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1-5-2013

 

La via è della parola, non ce ne sono altre, è la parola che indica la via, la costruisce oltre che indicarla, la costruisce e poi la indica nel modo in cui le parole si susseguono. Che la via, la traccia, la direzione che ciascuno segue nella sua esistenza sia prodotta dalla parola, costruita dalla parola, non è indifferente, è come dire in altri termini ancora che deve letteralmente la sua esistenza alla parola. Essendo debitore alla parola della sua stessa esistenza ci si è trovati a interrogarsi sulla parola. L’idea che la parola sia determinante negli umani è antica, e fino ad arrivare a Freud, che ha costruito la sua teoria accorgendosi che gli umani vivono di queste parole, che si agganciano fra loro costruendo scene, immagini, storie, fantasie di ogni sorta, e quindi è come se Freud in un certo senso avesse riaperta questa via della parola, avesse di nuovo mostrato che è la parola che costruisce la via e la determina e in questo ha avuto un’importanza fondamentale. Tuttavia non da solo, però ha dato un notevole contributo, ha riaperta la questione che era già stata aperta molto prima di lui dai sofisti e da altri, e l’ha riaperta mostrando quanto sia importante per ciascuno questa cosa di cui è fatto, e cioè la parola, ma non è stato lui a dire come funziona il linguaggio, che cosa costruisce le parole, altri lo hanno fatto e facendolo si sono accorti che la parola viene costruita letteralmente da una struttura, una struttura che fornisce le istruzioni perché le parole possano essere costruite, le parole e di conseguenza le proposizioni, i discorsi, le storie eccetera. Ciò che gli umani hanno scarsissimamente preso in considerazione è che sono fatti di queste parole, letteralmente, e che si muovono proprio in base a questa struttura, non ne hanno un’altra, solo questa, che è anche la loro ricchezza naturalmente. Quindi occorre riportare in primo piano la parola, quindi il linguaggio, è ciò che la psicanalisi ha fatto e che deve continuare a fare, è il suo compito in un certo senso, mostrare a ciascuna persona che si rivolge alla psicanalisi che è fatta di questo, che è fatta della cose che dice, che pensa, e che non ci sono altre cose fuori da quello che dice, da quello che pensa. Questo persino i filosofi lo hanno rilevato, non c’è la cosa, la cosa la dico, ciò che io dico non è la cosa, e poi qualcuno è andato ancora oltre domandandosi di che cosa è fatta questa “cosa”, e lì si sono persi naturalmente, perché quando ci si domanda che cos’è realmente qualche cosa non se ne viene più fuori, in nessun modo, si è presi in un giro di aporie e di questioni irresolubili. Ma aldilà dell’intendere come funziona il linguaggio, e di fatto come funzionano gli umani, non c’è nessuna possibilità di intendere alcunché, nessuna. Riprendendo la questione riproposta da Freud e portandola alle estreme conseguenze c’è la possibilità invece di accorgersi anche del perché accade di trovarsi a fare sempre le stesse cose, perché alcune cose sono importanti, e sapere perché sono importanti; se ciascuno si muove sempre in una certa direzione può domandarsi per quale motivo questo accade, e il motivo è sempre relativamente facile da intendere, la direzione in cui si muove è quella che gli fornisce potere, potere su altri, che si manifesta generalmente come l’avere ragione, nel dire cose vere quindi importanti, quindi cose che anche altri devono riconoscere come importanti e apprezzare, e se apprezzano quello che dico vuole dire che apprezzano me. Non è così automatico, però la direzione in cui si muovono le parole è quella del potere, e il potere è il modo in cui si configura nei racconti, nei discorsi, nel muoversi di una persona, si configura quella cosa che si chiama verità, è la verità che dà il potere, che sia imposta, che sia manifestata in qualunque modo, ma è soltanto se ciò che io dico viene ritenuto, viene creduto essere vero allora ciò che io dico conta. Avere potere è un altro modo per dire di avere ragione, e pare che gli umani non cerchino nient’altro, e che quindi siano mossi unicamente dalla ricerca della verità, che è il modo in cui il linguaggio procede. Come diceva Sandro, c’è un qualche cosa da cui si parte che è ritenuto essere vero, dopodiché si raggiunge una conclusione, che essendo implicata da ciò che è vero non può essere che vera. È importante accorgersi di una cosa del genere, perché è ciò di cui gli umani vivono, dicevamo prima, vivono della parola certo, ma la parola si muove in questo modo, si muove sempre verso qualche cosa che deve essere riconosciuto come vero. È spesso difficile fare intendere una cosa del genere perché spesso si pensa al potere come qualche cosa che appartiene a pochi, e tutti gli altri lo subiscono, ma non è proprio così, certo c’è un tipo di potere che si può imporre e fare subire agli altri certo, ma non è solo questo, ciò di cui stiamo parlando è l’idea del controllo, il controllo dell’oratore sul pubblico, il controllo della fanciullina sul suo fanciullo, il controllo su altri per averne l’approvazione, il controllo sugli amici mostrando il proprio accordo rispetto a ciò che  dicono o imponendo il potere, come fa il discorso paranoico, su altri. Mostrare tutto questo è il compito al quale la psicanalisi non deve sottrarsi, mostrare di cosa sono fatti i pensieri degli umani, dove vanno le fantasie, a che cosa mirano e come ciascuno sia mosso sempre e comunque dalla ricerca di questa verità, e quindi la ricerca del potere, per imporsi sull’altro, per essere importante. Non è una cosa naturale volere essere importanti, non lo è per niente, è una cosa artificiale, costruita cioè con arte, l’arte in questo caso si chiama seduzione, trarre l’altro a sé, la seduzione in tutte le sua varie forme, quale forma migliore se non dare all’altro la ragione? Dirgli che ha ragione, che fa bene a fare come fa, che sta bene così come si è agghindato, che fa bene a fare come ha fatto con quella persona, che ha agito bene. Sono queste le forme attraverso le quali passa la persuasione, la seduzione, cioè mostrare che si è d’accordo con l’altro, non è solo una captatio benevolentiæ quella avviene in casi particolari, ma la seduzione passa attraverso il mostrare quanto l’altro sia importante, se intende questo, se si convince di questo allora gli si fa fare quello che si vuole, come si fa nella seduzione, quella più spiccia: il fanciullo cosa dice alla fanciulla? Le fa capire quanto lei sia importante per lui, è ovvio, lo sanno anche i bambini. A questo punto la psicanalisi deve mostrare, deve rendere manifesto ciò che accade mentre si parla, ciò che costruiscono le parole e ciò con cui ciascuno quotidianamente ha a che fare, se non se ne accorge ne è travolto, è travolto dalle sue fantasie. Il travolgimento più comune è quello che è fatto dal pensare di agire in base a una realtà extralinguistica: “agisco così perché le cose stanno così”. No, le cose stanno così perché io agisco così, che è diverso. Dunque il compito della psicanalisi è questo: mostrare perché le persone pensano le cose che pensano, e pensano le cose che pensano perché sono presi, travolti dalla necessità di imporre il potere e quindi di manifestare, di esibire, di esternare quelle cose che credono essere vere. Per tutta la loro esistenza non fanno nient’altro che questo, e quindi la psicanalisi può mostrare che conoscendo tutto questo non c’è più la necessità di imporre la verità, perché questa verità di cui si parla, anche se la considera tale, è vera all’interno del gioco che si sta facendo, non ha una sua esistenza al di fuori del linguaggio, al di fuori della parole che la dicono questa verità, è lì, è tutta lì. Si tratta quindi di mostrare che questa necessità di sentirsi importanti non c’è, cioè, c’è se non si coglie il modo in cui il linguaggio funziona, se non si sanno come funzionano le cose di cui è fatto, e allora la verità serve unicamente a proseguire a parlare, non ha nessun altra funzione. Concludere con l’affermazione vera significa soltanto che da lì posso continuare a parlare. Gli umani sono “condannati” a parlare finché campano, è ciò di cui esistono e per cui esistono. Condurre una psicanalisi in questi termini ha una forte implicazione politica ovviamente, perché mostrando di che cosa è fatta la verità e cioè che non è altro che un operatore deittico, come dice Jakobson, che mostra qual è la direzione lungo la quale si può proseguire, e la direzione lungo la quale si può proseguire è quella che non contraddice la premessa da cui è partita. Sapendo questo non c’è più nessuna possibilità di credere a qualche cosa, a una verità che sia fuori dal linguaggio e quindi identica a sé, immutabile, sub specie æternitate, ma non è altro che qualche cosa che è stato detto per potere continuare a parlare, se lei per esempio Simona, ogni qual volta parla con qualcuno che dice come stanno le cose avesse l’occasione di potere accogliere le cose che le vengono dette, queste verità, unicamente come degli strumenti che servono a quella persona per potere continuare a parlare, e solo questo, il modo a cui lei si rapporterebbe a questa persona sarebbe totalmente differente, perché non penserebbe che stia dicendo come stanno le cose, ma che sta parlando al solo fine, al solo scopo di potere continuare a parlare, nient’altro che questo. Poi, se vuole fare le cose in grande, allora riporta su di sé tutto questo, che è più difficile, e ogni volta che stabilisce qualche cosa, a questo punto è come un automatismo, considerare che ha affermata una qualunque cosa al solo scopo di potere continuare a parlare. Potere continuare a giocare, si è mai chiesta perché all’inizio di una relazione va tutto bene e perché dopo un po’ va sempre tutto male? La risposta è semplice, perché all’inizio si gioca, poi nel momento stesso in cui si smette di giocare e si vogliono fare le cose sul serio lì incominciano i disastri, perché è il gioco che tiene viva l’attenzione, che tiene viva la curiosità, che tiene vivo il desiderio, è solo il gioco, nient’altro, il resto lo spegne, è una cosa così semplice, così banale che esiste da sempre, eppure nessuno gli ha mai prestato attenzione se non molto marginalmente. Ciò che la psicanalisi, a partire da tutto ciò, occorre che continui a fare, è porre le condizioni perché nel discorso di ciascuno permanga il gioco, sempre, il gioco si ferma nel momento in cui la mia parola non è più connessa soltanto con altre parole, non segue più la via costruita dalla parola, ma pensa che questa via abbia un riferimento in qualche cosa che parola non è, e cioè sia la realtà dei fatti, delle cose, a questo punto si smette di giocare, e a questo punto incominciano i malanni: nevrosi, psicosi, paure, fobie acciacchi di ogni sorta. A questo punto tutto ciò diventa anche il compito di Lunipsi, come progetto intellettuale, di lavoro, mostrare che finché si gioca la persona prosegue, prosegue con interesse, con entusiasmo, e che quando smette di giocare finisce tutto. La psicoanalisi è un modo per mostrare come è possibile continuare a giocare. La questione del potere è uno degli elementi che interviene a fermare il gioco, l’idea di avere raggiunto il potere o di doverlo imporre, di doverlo mantenere, a questo punto non si gioca più, il gioco esclude il potere, perché è un continuo giocare con le parole che non hanno potere, non hanno nessun potere di per sé, bisogna attribuirglielo e glielo si attribuisce a condizione che si immagini che le parole abbiano un riferimento extralinguistico, cioè mostrino come stanno le cose.