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1-6-2000

 

il senso e il significato

 

(lettura della proposizione 2.52 – seconda sofistica)

 

… cosa si deve intendere allora con significato? L’invariante che mi consente di riflettere su questa nozione? Ma quale invariante se fosse invariante potrebbe essere identificata, ma abbiamo visto che non può perché non è possibile risalire al significato ultimo o primo…

 

Intervento: la questione dell’invariante perché dovrebbe essere informativa? Cioè la questione dell’invariante che appartiene più alla struttura logica del discorso, è ciò che permette che ci siano delle varianti, figure retoriche ecc. l’invariante di per sé non è definibile, possiamo definirla come una procedura, è ciò che non varia quello che io posso riconoscere sono le varianti…

Sì, è il principio di Aristotele, il principio di identità, potremmo chiamare la questione dell’invariante il principio di identità (il significato non può determinare l’invariante, se il significato lei lo pone come un aspetto procedurale…) e lì non dico che è un’invariante? (qui sembrerebbe negarlo perché dice “cosa si deve intendere con significato? L’invariante che mi consente di riflettere su questa nozione? Ma quale invariante se fosse invariante potrebbe essere identificata ma abbiamo visto che non può perché non è possibile risalire al significato ultimo…) quindi l’invariante non è identificabile in quanto tale giusto? (no lei dice che se fosse invariante potrebbe essere identificata, secondo me l’invariante non è identificabile non è riconoscibile) cosa si intende con identificabile? se io intendo come identica a sé, certo, questo è un lavoro da farsi (riprendere Seconda Sofistica) sì in effetti il significato non è altri che il principio di identità, per cui un elemento è necessariamente identico a sé per essere un elemento linguistico (un elemento interessante sul quale insistere, il fatto che nel linguaggio non ci siano che differenze è ripresa “in altri termini la parola è se stessa se e soltanto se è anche simultaneamente tutte le altre parole, se da tutte queste altre parole riceve anche il significato ma anche la possibilità che esista il significato” come dire che il significato esiste perché è inserito nel sistema, posso dire che esiste il significato perché ci sono i significati….come dire che il significato non è una parola ma per forza di cose deve ammettere tutto un sistema, tutto sommato il significato apre perché invece di definire) però se poniamo il significato nell’accezione di prima e cioè come identità a sé necessaria essendo un elemento linguistico, non è che apra propriamente è la condizione perché ci sia una apertura e allora in questo caso stiamo parlando del senso (…) no, certo che no, se la parola non fosse identica a sé non potrei parlare (...) ecco ha fatto bene a porre la questione perché tutto discussione intorno al senso e al significato va ripresa perché già allora non mi aveva soddisfatto… (si veda anche Giochi Linguistici scritto dopo la Seconda Sofistica) ho posta la questione del significato come l’identità a sé dell’elemento linguistico, quindi come procedure, una qualunque altra definizione di significato non è assolutamente soddisfacente, la definizione radicale per questo ero giunto a considerare che non ha ma è un significato cioè è identico a sé. Questo è il suo significato essere identico a sé, tutto il resto lo avevo ascritto al senso. Forse si può rivedere tutta la questione perché mantenere sì questi termini Senso e Significato può essere utile perché ormai sono di uso corrente e più facilmente riconoscibili… (il significato è una procedura per giungere al senso?) non esattamente avevo inteso allora il significato come la parte più inamovibile dell’elemento linguistico perché tutta la teoria intorno al significato da Aristotele fino ad Ogden e Richards, ha sempre cercato nel significato un senso, qual è il significato di una certa cosa? un rinvio, intendendola come rinvio intanto poi è difficile distinguerla dal senso, usando artifici assolutamente gratuiti e poi comunque è come se questo elemento non mostrasse la sua identità perché la sua identità dipendesse da un altro elemento, da qui poi tutta la filosofia linguistica in buona parte francese ha avuto il destro per compiere tutte le sue elucubrazioni sull’impossibilità per esempio di leggere il testo, in quanto il testo è sempre sfuggente o l’interpretazione è sempre diversa e quindi il testo non c’è, il testo non c’è cosa vuol dire? Allora siccome tutte le teorie intorno al significato erano insoddisfacenti allora ho cercato di stabilire che cosa potesse dirsi del significato secondo le regole della Seconda Sofistica non negabile, l’unica cosa che potesse dirsi, e giunsi a considerare che il significato non è altro che l’essere di ciascun elemento linguistico identico a sé, questo è il suo significato e quindi l’invariante, qualcosa che non varia, occorre che l’elemento non vari perché possa parlarsi, da un parte dicevamo che nella lingua non ci sono se non differenze ma queste differenze sono tali perché qualcosa non varia perché se no sono differenze rispetto a che cosa? le differenze intervengono in seconda battuta in quanto consentono di differire il differire di ciascun elemento che è identico a se da un altro e quindi far funzionare tutto il meccanismo. Il senso lo avevamo attribuito alla retorica cioè ai giochi alle regole linguistiche come ciò che si produce, cioè il significato non è altro che il principio di identità, l’elemento necessariamente identico a sé, il senso invece si produce dalla differenza, dal fatto che c’è una differenza da un altro e quindi si produce qualcosa, questo è differente dall’altro e quindi sorge un terzo elemento o una terza considerazione, quindi potremmo dire che il significato è la condizione questo in accezione che stiamo fornendo del senso, ma sono due cose molto diverse perché sì anche il senso, avevamo detto che il senso è una procedura o no? (sì) infatti, è necessario che ci sia il senso, che ci sia il senso è inevitabile perché se il linguaggio funziona produce senso, cioè produce altre proposizioni da questo accostamento, da questa differenza…..ma un momento il non senso è comunque una figura retorica, cioè qualche cosa che non è immediatamente riconosciuto o che urta contro un senso precedente allora risulta un non senso però, però il senso se lo poniamo anche etimologicamente come direzione che il linguaggio prende allora parlare di non senso significa che questa direzione non è utilizzabile (sì un conto è parlare di non senso figura retorica e non senso come proposizione non utilizzabile) sì abbiamo distinto le procedure come ciò che fa funzionare il linguaggio, le regole come una serie di operatori che lo fanno girare, cioè che producono delle proposizioni, entrambe le cose sono necessarie, sono due facce del funzionamento del tutto, ora la questione è se il senso appartiene alle procedure oppure è una regola, entrambe sono necessarie, sia le procedure che le regole, però posto il senso come direzione, direzione che il discorso prende allora può essere anche lui posto nelle procedure perché no? C’è da riflettere bene sulla questione… (la questione del senso si pone più come effetto… quando si pone l’effetto di senso si parla della direzione) da precisare però se la direzione è già senso o se il senso è ciò di cui ci si accorge in seguito considerando la direzione, cioè se è un prodotto della direzione oppure se è la direzione, già questa sarebbe una questione (allora si tratta di distinguere perché io posso dire una serie di parole che non producono assolutamente nessun senso) però il fatto che le dica per un certo motivo, per esempio, per dimostrare che non hanno senso già questo è un senso, potremmo anche porla così, (si tratta allora di distinguere due aspetti…) sì però non mi piace distinguere troppo perché poi si creano un sacco di cose spesso inutili, meglio usare il rasoio di Occam togliere tutto ciò che non serve, orpelli… (intanto la direzione cos’è?) la successione degli elementi direi così di primo acchito… un elemento è tale perché è inserito in una combinatoria e la successione di questi elementi è già quello che potremmo indicare come direzione, ciascun elemento è necessariamente connesso con un altro, quale non è detto, i quali elementi sono quelli che forniscono la direzione al discorso (posso accorgermi del senso come direzione in effetti questo è il lavoro che fa un analista e cioè far sì che emerga il senso, la direzione, dove sta andando, posso anche non accorgermene) supponiamo che non me ne accorga (cosa mi fa pensare che il senso ci sia? Non è una supposizione a questo punto?) è una considerazione logica, necessaria che le parole i termini si accostano l’uno all’altro e vanno in una direzione qualunque essa sia non ha importanza quale però chiamiamo direzione, certo potremmo anche chiamarla in un altro modo, (questo serve all’ascolto è uno strumento, si tratterà di trovare quella via per la quale ci si può accorgere del senso) (senso e obiettivo, del senso uno può anche non accorgersi però l’obiettivo è il senso) l’obiettivo riguarda una intenzione, qualcosa che viene stabilito, in effetti il senso si produce comunque l’obiettivo potrebbe anche non esserci in un certo senso, la cosa si fa complicata perché dipende cosa si intende come obiettivo, se si intende l’intenzione, se si intende là dove il discorso va ciascuna di queste definizioni può diventare arbitraria, quindi assolutamente opinabile, occorre che troviamo invece un modo che non solo sia semplice ma sia anche inopinabile cioè necessario cioè che le definizioni che forniamo risultino necessarie e vedere a questo punto se mantenere senso e significato e a questo punto direi di sì, se no risulta un po’ un problema… (la questione dell’intenzione è molto utilizzata, l’intenzione sarebbe quella che darebbe il senso) bella questione (intanto distinguere il significato e il senso nei due aspetti logica e retorica) sul significato già siamo vicini nel senso che il significato non è altro che ciò che ciascun elemento linguistico è necessariamente quindi occorre che necessariamente sia se stesso cioè, cioè un elemento linguistico e qui (la questione dell’invariante e la variante) già lì non siamo sicuri che il senso attenga alla retorica (avevamo fatto questa distinzione perché se no poteva avvenire come è avvenuto per Anscombre e Ducrot che partivano dal senso naturale delle cose e cioè elementi linguistici che si combinano tra loro, cioè dei topos retorici e noi partendo dalla loro affermazione ci eravamo chiesti come avrebbero potuto affermare che tutto è un topo retorico, e quindi questa necessità di introdurre il senso come una procedura perché se no c’era una nascita del linguaggio) sì è il senso che risulta più difficile da definire (…) sì ma tutti hanno cercato di porre la questione in questi termini, il significato come qualcosa di fisso (ma nessuno era arrivato a dire che il senso è quello che parte da una premessa che funziona, il senso è il frutto di un sillogismo, da come per me funzionano degli elementi, da una premessa giungo a una conclusione, è una direzione logica) (come dire che il significato sarebbe una premessa non detta?) no il significato non è una premessa non detta, ha detto che il senso procede da una premessa non detta (…) il senso si produce ma possiamo dire che può non prodursi? (…) ci vuole qualcosa di più solido, partiamo di nuovo dal significato, tra gli altri elementi questo elemento non può non essere, ciò che non può non essere deve essere identico a se, anche perché possiamo provarlo? No, ma negarlo non è possibile comporta una contraddizione in termini, ci siamo? Perché questo non fosse assolutamente identico a se io non potrei costruire una proposizione che lo identifica e fin qui ci siamo; una successione di elementi linguistici produce una sequenza, una successione, una stringa, questa stringa, supponiamo anche che ce ne siano solo due elementi, uno che ne produce un altro, questi due elementi che sono prodotti costituiscono appunto una stringa, una sequenza, una successione come preferite, e fin qui non fa una grinza vediamo se le grinze vengono dopo, il senso dunque come direzione, questi due elementi che si susseguono possiamo dire che producono una direzione? Possiamo dirlo in modo forte? Questo è già un punto che se trovassimo già qualcosa che ci consente effettivamente di affermare che è una direzione già avremo fatto un passo avanti, perché questa sequenza potremmo dire che è casuale, non casuale il fatto che ci sia la sequenza ma quale elemento linguistico segue, potremmo dire che è casuale, più che casuale diremmo non necessario, quale sia l’elemento che segue ad un altro non è necessario però quello segue non un altro, quindi abbiamo di fronte una sequenza formata da due elementi, è necessario che sia una sequenza ma quale sia l’elemento per esempio non è necessario, però quello è, ora potremmo tirandola un po’ per i capelli, dire che ciascun elemento che segue il precedente ne costituisce il senso, sì è un po’ tirata per i capelli, (potremmo dire che il senso è ciò che stabilisce l’antecedente?) come farei questa è una regola del gioco? È una regola del gioco linguistico stabilire questo il senso, il senso sfrutta forse questa regola, se l’elemento successivo è la direzione che ha preso il primo in effetti potremmo anche affermare che il senso non è altro che l’elemento che segue l’antecedente, certo in accezione molto diversa da quella comune, però se riuscissimo ad affermare che il secondo elemento è la direzione del primo questa direzione potrebbe anche essere piuttosto solida, anche se posta così è poco utilizzabile, però potrebbe dare l’avvio a qualcosa di più utilizzabile, già l’utilizzabilità, spesso avevamo accostato il senso all’utilizzabilità di un elemento, la sua direzione è anche l’uso che ne viene fatto, (cosa si dice quando si parla di senso nel luogo comune…la mancanza di senso che viene enunciata, non è altro che enunciare una sorta di arresto) sì non si sa come utilizzare ciò che interviene (come se qualcosa non producesse altro) non sapendo come utilizzarla certo, (in una analisi, cos’è il senso del mio discorso si può utilizzare in due modi, o come una sorta di ritorno indietro cercando…) può anche essere il non voler accogliere ciò che si produce in alcuni casi (però noi come abbiamo sempre posto l’analisi non come una sorta di ritorno ma come un permettere che si produca qualcosa, quindi il senso ha a che fare con un qualcosa che si produce in più) sì è vero ma ciò di cui stiamo disquisendo è se attribuire al senso una prerogativa di necessità oppure no, è necessario che ci sia oppure no già questo sarebbe un passo, bisogna procedere per gradi, in modo che ciascuna affermazione che segue l’altra mantenga lo stesso criterio di necessità, altrimenti parliamo di senso senza esattamente sapere di che cosa parliamo o per dare per acquisita una accezione di senso che non lo è affatto, è qui la difficoltà in una elaborazione teorica (il senso è il procedere del secondo elemento) se accogliamo per il momento questa ipotesi che il senso sia l’elemento successivo al precedente, allora diventa necessario, che io lo accolga oppure no, che lo avverta oppure no non cambia assolutamente niente, è necessario perché il linguaggio funzioni, però vi dicevo questa definizione per quanto appaia abbastanza solida non è utilizzabile in nessun modo, cioè utilizzabile nel senso nostro cioè per costruire quelle proposizioni che abbiamo in animo di costruire, perché di una cosa del genere uno non sa che cosa farsene, però può costituire un punto di partenza alla riflessione, il secondo elemento che segue è quello che dà una direzione, cioè il senso, sembra abbastanza robusta come definizione, però siamo lontanissimi da quella semplicità siamo opposti però prima occorre intanto cominciare a chiarirsi….troppe cose sono date per acquisite con troppa facilità non è così semplice la questione….intanto intendere con chiarezza cosa bisogna intendere con significato e con senso, questo è già un passo notevole dopo di che incominciamo a lavorarci su cioè ciò che il significato necessariamente è, ciò che il senso necessariamente è, cioè che cosa è necessariamente per poter utilizzare questo elemento. Vediamo per giovedì di risolvere questo problema intanto di porre in termini teorici, precisi e netti in modo da poter lavorarci… “senso e denotazione” diceva Frege denotazione e significato sono la stessa cosa, come si distingue la denotazione dalla connotazione? La denotazione è tutto ciò che attribuisce, che caratterizza quel elemento, per cui quel elemento è quello che è, la connotazione è il senso cioè quello che io gli attribuisco, questo accendino…la denotazione è un aggeggio fatto in questo caso d’argento, di queste dimensioni, fatto per innescare una fiamma, la connotazione invece ciò che gli ho attribuito questo mi è stato regalato ecco quindi è un omaggio è poi ha una forma, questa è la connotazione. Abbiamo tutta la settimana per riflettere…