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LA SOFISTICA

 

8/2/2000

 

Il tema di questa serata è la Sofistica come avete visto da qualche parte… sulla Stampa, per esempio. La Sofistica è il modo in cui abbiamo chiamato un pensiero che io insieme con i miei collaboratori abbiamo costruito, inventato attorno ai primi anni 90 e si configura come uno strumento la cui funzione è di porre delle basi per potere pensare, ciascuno grosso modo sa che cos’è il pensiero, che cosa intende quando dice pensiero, ciononostante è possibile proseguire nell’interrogazione intorno a questa attività prevalentemente umana del pensare. In effetti la prima parte della Sofistica che è divisa in nove punti, capitoli, il primo di questi dedicato alla logica, come il primo passo per incominciare a pensare; ma forse è il caso di soffermarsi un po’ di più su questo termine "pensiero" cosa si intende generalmente con il pensare? Costruire una serie di proposizioni più o meno coerenti tra loro di cui generalmente l’ultima si considera una conclusione, nel pensiero generalmente si cerca di costruire questa serie di proposizioni in modo tale che la conclusione sia vera, difficilmente qualcuno costruisce un discorso la cui conclusione è falsa e se lo fa è soltanto per dimostrare che un’altra è vera, allo stesso modo ciascuno parlando cerca di stabilire rispetto a varie ipotesi quale sia quella vera, a che scopo, potrebbe domandare qualcuno, si compie questa operazione? Curioso, però viene compiuto, anche laddove apparentemente il vero o il falso risultano marginali, in realtà compaiono sempre, dalle cose più banali fino a quelle più nobili, sempre, dunque la necessità di potere stabilire se il proprio discorso, quindi le proprie inferenze, le proprie conclusioni sono vere oppure no. Generalmente per questo motivo se sono vere si ritiene siano utilizzabili, se no, no. Utilizzabili per l’azione, per proseguire il pensiero, il discorso, per qualunque cosa non ha importanza, però utilizzabili, potremmo in linea di massima stabilire che si considera ciò che è vero come ciò che è utilizzabile, in quale modo adesso non ci interessa , però è utilizzabile, ciò che è falso no, e quindi ciò che è falso viene abbandonato, ciò che è vero proseguito, in linea di massima funziona così il discorso occidentale, ma non soltanto quello, tant’è che ciascuno potrebbe di fronte a una qualunque cosa che si dice o che si pensa o che si crede domandarsi se potrebbe essere esattamente il contrario, perché se potrebbe essere esattamente il contrario, con pari dignità allora ciò che pensa ai suoi occhi perde di valore, perché potrebbe essere così ma in qualunque altro modo e quindi poco utilizzabile, se invece non può essere in nessun altro modo allora si impone una domanda, almeno lungo una ricerca, non necessariamente nel quotidiano e cioè come lo so? queste due domande apparentemente molto semplici, molto banali, sono quelle che hanno mosso una ricerca che poi hanno condotto a questo scritto che abbiamo titolato Sofistica, ciò che si pensa generalmente, come dicevo prima è costruito da alcuni elementi che funzionano da premesse o da assiomi a seconda dei casi, segue in maniera più possibile coerente un certo numero di deduzioni o induzioni fino a giungere alla conclusione….ma in questa chiamiamola argomentazione, tutto l’insieme di questa storia, se muove da premesse false concluderà in modo altrettanto falso, o premesse gratuite….per questo gli umani da sempre hanno cercato un qualche cosa di solido, di fermo, di stabile da cui potere muovere per giungere a conclusioni sicure, certe, che non creassero problemi, questo tentativo è stato messo in atto da molto tempo, grosso modo 2500 anni, anno più anno meno. Lo stesso Aristotele come molti di voi sapranno ovviamente, cercava un buon appoggio da cui muovere per costruire sillogismi e in effetti su che cosa ci si appoggia? Questo è un problema, l’esperienza, dicono taluni ma l’esperienza non è che sia così affidabile, ciascuno può avere esperienza di una cosa, l’altro di un’altra, sulla deduzione? ma siamo daccapo la deduzione da che cosa muove? Ché il ragionamento può anche essere corretto ma se le premesse sono false non porta molto lontano, è stato inventato anche un dio per questo motivo il quale da sopra stabilisce tutto e garantisce lui, però non tutti sono stati soddisfatti di questa soluzione e hanno continuato a cercare, è quella famosa ricerca della verità, in termini più spicci, che poi ha impegnato gli umani negli ultimi 25 secoli in modo molto assiduo anzi sicuramente molti si sono confrontati con questo problema, le menti più addestrate e più scaltre e più fini, tuttavia rimaneva un problema, il problema che è sfociato alla fine del millennio scorso con la crisi dei fondamenti, fino ad arrivare alle frange del pensiero debole o altre cose del genere, come dire? Siccome non si può trovare nulla di stabile allora tanto vale accontentarsi di quel poco che possiamo costruire ma anche lì la questione del vero o del falso insiste, nessuno è disposto ad ammettere che ciò che sta affermando è assolutamente falso, soprattutto se ci crede, dunque la logica in effetti se presa termini abbastanza rigorosi può dare un contributo dal momento che come abbiamo visto qualunque affermazione che muova da premesse gratuite non è provabile in alcun modo, ci hanno provato anche con la matematica, l’ultima ratio, ma la matematica risulta non fondabile, risulta soltanto l’applicazione di una serie di regole, niente più di questo…dunque vi dicevo della necessità da parte degli umani di trovare questo elemento e così ci siamo domandati ad un certo punto del nostro percorso, qualunque teoria, qualunque dottrina, qualunque cosa è costruita a partire da premesse, da assiomi che non risultano provabili, qualunque teoria indistintamente, e pertanto qualunque teoria ha come fondamento una sorta di atto di fede cioè io credo che sia così, non lo posso provare però credo che sia così, supponiamo che questa considerazione non sia sufficiente, ecco che allora si tratta di mettersi ancora a cercare qualche altra cosa, e che non richieda necessariamente un atto di fede, a questo punto si trattava di trovare non una cosa che fosse provabile perché qualunque cosa se ritenuta tale, immediatamente innesca un circolo vizioso dal momento che occorrerà poi provare la validità della prova che si è utilizzata e così via all’infinito, quindi non che sia provabile ma qualcosa di più forte e cioè che non sia negabile. Quando una cosa non è negabile? Quando la sua negazione comporta necessariamente un’autocontraddizione e dunque occorreva trovare qualche cosa che funzionasse in questo modo che potesse affermarsi e che non potesse negarsi, perché negarla avrebbe comportato un’autocontraddizione e quindi l’annullamento di tutta la proposizione che cercava di negare. Ora come di molti di voi sanno la logica che così abbiamo reinventato in qualche modo, avvalendoci certo di quanto è a disposizione, stabilisce, tale logica un elemento che non può essere negato, come lo stabilisce? Semplicemente domandandosi a quali condizioni io posso farmi queste domande e qualunque altra io voglia fare, c’è una condizione? Ovviamente occorre una struttura perché io possa farmi tutte queste domande, una struttura che è fatta di tutte quelle inferenze di cui vi dicevo prima, per farla breve una cosa fondamentale "se….allora" se questo allora quest’altro, se ciò da cui muovo è falso allora anche ciò che ho concluso sarà falso, dunque qual è la struttura che consente di compiere tutte queste operazioni, di domandarsi cioè se una certa cosa è vera o falsa, di domandarsi a quali condizioni posso domandarmelo, è quella struttura che come molti di voi sanno è nota come linguaggio. Linguaggio che è fatto, per così dire, di una serie di procedure e di regole per il suo utilizzo, le procedure sono quegli elementi senza i quali il linguaggio cessa di esistere, alcuni di questi già Aristotele li aveva intravisti anche se non li ha posti come procedure, per esempio, considerate il principio del terzo escluso, antichissimo, una cosa è se stessa oppure non lo è, non c’è una terza possibilità, provate a considerare un termine linguistico uno qualunque, provate a immaginare che possa essere un qualunque altro, e cioè che con la parola pane io possa indicare il pane, la sera, il tavolo, i libri, il cielo, mare, tutto….il linguaggio cessa di funzionare inesorabilmente, questa dunque è una procedura, ciò che è necessario perché il linguaggio funzioni. E poi dicevo delle regole, perché il linguaggio funziona sì, ma ha bisogno di regole che di volta in volta diano delle indicazioni per potere costruire dei discorsi per esempio, cioè per giocare il linguaggio, e come è noto per giocare qualunque gioco occorrono delle regole, queste regole non fanno altro che escludere delle mosse, come le regole del gioco del poker, escludendo delle mosse riducono la possibilità di azione ad alcuni passaggi e non ad altri, per cui se io voglio un kg di pane dico che voglio un kg di pane e non che gli elefanti abitano, e se no non funzionerebbe niente, quindi escludo, già De Saussure aveva inteso che nel linguaggio non vi sono se non differenze, funziona così, con regole di esclusione cioè le regole limitano le mosse possibili in quel gioco; a questo punto se noi ci avvaliamo della proposizione per esempio che afferma che nulla è fuori dal linguaggio, possiamo prendere questa proposizione e provarla e vedere se risponde al criterio che abbiamo stabilito e cioè di una proposizione che non può essere negata, e infatti come negare questa proposizione? Che non c’è alcunché né può esserci fuori dal linguaggio, in qualunque modo io mi adoperi per negare questa proposizione utilizzerò per farlo ciò stesso che devo negare e pertanto qualunque proposizione che tenti di negare quest’altra proposizione che afferma che non c’è alcunché fuori dal linguaggio, risulta necessariamente autocontraddittoria al momento stesso in cui si muove. Ciò che è autocontraddittorio non è utilizzabile nella logica, nella retorica sì, poi vedremo anche perché, non è utilizzabile perché indica due cose opposte simultaneamente, facevo l’esempio tempo fa di uno che indica la via per un certo posto e indica due direzioni simultanee, non ne faccio niente di questa indicazione, non mi dice niente, non la posso utilizzare. Ora torniamo, facciamo un passo indietro, torniamo alla provabilità di una affermazione, abbiamo visto che provare una affermazione è straordinariamente difficile, si incappa in quella che gli antichi chiamavano regressio ad infinitum, attenendoci alla logica ovviamente, vale a dire che si cade in una sorta di ritorno indietro inarrestabile senza potersi fermare su nulla, come dire che ogni cosa ad un certo punto può domandare di essere provata e così la prova e via dicendo all’infinito. Ciò che invece abbiamo inventato non è una prova ché non può essere sostenuta in nessun modo, se ci si trova di fronte ad interlocutori abbastanza addestrati e smaliziati ma una reductio ad absurdum, in effetti costringere la proposizione che nega questa proposizione che io ho accennato prima e cioè che non c’è nulla fuori dal linguaggio, costringe questa proposizione ad autoannientarsi e cioè logicamente non è negabile in nessun modo, cosa intendiamo dire che non è negabile in nessun modo, che è necessaria, dal momento che necessario si intende comunemente come ciò che non può non essere e questa potrebbe non essere? E come? A questo punto ci siamo trovati di fronte ad uno strumento, uno strumento che consente di pensare in termini differenti da come si pensa generalmente, dal momento che costringe per così dire ad accogliere qualunque proposizione, intendo dire qualunque tranne l’unica che risulta non negabile, dicevo accogliere una qualunque proposizione come assolutamente arbitraria, gratuita, infondabile e indimostrabile. Che valore ha allora una qualunque proposizione del discorso quotidiano? chiamiamolo pure così, lo stesso valore che hanno le regole di qualunque gioco, all’interno del gioco del poker quella regola che afferma che quattro assi battono due sette, funziona e ha un suo valore ben preciso, provate ad avvicinarvi ad un tavolo da poker e vedrete subito, ma fuori dal gioco del poker non significa assolutamente niente, nulla perché quattro assi battano due sette al di fuori della regola specifica di quel gioco non significa nulla assolutamente niente. Provate dunque a considerare una qualunque proposizione eccetto una, quella che vi ho menzionata prima come una proposizione che conclude una certa cosa ma all’interno di un certo gioco e che quindi vale all’interno di un certo gioco, fuori da quel gioco non significa assolutamente niente, non ha mai significato niente e non significherà niente, ha valore all’interno di un gioco particolarissimo. È ovvio che questa serie di infiniti giochi che gli umani compiono e costruiscono incessantemente non ha di per sé nessun valore se non quello che di volta in volta gli si attribuisce, questo ha comportato e comporta quella riflessione che abbiamo fatto intorno alla logica e cioè da una parte l’impossibilità di credere, una impossibilità che chiamerei strutturale, di credere una qualunque cosa che non sia nello stesso modo in cui credo che quattro assi vincano due sette, niente più di questo e d’altra parte comporta la possibilità, affrancandosi dalla necessità di credere di vivere in modo molto più leggero e probabilmente meno ingenuo. Quando abbiamo inventato questo modo di pensare ci siamo chiaramente domandati come potere utilizzare anche nel quotidiano un simile strumento, chiamiamolo pure così e questo e risultata indubbiamente la parte più ardua, dal momento che rende assolutamente incompatibili, come si diceva una volta incompossibili alcune cose, insieme con il credere, quindi qualunque forma di religione, qualunque forma di valore e molte altre cose che vengono di conseguenza. Ora nulla risulta poco popolare e pericoloso come qualche cosa che toglie la religione ma con religione non mi riferisco alla religione cristiana, buddista, islamica non ha nessun interesse, ma una struttura di pensiero, potremmo dire così che intendiamo qui con struttura di discorso religioso un qualunque discorso che immagina che esista qualcosa fuori dalla parola, non è casuale che il pensiero occidentale abbia ogni volta che si sia confrontato con se stesso incontrato delle aporie, irresolubili, paradossi di ogni sorta, già gli antichi avevano trovato, avevano intuito i limiti stessi del discorso e quindi degli umani, e cioè il fatto che fossero "costretti" nel linguaggio, costretti fra virgolette. Avvertendo anche la libertà immensa che questo può comportare e come molti di voi sanno nulla è più pericoloso della libertà, le guerre fanno ridere al confronto e in effetti coloro che circa duemila anni fa proponevano un discorso che incominciava a porre queste questioni erano noti come Sofisti, la cosa….la sofistica non era portata alle estreme conseguenze così come abbiamo fatto, tuttavia già alludeva a una libertà…libertà potrei indicarla, come libertà dalla necessità di credere, come libertà fondamentale. Per questo vi dicevo che praticare il discorso, lo strumento che abbiamo inventato è per lo più molto difficile e in effetti il lavoro che stiamo compiendo, insieme con delle persone, è proprio di trovare delle vie per renderlo più facilmente praticabile ché il primo impatto è assolutamente catastrofico, togliere la necessità di credere e quindi la religione è un’operazione pericolosissima, torno a dire religione cristianesimo, qualunque cosa a cui si crede, mi riferisco a una struttura di pensiero non ad un credo particolare, non ha nessuna importanza, però è la scommessa per questo millennio, in quello precedente abbiamo inventato questo strumento, in questo millennio ci adopereremo per renderlo praticabile, il successivo vedremo il da farsi. Io ho appena tratteggiato giusto così per consentirvi un primissimo approccio alla questione, ciò che abbiamo costruito in questi ultimi anni in modo da ascoltare anche delle vostre considerazioni al riguardo CAMBIO CASSETTA sono disposto a darvi tutte le spiegazioni che desiderate. Mi rendo conto che può apparire una cosa un po’ strana in effetti ma come dicevo prima va contro il modo stesso di pensare a cui si è avvezzi, la verità, il valore, il credere, obbedire, combattere……sì che poi la prima porta con sé anche la seconda, non necessariamente ma molto spesso, sì taluni hanno domandato se in effetti un discorso del genere avesse presa sul pianeta cosa accadrebbe? Non lo so, non ne ho la più pallida idea, potremmo divertirci ad osservare gli effetti, difficilmente peggio di quello che sta accadendo in ogni caso, vero Cesare? Sì c’è qualcuno che desidera?….

Intervento: prendiamo una ipotesi scientifica, una legge naturale qualsiasi

Un’ipotesi o una legge? Già è diverso…

- Intervento: un peso libero che cade, facciamo questa ipotesi ed effettivamente cade …dobbiamo dire che l’ipotesi è vera…

sì, sì certo il discorso scientifico funziona così, funziona in genere con l’osservazione, non sempre ma spesso con l’osservazione, in alcuni casi si basa più sul calcolo matematico, come la teoria della relatività, non è osservabile però viene compiuta la dimostrazione tramite un calcolo numerico, sì qual è la sua questione? (che in un certo modo siamo riusciti a dimostrare l’ipotesi) sì certo, ma non ho detto che non è possibile date certe premesse dimostrare qualche cosa, in effetti data un assioma per esempio è possibile dimostrare una quantità sterminata di cose in modo assolutamente corretto, anche perché esistono delle procedure, basta seguirle come il calcolo numerico, si impara come funziona e poi si applicano, non è difficile, cioè può anche essere difficile però sono delle cose che per altro oggi i calcolatori possono fare molto rapidamente, la questione che ci siamo posti non è che fosse possibile oppure no, data una premessa dimostrare una qualunque cosa ma che cosa fosse questa premessa o assioma a seconda dei casi, è da qui che abbiamo preso le mosse cioè al di qua della dimostrabilità oppure no di un certo assioma, non ci è interessata la dimostrabilità, sappiamo che è dimostrabile certo, perché questo assioma il più delle volte è costruito in modo tale da consentire questa operazione è fatto per questo, come se veicolasse in sé tutto ciò che occorre per poterlo provare, se si considera invece questo stesso discorso, dimostrare…..non il percorso che si è fatto se è corretto oppure no e quindi se si è dimostrato un certo assioma, ma di cosa è fatto questo assioma, mettiamola così allora il discorso è differente, come dicevo prima siamo ancora al di qua di ogni possibile dimostrazione e cioè è un discorso che verte su che cosa rende possibile una dimostrazione, non sulla dimostrazione in sé, su che cosa la rende possibile e in che cosa consiste propriamente, qui il discorso è più complicato, e verte appunto sulla necessità di reperire un qualche cosa che non comporti necessariamente un atto di fede, e cioè una sorta di indimostrabile a base di qualunque dimostrazione, la stessa osservazione per esempio logicamente non ha nessun valore assolutamente nessuno, neanche per i greci ne aveva poi tanto, l’empiria era considerata una cosa di second’ordine rispetto alla deduzione, è stato poi con Bacone che è cominciata a tornare in auge l’empiria, però va a mode anche quello, ma in ogni caso l’empiria non ha mai potuto provare se stessa e i Sofisti già allora, cioè quelli antichi, non quelli attuali, avevano intuito la questione in modo abbastanza preciso, forse avrete presente il sofista di Platone quando, chi era Teeteto? Dice il Forestiero, lo vedi quell’albero laggiù? E lui il Forestiero che era sofista, dice no, non vedo, non vedo che cosa tu vedi, se me lo descrivi allora lo vedrò, potrò dire sì oppure no, se no ciò che io possa vedere o non vedere, non significa niente, rispetto a ciò che tu vedi, certo, come dicevo prima, i Greci non avevano una grande opinione dell’empiria, dell’osservazione, che è diventata invece poi il metodo tradizionale della scienza, negli ultimi secoli, ma questo non cambia nulla. Come provare la validità dell’esperienza? Con che cosa? sì, col consenso comune però, non è sempre così automatico che "vox popoli" corrisponda alla "vox dei" talvolta non è esattamente così e quindi dato un assioma, stabilite delle regole è possibile dimostrare qualunque cosa e anche il suo contrario, se si è sufficientemente abili, però è il punto di partenza che in effetti ha questionato gli umani, non le procedure per giungere a dei risultati, quelle non hanno mai costituito un problema, lo stesso Galilei immaginava che l’universo fosse scritto in caratteri matematici, che bastasse accedere alla chiave, al codice d’accesso, ma ciò che può provare che tutti i calcoli sono stati compiuti a dovere, non è nient’altro che avere eseguito correttamente le regole del calcolo numerico, nient’altro che questo, nessuna realtà vi si è palesata, nulla, ha eseguito correttamente un calcolo, così come io affermando "2 + 2 = 4" ho eseguito correttamente un calcolo numerico, tanto più complesso, ovviamente, però la struttura è la stessa, non ho affermato nessuna verità con questo se non una verità nell’ambito di una regola di un gioco, affermare che due più due è uguale 4 è esattamente come affermare che due assi battono due re, esattamente, sono due giochi diversi, certo, ma fuori di questi giochi entrambe le affermazioni non significano assolutamente niente, si è pensato fin da qualche tempo che in effetti la matematica fosse un qualche cosa venuta da Dio, Kronecker pensava una cosa del genere, poi quando si sono accorti che i numeri mentono allora hanno avuto un contraccolpo. Mentono, spudoratamente, sì, Cantor si era dilettato in questa direzione, la serie dei numeri primi è maggiore o minore delle serie dei numeri primi elevato al quadrato? E lui come lo sapeva? Dovremmo arrivare alla fine ma se è infinito per definizione non arriverò mai. Può un numero essere uguale a se stesso elevato al quadrato? In questo caso non c’è risposta. Ecco perché dicevo i numeri mentono, sì, sono utilizzati ovviamente come infinite altre cose, e all’interno di giochi specifici, però ciò che abbiamo reperito è che in effetti al di fuori di questi giochi non hanno, non sono assolutamente niente, nulla e quindi, questo affranca dalla necessità di credere una quantità sterminata di cose che lasciano il tempo che trovano, si utilizzano certo continuamente ma come giochi, proprio come l’utilizzo è il fatto che due re battano due sette…

Intervento: viviamo in un epoca in cui ….

Intanto sul fatto che la religiosità sia diminuita questo è difficile da stabilire, io ho detto prima, che non intendo delle fedi particolari ma il credere qualunque cosa, credere in una qualunque cosa non ha nessuna importanza mi pare che oggi più che mai al di là del ritorno in massa del cristianesimo e della religione in quanto tale ma trovo che ci sia una disperata necessita di credere in qualche cosa e per moltissimi l’avere trovato qualche cosa, se c’è un problema forse in molti casi non trova un qualcosa di solido in cui credere e cioè è come se si trovasse nella necessità di dovere credere qualche cosa e quindi si domandasse e domandasse che cosa è vero in ciò che accade, per esempio, questo può riscontrarlo abbastanza facilmente, certo la fede propriamente detta cioè nella religione specifica in alcuni casi almeno nel modo occidentale può essere diminuita rispetto ad alcuni secoli fa, però la necessità di credere ed è questo su cui abbiamo riflettuto, non pare affatto che sia diminuita cioè credere che esista vera o il falsa qualcosa sia necessariamente vero, una ricerca continua dalle piccolissimi cose fino alle più nobili, chiamiamole così, si però forse l’ho interrotta? (questo che lei propone potrebbe portare una grande liberazione o una grande sottomissione…) così come è sempre stato dice? (…) è una questione interessante questa che ci siamo posti, in effetti non abbiamo costruito una cosa del genere per uno scopo, semplicemente la cosa si è prodotta da sé, né abbiamo in animo di persuadere le folle o fare proseliti, ci interessa sicuramente discuterne con altri ma la cosa per quanto possa apparire bizzarra è fine a se stessa. Non soltanto ma questo strumento viene anche applicato a se stesso e cioè intendo dire qualunque utilizzo se ne faccia in ogni caso questo utilizzo rientra nell’ambito di atti linguistici, in effetti non si tratta di nient’altro che di un gioco fra altri. Questo gioco ha a differenza di altri, l’unico vantaggio di non essere negabile, e di indicare un po’ come funziona un qualunque gioco che si voglia costruire, per cui funziona laddove c’è la possibilità, o si instaura la possibilità di non potere più non tenere conto di ciascun atto linguistico o comunque che non possa non esserci come sfondo la certezza che ciò che sta avvenendo è un gioco linguistico con le sue regole, che di per sé non vale niente. Poi sì in effetti molti si sono accostati a questo, anche alcuni filosofi del linguaggio, alcuni logici, la questione è che hanno cercato anche in questo caso lo strumento ultimo, in un certo senso la verità, non compiendo quel passo che sarebbe stato risolutivo e cioè applicare le stesse cose che stavano elaborando al discorso che stavano facendo, pare l’uovo di Colombo, però a quel punto si sarebbero potuti accorgere molto semplicemente che stavano facendo un gioco, e nient’altro che questo e non poteva essere nient’altro che questo, come dire che qualunque pensiero più nobile e più degno ha la struttura di Cappuccetto Rosso se volete proprio metterla così, non c’è nessuna differenza, la teoria della relatività o la favola di Cappuccetto Rosso potrebbero essere la stessa cosa, se uno va ai fondamenti altrettanto dimostrabili, in modi diversi ma perché no? Questo gioco si è soffermato sulla struttura dei giochi, come funzionano compreso se stesso ovviamente, definendosi naturalmente un gioco, per questo non può imporsi, può imporsi soltanto all’interno delle regole del suo gioco che sono quelle della logica e cioè della non contraddizione, se una persona desidera parlando non costruire proposizioni che si autocontraddicono ininterrottamente allora deve fare così se no può continuare ad autocontraddirsi non c’è nessun problema, è solo questa la questione, autocontraddicendosi non succede assolutamente niente, però come dire c’è uno scambio, nel senso che si immagina che ciò che un gioco produce sia una certa cosa che gli umani hanno chiamato realtà intendendo con realtà qualcosa che sfugge al linguaggio e cioè che non è sottoposta al linguaggio, ne sottoponibile, inventare questo e inventare la religione è stato tutt’uno, così si è costruito un modo di pensare che è quello praticato a tutt’oggi….

Intervento: Riflettevo sul giocare di questa proposizione "nulla è fuori dalla parola" … se si può intendere questa proposizione e quindi farla entrare nel gioco linguistico, per esempio il signore parlava del gioco della forza di gravità e dell’esperienza, noi tutti sappiamo anzi lo abbiamo imparato, che se lascio una pietra dall’alto questa cade, non lo dimostro lo so, non sto provando niente, così come tutti gli uomini sono mortali e quindi c’è la morte. Cosa implica il nostro discorso? Cosa implica non fermarsi a questo luogo che è comune e interrogarsi sulla morte, sul termine morte per esempio, se questo termine non fosse stato inventato, se non avessimo imparato questo gioco linguistico, cosa implica l’interrogazione sul gioco linguistico della morte? quali proposizioni si possono trarre se non interviene la morte? Usufruire della morte come termine significa giocare usufruire dell’infinito della parola, nel discorso religioso la morte è usata come il termine, la fine, come lo spauracchio, come divieto (divieto?) sì divieto di vita eterna per esempio. Usufruire di questo gioco implica poter elaborare, non chiudere questioni, elaborare delle questioni e soprattutto avere la possibilità di farlo, per poter proseguire

Sì, certo, sì, qualunque elemento di cui si chiacchiera, qualunque elemento sia dal biscottino alla morte, all’immortalità dell’anima, alla bolletta della luce sono in prima istanza questi elementi, elementi linguistici, significanti come dicono i linguisti, ora ci si può porre una domanda, questi significanti hanno un referente fuori dal linguaggio oppure no? Se no allora il referente è all’interno di una struttura linguistica, essendo all’interno di una struttura linguistica è connesso con altri elementi linguistici ed è un elemento linguistico, nient’altro che questo, se no ci si trova nella posizione di affermare che qualcosa è fuori dal linguaggio e abbiamo visto che risulta arduo, straordinariamente arduo, al punto da non potersi fare. Di fronte a questa considerazione talmente semplice si è costretti, intendo a dire logicamente costretti, dalla logica, la logica non è altro che, come dicevo prima, le procedure di cui è fatto il linguaggio, ciò che il linguaggio per come è fatto ci costringe a pensare, dicevo dunque non possiamo che considerare che necessariamente è nel linguaggio e quindi fuori dal linguaggio è niente, anche la bolletta, anche la morte stessa, al punto che si potrebbe..- così anche se sembra un po’ forte ma fuori dal linguaggio non c’è nessuna morte, non c’è neanche la vita, non c’è niente, assolutamente nulla, la stessa esistenza taluni si domandavano esiste oppure no? E se sì a quali condizioni? Necessita di altro per esistere? E pertanto c’è un’altra esistenza? è la stessa questione l’esistenza è un significante che ha valore all’interno di un certo gioco e quindi parlare di esistenza significa di per sé assolutamente nulla è soltanto un modo per indicare degli elementi all’interno di un certo gioco e quindi di certe regole, se no affermare che una certa cosa esiste o non esiste non significa assolutamente niente…

Intervento: si sente pochissimo

Tre significanti sì, possiamo aggiungerne molti altri….(la libertà è la libertà dalla necessità di credere…sarebbe libertà) sì ma così come è strutturato il discorso occidentale comporta questo, che sia necessario credere qualche cosa, qualunque cosa sia non ha nessuna importanza, per esempio che il vero e il falso siano sostanze ontologiche, anche nel quotidiano (……) la libertà di poter considerare qualunque cosa intervenga nel proprio discorso senza nessun timore dal momento che ciò che interviene è un elemento linguistico, nient’altro che questo. una maggiore leggerezza, di potere considerare le questioni proprie, tant’è che il percorso per esempio psicanalitico giunge anche a questo, attraverso la considerazione di come funziona il linguaggio, in effetti una psicanalisi non è altri che un percorso che consente di sapere con buona precisione qual è la propria religione personale, uno può dichiararsi chiaramente ateo e di non credere in nulla ma la propria religione personale cioè le cose in cui crede, i suoi valori, le cose che dà talmente per acquisite, per scontate che non sono nemmeno messe in gioco, e neanche prese in considerazione, una psicanalisi si basa su questo

Intervento:

da cosa partire? Da questa considerazione che qualunque affermazione lei faccia, non la potrà mai provare, non potrà cioè mai provare che sia vera, questo è già un buon punto di partenza, non esiste cioè una dimostrazione sufficientemente potente tale per cui ciò che lei ha affermato possa essere provato come vero, nulla. Questo è già un buon punto di partenza per cominciare a riflettere, potrebbe considerarsi e cioè può essere dimostrato indifferentemente vero o falso, a seconda che si facciano giri più o meno lunghi però, però è impossibile, qualunque cosa che lei afferma, qualunque cosa che lei crede, che lei stima vera, bene questa cosa può essere dimostrata essere falsa, utilizzando gli stessi assiomi da cui muove, magari poi si potrebbe anche fare un esempio perché no?

Intervento: c’è qualche libro che parla di questo?

Sì la Sofistica. (dicevo qualche libro in commercio) sì è in commercio, se no può cominciare a leggere delle cose di Wittgenstein, forse prima, Ludwig Wittgenstein, per esempio un saggio che si chiama "Della Certezza" dove incomincia a porre delle questioni in modo molto preciso, e un altro che si chiama per esempio "Il libro blu e Il libro marrone". Wittgenstein è stata una mente piuttosto fine, se lei comincia a leggere questi libri abbiamo argomenti in più per discutere….Va bene ci fermiamo qui per questa sera, questa sera ve ho presentato poi mano a mano entreremo più nello specifico e quindi ci vediamo fra quindici giorni.