HOME

 

 

IL TORMENTO DELL’ISTERIA

 

9/12/1999

 

Allora incominciamo l’ultimo incontro di quest’anno, riprenderemo poi l’11 di gennaio, una pausa natalizia. Questo è l’ultimo incontro intorno al discorso isterico.La volta scorsa ho accennato a un caso di discorso isterico. Si trattava di una donna, giovane, due figli, sposata, provvista di amante. Si rivolse a me molti anni fa perché questa situazione era diventata insostenibile cioè non sapeva esattamente quale dei due uomini la interessava. Una situazione sicuramente molto comune e molto frequente nella struttura del discorso isterico, una posizione che generalmente o è combattuta fra due amori oppure riscontra nella sua vita sempre e comunque uomini che la fanno soffrire. Non è casuale il fatto che incontri uomini che la facciano soffrire, anche perché quelli che non la fanno soffrire non li considera, è chiaro che poi trova solo quelli che la fanno soffrire. L’intento in tutto ciò, anche se può apparirvi bizzarro, è quello di potere soffrire e in effetti dissi in modo esplicito a quella persona che gli uomini che la trattavano bene, per esempio, non avevano alcun interesse. Ma questo è tipico, come dicevo prima, della struttura del discorso isterico, che si trova sempre vittima di qualcuno. La volta scorsa parlavamo della figura del persecutore. Il persecutore è fondamentale nel discorso isterico, è colui che consente di soffrire, l’isteria soffrendo immagina di essere importante per qualcuno e questo è fondamentale, non è possibile togliere direttamente la sofferenza dal discorso isterico, perché soffrendo dà un senso alla propria esistenza, togliendo la sofferenza voi togliete il senso alla sua esistenza e, direi di più, togliendo la sofferenza cessa di esistere, per cui non la toglierà. Ciò che mano a mano si andò svolgendo lungo l’analisi, fu sicuramente l’importanza della figura del persecutore che in questo caso, come spesso accade, era l’amante, dico spesso perché non è una legge. L’amante di una fanciulla che si trova in un discorso isterico è spesso un discorso ossessivo ma questo per un motivo particolare, che l’ossessivo negandosi continuamente per questioni sue, che l’isterica ignora completamente, produce una sorta di curiosità nell’isteria, una sorta di sfida, per cui si darà un gran da fare per sedurre l’uomo il quale continuamente continuerà a tirarsi indietro e più si tira indietro e più la fanciulla isterica gli correrà appresso. Avviene molto spesso, naturalmente non è una legge, è un luogo comune e quindi questa posizione così arretrante dell’amante creava naturalmente una certa sofferenza. Ora si trattò in quel caso, come dicevo prima, non di togliere la sofferenza, anche perché non se la fa togliere, ma di sfruttare la posizione del “persecutore”. Il persecutore è nel discorso isterico ciò che mantiene in vita, che dà un senso alla sua esistenza, ciò per cui è costretta sempre a fare qualcosa. L’isteria, dicevamo la volta scorsa, è travolta sempre da un dovere fare, non importa che cosa, ciascuna volta è una cosa diversa ma l’importante che ci sia sempre qualche cosa da fare, che sia sempre costretta a fare qualcosa, che cosa non ha nessuna importanza. Qualunque cosa sia in quel momento è la cosa fondamentale, quella che deve essere fatta, qualunque cosa. Il persecutore chi è? Qualcuno per cui questa cosa viene fatta, o qualcosa non necessariamente qualcuno, preferibilmente qualcuno ma non necessariamente, comunque l’analista può sfruttare a vantaggio dell’analisi questa fantasia, per cui è necessario il persecutore, facendone la caricatura. In questo caso si trattò di porre a fianco delle cose necessarie, incombenti e impellenti che aveva di fronte, anche un’altra necessità, quella imposta dall’analista, necessità di leggere, di riflettere, di scrivere, compiere cioè una serie di operazioni che mano a mano avevano l’opportunità di avvicinarla a delle questioni che approfondite in seguito avrebbero incominciato ad avviare quella che è propriamente l’analisi. L’analisi si svolse così. Dopo avere raccontato una serie di cose che la facevano soffrire … l’isteria è prodiga, non si limita, vi racconta una quantità enorme di cose che apparentemente potrebbe indurre qualcuno a pensare che di fatto ha già la “soluzione” ai suoi problemi, vi dice di cosa si tratta “questo tizio mi costringe a fare questo, io non lo voglio fare ma lo devo fare…” a seconda dei casi. Uno ingenuo potrebbe dire: non lo fare. E no, non è così semplice, potete anche dirglielo, non capirà quello che le state dicendo, l’isteria mostra tutto ma lo mostra in un modo come se si trattasse come di una necessità esterna a lei, di fronte alla quale non può fare niente, assolutamente niente, può solo obbedire, può solo eseguire. In effetti, si espone sempre e necessariamente come una sorta di esecutore di una legge superiore a lei, in ogni caso estranea a lei, a differenza di ciò che avviene nel discorso paranoico - il paranoico non enuncia una legge che è altra da sé, enuncia una legge che è lui, è molto diverso, dice “io sono la legge” - l’isteria no, l’isteria enuncia una legge che è altro da sé, altro da lei. Dunque, dicevo, ha raccontato tutta una serie di vicende però in linea di massima si limitano questi racconti alle enunciazioni delle vessazioni cui è sottoposta, e la cosa termina qui dicendo “lui vuole questo”. Va bene e allora? Il problema è che si trova in una posizione psichica in cui è costretta a eseguire non perché sia lui in particolare, per le sue particolarissime doti, ma perché lui è soltanto il supporto di una necessità esterna della quale il discorso isterico vive. Perché vive di questo? Perché è ciò che produce la sofferenza, perché la sofferenza è il modo in cui il discorso isterico avverte il godimento e pertanto non ci rinuncia, tant’è che se qualcuno dicesse “va bene e allora cessa di fare questo che è così insopportabile” non riuscirebbe a capire cosa gli state dicendo, è un discorso assolutamente inaccessibile, come se qualcuno dicesse ad un’altra persona “cessa di esistere”, non saprebbe neanche bene cosa deve fare, esattamente allo stesso modo. Dunque, la sofferenza è ciò per cui il discorso isterico esiste nel senso che è l’unico modo in cui può avvertire il godimento, a cui non rinuncia. Tuttavia, così come avviene in altre strutture di discorso, non può in nessun modo ammetterne la responsabilità, cioè il dirsi “sì, sono io che voglio soffrire perché questo è il modo in cui godo e quindi mi va bene così”, non lo può fare questo così come nessun altro discorso perché questa storia non funzionerebbe più, si incepperebbe tutto il meccanismo. E’ questo che un’analisi occorre che faccia, fare in modo che si inceppi il meccanismo, e perché questo avvenga occorre che il discorso isterico si appropri della sofferenza, mentre inizialmente la sofferenza era, nel caso di cui sto parlando, una sorta di maledizione capitata fra capo e collo, quasi per decreto divino. Appropriarsi di tale sofferenza, dunque, come dire che la sofferenza è esattamente ciò che io desidero. Giunti a considerare questo la sofferenza cessa di avere una funzione, perché se voi scambiate la sofferenza con il godimento, che sono termini linguistici differenti, hanno apparentemente un altro significato, però di fatto se un godimento è chiamato sofferenza è una sofferenza, né più né meno. Ora, non è che basti sostituire il significante, si tratta di fare in modo che la persona cominci ad appropriarsi di ciò che gli appartiene, in questo caso della sofferenza, ma della sofferenza che cerca, esattamente come il godimento, che funziona in effetti allo stesso modo anche nella gestualità, nel modo di muoversi, ecc. Nell’isteria si nota subito quanto si eccita nella sofferenza, cioè nel godimento che avverte, però l’isteria è costretta, per rimanere tale, ad affermare che non lo desidera e che questa sofferenza-godimento è imposta dall’altro. Se può compiere questa operazione allora la sofferenza cessa, cessa perché non ha più nessuna funzione, cioè non ha più la funzione di mascherare il godimento consentendole di provare il godimento senza doversene dire responsabile. È tutto qui nel discorso isterico, non c’è altro, però … però richiede notevole dispendio di tempo giungere a questa considerazione. La persona di cui stiamo parlando, dopo che la incontrai anni dopo, mi parlò della sua vita, in effetti le cose si erano svolte in un modo molto tranquillo non avendo più la necessità della sofferenza, era diventato inutile tanto il marito quanto l’amante, l’uno perché la faceva sentire in colpa, e quindi aveva una funzione precisa, l’altro l’amante perché la faceva soffrire con il suo continuo allontanamento. Perdendo la necessità di soffrire anche questi due personaggi hanno perso la loro funzione e pertanto si era risolta a vivere con i suoi due figli, nell’eventualità certo di incontrare qualcuno ma a questo punto questo qualcuno poteva essere scelto con un criterio differente che non fosse quello della sofferenza, cioè di chi comunque l’avrebbe fatta soffrire. Il discorso isterico cerca solo le persone che immagina la faranno soffrire, può sbagliarsi chiaramente ma se si sbaglia abbandona la persona, non è funzionale più a questa sua fantasia, a questo suo progetto. E questo può essere di notevole utilità, per esempio poter scegliersi un compagno o una compagna senza che questa scelta sia necessariamente filtrata da fantasia come nel caso dell’isteria o di altre strutture di discorso. Perché se la scelta avviene in questo modo, ci sono buone probabilità che la relazione si interromperà prima o poi e in ogni caso, formando una sorta di supporto alle proprie fantasie, le acuirà prima o poi e quindi si scateneranno lotte furibonde. Già, perché l’isteria, come diceva giustamente Beatrice, vive sempre nel tormento ma anche tormenta, tormenta l’altro.

Il discorso isterico è il veicolo della verità, non il depositario come nel discorso paranoico, ma veicola, trasmette il verbo, per questo è sempre stata sempre funzionale a qualunque forma di religione. Trasmette il verbo e quindi deve persuadere chiunque altro della necessità di alcune cose. E così la ragazza di cui vi parlavo era lei stessa, oltre che tormentata, un tormento sia per il marito che per l’amante perché ogni volta imponeva all’altro, al partner, degli obblighi, cioè l’altro doveva fare assolutamente certe cose, qualunque cosa sia, non tanto per lei in quanto tale ma per una necessità, che le è sempre estranea, sempre fuori dal discorso isterico, l’isteria la indica come la via, tuttavia non la indica come la sua via ma occorre fare così perché occorre. Questa fanciulla adesso è signora di una certa età, la questione che la assillava si risolse cessando di soffrire ma cessando in primissima istanza di avere la necessità di soffrire. Dicevo che nel discorso isterico la sofferenza non è altro che il godimento capovolto, cioè un godimento del quale io affermo di non volerne sapere, lo affermo però poi di fatto lo cerco e se l’isteria non trova qualcuno o qualcosa che la faccia soffrire fa in modo che comunque ci sia, cioè qualcosa trova, uno cerca e prima o poi trova. Abbandonando questa necessità di soffrire è chiaro che ha incontrato il godimento altrove, per esempio nel fare cose che la interessavano, incominciando ad occuparsi di sé anziché di ciò che per esempio desidera l’altro. Dicevamo la volta scorsa di quanto sia fondamentale nel discorso isterico il desiderio dell’altro, può diventare in alcuni casi una legge, “lui vuole questo”. Può apparire bizzarro, “lui vuole questo”, va bene e allora? Qual è il problema? E invece no, mettendo il suo desiderio dell’altro al posto della legge, è sufficiente che l’altro enunci il suo desiderio perché questo diventi un obbligo e come tale si comporta, perché senza il persecutore, senza il desiderio dell’altro, l’isteria è perduta, è perduta perché si trova a questo punto di fronte ad un godimento che non può più trasformare in sofferenza e questo è un problema al punto tale che in alcuni casi giunge fino alla depressione, fino a martoriarsi anche fisicamente. Se non c’è qualcuno che provvede a farlo provvede da sé, per esempio ad accusare una serie di disturbi e facendosi quindi tagliare a fette dai chirurghi, che non aspettano altro…. E offre cioè il suo corpo, parlavamo la volta scorsa del corpo nell’isteria, in modo che altri si occupino del suo corpo e comunque del suo godimento, perché del suo godimento non ne vuole sapere a meno che non sia volto in sofferenza. Siccome è l’ultimo incontro dell’anno, sentiamo intanto se ci sono delle persone che vogliono porre delle questioni, aggiungere togliere proseguire in forma di conversazione. Qualcuno ha già qualche elemento?

Intervento:

E’ una questione complessa questa del perché una persona diventa isterica anziché paranoico o qualunque altra cosa, in effetti nessuno glielo ha chiesto né alcuni l’hanno costretta … una persona non diventa isterica perché qualcuno lo ha costretto a farlo. Certo, una persona come chiunque trae degli elementi da tutto ciò che trova, però non è sufficiente dal momento che persone possono essere vissute all’interno della stessa struttura e trovarsi in discorsi totalmente differenti…sono, il discorso isterico, la schizofrenia, la paranoia ecc… Sono dei modi in cui ciascuno, la più parte delle persone, diciamo, attraverso i quali risolve alcuni problemi o pensa di farlo, sono delle figure che dicevo funzionano come dei luoghi comuni. Il luogo comune è un modo di pensare, perché una persona diventa isterica? Perché una persona diventa credente? È la stessa cosa. C’è la necessità di credere certe cose, una persona che è isterica crede che l’altro voglia assolutamente delle cose da lui o da lei e deve crederci perché questo consente all’isteria di dare un senso alla propria esistenza. Difatti quando questo non avviene spesso interviene la depressione, allo stesso modo per cui ci sono le religioni o altre cose del genere. Quindi, più che porsi la questione perché il discorso isterico, ossessivo ecc….può porre in termini più generali, cioè perché le persone credono anziché no? Questa è una bella domanda alla quale è possibile iniziare a rispondere, ma lo faremo in un’altra occasione, Non è tanto che la persona non è capace di amare o di pensare a sé, ne è capacissima ma non lo può fare, non lo può fare perché è più importante quell’altra cosa, perché quell’altra cosa la costringe per esempio a soffrire ed è costretta a soffrire perché il luogo comune in cui è accolto, per così dire, le dice che se soffre allora è importante, se soffre allora la sua vita ha un senso. Perché pensa questo? Per infiniti motivi. Così come la persona immagina che se crede in dio poi andrà tutto meglio, la struttura è la stessa, solo che una persona che crede in dio generalmente non si rivolge per questo ad uno psicanalista, il che è curioso, mentre una persona che avverte una forte angoscia sì, però in effetti sono sempre modi di credere qualcosa, tanto più forte è la credenza e tanto più sorgono i problemi. Cessare di credere è uno dei fini che si prefigge un’analisi, più che cessare di credere si prefigge di non avere più la necessità di credere né in una cosa né nell’altra. Togliere la sofferenza di per sé non è il fine dell’analisi, perché se uno soffre avrà dei suoi buoni motivi, la sofferenza scompare, si dissolve quando cessa la necessità di farlo, e la necessità cessa al momento in cui ci si accorge che la sofferenza e il godimento sono esattamente la stessa cosa. E così, come dicevo, l’altro, il persecutore, perde la sua funzione. C’è l’eventualità in questo caso di sbarazzarsi di numerose persone che hanno, esistono soltanto per questa funzione, produrre sofferenza. Com’era la questione, “la capacità di amare?” Sì, va bene, non è che ci sia un libretto con le istruzioni ovviamente, ciascuno è capace di farlo se non c’è un pensiero che glielo impedisce, allora no, cioè in ciascun discorso si struttura in modo differente, in ciascun discorso c’è un problema rispetto al proprio desiderio, e poi questo intoppo rispetto al proprio desiderio cambia, è differente nel discorso paranoico, ossessivo ecc…., questa differenza è ciò che viene utilizzato nella nosografia psicanalitica….

CAMBIO CASSETTA

Intervento: Ho letto un libro in cui c’era un frase di un signora che diceva “lasciami sempre nel dubbio” è una frase di una persona isterica?….certamente c’è questo godimento della sofferenza ma mi dà fastidio questa contraddizione ….la mia ipotesi è che sia una ricerca di emozioni, piuttosto che avere un uomo fedele….l’uomo prevedibile annoia così dicono molte donne……quali sono le frasi che denotano la sofferenza? Per esempio…..per cui inventariare tutti gli elementi che compongono la sofferenza si potrebbe vedere il tipo di sofferenza di questa donna di cui lei parlava…..

Vede, la sofferenza è una delle fonti più ricche di emozioni, è noto da sempre. Giustamente lei citava la persona che va in montagna ma pensi agli sport estremi, producono emozioni fino alla roulette russa, che dicono provochi emozioni, però le cose che mettono a repentaglio qualche cosa sono più interessanti e chiaramente la propria vita è il bene più prezioso. Quindi, ciò che mette a repentaglio la vita provoca le sensazioni più forti e quindi la sofferenza è un modo per ottenere forti emozioni immediatamente e ripetutamente perché per ciascuno trovare cose che non gli aggradano è più facile di trovare cose che invece gli aggradano, anche perché, come accade, la più parte delle persone pensa in modo differente da me e già questo fatto potrebbe anche infastidirmi e quindi i motivi per essere angosciato, preoccupato o comunque soffrire, ne ho quanti ne voglio. E’ un serbatoio inesauribile e infatti da qualunque discorso la sofferenza viene utilizzata per provare emozioni, così come tutte le prove di coraggio dei ragazzetti, buona parte sono prove di resistenza per esempio alla sofferenza e l’isteria trova a modo suo la via per potere usufruire di tale sofferenza, in modo differente dagli altri discorsi. Ora, certo, non ho fatto una distinta di tutte le frasi che creavano problemi, ma non è necessario fare una distinta molto lunga, i luoghi comuni sono pochissimi e sono utilizzati da tutti, sono pochi frasi, si potrebbero racchiudere in poche paginette e sono sempre le stesse inesorabilmente, perché sono quelle che funzionano di più, sono quelle più utilizzate. Poi, certo, la questione della prevedibilità … ciascuno cerca cose che perché gli diano emozioni che non siano prevedibili, è ovvio sia nelle persone che nelle cose … perché il gioco d’azzardo per esempio interessa moltissimi? Perché non è prevedibile quello più di altri, e così infinite altre cose non sono prevedibili, per cui, certo, una persona che è sempre assolutamente prevedibile può anche essere noiosa, è vero però ciascuno fa come gli pare, se vuol essere prevedibile è prevedibile se vuol essere imprevedibile, imprevedibile a seconda…. Lei diceva “dovrei”, che per esempio “la cosa migliore è essere un uomo buono”, dipende da cosa vuole ottenere, se per esempio vuole sedurre fanciulle no, se vuole far altro può darsi. No, perché poi un giorno ne parleremo di queste cose, la seduzione….è una cosa che ha sempre interessato gli umani ma non soltanto per sedurre l’altro sesso ma per persuadere… tutta la pubblicità è una persuasione e c’è una tecnica e una tattica e anche una strategia che non è molto dissimile dall’arte militare, anzi sono straordinariamente simili, però questo è un altro discorso…

 Intervento: Lei diceva curioso che uno che crede non va dallo psicanalista …

Dicevo che è sorprendente che non si consideri la credenza o che si consideri il credere una cosa normale …. il fatto che si consideri il credere in qualcosa come qualcosa di assolutamente normale, questo è sorprendente (E’ normale) Sì, è sorprendente per me, poi per altri può risultare necessario, ma perché? (……..) Sì, certo, (Allora a questo punto bisogna affrontare questo problema questo del credere) Certo, le faremo sapere, una delle domande che occorre porsi è per esempio rispetto al credere è che differenza c’è fra il credere in Cappuccetto Rosso o in dio. C’è n’è qualcuna oppure nessuna? E se sì quale? Questa è una bella questione su cui è possibile riflettere …

 Intervento: Cosa vuol dire credere? (Proseguire in una direzione anziché un’altra, una direzione non scontata) Perché il nostro discorso non possa mai mettersi in dubbio, in discussione, qualsiasi fede anche politica serve a questo….a questo punto quale godimento se io devo necessariamente credere a qualcosa per poter esistere.

Però effettivamente è una questione complessa che va affrontata, in più di una serata, perché gli umani credono anziché no, per esempio? Va bene, per quest’anno ci fermiamo qui, il prossimo anno che sarà il 2000, martedì 11 gennaio riprenderemo e faremo ancora un paio di incontri intorno ad una struttura diversa, il discorso ossessivo, poi faremo un paio di incontri sul discorso schizofrenico e di lì ci agganceremo a una serie di questioni linguistiche, qui parleremo del credere “credere, obbedire, combattere” diceva… va bene grazie a ciascuno di voi e buona notte.