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Torino, 5 maggio 2005

 

Libreria LegoLibri

 

Luciano Faioni

 

LA DIPENDENZA DALL’AMORE

 

 

Questa sera parleremo della dipendenza dall’amore. Può capitare di provare una cosa del genere, cioè di innamorarsi e dipendere da qualcuno, accade, e vedremo perché accade e a quali condizioni, e come avviene che gli umani si innamorino anziché no, ché non è così automatico. Intanto perché dipendenza? È una delle sensazioni, delle esperienze che accade di provare al momento in cui è come se la propria volontà cessasse di operare e ci si trovasse incapaci di reagire a una situazione, per esempio una persona che è innamorata non può cessare di farlo a suo piacimento, magari lo vorrebbe, forse, ma in ogni caso non lo può fare o almeno così si dice generalmente come se fosse, come accade di ascoltare spesso, trasportata da qualche cosa, spinta da una sorta di onda inarrestabile. Perché avviene una cosa del genere? Quand’è che una persona è incapace di opporsi a qualcosa? In linea di massima quando si trova di fronte a una serie di elementi, che possono anche essere delle argomentazioni, nei confronti delle quali non sa obiettare niente, non sa opporsi, per esempio la retorica che insegna l’arte della persuasione che non è altro che una sorta di seduzione, funziona così, dispone le cose, le parole, il discorso in modo tale che chi ascolta ne sia sedotto, potremmo anche dire che si innamori di ciò che ascolta, l’obiettivo principale della retorica è questo: fare innamorare delle parole e le parole operano questo, da sempre. È noto come avviene questo fenomeno nella retorica: un discorso bello, esteticamente bello e ben costruito risulta molto più facilmente credibile e quindi affascinante di uno brutto e male costruito. Una questione estetica dunque, che affascina, ciò che è bello è anche vero dicevano nel Medio Evo, alla scuola di Chartres, per questo la retorica insegnava e insegna a costruire discorsi belli, perché se è bello è anche persuasivo e fa innamorare cioè trascina. Ma perché un discorso bello trascina? È antica la connessione tra il bello e il vero, una cosa molto bella appare quasi di per sé vera, e apparendo vera viene creduta e quindi trascina perché la verità, il vero, ha un enorme potere trascinante, seducente, talvolta anche affascinante. Generalmente non si considera che l’innamoramento abbia a che fare con la verità, o con il falso, si considera qualcosa che procede dalle sensazioni e dalle emozioni anzi, per lo più è posto in una posizione che è diametralmente opposta a tutto ciò che ha a che fare con la ratio, con la razionalità, con il pensare logico, adesso vedremo se è proprio così. incominciamo a porre una definizione di amore, ne sono state date, come sapete, infinite, alcune belle altre no, ma in ogni caso risulta sempre molto difficile a definirsi l’amore, ciononostante è esattamente ciò che dovremo fare. Potremmo definirlo come l’attrazione verso il bene, ma quale bene? Questo è assolutamente irrilevante, quello che la persona ritiene tale ovviamente. È una definizione abbastanza scarna però in effetti risulta necessaria perché se togliamo l’attrazione non c’è più l’amore, se togliamo il bene, ciò che la persona crede essere il suo bene, di nuovo a questo non possiamo più parlare di amore e quindi perché ci sia amore occorre che ci siano almeno questi due elementi, che ci sia l’attrazione verso il bene. Attrazione verso il bene che ovviamente pone un’altra questione, e cioè come avviene che qualcosa per qualcuno ad un certo punto costituisca il bene, sono tutte cose che una persona che si innamora naturalmente non si pone ma ne stiamo considerando solo il funzionamento. Dunque dicevo del bene, che cosa una persona ritiene essere il bene, il suo bene ovviamente, che poi corrisponda con quello altrui questo è tutt’altra questione. Poniamo la cosa in termini molto generici intanto, poi vedremo di precisare, ciò che per la persona è bene è anche qualcosa che è necessariamente vero, intendo dire che ciò che una persona ritiene essere il proprio bene, ritiene anche essere assolutamente vero perché se fosse falso non sarebbe il suo bene, tutto questo ci conduce a una questione ancora più generale, a una domanda generalissima: che cosa cercano gli umani? Da sempre, da quando esistono, da quando esistono sia come specie, sia da quando esiste ciascuno personalmente, che cosa cerca per tutta la sua esistenza? Può apparire difficile rispondere a queste domande eppure se ci pensate bene è straordinariamente semplice fornire questa risposta, perché ciò che cercano non è altro che ciò che ininterrottamente fanno, pensano, dicono, ma pensando e parlando e decidendo e considerando, che cosa cercano in tutto questo? Di giungere a una conclusione naturalmente, affermare che ciò che io penso è vero, che le cose stanno così come dico io, ciascuno parla, pensa ininterrottamente, potremmo dire ventiquattrore su ventiquattro, è una attività questa che non conosce requie, né soste né vacanze, è ininterrotta. Il pensiero e quindi la parola, il discorso, che uno poi lo pronunci ad alta voce oppure discorra tra sé e sé per il momento è irrilevante, ma fatto sta che questa attività conduce ciascuno continuamente a volere dire qualcosa che ritiene essere vero, anche se non si pone la questione e non la pone perché lo dà per implicito, vuole per esempio avere ragione su altri, ma in definitiva continua ininterrottamente, per tutto l’arco della giornata, per tutto l’arco della sua vita a costruire discorsi, pensieri, i quali discorsi occorre che concludano a qualcosa che per quella persona risulti essere vero; è una banalità ma sulla quale merita soffermarsi anche perché gli umani di fatto fanno questo ininterrottamente, e poi vedremo se fanno soltanto questo oppure fanno anche qualche altra cosa. Dunque dicevo che ciò che gli umani cercano è questo: potere stabilire qualcosa che risulti vero, avere una certezza, una sicurezza, sapere come stanno le cose, vogliono sapere, sapere il perché delle cose. Sia che una fanciulla interroghi il suo fidanzato per sapere se la ama oppure no o se l’ha tradita oppure no, sia che qualcuno si interroghi sull’esistenza di corpi celesti, sul funzionamento di una bomba atomica o sulla struttura di un virus, in ogni caso ciò che vuole sapere è il perché. Tutti sanno che i bimbetti incominciano a esistere nella parola, nel discorso proprio in questo modo: chiedendo perché di qualunque cosa, e si fermano, cessano di compiere questa operazione? No, mai, per tutta la vita continueranno a chiedersi perché, cambieranno i modi, i termini e le questioni, ma continueranno a chiedersi perché, e che cosa significa esattamente chiedersi perché di qualcosa? È domandare qual è la causa, qual è l’origine, e cosa cercheranno come risposta, che cosa accoglieranno come risposta a questa domanda? Qualcosa che ritengono essere vero o qualcosa che ritengono essere falso? Qualcosa che riterranno essere vero naturalmente, ecco perché dicevo perché gli umani per tutta la loro esistenza cercano incessantemente questo, il vero. In fondo se esistono delle religioni, se esiste la scienza con tutti gli annessi e i connessi è per questo motivo: gli umani cercano il perché delle cose. Vi siete mai chiesti come mai? Come mai fanno una cosa del genere anziché no, nessuno li obbliga eppure da quando c’è traccia degli umani su questo pianeta non hanno fatto nient’altro che questo: chiedere il perché e cercare di sapere come stanno le cose, che poi ci siano riusciti oppure no questo è un altro discorso, però per il momento non ci interessa, ci interessa soltanto sapere che cosa fanno continuamente, che cosa cercano, maschi o femmine che siano non ha nessuna importanza, istruiti o ingenui è uguale, cambiano solo i mezzi, gli strumenti ma la ricerca è sempre la stessa, in fondo le cose più importanti o almeno quelle ritenute tali dagli umani sono quelle che hanno fornito o comunque hanno tentato di fornire una risposta definitiva, la risposta definitiva, la religione immagina che la verità sia già data, la scienza suppone non sia data e che sia invece da trovare, come sapete all’inizio la scienza e la religione sono partite sulla stessa strada e poi si sono divise, ma non cambia molto. Vedete, se noi riuscissimo a intendere che cosa gli umani cercano per tutta la vita e che cosa maggiormente li attrae, allora sapremmo anche cosa li affascina, che cosa li seduce necessariamente, che cosa li fa innamorare. Potremmo inevitabile giungere a questa conclusione, perché se qualcuno cerca qualcosa con tutte le sue forze per tutta la sua vita, c’è l’eventualità che quando suppone di averlo trovato ne sia immediatamente, fatalmente e irrimediabilmente sedotto, innamorato, come si suole dire, può essere ovviamente innamorato di qualcuno o di qualche cosa questo non cambia molto anzi, generalmente l’innamoramento per qualche cosa appare essere molto più forte, più potente, l’innamoramento per una fede per esempio: delle di persone decidono di sacrificare la propria vita per un’idea, non tantissime sono disposte a farlo per amore. Allora ci resta da considerare se effettivamente le cose stanno così e cioè se ciascuno è inesorabilmente attratto da qualcosa che per lui funziona come il bene, il bene assoluto, quindi il vero assoluto, per il credente generalmente è dio ciò che occupa questa posizione, anche perché dio, almeno quello dei cristiani si pone come la totalità: “io sono la via, la verità, la vita” dice, però può accadere che qualcuno si trovi a occupare questa posizione nei confronti di un altro, allora così come ciascuno è irrimediabilmente attratto da ciò che ritiene essere il bene assoluto allora allo stesso modo sarà inesorabilmente attratto da quella persona. Cos’è il bene assoluto? È la stessa cosa che promette dio, è la verità assoluta, qualcosa che una volta raggiunta costituirà il soddisfacimento più totale, più assoluto, più affascinante, una sorta di fine corsa oltre la quale non si può andare perché si è raggiunto tutto, si ha tutto, è l’idea del paradiso dei cristiani e cioè la contemplazione della verità assoluta, del bene assoluto che non può altro che essere contemplato. Anche Dante quando arriva in cima al paradiso cosa vede? Una luce, un sembiante dice lui, qualcosa che di fatto non è, è solo una luce che è il bene assoluto. Spesso appare in questo modo, nel senso che molto spesso una persona immagina che esista per sé questo bene assoluto senza di fatto sapere in che cosa consista esattamente, ma se lo trova o più propriamente se suppone di averlo trovato allora si annienta in questa cosa, esattamente così come il cristiano si annienta nell’amore di dio è la stessa cosa, si annienta perché lì c’è la verità assoluta, il bene assoluto, tutto ciò di cui lui ha bisogno, la risposta al tutto, e in effetti la persona di cui si è innamorati soddisfa questa condizione: è la risposta a tutto, è il bene assoluto, ciò che si è sempre cercato, la risposta totale e assoluta a tutte le domande, come dire che non ha più bisogno di niente. In effetti una delle cose più piacevoli da sentirsi in casi del genere da parte del partner è proprio sapere che si è tutto per l’altro, in genere avviene così e se l’altro rispondesse il contrario a questa domanda ci si rimarrebbe malissimo perché deve essere tutto, e quindi annientandosi nell’altro ecco che la dipendenza diventa totale. Ma se l’altro diventa il bene assoluto è anche un problema perché da quel momento in poi è il depositario della mia stessa esistenza e quindi occorre che si comporti bene perché da lui dipende la mia esistenza stessa. Finché permane questa idea il partner diventa il depositario del bene totale, ecco perché in questi casi la propria volontà generalmente scompare a vantaggio dell’altro, perché se l’altro rappresenta il bene assoluto che altro posso volere? Non posso fare altro che stare in contemplazione, come avviene nel paradiso dei cristiani. Però facciamo un passo indietro, torniamo alla questione del bene assoluto come ciò che gli umani cercano, ci chiedevamo perché lo cercano e in parte abbiamo risposto: perché è la risposta a qualunque domanda, è il punto oltre il quale non è più possibile andare però perché cercano questo, perché cercano qualche cosa che risponda a tutte le domande? Da dove viene questa necessità irrinunciabile e irriducibile e che esiste da sempre per ciascuno, sia che faccia la spesa sia che costruisca una centrale nucleare o che scriva una lettera alla fidanzata, in ogni caso vorrà sapere il perché delle cose e vorrà stabilire che le cose stanno in un certo modo, o almeno cercare di farlo. Da dove viene questo? Ché se riuscissimo a sapere da dove viene una cosa del genere allora avremmo fatto un passo avanti nella comprensione del funzionamento degli umani in generale, quindi del modo in cui pensano, ma del modo in cui pensano necessariamente non nel modo in cui pensa ciascuno, nel modo in cui si pensa e non è possibile non pensare. Dicevamo che la ricerca del bene assoluto, come la ricerca del vero, del come stanno veramente le cose è qualcosa che appartiene agli umani da sempre, ma vediamo di capire di che cosa è fatta e perché viene compiuta quella operazione che sto compiendo in questo momento, poiché sto facendo esattamente la cosa di cui sto parlando: sto cercando di rispondere a una domanda, questo potrebbe renderci le cose più semplici visto che ci stiamo chiedendo qualcosa che stiamo facendo esattamente in questo momento, intanto che cos’è che mi consente di fare questo? Domanda legittima, come avviene una ricerca del genere? Che è la stessa cosa del chiedersi come gli umani pensano ma, torno a dirvi, non come ciascuno pensa le sue fantasie ma come funziona il pensiero degli umani. Come tutti sanno, si muove da qualche cosa che si ritiene essere vero nota come premessa e poi si segue una serie di passaggi fino alla conclusione, che è un’affermazione generalmente e, come ha insegnato Kant, se la conclusione non contraddice le premesse allora è vera, potrebbero gli umani pensare in un modo diverso da questo? Se sì, come? Appare che sia l’unico modo in cui si pensa, è così che si giunge a una conclusione, si giunge a una affermazione, a farsi un’idea di qualunque cosa, è come se fosse uno schema generale, uno schema generale di pensiero, quello di cui parlano i manuali di logica, perché la logica non è che sia una cosa strana e astratta, indica soltanto il modo in cui avviene che si pensi, non è altro che questo. Questo apparato che funziona in questo modo e che consente a ciascuno di pensare ciascuna cosa voglia pensare, che cos’è? È il proprio pensiero certo, ma questa struttura di cosa è fatta? Potremmo indicarla come un’insieme di regole, di procedure, una di queste per esempio è quella tale per cui se io cerco di giungere a una conclusione e mi accorgo in base al mio ragionamento che questa conclusione è falsa allora non l’accetto, la rifiuto, e perché la rifiuto? Perché è falsa direte voi, sì certo quindi non è utilizzabile, non posso che dire questo, ora a questo punto arriviamo alla questione centrale. La struttura di cui parlo è nota come linguaggio, molto semplicemente, che cos’è il linguaggio? È ciò che consente agli umani di parlare, di pensare, di costruire proposizioni, di pensare di essere degli esseri umani, di pensare di esistere, di chiedersi che cos’è l’esistenza, di chiedersi qualunque cosa, però a questo punto sorge un problema, dicevamo che ciascuno è irrimediabilmente attratto da qualcosa che ciascuno cerca incessantemente da quando esiste, e il più delle volte non sa che cos’è ma allora se non è altro che il linguaggio in accezione più ampia, per il momento intendete il linguaggio ciò che consente agli umani di dirsi tali “io esisto”. In questo caso ho costruita un frase, nient’altro che questo, che significa qualcosa perché inserita all’interno di un sistema ma allora non sarà proprio questo sistema, questo linguaggio in qualche modo a costringere ciascuno a cercare il perché delle cose, ché altrimenti non ha nessun motivo, perché mai uno dovrebbe chiedersi il perché delle cose, e a che scopo dovrebbe accogliere una cosa vera e rifiutare una falsa? Perché? Perché dovrebbe credere delle cose anziché altre? Tutto sarebbe assolutamente indifferente né ci sarebbe alcun motivo per formulare qualunque giudizio di valore, nulla varrebbe nulla, non ci sarebbe nessuna possibilità di stabilire un giudizio di valore sulle cose, in base a che? Se non c’è nessuna possibilità di valutare cioè di confrontare, di considerare e quindi di giudicare? E il giudicare non è altro che il porsi in atto, porsi in essere di quella cosa che chiamavamo linguaggio. A questo punto potremmo porci una domanda che può apparire bizzarra: senza il linguaggio sarebbe possibile innamorarsi oppure no? Perché se non fosse possibile allora l’innamoramento sarebbe una struttura che procede dal linguaggio, fatta di linguaggio, di giudizi di valore, di esistenza. Oppure l’innamoramento non segue a una cosa del genere e cioè sarebbe possibile innamorarsi senza linguaggio, ma questa è una strana domanda in realtà perché in assenza di linguaggio potrei sapere di essere innamorato? Se non ci fosse il linguaggio non potrei pormi neanche la domanda ché abbiamo visto che senza linguaggio non mi pongo domande, potremmo anche andare oltre, però c’è l’eventualità per il momento che in assenza di linguaggio non sia possibile innamorarsi né di una persona né di un’idea, né di alcunché, ma questo non va senza implicazioni, la prima è che ciò che vado cercando è qualcosa che il linguaggio cioè la struttura in cui penso,mi costringe a cercare, è il mio pensiero che mi costringe cercare e non può non farlo, e questo ha dei risvolti. Considerare per esempio l’innamoramento come un effetto dell’esistenza del linguaggio, il fatto che una certa persona, per esempio, si trovi ad occupare una certa posizione ad un certo momento non è altro che una conseguenza di una serie di considerazioni, di eventi, molto spesso le persone si chiedono perché si sono innamorate di una certa persona, è una domanda legittima domanda alla quale generalmente è difficile rispondere, come se non lo si sapesse, però potrebbe non essere così, la questione potrebbe essere più complessa e cioè l’eventualità di non volere sapere perché sapendolo magari si rompe un incantesimo, si cessa di essere trascinati da questa cosa, assolutamente piacevole certo, ma il timore è quello di perdere una sorta di magia che si immagina legata a questo fenomeno dell’innamoramento, però in realtà non si perde niente. La psicanalisi da quando è sorta, e cioè con un tale Sigmund Freud, si è accorta che fin dalla nascita gli umani cercano qualche cosa che appare essere simile ai propri genitori e che nella scelta del partner, almeno così scrive Freud, il modo in cui si sono visti, immaginati e esperiti i propri genitori sia determinante. In parte è anche vero, ma non per questioni di fantasie o chissà che, né per altri motivi che Freud è riuscito difficilmente a spiegare, ma al momento in cui comincia a funzionare questa struttura per cui l’umano comincia a pensare qualunque cosa e quindi anche a se stesso, si accorge che le cose che fa, che pensa è come se venissero verificate dall’altro cioè l’altro le fa vere, per esempio soddisfacendo un desiderio semplicemente, e allora questa persona diventa importante perché verifica le cose che io dico, che penso e che quindi desidero, le verifica letteralmente, cioè le rende vere ma questa non è opera della madre né del padre, molto semplicemente è la struttura che incomincia a operare nell’umano e che al momento in cui inizia a funzionare lo costringe a cercare inesorabilmente, già da quel momento, il perché delle cose e il come stanno le cose e quindi a verificare le cose. “Voglio la caramella”, arriva la caramella, cosa è successo esattamente? Ho soddisfatto il desiderio certo, ma forse c’è qualcosa in più, c’è già la supposizione, avendo avuto esperienza del dolce della caramella, che quella caramella mi soddisferà, quella caramella in quel momento occupa la posizione di ciò che è bene, magari non il bene assoluto ma ciò che è il mio bene e qualcuno provvede a darmi la caramella e quindi viene soddisfatta questa richiesta, è esattamente la stessa cosa, la stessa soddisfazione che accade a una persona più adulta quando si accorge che gli altri gli danno ragione, lui parla e dicono “sì è vero è proprio come dici tu”, è una bella soddisfazione, è come la caramella in altri termini ma la soddisfazione è sempre la stessa, cioè la soddisfazione di trovare, di reperire il vero, come stanno le cose, potere affermare che ho ragione, che le cose stanno così come dico io, questo esercita un fascino notevole e non casualmente anche nelle relazioni tra un uomo e una donna funziona esattamente allo stesso modo, e cioè l’altro risponde alle aspettative. E cosa fa un fanciulla generalmente per sedurre il fanciullo? Gli dà ragione, gli dice come sei bravo, sei l’uomo più forte, più bello, più in gamba etc. cioè lo conferma nelle cose che sa che ha bisogno, poi che dica il vero o menta questa fanciullina questo è tutt’altra questione… e la stessa cosa fa il fanciullo, fornisce conferme perché il partner vuole, esige in alcuni casi conferme che le cose sono proprio così e la conferma non è nient’altro che un’affermazione che stabilisce che una certa cosa è vera, anzi ribadisce che è proprio così, come una dimostrazione matematica, anche se in ambito amoroso non si usa la dimostrazione matematica, sono giochi diversi, hanno regole differenti, ma la struttura è la stessa e quindi potremmo dire che la dipendenza in realtà è da queste conferme che vengano dal partner, che vengano dal mondo circostante, che vengano dal lavoro fatto, non ha nessuna importanza ma ciò da cui si dipende è questo, e cioè dalla verità e l’amore, potete evincerlo da quanto ho detto fino adesso, non è altro che amore per la verità, che assume varie e svariate configurazioni, ma gli umani cercano questo, nient’altro che questo e vivono di questo, sono fatti di questo. All’inizio ci eravamo posti questa domanda: “gli umani fanno altro se non occuparsi di cercare la verità?”, ora potremo rispondere: no, nient’altro, dal primo vagito fino all’ultimo respiro e da quando c’è traccia degli umani avviene questo: cercare la verità, perché non possono non farlo perché sono fatti di linguaggio e il linguaggio costringe a fare questo, inesorabilmente, incessantemente, è possibile saperlo oppure no, se non lo si sa allora lo si subisce, se lo si sa allora lo si agisce, che è molto diverso. Certo può apparire bizzarro che in questi ultimi duemila e cinquecento anni, cioè da quando c’è traccia di pensiero, gli umani non si siano mai accorti di una cosa del genere che pure è sotto gli occhi di ciascuno da sempre, è sempre stato lì sotto gli occhi di tutti continuamente, e potremmo anche disquisire sul perché nessuno se ne è accorto o ha preferito non accorgersi, però rimane il fatto che la questione è straordinariamente semplice: gli umani sono fatti di linguaggio e quindi se si vuole sapere come pensano gli umani basta sapere come funziona il linguaggio, nient’altro che questo, e cioè quella cosa che consente di costruire tutto, tutti i pensieri, le speranze, gli odi, le attese, gli amori, tutto ciò è reso possibile, quindi esistente, da questa struttura che chiamiamo linguaggio che non è altro che la condizione del pensiero, ciò che consente a ciascuno di potere pensare e quindi di potere giudicare, valutare, considerare. Dire: “io esisto” è in prima istanza un’affermazione, e quindi una proposizione, una sequenza di elementi linguistici, e dopo è ciò che ciascuno vuole che sia, di nuovo un’altra proposizione, ma c’è qualcosa che non sia linguaggio? Lo si può pensare. Ciò che vedo, ciò che sento, tutto ciò che cade sotto i sensi. Provate a considerare: “cosa vedrei se io non fossi preso nel linguaggio, cioè non avessi tutti i miei pensieri, le mie idee, le mie conoscenze, tutto quello che ho imparato, in assenza di tutto questo vedrei la stesa cosa, la vedrei allo stesso modo? Tanti anni fa Platone scrisse una cosa interessante, nota come Il Sofista, dove Teeteto chiede al sofista: “lo vedi quell’albero?” E il sofista risponde: “no, però se tu me ne parli allora lo vedrò, ma finché non me ne parlerai io non lo vedrò, perché non so che cosa stai vedendo tu. Cosa si vede? Difficile a dirsi, ed è straordinariamente difficile anche rispondere a questa domanda: in assenza di linguaggio vedrei qualcosa? Posta in questi termini la questione è mal posta, se volete porla correttamente allora dovete chiedervi: qualunque risposta fornisca a questa domanda, questa risposta avrà un senso oppure no? E allora vi sarete risposti correttamente perché c’è l’eventualità che né questa domanda né la sua eventuale risposta abbiano nessun senso, poiché in assenza di linguaggio le cose non hanno senso, a questo punto posso rispondere qualsiasi cosa e il suo contrario, indifferentemente. Ma la cosa che più ci interessa è che è l’amore per la verità cioè ciò che per ciascuno rappresenta il bene assoluto, ma il bene assoluto è questo, non è altro né può essere altro che questo perché gli umani sono fatti di linguaggio e ciò che è il bene assoluto per il linguaggio è il bene assoluto per gli umani e cioè il raggiungimento della verità, senza la quale verità non è possibile proseguire. In effetti funziona così, di fronte a un paradosso voi non potete proseguire in nessun modo, il famosissimo Epimenide cretese che afferma “tutti i cretesi mentono”, ma basterebbe dire: “io mento”, mento o dico la verità? Dico la verità se e soltanto se mento e viceversa, come dire che da questa parte non è possibile andare, il linguaggio si arresta, voi non potete proseguire e quindi dovete trovare un’altra strada, da lì non si passa, il linguaggio funziona così e quindi voi funzionate così. Il linguaggio non è che sia un’entità particolare, è ciò di cui siete fatti nel senso che è ciò che vi consente di pensare e quindi di pensarvi e quindi di sapere, di giudicare, di innamorarvi, di adirarvi, di sperare, di disperare, tutto ciò che preferite. Vero Francesca, ha alzato la mano? Ah, no? Se qualcuno vuole intervenire possiamo continuare con il dibattito, magari ci sono delle domande, delle perplessità, dei dubbi. Le cose dette possono apparire molto complesse ma in realtà non lo sono affatto, è quanto di più semplice sia mai stato detto, pensato negli ultimi duemila e cinquecento anni.

 

Intervento: il linguaggio è ciò che distingue l’umano dall’animale quindi è un gradino più in su… grazie al linguaggio riesce a immaginarsi un’anima…

 

Si differenzia da qualunque cosa, anche da un sasso…

 

Intervento: infatti questo linguaggio non lo vedo così limitativo

 

Non l’ho mai posto come un limite, ma come la condizione per pensare qualunque cosa, per potere compiere qualunque affermazione, per esempio quella che lei ha compiuta, e cioè che il linguaggio serve a differenziarci dagli animali, questa è un’affermazione, un’affermazione che come tutte le affermazioni è costruita con un certo criterio: lei ha fatto delle considerazioni ed è giunta a questa conclusione, il linguaggio è quello le ha consentito di fare tutto questo, questa come infinite altre cose. Molti si sono occupati del linguaggio, Da Platone almeno, nel Cratilo, fino a studi più recenti, è sempre però mancato anche in Wittgenstein, che pure arriva proprio a sfiorare la questione, con delicatezza troppa delicatezza, occorreva applicare tutte le considerazioni che sono state fatte sul linguaggio a quelle stesse considerazioni, applicare queste considerazioni sul funzionamento del linguaggio a ciò stesso che si stava dicendo, alle proprie stesse formulazioni, questa è stata la chiave di volta, il codice di accesso a tutto il funzionamento, altrimenti si continua a considerare il linguaggio come un’entità da sottoporre alla lente del microscopio senza accorgersi che il linguaggio è la lente del microscopio, è il microscopio stesso e io che guardo, e anche l’oggetto che guardo, non accorgersi di questo ha comportato…

 

Intervento: Wittgenstein non ha potuto accorgersi che il linguaggio non è un mezzo per descrivere, anche se lui parlava della descrizione come gioco linguistico, forse non ha avuto questo impianto tutto sommato analitico della Psicanalisi non ha potuto interrogare sé in qualche modo…

 

Sì, mi scusi se la interrompo, ha detto una cosa importante che in effetti è mancata in tutto ciò che ho detto: la formazione da cui provengo, come molti di voi sanno, è psicanalitica, sono uno psicanalista, e solo la psicanalisi ha consentito di porre le questioni, di porre le domande in modo tale da giungere a ottenere delle risposte notevoli utilizzando proprio questo stesso criterio e cioè continuando a domandare e volgendo la domanda alla domanda stessa, in fondo il modo in cui siamo partiti è il modo di interrogare le cose posto dalla psicanalisi dai tempi di Freud, in più c’è stato il continuare a domandare le domande stesse e cioè in che modo io posso fare una domanda, che cosa mi consente di domandare qualunque cosa io stia domandando, sia che mi domandi che cos’è il linguaggio o che mi domandi che ore sono…

 

Intervento: proprio l’idea della centralità dell’uomo nel creato che rimane fuori alla moda di quel dio che costruisce metafisicamente qualsiasi cosa, la psicanalisi ha cominciato a porre domande su questa centralità…

 

Esattamente, ed è anche l’unico modo questo per eliminare in modo radicale tutto ciò che la psicanalisi ha chiamato nevrosi, è l’unico modo cioè intendere come funziona il mio pensiero e perché funziona in un certo modo, è l’unica strada, non ce ne sono altre, qualunque altra non fa che spostare la questione da una parte all’altra senza approdare a niente e non può fare altro finché continua a escludere ciò stesso di cui quella stessa teoria è fatta. Se non si compie questo passo che abbiamo compiuto rispetto alla teoria, e soprattutto rispetto al proprio discorso, non si va da nessuna parte, si gira in tondo all’infinito, si continua a girare in tondo senza accorgersi di niente e cioè di che cosa si sta facendo mentre si sta parlando, cosa sta avvenendo e perché sta avvenendo. La più parte delle teorie psicanalitiche sono delle religioni strutturate esattamente come delle religioni, e cioè fondate su principi assolutamente indimostrabili che esigono per essere creduti un atto di fede, atto di fede che io ho preferito non compiere. C’è qualcun altro che vuole porre delle questioni, abbiamo ancora un po’ di tempo… là in fondo c’è un rimestio, una sommossa, capeggiata da Francesca?

 

Intervento: non ho ben capito perché il tema di questa sera era la dipendenza dell’amore…

 

Esatto.

 

Intervento: lei poi ha incominciato a parlare del linguaggio…

 

Esatto anche questo.

 

Intervento: però non ho ben compreso che connessione ha la dipendenza dell’amore con il linguaggio. A me è capitato di essere innamorata ma non c’è niente di…il colpo di fulmine non è un ragionamento anzi perché a volte questa persona ti sta proprio antipatica, non c’è niente che ti piaccia eppure te ne sei innamorata quindi cosa c’entra il linguaggio?

 

Siamo giunti lungo questo discorso a considerare che il linguaggio è la condizione dell’innamoramento, ho anche detto che nella più parte dei casi l’innamoramento appare assolutamente irrazionale, mosso soltanto da sensazioni, da emozioni però ho sottolineato “appare” perché ci siamo posti questa domanda: se fosse proprio così, ecco perché abbiamo cominciato a chiederci che cosa attrae le persone in generale per giungere poi a considerare come avviene che qualcuno sia attratto da qualcun altro, anche perché non è necessario né automatico e ci siamo anche chiesti come mai accade di innamorarsi, perché avviene questo fenomeno…

 

Intervento: poi uno si da anche una risposta o continua a chiedersi “perché?”, “perché?”

 

In genere è così, ci si continua a chiedere “perché?” e ad un certo punto si abbandona la cosa e bell’è fatto, oppure ci si fornisce una risposta, non le piace l’idea di fornire una risposta?

 

Intervento: no, io sto aspettando la risposta!

 

Bene, allora lei adesso mi costringe a riassumere in pochi secondi tutto quello che ho detto in un’ora e un quarto…

 

Intervento: mi dispiace forse non ho capito…

 

Questo è possibile, però lo farò lo stesso visto che lei è molto gentile, allora intanto la prima risposta: perché avviene l’innamoramento, anziché non esistere? Era la prima domanda alla quale abbiamo risposto in un certo modo e cioè che gli umani cercano comunque qualcosa anche se non sanno bene che cos’è, però da quando esistono cercano qualcosa sempre, che sia un partner che sia il nuovo mondo cercano qualcosa comunque e se non lo trovano si agitano, prima risposta, e poi abbiamo aggiunto che ciò che cercano comunque sempre è qualcosa che ritengono essere il bene assoluto, qualcosa che una volta raggiunto finalmente costituirà una soddisfazione totale, che sia il partner, che sia l’uomo ideale, che sia il nuovo mondo però… ha mai sentito parlare del principe azzurro? Il principe azzurro è in qualche modo la rappresentazione dell’ideale, colui che dovrebbe soddisfare qualunque risposta, qualunque richiesta, l’uomo più bello, più intelligente, più dolce, più tutto…

 

Intervento: la donna si è emancipata nel frattempo, voglio dire sanno che non esiste…

 

Sì questo lo ho sentito dire anch’io…

 

Intervento:la mamma fin da piccola diceva “guarda che è una favola!

 

Certo.

 

Intervento:  e infatti l’ho verificato subito!

 

Però il fatto che, come dice lei giustamente, sappia che questo tipo di uomo non esiste non significa che non le piacerebbe comunque trovarlo. Poi sa che non esiste perché sa che gli uomini sono strani, pensano in modo bizzarro, non pensano mai come vuole lei, per esempio, o non fanno mai le cose che devono fare, però in cuor suo ciascuno cerca sempre un ideale, che sia più bello di quello che ha, che sia migliore, che sia più interessante, in genere avviene così, sia per una donna che per un uomo, è uguale, è ciò che per quella persona funziona come il bene assoluto, può essere un sogno può essere qualunque cosa, non è importante che cosa sia, per Hitler era lo sterminio degli ebrei, per dire, però avevamo posto l’accento su ciò che per ciascuno rappresenta il bene assoluto, perché è quello che va cercando, ciò che per lui costituisce la risposta dicevamo, la risposta a tutte le domande, qualcosa che soddisfa le sue domande e tutto ciò di cui ha bisogno e in seguito a questo avevamo considerato che il bene assoluto non è qualche cosa che è dato così dal nulla e che è sorto da chissà quale maleficio, avevamo considerato che il bene assoluto non è nient’altro che ciò che ciascuno è costretto a cercare da ciò di cui è fatto, dal suo pensiero, è perché pensa che immagina che esista un bene assoluto, se non potesse pensare non penserebbe a un bene assoluto né a un bene relativo, non penserebbe proprio, non si porrebbe la questione in nessun modo. Ora è proprio perché è linguaggio costringe a cercare questo qualche cosa che è dato dal suo stesso funzionamento quello che chiamavamo la verità, la verità di una proposizione, sapere come stanno le cose, questo è il bene assoluto in fondo vale a dire come stanno le cose, non è altro che la risposta a una domanda “come stanno le cose? “ così! Ecco, va bene! O più semplicemente una fanciulla chiede “mi vuoi bene?” e l’altro risponde “Sì!” che è una risposta, no? Come dire conferma che le cose stanno così, che poi la fanciulla ci creda oppure no, questo adesso non ci interessa, o che lui menta oppure no questa è tutt’altra questione, però cerca questa conferma continuamente, la conferma di essere amata, desiderata, che le cose stanno come dice lei, che è vero che quella tizia con quel vestito sta male, per esempio anche questa è una conferma e infinite altre di esempi, se ne possono produrre centinaia di miliardi e a questo punto sappiamo che il bene assoluto non è che una conferma a qualcosa di totale di assoluto, qualcosa che consente di potere dire che le cose sì, sono proprio così quindi ho raggiunto quello che per i cristiani è il paradiso o in ogni caso il soddisfacimento, certo è un’idea non esiste in realtà ma il fatto di sapere perfettamente che non esiste questo non impedisce, non ha mai impedito a ciascuno di continuare a cercarlo e questo dovrebbe insospettirla

 

Intervento: dovrebbe insospettirmi? No è che io invece ho ben chiaro al differenza tra il bene assoluto… lei continua a dire come i cristiani…

 

Era un esempio…

 

Intervento: per me c’è una grande differenza tra bene assoluto in quanto credente e tra bene comunque nel senso che al momento in cui mi innamoro della persona che considero mio partner, sono due cose assolutamente differenti, che stanno su piani differenti, uno più vicino perché mi sembra di conoscerlo perché è umano e invece qualcosa che so assolutamente spirituale, in quanto credente e che avrà una forma dopo la mia morte, so che sarà una luce in quanto mi è stato detto però lo accetto più come fede che invece l’analisi di una persona…

 

Però forse la struttura è la stessa anche se come dice giustamente cambiano i modi, cambiano i termini, cambiano i metri di valutazione, però in fondo entrambe le cose rispondono in modo a una sua domanda, a una sua richiesta, a una sua esigenza per questo dicevo, che la struttura è la stessa, poi rispondono ovviamente a delle domande diverse ma ciascuno delle due risponde e poi dicevo comunque il fatto che pur sapendo benissimo che questo bene assoluto non c’è, per esempio, poi lei mi dice che è credente quindi lei immagina che ce ne sia una da qualche parte e poi anche lì sarebbe curioso intendere come funziona perché una persona crede anziché no…

 

Intervento: questa veramente è fede, proprio non c’è ragione di quello, per definizione atto di fede per me è qualcosa che non posso dimostrare…

 

A sì? Lei crede che io sia dio?

 

Intervento: io credo proprio che lei non lo sia, anzi considero… questa è una cosa che non ho ben capito cioè quando io mi innamoro questo non significa che per me diventa dio

 

A quali condizioni lo diventa?

 

Intervento: io so che lui avrà dei limiti come li ho io e questo per me…

 

Lui? Adesso di chi sta parlando, di dio o del fidanzato?

 

Intervento: del mio futuro partner, dio non ha limiti in quanto…

 

Per definizione certo, se no che dio è?

 

Intervento: pur avendo dei limiti sarà in quel momento per te un bene assoluto?

 

Intervento: certo ma non lo metto come dio…

 

C’è confusione perché Francesca sobilla gli animi laggiù in fondo, qual era la questione?

 

Intervento: sono metafore ma non riesco a vedere il partner come metafora di dio…

 

Sono entrambe delle risposte a dei suoi bisogni, il primo al bisogno di spiritualità, il secondo al bisogno di qualcuno che condivida con lei il quotidiano, sono delle risposte a delle sue domande…

 

Intervento: però in quel momento noi lo consideriamo così un bene assoluto…

 

Sì, certo, io ho detto fin dall’inizio che ciò che per ciascuno funziona in quel momento come il bene assoluto, qualunque cosa sia non ha nessun importanza, può essere un cioccolatino, la conquista del mondo, la conquista di una donna, il guadagnare mille milioni di miliardi di dollari, quello che gli pare non ha nessuna importanza, quello che per lui in quel momento è il bene assoluto, ci interessava soltanto la struttura cioè intendere il modo in cui funziona e perché giunge a prodursi quella che è nota come dipendenza, se qualcosa è in condizione di rispondere a tutte le mie domande al punto che non ho più nulla da domandare, cioè sono totalmente appagato e soddisfatto allora dipendo da questa cosa, necessariamente…

 

Intervento: io credo…

 

Lei crede un sacco di cose…

 

Intervento:

 

Non saprei ancora però lei vada avanti, sì cosa diceva dunque, sì cosa crede? Stava dicendo una cosa “io credo che…”

 

Intervento: io dico credo perché non ne sono certa… per me dio è qualcosa che chiaramente io identifico con qualche cosa che non conosco ma che sicuramente corrisponde in quanto sono… È tutto un discorso che non ha niente a che fare con la ragione e quindi è proprio un atto di fede ma nel momento in cui mi innamoro questa dipendenza può esistere perché se mi innamoro è vero che vedo dei limiti ma baypassa…

 

Un momento lei va troppo veloce, lei dice: per me credere in dio è qualcosa che è fuori dalla ragione, dalla ratio ma è un atto di fede, ma a questo punto dovrebbe e potrebbe credere dio qualunque cosa indistintamente, perché se non c’è nessun criterio di valutazione qualunque cosa potrebbe essere dio, anche questo aggeggio qui…

 

Intervento: forse mi sono spiegata male…

 

O forse si è spiegata benissimo, perché lei vuole a tutti i costi sostenere che il credere in un dio, qualunque esso sia, è un atto fuori da qualunque raziocinio, è arduo sostenere una cosa del genere perché a quel punto, se fosse proprio così, lei potrebbe credere qualunque cosa e il suo contrario, è per questo che le ho chiesto: “lei crede che io sia dio?”, potrei esserlo, ma lei dice di no. O come talvolta accade che si chieda perché uno crede in dio anziché in paperino, c’è un motivo? Se sì, quale? È una domanda legittima, e magari ci si accorge che in fondo non è proprio così irrazionale come si pensava che fosse, esattamente così come accade nell’innamoramento per qualcuno, c’è un motivo, sempre. Giovedì prossimo ci sarà un’altra conferenza, di Beatrice Dall’ara, con un bel titolo: “L’altruismo del potere”. Il potere è altruistico? Beh per mantenersi deve fare pensare una cosa del genere, se no crollerebbe…

 

Intervento: messa così è normale essere dipendenti dall’amore mentre invece non si intende come un atteggiamento normale…

 

È normale essere dipendenti dall’amore se si intende amore per la verità, e questo risulta assolutamente anormale, però se si suppone che una certa persona collimi con il bene assoluto allora può esserci qualche problema, tant’è che ci si accorge che non è così, ma si continua a innamorarsi lo stesso, nonostante si sappia come vanno le cose si ricomincia, perché? Cos’è che attrae così tanto? È la persona in quanto tale? In molti casi non è neanche la persona in quanto tale, è un’idea, è sempre un’idea, noi abbiamo considerato da dove viene questa idea, di cosa è fatta, soltanto questo, tutto il resto lo diremo nei prossimi incontri. Vi ringrazio moltissimo e vi auguro una buona serata. Arrivederci.