posso affermarlo? Come l’escamotage di cui vi dicevo, per potere affermare che ci sono degli effetti di sapere, ma questi effetti di sapere di fatto comportano che il sapere a un certo punto si produca come effetto, e a questo punto si è prodotto, è dato qualcosa e quindi questo sapere, in questo caso, comporterebbe un significante il cui significato non è rimosso, perché se no non lo posso sapere, e quindi come la mettiamo? Di fatto si giunge a una conclusione che è singolare: se le cose fossero esattamente come dice la psicanalisi non le potrei affermare né potrei costruirci sopra una teoria, il fatto di avere costruita una teoria tecnicamente comporta il fallimento di quelle affermazioni che contraddicono tutto ciò che la teoria impone, teoria che di fatto non potrebbe essere costruita. È una teoria che è costruita come l’enunciato “io mento”, che è un paradosso, cioè posso affermare di mentire perché in realtà dico la verità mentendo, però una teoria che afferma che di fatto non c’è un sapere e quindi non può affermarsi nulla mina se stessa dalle fondamenta, e questo minare dalle fondamenta viene proprio dal concetto fondamentale della psicanalisi e cioè l’inconscio, è proprio per via dell’esistenza dell’inconscio nella teoria psicanalitica che qualunque affermazione, qualunque sapere è sempre preso in un rinvio continuo, quindi impossibile arrestarlo, impossibile stabilire che è così, impossibile dunque affermare qualsiasi cosa.

Mettere la teoria psicanalitica nelle condizioni di non potere essere affermata se non autocontraddicendosi potrebbe essere una via che potrebbe fare incominciare a riflettere sulla teoria stessa, infatti dicevo che occorre interrogare la teoria stessa esattamente come si fa in una analisi, che interroga il discorso, che cosa lo sostiene, da dove arriva, perché dice quello che dice. Perché nego la possibilità di un sapere e poi affermo delle cose come se le sapessi? Come avviene questo fenomeno?

Intervento: mi scusi, parlavamo della strategia …

Non ho proposto una teoria, ho semplicemente domandato alla psicanalisi di se stessa, e l’obiettivo di tutto questo è soltanto rendere delle affermazioni più difficili da formularsi, è ovvio che non è un intervento politico, o non direttamente, ma soltanto un modo possibile per riflettere su alcune questioni …

Intervento: quando si dice che l’inconscio è il fondamento senza fondamento …

L’abbiamo presa alla lettera, e abbiamo interrogata questa affermazione, abbiamo visto dove ci porta, così come affermare che qualunque elemento differisce da sé, e questo procede dal fatto che c’è la rimozione, e anche questo, se preso alla lettera, può essere condotto a una sorta di aporia: questo elemento differisce da sé ma anche il sé a questo punto differisce da sé ovviamente, e così all’infinito, e pertanto questo elemento non potrà mai essere affermato. Qualcuno a questo punto direbbe: “viene affermato solo attraverso una menzogna, perché il significante è menzognero”, ma a questo punto, essendo una menzogna afferma sempre qualche cosa che è altro da sé, quindi anche affermare che un significante differisce da sé è menzognero cioè non afferma quello che sta affermando …

Intervento: anche per Lacan il significante differisce da sé anche se non è sua questa formulazione, ma di Verdiglione? In quale altro modo lo dice Lacan questa storia dell’infinitezza dei significanti? Quando capovolge l’enunciato di De Saussure - significante/significato -?

Sotto la barra della rimozione c’è il significato, il significato di fatto non può dirsi, ciò che si dice sono altri significanti, ma questi significanti differiscono da sé e quindi significano altro da quello che dicono. Questo potrebbe fare interrogare sulla psicanalisi, sull’impianto teorico della psicanalisi, c’è questa remota possibilità …

Intervento: in questa distinzione che si dovrebbe fare fra psicanalisi e psicoterapia nessuno ha affermato che si tratta in una psicanalisi del funzionamento del pensiero …

Un bravo retore potrebbe mettere in grave difficoltà chi volesse sostenere la differenza fra psicoterapia e psicanalisi. Un’altra via potrebbe essere, e questa è totalmente differente da quella di cui dicevo prima, mostrare che il pensiero non può essere considerato una malattia, mostrando una serie infinita di paradossi se si considera il pensiero una malattia, anche in questo caso lo schema retorico è lo stesso: si parte dalle stesse premesse e si giunge a conclusioni assolutamente inammissibili e inaccettabili, e se le conclusioni cui si giunge sono inaccettabili allora non può accettarsi neanche la premessa che afferma che il pensiero è una malattia ma è un’altra cosa, riguarda il linguaggio …

Intervento: si può seguire una via e anche l’altra …

Sì, non si escludono. Tutto è incominciato dal fatto che Freud era un medico, questa è la maledizione della psicanalisi, anche se a un certo punto ha preso le distanze dalla medicina, addirittura sconsiglia ai medici di praticare la psicanalisi, però la terminologia che usa è quella …

Intervento: è proprio la questione dell’oggetto, di che cosa ci occupiamo noi? A questo punto c’è una separazione incolmabile …

Sì, però anche questo potrebbe essere fatto rientrare nella psicoterapia, perché ci occupiamo di pensiero ma il pensiero può ammalarsi, se una persona si crede Napoleone e va in giro con la caffettiera in testa vuole dire che il suo pensiero è malato, e deve essere guarito con la lobotomia. Possiamo affinare queste due vie: l’una eliminare la teoria psicanalitica in quanto autocontraddittoria, e l’altra mostrare, sempre retoricamente, che il pensiero non può essere considerato una malattia perché le conseguenze di una cosa del genere sarebbero devastanti.