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Il discorso isterico

 

La volta scorsa abbiamo detto alcune cose intorno alla nosografia psicanalitica, oggi affrontiamo la questione in termini più specifici e cioè iniziando dalla struttura di discorso nota come isteria, o discorso isterico. Forse è preferibile "discorso isterico" proprio per non dare una connotazione di malattia, come si diceva la volta scorsa. Dunque cosa avviene in questa struttura di discorso? Come sapete è stato uno dei primi che Freud ha affrontato nei suoi studi sull’isteria che ha redatto insieme con Breuer. Si è accorto fin da subito Freud di un fenomeno piuttosto singolare connesso con l’isteria, fenomeno che lui incontrò come, forse allora andava di moda, una sorta di paralisi isterica. Ricordate il saggio intorno ad Anna O, al secolo Berta Pappenheim, si era trattato ad un certo punto di un blocco di un braccio, rimasto come paralizzato. Freud lungo l’analisi di questa ragazza giunse a considerare l’eventualità che questa paralisi fosse connessa con l’impossibilità di muoversi durante la malattia del padre e connessa anche con alcuni sogni, ma ciò che interessa rispetto al discorso isterico, che interessò Freud fin dall’inizio, è una sorta di conversione sul corpo di una serie di, chiamiamoli "problemi", come se scrivesse sul il corpo ciò che non riesce a elaborare, a intendere, a svolgere. La volta scorsa abbiamo accennato alla nosografia psicanalitica come a un insieme di figure retoriche, dunque anche l’isteria tutto sommato come una figura retorica, vale a dire come un modo di dire. Un modo di dire ciò che il discorso isterico incontra e costruisce mano a mano.

Cosa comporta considerare la struttura del discorso isterico come una figura retorica? Comporta che al pari di una figura retorica è prevalentemente una struttura linguistica. Dicevo prima un modo di dire le cose, un modo particolare in cui le cose si dicono, potremmo fare un accenno ad alcuni modi del discorso isterico, alcuni modi possono apparire anche folcloristici, però diciamo che sono i luoghi comuni dell’isteria. Quali tic caratterizzano il discorso isterico? Il discorso isterico muove sempre, fantasmaticamente, dalla supposizione di conoscere la verità, difficilmente trovate dubbi, incertezze nella struttura del discorso isterico. L’interpretazione che fornisce il discorso isterico a qualunque evento ha la struttura di una asserzione apodittica, cioè: "le cose stanno così". Non già il "forse è così" o "potrebbe essere così", ma "è così". Di dove trae questa certezza il discorso isterico? Occorre fare una breve parentesi, perché questa certezza di cui dicevo è ciò con cui si rapporta al prossimo, intendo dire che al prossimo mostra qual è la verità, che cosa deve fare, che cosa si deve fare sempre per un’istanza superiore, cioè è come se il discorso isterico conoscesse la verità ma non potesse applicarla a sé. Per dirla in altri termini ancora, come se fosse il portavoce della verità, non la verità, di questo ci occuperemo rispetto al discorso paranoico, l’isteria è il portavoce, si fa soltanto tramite, non è mai responsabile di ciò che dice e di ciò che fa, perché parla in nome di ciò che deve essere fatto.

La questione della conversione isterica di cui dicevo prima e che Freud affrontò a suo tempo, può intendersi anche in termini religiosi, come una conversione religiosa, ciascuna volta in cui si muove per mostrare questa verità in effetti è come se avvenisse una conversione religiosa a quella verità, che di volta in volta può essere differente, ma ciascuna volta è quella e non un’altra. Anche per questo, come in modo un po’ umoristico diceva Lacan, l’isteria crea un dio per poi abbatterlo, dal momento che ciascuna volta in cui si rapporta con qualcuno, questo qualcuno o è dio o è nessuno. Quando Freud nel saggio intorno al narcisismo descrive per esempio un certo tipo femminile, parla sì del narcisismo, però pone la questione in termini tali per cui di fatto parla, anche, della struttura isterica laddove parla di una donna che ha un grande potere di seduzione sugli uomini pur non amandone nessuno perché nessuno di questi è dio, lo cerca, ma lo cerca in un modo particolare perché ad un certo punto lo crea, come se fosse investita da questa missione, come se dicesse "io ti farò diventare dio". Può accadere che un uomo ci creda, e accade spesso, ma non è tanto questo il problema quanto il fatto che essendo una sua costruzione ne ha anche chiaramente e ovviamente il controllo, e quindi se questa altra persona inizia a credersi tale allora viene abbattuta come se dicesse "non dimenticarti che sono io che ti ho costruito".

Di questa impossibilità di relazionarsi con le persone se non in questi termini il discorso isterico generalmente avverte il disagio, lo avverte come problema, e cioè la considerazione di trovarsi sempre di fronte a persone che sono delle nullità, tranne una ovviamente, quella eletta. Difficoltà che conduce il discorso isterico a una sorta di isolamento, nel senso che non è che riesca ovviamente a stare da solo, chi si trova nel discorso isterico, ma isolato in quanto ravvisa ed è assolutamente convinto che non ci sia assolutamente nessuno in condizione di capirlo, anche per questo una persona è circondata da nullità, come se non esistesse il vero uomo, ma non solo nel caso di una donna, ma anche nel caso di un uomo, anche in questo caso c’è la ricerca comunque di un vero uomo cioè di quello che sa dare, offrire l’impossibile, che è esattamente quello che cerca, l’impossibile. Anche nel caso di un uomo può intervenire una sorta di innamoramento nei confronti di un altro uomo come leader, come capo, come qualunque cosa, e anche in quel caso c’è un riconoscimento che questa persona è dio. La difficoltà che si incontra lungo l’analisi di un discorso isterico consiste soprattutto in questo, che molto difficilmente il discorso isterico accoglie la responsabilità di quello che dice, per la sua struttura particolare che è fatta in modo tale per cui è come se parlasse sempre per conto di una verità o di una esigenza, per un principio superiore e quindi necessariamente non può ritenersene responsabile, se una persona è soltanto il portavoce non è responsabile di ciò che trasmette. Ammettere questa responsabilità comporta ammettere inevitabilmente accogliere l’eventualità di non essere portavoce della verità e che quindi ciò che si dice non procede da un’istanza superiore né da una necessità superiore ma dal proprio discorso, da una propria decisione. Di fronte a questo il discorso isterico si trova come spiazzato e subisce un contraccolpo non indifferente. Molto spesso interviene una sorta di lutto a questo punto, come se avesse perduto il motivo stesso della sua esistenza che non era altro che quello di trasmettere la verità agli umani. Lungo un’analisi può avvenire in altro modo questo contraccolpo, questo impatto, questo sospetto, questo dubbio, che forse questa verità che si trasmette magari non è proprio così, e sono i momenti in cui il discorso isterico, come diceva Freud, può scivolare verso la schizofrenia, nel senso che se non posso fare questo, cioè se non è più questo il mio compito allora la mia esistenza qui su questo pianeta non ha nessuno scopo, non serve a niente, io non servo a niente.

Questa serie di pensieri comporta spesso dei contraccolpi molto forti, al punto da causare anche delle crisi depressive molto violente, questa sensazione di assoluta inutilità, che segue necessariamente alla considerazione che questa trasmissione della verità non sia proprio così autentica, forse non esiste o forse non è mai esistita e allora si chiede cosa ho fatto in tutta la vita. Nel discorso isterico c’è quasi sempre la necessità molto forte di occuparsi del prossimo, di darsi da fare per altri, direi che è quasi naturalmente portato il discorso isterico, nel senso che muovendo dalla certezza della verità e quindi del bene in definitiva la sua missione non può essere altro che quella di diffondere il verbo, e in questo molti avevano accostato la figura di Cristo al discorso isterico, colui che diffonde il verbo, porta la verità (l’isteria ai tempi di Cristo non era stata inventata e quindi non esisteva). Direi che è una delle necessità primarie quella di occuparsi del prossimo, di essere sempre molto attento a ciò che l’altro fa, in modo differente del discorso paranoico del quale vedremo più in là, ma sempre pronto a cogliere nell’altro il difetto, ciò che non va, per rilevare che non è a posto, e non lo è perché è soltanto lui, il discorso isterico, sa come dovrebbero essere le cose e quindi difficilmente troverà qualcuno che non abbia bisogno della sua parola o del suo - Intervento.

Dicevo prima dell’interpretazione del discorso isterico, cioè quella che il discorso isterico opera nei confronti delle cose, apodittica dicevo, e cioè sono enunciati che muovono dalla verità assoluta e incontrovertibile. Un’interpretazione che non è lontana da quella che ha operato la chiesa nei confronti della bibbia, per esempio, nessun dubbio che non sia così, il dubbio non è nemmeno pensabile nel discorso isterico. Se interviene l’idea che la propria missione sia fallita non c’è il dubbio, c’è la disperazione, c’è la sensazione del fallimento più totale, talvolta fino alla schizofrenia. Lungo un’analisi ciò di cui vi accorgete è che il discorso isterico immediatamente vi dice come stanno le cose, apparentemente non offrendo nessun elemento per potere intervenire in quanto è una struttura così assolutamente chiusa da impedire che qualche cosa possa intervenire come eventuale messa in discussione di una affermazione, tuttavia occorre pure che l’analista intervenga, visto che è lì per quello. Con l’isteria generalmente si gioca al rialzo, per dirla in termini un po’ spicci, nel senso che ponendo ciascun suo enunciato come la verità occorre considerare questa verità molto seriamente, non confutandola, ma anzi portandola alle estreme conseguenze, portare un enunciato alle estreme conseguenze è in un certo senso affermare che non solo è vero, ma è necessario che sia così e se è necessario che sia così questo allora è necessario che sia così anche quest’altro elemento e poi anche quest’altro ancora, fino al punto in cui questa verità incomincia a dovere essere considerata per quello che è, perché il discorso isterico non la considera mai, la propone, lei o lui non ne sa nulla. Incominciare dunque a considerarla cioè a vedere di che cosa è fatta, incominciare a prendere una sorta di dimestichezza con questa verità, con questi enunciati, cosa non sempre semplice ovviamente poiché ciò che il discorso isterico obietta o più propriamente controbatte immediatamente è semplicemente che non è possibile che le cose non siano così, se chiedete perché, non lo sa, sa soltanto che non è possibile che non sia così. Però se invece vi elegge, allora apparentemente è tutto semplice, è tutto facile, docile e remissiva farà tutto ciò che le si chiede, dico apparentemente perché il discorso isterico se vi ha eletti, cioè vi ha posti nella posizione del dio, anche in quel caso esclude l’eventualità che voi possiate sbagliare, che voi possiate non essere dio, non passa nemmeno per la mente e quindi vi mette al posto della verità, a questo punto è come se non dovesse più trasmetterla ma custodirla attraverso voi, diventa molto premurosa perché deve custodire questo patrimonio che è la verità e che siete voi in quel momento. Custodirlo, difenderlo e proteggerlo da chiunque, anche a costo del proprio sacrificio, anzi meglio ancora se a costo del proprio sacrificio. Il discorso isterico è prontissimo a sacrificarsi per una giusta causa, a differenza di altri discorsi che magari sono più restii, si butta immediatamente per difendere in questo caso la verità che è rappresentata da una persona che ha eletto. Questo chiaramente avviene in molti casi lungo un’analisi, e soprattutto se, ma non soltanto, se l’analista e l’analizzante sono di sesso differente come si suol dire, allora si mostrerà, se l’analista è l’eletto, si mostrerà sicuramente come il miglior analizzante che sia mai esistito, pronto rapido ad intendere qualunque cosa, in definitiva a soddisfare qualunque richiesta, il famoso enunciato "sono come tu mi vuoi" non è soltanto riferito ad una fanciulla ma anche ad un uomo che si trova in un discorso isterico, comunque cercherà di essere ciò che immagina che l’altro voglia che sia, di rappresentare il suo desiderio: "io sono ciò che tu desideri" in definitiva "io sono il tuo desiderio". Per questo può avvenire che se l’altro o l’altra desidera altro diventi un problema, potremmo enunciarla così: "se io sono il tuo desiderio, non è possibile, neanche pensabile che tu desideri qualche cos’altro" e se questo avviene allora è un tradimento, "allora mi sono sbagliato, dunque tu non sei dio, perché sei dio se e soltanto se io sono il tuo desiderio". A quel punto questo dio viene abbattuto, cioè diventa nulla o torna ad essere nulla. Come sapete la psicanalisi si è occupata molto del discorso isterico soprattutto con Lacan, il quale aveva avvicinato il discorso isterico al discorso dell’analista, per una questione particolare e proprio per la questione del desiderio. Lacan scrisse un seminario che si chiama Ancore, quasi a partire dal discorso isterico che secondo lui trova un emblema proprio in questa domanda: ancora. Che il discorso isterico non trovi soddisfazione da nessuna parte questo è noto da sempre, cioè non sia soddisfacibile, domanda continuamente e qualunque cosa venga data non è mai sufficiente, appunto domanda ancora, perché questo? Qui molti hanno dato le loro versioni, ma potremmo dire così, nulla può soddisfare il suo desiderio perché non può riconoscere il suo desiderio e quindi qualunque cosa intervenga non sarà mai riconosciuta come risposta alla domanda, sarà sempre altro, e non può riconoscerlo per la questione cui accennavo prima e connessa con la responsabilità, non può ammettere che questo desiderio sia suo ma considera qualcosa che avverte come desiderio come qualcosa che viene da un altrove, da un altrove che ignora. Perché, dicevamo prima, scrive sul corpo come se fosse una sorta di lavagna? In alcuni casi per accorgersi di averne uno, perché non sa, non tanto di non averlo, ma come funziona, come utilizzarlo, cosa farsene insomma e c’è soltanto una persona al mondo che sa questo ed è quella che lei elegge in definitiva, questa persona sa del suo desiderio che lei, l’isteria, ignora totalmente perché non può assumersene la responsabilità, perché se lo facesse crollerebbe tutto. Perché in molti casi, soprattutto se si tratta di una fanciulla può offrire il proprio corpo a moltissimi uomini senza nessun problema, perché il corpo di cui dispone non la riguarda, come se non fosse cosa sua, l’enunciato potrebbe essere: "se è questo che vogliono, eccolo…era tutto qui?". Naturalmente le cose cambiano con quell’uno che ha eletto, perché lui sa, magari non sa nulla, ma lei immagina che sappia, è supposto sapere e quindi qualunque cosa farà andrà sempre bene, tranne una, che è quella di desiderare altro, e cioè non riconoscerla come il proprio desiderio.

Ecco, questa prossimità dicevo con il discorso dell’analista di cui parla Lacan, è per via del domandare continuamente ancora che Lacan ravvisava in effetti essere un’operazione abbastanza prossima a quella dell’analista, che tutto sommato non è mai soddisfatto della risposta, ma non tanto perché il suo desiderio non debba trovare soddisfazione, quanto per rilanciare la questione ovviamente, non è che abbia da essere soddisfatto da chissà che, ma in questo modo sì, è prossimo all’isteria, rilancia continuamente la questione. L’isteria la rilancia sotto forma di domanda, come dire: "ancora, perché questo non mi soddisfa". L’analista domanda ancora perché si aggiungano altri discorsi, altri pensieri, altre parole, perché il discorso continui, perché ci si accorga in definitiva che ciò che si sta dicendo non è tutto lì, c’è altro, c’è dell’altro ancora, appunto. Che invece è esattamente ciò che tenta di evitare l’isteria dicendo che è tutto lì, perché se da una parte domanda ancora, ciò che dice invece è tutto lì, non ammette repliche, né rilanci, né rinvii, è tutto compreso e incluso in ciò che dice o ciò che ha detto. Per questo dicevo di alzare la posta in gioco, in un certo senso, di fare il verso all’isteria in modo che riesca a prendersi sul serio, e cioè praticare questa struttura fino alle estreme conseguenze. Ciò che terrorizza il discorso isterico è che non ci sia nessuno che sappia rispondere alle sue domande, cioè che non ci sia un dio, per questo molti hanno accostato la produzione di religioni in parte anche al discorso isterico (in parte, non solo ovviamente) che ha bisogno di un dio a cui credere necessariamente, lo costruisce e fa in modo che tutti lo riconoscano come tale e si dà molto da fare in questo senso, è abile, ma in effetti se vi elegge a questa posizione, che per altro è non solo molto precaria ma anche molto pericolosa, diffonde la buona novella a tutto il mondo, vuole che tutti sappiano chi voi siete effettivamente, quale dio siete, non sopporta che nessuno sappia, tutti devono sapere, perché una religione è tale se è seguita da un certo numero di persone, se no non è una religione, è una fisima, in genere, se invece sono molte persone è una religione, la differenza è fondamentale. Lo stesso Freud metteva in guardia gli psicanalisti dal credersi un dio, nel caso soprattutto del discorso isterico, perché è molto facile, perché fa di tutto perché lo crediate, di essere dio, vi pone questa posizione su un piatto d’argento, non solo attraverso dichiarazioni molto aperte di dedizione, devozione o amore in alcuni casi. Freud suggeriva già fin dai primi scritti di andarci cauti col pensare di essere veramente così irresistibili e così straordinari, magari non era così esattamente, comunque di rifletterci un momento. Questo aspetto della produzione di un dio e quindi della fondazione di una religione è interessante da svolgere rispetto al discorso isterico, poi vedremo anche gli altri discorsi, anche quelli danno un loro contributo ma il discorso isterico forse più di altri ha la necessità di creare un dio e fare in modo che tutti lo riconoscano, quindi in definitiva ciascuna volta è come se fondasse una religione, ha la stessa struttura, tutti gli elementi. Ciò che vi trovate a fare, se vi trovate nella posizione di analista, è invece ovviamente qualcosa che va nella direzione opposta naturalmente, come sempre, e cioè né fondare religioni né consentire che questo avvenga, ma porre le condizioni perché non sia possibile farlo, e qui la questione si fa straordinariamente ardua, perché nove volte su dieci avviene, come si diceva forse nei primi incontri, che uno psicanalista sia fornito di una teoria, non ha importanza quale, a cui crede, e il discorso isterico è molto attento a ciò che l’altro desidera e a ciò in cui crede, e lo abbraccia immediatamente, non l’analista, il credo (anche l’analista, se le sembra opportuno) e quindi in questo caso trova una religione già pronta che lei, o lui a seconda dei casi, immediatamente deve diffondere e fare sua, e da quel momento è come una cosa sua, come se fosse una sua opera, come dire: "prima era così, adesso ci sono io, e se ci sono io non è più come prima". Ciascuna volta interviene in modo attivo, deve assolutamente modificare la situazione, la quale situazione deve portare i segni della sua presenza assolutamente, a qualunque costo. Nel caso che ci sia una teoria è prontissima a farla sua e allora in quel caso diventa molto difficile perché mostrerà una capacità di adattarsi a questa teoria sorprendente, farà suoi tutti gli enunciati di questa teoria, anzi l’imparerà ancora meglio dell’analista, non ci vuole molto… e generalmente con questo immagina di aver conclusa un’opera.

Dicevo nel primo incontro di questa serie che è preferibile non muovere da una teoria, ma considerare ciò che avviene parlando cioè la struttura del discorso, come le cose si dicono. Se voi prendete tutto questo come di fatto io ho inteso dirvi, e cioè come figure retoriche, intendete immediatamente che in quanto figure retoriche sono strutture linguistiche, per esempio la necessità di creare un dio è una figura retorica, e quindi un modo di dire, e allora si tratta di intendere perché quel modo di dire, che non è né più giusto né più sbagliato di qualunque altro, semplicemente conduce il discorso isterico sempre allo stesso intoppo, e di questo occorre che l’analista si occupi facendo in modo che questo intoppo si dissolva, aggiungendo altre figure retoriche. È come se non potesse muoversi se non attraverso quelle figure retoriche, e nessun’altra. Adesso vi faccio un esempio molto banale, come se una persona parlasse soltanto per metafore, uno può dirgli: guarda ci sono anche altri modi per esprimersi, ci sono anche altre figure se vuoi, a decine. Il problema è che non vengono prese come metafore ma come l’enunciazione della realtà dei fatti, e qui sta l’intoppo che spetta all’analista dissolvere facendo in modo che ciò che si dice giunga ad essere considerato per quello che è e cioè una figura retorica, quindi una formulazione arbitraria e in quanto arbitraria totalmente a mio carico e cioè una cosa di cui sono responsabile.

  - Intervento: fra discorso isterico e discorso paranoico…

Il discorso isterico non si pone come la verità, in effetti nel discorso isterico gli altri sono delle nullità, mentre nel discorso paranoico sono cretini… l’altro è sempre stupido perché non capisce…

  - Intervento:…

Infatti si diceva tempo fa, l’enunciato del discorso paranoico è: io so, che tu non sai che io so. Cioè io so, e tu invece non sai nulla. È chiaro che esistono una serie di differenze che apparentemente possono sembrare marginali, però portano a delle conclusioni totalmente differenti. Infatti una persona che si trova nella struttura paranoica e una che si trova nella struttura isterica mostrano atteggiamenti, condotte, modi di parlare, di dire ecc. assolutamente differenti. Ma a cosa serve questa nosografia? È una domanda legittima, supponiamo che io ritenga che una certa persona si trovi nel discorso isterico, e allora? Qui occorre aprire, neanche una parentesi, un capitolo molto complesso però lo accennerò brevemente, generalmente queste distinzioni nosografiche hanno una utilità pratica perché uno psicanalista generalmente disponendo di una teoria, una qualunque non importa, sa che il discorso isterico farà certe cose e quindi dovrà intervenire in un certo modo, e allora se riconosce un discorso isterico si muoverà in un certo modo, se riconosce un discorso paranoico in un altro, il che può anche essere legittimo ovviamente, solo che questa teoria di cui dispone si pone come una sorta di griglia di traduzione, laddove individua o suppone di avere individuato il discorso isterico allora tutto ciò che ascolterà sarà filtrato da ciò che suppone di sapere del discorso isterico. Questo è un intoppo non indifferente perché smette di ascoltare ciò che accade e si muove come pilotato dalle cose che ha apprese. Allora in quel caso, certo, occorre distinguere il paranoico dall’isterico, dall’ossessivo, dallo schizofrenico, ma provate a pensare che non esistano queste distinzioni nosografiche, una persona non è né un isterico né un paranoico ma sta parlando, semplicemente, sta parlando degli affari suoi, dei problemi suoi, voi ovviamente ravvisate una struttura particolare, differente da altri, ma come ciascuno è differente da ciascun altro e allora se ascoltate, se non cercate di intendere i modelli di questo discorso, lo prendete per quello che è e cioè un discorso dove avvengono delle cose, si costruiscono una serie di proposizioni a partire da un certo numero di assiomi, di principi. Il compito che dovrebbe essere dell’analista è intendere che cosa sostiene un discorso, qualunque esso sia, cosa fa sì che la persona si trovi a pensare quello che pensa. Non perché ciò che pensa sia bene o sia male, ma unicamente perché è come se il suo pensiero fosse bloccato su alcune figure retoriche e non potesse muoversi da lì, perché muove da alcuni principi che ritiene molto saldi, da alcuni assiomi da cui procede inferenzialmente fino a giungere alle sue conclusioni che sono assolutamente pensate come certe e incrollabili, e allora vi dicevo che si tratta soprattutto di mettere in gioco questi assiomi, questi principi su cui ciascuno fonda la propria esistenza con lo stesso criterio con cui mettereste in discussione una affermazione scientifica, una teoria psicanalitica, una teoria botanica o quello che vi pare, cioè su cosa si sostiene questa affermazione? Quando ciascuno ha occasione di accorgersi che è sostenuta da affermazioni totalmente arbitrarie o gratuite allora c’è l’eventualità che cessi di crederci in modo così ferreo, non avendo bisogno di crederci non crede più nemmeno a tutto ciò che procede da questi assiomi. E in questo si può sbarazzare da una quantità notevole di impicci senza abbracciare nessuna altra religione né alcun altra teoria, la quale si mostrerà altrettanto gratuita delle sue più strampalate affermazioni.

- Intervento: Qualificare questi discorsi come figure retoriche sposta la questione…

Sì questo "furor qualificandi" per cui le varie malattie, l’isteria, la paranoia ecc., come fossero la scarlattina, la leucemia, il morbillo, la lebbra, procede dalla situazione in cui si è trovata la psicanalisi, l’essere inventata tutto sommato da un medico, Freud era medico, se fosse stato un linguista ad inventarla sarebbe stata sicuramente un’altra cosa, o un logico matematico magari non si sarebbe dato così da fare per stabilire una nosografia rigida e determinata, ma si sarebbe soffermato di più su questioni prevalentemente logiche, su aspetti deduttivi, inferenziali. Certo la questione che pongo è legittima rispetto all’utilità di una cosa del genere ché se si considerano queste strutture, questi discorsi così come figure retoriche e cioè come atti linguistici, direbbe Searle, qualificarli in quella maniera può essere assolutamente superfluo …

  - Intervento: la questione è sempre quella di trovare il segno, l’utilità che offre un qualunque codice di traduzione di un sintomo, per esempio, come un segno…

Possono avere invece una valenza e un’utilità letteraria, appunto come figure retoriche, però per porre le condizioni perché un discorso possa ascoltarsi, perché una persona possa accorgersi di cosa sostiene il proprio discorso, di che cosa lo regge e cosa fa sì che giunga alle conclusioni a cui giunge, etichettarlo come isterico o paranoico non serve assolutamente a niente, è più una questione in questo caso logica, direi, linguistica, che medica…

  - Intervento: Riguardo all’ascolto che può esserci per una persona che si trova nel discorso isterico, la cui funzione in qualche modo è di passare la verità di un altro ad un altro, questo può ascoltare quello che dice, ma se è il discorso dell’altro che ascolta, non ci sarà ascolto del proprio discorso ma è sempre quello dell’altro che viene interpretato, sentito…

Sì la questione della responsabilità, si diceva che è l’aspetto centrale nel discorso isterico perché è elusa totalmente, al contrario di discorso paranoico…

- Intervento: ma la responsabilità nell’economia di questo discorso…

Non interviene proprio. Se io dovessi trasmettere un messaggio da Beatrice a Vera io non sarei responsabile del messaggio. In questo senso parlavo a proposito dell’isteria di non responsabilità perché non sa nemmeno granché di questo messaggio, sa soltanto che è la verità, altri in effetti devono interpretarlo e dire di cosa si tratta.

  - Intervento: il paradosso del discorso isterico…

Il discorso isterico manifesta questa sorta di paradosso di cui lei diceva rispetto al desiderio: "voglio assolutamente, ma non ci sarà nulla che mi soddisferà". A quel punto gira in tondo.