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Torino, 31 Maggio 2007

 

Libreria LegoLibri

 

L’esperienza psicanalitica

 

Intervento di Eleonora Degasperi

 

L’esperienza psicanalitica consiste di due percorsi: la psicanalisi personale e i corsi diretti da Faioni.

L’inizio di una psicanalisi comunemente viene considerata come la possibilità di esporre a chi ne è competente i problemi della propria vita con lo scopo di risolverli e capire in cosa consistono. Sono generalmente problemi che portano la persona a stare male e a vivere le proprie esperienze in modo confuso, irrequieto, creando angosce e ansie. Nella psicanalisi infatti, non si fa altro che raccontare la propria storia, una storia generalmente fatta da sventure, piaceri, delusioni amorose, difficoltà, traguardi e sconfitte. L’analizzante racconta la sua storia a qualcuno d’importante, che l’ascolti in modo significativo, senza fare confronti, e non vede come possibile, ma come ovvio e necessario ogni momento della sua vita, e ogni idea e ogni evento valgono la pena di essere pensati e raccontati come esclusivi.

Un determinato evento lo si subisce facilmente e, nel cercare di affrontarlo, e non vedendo risultati, soluzioni e cambiamenti, lo si trasforma in tragedia, spesso con l’obiettivo di mettersi al centro dell’attenzione e farsi compiangere da chiunque ponendo se stesso al primo posto. In effetti la sofferenza, come anche la paura, ha un ruolo importante nella storia di chi le vive, in quanto dà da pensare e dà da parlare, e proprio perchè l’uomo ha bisogno di parlare, farsi ascoltare e quindi usare il pensiero, che crea sempre nuove storie da esporre, ma con il limite che questo condizionerà il suo comportamento, le sue azioni e i pensieri avvenire, inconsapevole che tutto ciò che pensa non sono altro che passaggi che si fanno partendo da una premessa che, se ritenuta vera, verrà affermata attraverso ulteriori passaggi che porteranno ad una conclusione stabilità già fin dall’inizio della premessa. In oltre soffrire, avere paura, portano ad acquistare una grande potere; chi soffre sa che potrebbe condizionare il comportamento di chi gli sta vicino, se non altro in base alle esperienze vissute, in modo da porre gli altri nella condizione di assecondare ogni desiderio e aspettativa, per, così dire, alleviare la sofferenza dell’amico. Il suo fine infatti è quello, durante il suo racconto, di farsi compatire, di mettere l’analista nella sua posizione, pensando che anche gli altri vedano la storia nella sua stessa maniera e dallo stesso punto di vista. Compito dell’analista, però, è anche quello di rimanere estraneo al racconto, estraneo nel senso che non deve farsi coinvolgere emotivamente, perché il suo compito è proprio quello di condurre un altro gioco, diverso da quello dell’analizzante e non farsi influenzare e coinvolgere dai suoi pensieri e dalle sue preoccupazioni. Questo, proprio perchè deve far rendere conto l’altro che quello che sta vivendo non è altro che la conseguenza di una serie di fantasie pensate, in quanto ritenute reali, che vengono pilotate dal gioco stesso e che non c’è nulla di assolutamente ovvio e necessario che non possa essere cambiato. Tant’è vero che l’analizzante pensa alla sua storia come unica possibilità di vita, che se è così non potrebbe essere altrimenti, perché non è lui stesso l’artefice delle proprie sfortune semmai gli eventi o gli altri. Si vede come il protagonista della storia ma allo sesso tempo come colui che subisce le azioni del caso o della fortuna.

Generalmente la struttura di una storia è questa e, infatti, in analisi non si fa altro che raccontare e criticare ogni momento e passaggio della propria vita.

Diversamente accade ai corsi. Nei corsi si cerca di capire qual è la struttura della storia, da che cosa è costituita, da quali elementi è supportata e quale fattore le consente di continuare e costruirsi.

Ma cos’è che determina il modo di comportarsi di una persona? Sono semplicemente le convinzioni, le idee e i valori che consentono a questa di agire in un modo piuttosto che in un altro, dal momento che se non si ritenesse vero una certa cosa, un certo modo di vivere e di agire e una certa idea piuttosto che altre, non le si seguirebbero. Di fatto se si presentano due possibilità e una si ritiene vera e l’altra falsa sicuramente, se non necessariamente, si seguirà quella ritenuta vera. La struttura di un storia, dunque, potrebbe riassumersi come il tentativo di raggiungere un certo obbiettivo, e per raggiungere questo si devono attraversare una serie di passaggi che porteranno ad una conclusione. Come dicevo anche prima, la struttura dei pensieri si evolve così, si crea una premessa che precederà diversi passaggi che di volta in volta verranno verificati per vedere che non contraddicano le premesse, e infine si giungerà a una conclusione. Se questa conclusione però entrasse in contraddizione con le premesse allora lì si creano i problemi. Problemi che possono crearsi, per esempio, fra lo scontro del desiderio con la morale considerata come valore di verità. Io desidererei comportarmi in un determinato modo e dire o fare determinate cose, ma il luogo comune e l’etica lo vieterebbero o non andrebbero d’accordo.

Per gli uomini, infatti, è indispensabile avere certe idee, certe credenze e certe convinzioni per il fatto stesso che senza di esse l’uomo sarebbe in constante timore di qualcosa, non sarebbe più sicuro di nulla e questo potrebbe creare difficoltà e incertezze. Nelle proprie idee risiede tutta la verità di cui abbiamo bisogno per star bene con noi stessi e con gli altri, le credenze ci aiutano a non aver paura di qualcosa che non conosco e non porci problemi spesso senza risposta e le convinzioni ci indirizzano nel nostro comportamento in modo che sia conforme a quello che comunemente viene accettato. Ma perché l’uomo ha bisogno di queste certezze? Per l’uomo la certezza è verità e senza il possesso della verità l’uomo non è sicuro di niente e quindi non sa più di che assicurarsi. Dunque se possiede delle certezza possiede anche sicurezza, perché conosce qualcosa di vero, quindi di importante per lui e per gli altri; dal momento che se l’uomo perdesse le sue certezze allora automaticamente perderebbe anche le proprio sicurezze e rimarrebbe disorientato senza avere più alcuna verità, niente di vero. Ma bisogna chiedersi però se la verità che si crede di avere è verità assoluta, quindi necessaria. Per esempio, quando dicevo a proposito dell’analisi che spesso accade di tramutare gli eventi in tragedia, questo viene spiegato se consideriamo che anche il soffrire non è altro che l’idea che ciò che si dice sia importante, e se ciò che dico è importante allora è vero, perché il falso non è importante, ma marginale e irrilevante. Quando ad esempio in una coppia di ragazzi dove uno dei due lascia l’altro, chi è stato abbandonato crea attorno a quella storia una tragedia, qualcosa che sarà difficile da superare e che sarà da condividere sotto tutti gli aspetti con le altre persone. E molte volte si sente dire “lui si che mi faceva felice”, oppure “era lui la mia vita” o ancora “non ce la faccio a stare senza di lui”, frasi molto emozionanti ma che sostanzialmente non hanno nessun fondamento se non la volontà della persona di affidare tutta la responsabilità della sua felicità sulle spalle dell’altro, accusandolo, poi, di essere la causa della sua sofferenza. E da quel momento la ragazza o il ragazzo abbandonato avrà tutti attorno a sé, tutti che gli staranno vicino, che la ascolteranno e che comprenderanno; in questo modo prenderà coscienza del fatto che se tutti stanno attorno a lei allora quello che dice e che pensa è vero, quindi importante e dunque necessario e di fatti varrà la pena di viverlo. In oltre il godimento dello stare al centro dell’attenzione sarà molto forte, tanto che la sofferenza continuerà non tanto per l’amore finito, quanto per gustare ancora quel piacere di stare sotto lo sguardo di tutti e in prima posizione rispetto agli altri. E anche questa è un’altra verità che vive quella persona in quel momento e di cui non riesce a fare a meno.

Ma le verità che abbiamo, possono ritenersi verità a tutti gli effetti, necessarie, o no? Prima ci si era chiesti perché gli uomini abbiano così bisogno di certezze e credenze. Si può dire che l’unica risposta valida è l’affermare che ogni uomo ne ha bisogno in quanto è esso stesso pilotato da quella cosa che fornisce certezze e credenze, il linguaggio. Il linguaggio è l’unico strumento che abbiamo che ci permetta di costruire sillogismi, ovvero una premessa, dei passaggi e delle conclusioni, dunque credenze, superstizioni, verità e opinioni. È l’unica cosa necessaria in noi è proprio questo, in quanto è il linguaggio che crea e disfa.

Durante i corsi si spiega appunto che ogni storia ha come fondamento unico il linguaggio, e come elemento unico che è in grado di costruire il racconto, è l’unico fattore che supporta ogni convinzione. Dal momento che ogni cosa viene a formarsi attraverso di esso, allora tutto quello in cui si crede è necessario o arbitrario? Prendendo coscienza del fatto che tutto si basa su qualcosa di necessario, ma che non implica conseguenze e sviluppi necessari, allora ogni cosa che pensiamo, facciamo o in cui crediamo è assolutamente arbitraria in quanto non c’è nulla che stabilisca di pensare vera una cosa piuttosto che un’altra, agire in un modo invece che in un altro; sono solamente serie di proposizioni che, dal momento che arbitrariamente si è stabilita una premessa, si verranno a creare altrettanti passaggi per arrivare alla conclusione che occorrerà che sia vera e quindi non in contraddizione rispetto alla premessa. L’esperienza psicanalitica consiste proprio in questo: accogliere che ciò che si è, è del tutto arbitrario e lo scopo è quello di acquisire la capacità di prendere consapevolezza che ogni cosa che si pensa, ogni paura, ogni sofferenza, ogni desiderio e bisogno sono del tutto arbitrari, e non stabilite da una regola generale necessaria per cui se le cose vanno così non possono andare in modo diverso, e combattere le superstizioni, cioè quelle credenze che influenzano il pensiero e la condotta di vita delle persone che le fanno proprie senza che abbiamo di fondo una relazione causale certa. La persona che inizia un’analisi racconta la propria storia perché convinto che quella sia la vera realtà, descrive gli avvenimenti e il mondo come lui li pensa e li vuole considerare. Ma col procedere dell’analisi e anche con la frequenza ai corsi è possibile intendere che ogni nostra convinzione è semplicemente l’interpretazione soggettiva di ogni cosa che viviamo e vediamo, data da atti linguistici, da una serie di cose che si dicono, che procedono, e non trovando una conclusione vengono a crearsi una serie di problemi così forti da costringere la persona ad interrogarsi sulla questione. Dunque, i problemi, nascono proprio quando si giunge ad una conclusione che non è quella che ci si attende che sia; e permangono in quanto le cose non si possono modificare perché urterebbero con un'altra superstizione, fino a giungere a bloccare una persona, arrestare i suoi pensieri e le sue azioni. Ma il problema è prodotto dal fatto che una certa premessa è considerata necessaria, perché se fosse ritenuta arbitraria, allora tutto scomparirebbe e questo perché la persona sarebbe costretta a assumersi la responsabilità di ciò che pensa e dice, in quanto è lei a stabilire l’evolversi dei fatti e del pensiero.

 

 

Intervento di Luciano Faioni

 

Molto bene, le cose essenziali sono già state dette, però aggiungerò lo stesso qualche cosa proprio a partire dalle ultime cose che ha dette Eleonora e cioè trovarsi ad un certo punto lungo la propria vita, la propria esperienza con una sorta di impossibilità a proseguire, può capitare, dove appare che ogni strada sia sbarrata. L’esperienza psicanalitica consiste propriamente nel consentire ad altre porte di aprirsi e ad accorgersi di quante altre porte si possono aprire, e anche a intendere perché prima non si vedevano queste porte che si possono aprire con estrema facilità, se dovessimo proprio dirla in due parole l’esperienza psicanalitica mostra in atto quanto le cose che appaiono impossibili e difficilissime da risolversi in realtà siano straordinariamente semplici, come accade quando ci si trova di fronte a un problema che appare grave e del quale non si vede la soluzione, fino a quel punto appare difficilissimo, dal momento in cui si è vista la soluzione ecco che appare tutto semplice. L’analisi fa questo, mostra quanto le cose di fatto siano semplici, siano sempre state semplici. Cosa vuole dire che le cose sono semplici? Che prese per quello che sono, cioè senza aggiungerci emozioni, paure, sensazioni, timori, angosce, ansie e tutte queste cose, cioè sfrondate di tutte queste cose la questione, il problema appare semplice, come dire che sono tutte queste cose che si aggiungono che trasformano un qualunque evento in una tragedia. Avete presente un bimbetto di pochi anni? Provate a levargli la caramella, è una tragedia, perché all’adulto questo non succede più se uno gli porta via la caramella? Perché della caramellina in quanto tale non gliene importa più nulla ma altre cose hanno preso il posto della caramellina, e la questione è che l’hanno sostituita ma con le stesse emozioni, le stesse sensazioni, la stessa forza, la stessa tragicità e allora si tratta di compiere un percorso che è fatto di parola ovviamente che incomincia con il racconto della tragedia, cioè con il racconto della sottrazione della caramella, poi può essere un’altra cosa ovviamente ma la struttura è sempre la stessa, dalla sottrazione della caramella si incomincia a considerare perché quella caramella fosse tanto importante: come è potuto accadere che io affidassi la mia esistenza, la mia felicità, il mio benessere, la mia vita a quella caramella? Come è potuto accadere? Avrei potuto non farlo certo però l’ho fatto e con questo occorre che faccia i conti. Naturalmente la caramella è diventata la cosa importantissima senza la quale la mia vita non ha più nessuno scopo; l’interrogazione verte sul come è potuta accadere una cosa del genere, è ovvio che all’inizio una persona non considera neppure l’eventualità che quella caramellina non sia per lei la fonte stessa della sua esistenza, non è neanche pensabile, la caramellina può essere qualunque cosa: una relazione terminata, una persona che non soddisfa, una situazione inadeguata non ha nessuna importanza, il fatto che alcune cose da adulti si ritengano più importanti di altre è soltanto uno spostamento, di fatto queste cose di per sé non hanno nessuna importanza, le cose hanno l’importanza che io voglio che abbiano, tant’è che se non ci fossi io a dare importanza a quelle cose, quelle cose sarebbero totalmente indifferenti, la stessa vita sarebbe totalmente indifferente se non avesse un valore per me. Torniamo dunque alla questione, adesso devo fare un po’ di passaggi perché tu Eleonora hai fatto un discorso molto ellittico, e a me tocca svolgerlo, dunque il passo successivo è intendere che questa persona si è trovata quasi suo malgrado, almeno apparentemente, a dare tanta importanza alla caramellina, e lo ha fatto perché tutti intorno a lei lo fanno, perché è stata addestrata così, crescendo ha imparato un sacco di cose insieme a tante altre cose, ha imparato ad allacciarsi i lacci delle scarpe, ha imparato a mangiare da solo etc. e poi ha imparato anche che molte cose sono importanti perché glielo hanno detto ovviamente e siccome le persone che glielo hanno detto sono persone di fiducia allora diventa vero, cosa vuole dire che diventa vero? Vuole dire che da quel momento in poi non verrà mai più messo in discussione, non verrà mai più messo in gioco solo in casi particolarissimi se no costituiscono i fondamenti della sua educazione, della sua istruzione così come ha imparato a fare di conto ora tutte queste cose sono vere, sono quelle cose che comunemente all’interno di una società sono chiamate i valori che naturalmente variano a seconda delle culture e delle società, ciò che è un valore portante per una certa cultura è considerato invece con disprezzo in un’altra, come accade da sempre ma per la persona che si trova all’interno di quella società quella cosa ha un valore che è assoluto, non è relativo alla sua cultura, alla sua educazione è un valore assoluto al punto che è disposto a difenderlo anche con la propria vita in alcuni casi, tanto è importante. Dunque occorre incominciare a considerare con attenzione perché alcune persone, alcuni fatti, alcuni eventi, istanze vengono considerate dei valori e se effettivamente c’è necessità di avere dei valori, di cose in cui credere, se cioè credere in alcune cose sia una cosa buona oppure catastrofica, potrebbe anche essere una catastrofe, potrebbe, per molti non lo è anzi dicono che senza i valori le persone sono sbandate, sono disperse qua è là, soprattutto sono ingestibili, ma perché è un problema? Se si considera con attenzione la questione si può incominciare a riflettere sugli effetti di quelle cose che si considerano dei valori, se per una persona una certa cosa è assolutamente importante allora questa cosa naturalmente sarà anche vera per quella persona, sarà necessaria, sarà assoluta e soprattutto se ne avrà molto a male se qualcuno gliela mette in discussione o la mette in dubbio, e così nascono le guerre, per esempio uno crede vera una certa cosa l’altra ne crede vera un’altra non ci può mettere d’accordo e non ci può mettere d’accordo per un motivo molto semplice: supponiamo che ciò che io dico lo ritenga assolutamente vero senza ombra di dubbio ora qualunque cosa dica, per esempio Elisabetta, se è diversa da quella che dico io non sarà vera necessariamente ma sarà falsa e allora ho due possibilità: o la riconduco alla ragione in un modo o nell’altro oppure la elimino e così la mia verità sarà salva. Questi valori così importanti rappresentano anche la condizione di tutti i conflitti, compresi quelli mondiali recentemente occorsi, per gli americani, visto che è un conflitto contemporaneo fra i più rilevanti, quello che loro chiamano l’american way of life, il loro stile di vita è un valore assoluto ed è considerato vero, giusto, necessario, buono al punto che non passa loro neanche per la mente che non possa essere vero e così deve essere imposto, e se incontra una persona che non è d’accordo allora si usano i sistemi che ho detto prima, o si cercano di persuadere o si eliminano non ce ne sono altri. Ma allora sono importanti davvero questi valori? Io parlo di valori perché una persona che si trova ad iniziare un’analisi di fatto compie questa operazione, incomincia a dire quelle cose che per quella persona sono importanti, magari al negativo ché non ce l’ha o perché teme che gliele portino via o perché non ne ha abbastanza, spesso avviene così, dunque dicevo questi valori cui le persone tengono così tanto sono effettivamente così importanti? Che vantaggio offrono? Ne offrono uno in particolare: se tutti quanti sono convinti di una stessa cosa allora sono meglio e più facilmente gestibili e questo per uno stato è importante come spesso abbiamo detto anche in questa sede, non importa tanto che cosa le persone credano importante ma che credano in qualche cosa, se una persona crede in qualche cosa allora è gestibile, più facilmente soggetta a sensi di colpa, se non crede in niente è un problema, ma non è un problema perché a quel punto non sa più dove andare e cosa fare, no, sa benissimo cosa fare e dove andare semplicemente non crede che alcune cose per altro assolutamente opinabili siano assolutamente certe, questo poi nient’altro che questo, e la stessa cosa occorre che accada lungo un itinerario analitico dove non sono in gioco questioni sociali o politiche, almeno non direttamente, ma è in gioco la persona con i suoi valori. Una buona parte li ha acquisiti vivendo nella società altri li ha tratti dalle cose che ha acquisite modificandole in base a delle fantasie, a delle preferenze tant’è che in una stessa famiglia un fratello nasce di estrema destra e quell’altro di estrema sinistra, come è possibile con la stessa educazione? Come dire che dalle stesse premesse cioè dagli stessi valori è possibile trarre sia una conclusione quanto la contraria, lo ha detto anche Eleonora. Porre una persona di fronte a questi valori significa offrirle l’opportunità di accorgersi che questi valori non sono necessari, ma costituiscono la premessa per costruire le cose che una persona diventa, le cose in cui crede, che pensa, che pensa di dovere fare, che pensa di non dovere fare, sono le premesse generali su cui costruisce la sua esistenza, accorgersi che non sono necessari è importante perché da quel momento in poi, dal momento in cui si è accorto che non sono necessari allora seguire questi valori non è più una necessità ma è una sua decisione, una sua scelta, una decisione della quale decisione deve accogliere la responsabilità, se una cosa è necessaria allora non sono responsabile io perché non la controllo, è fuori dalla mia possibilità, così come il fatto che in questo momento stia piovendo è fuori dal mio potere, non posso fermare la pioggia quindi non sono responsabile del fatto che piova, ma per ciò che io penso, ciò che io decido, di questo sono sempre responsabile anche se in molti casi appare che non lo sia perché muovo da premesse che ritengo certe, sicure perché me le hanno insegnate così, e se le cose stanno così allora io non ci posso fare niente, non posso che muovermi di conseguenza, se si accoglie una premessa poi la conclusione molte volte diventa inevitabile.

Se si danno per acquisite e indubitabili alcune premesse le conseguenze sono inevitabili per cui per questo le persone giungono a delle conclusioni e quindi fanno cose che apparentemente sono senza senso o appaiono inverosimili tuttavia sono assolutamente coerenti con le premesse da cui sono partite, quindi occorre considerare queste premesse, rimettere in gioco questi “valori”, riconsiderarli, considerare che sono assolutamente arbitrari, anche se condivisi da molti questo non significa che siano veri la moltitudine non dà una garanzia della verità di ciò che si dice contrariamente all’antico adagio: “vox populi, vox dei”. Se tutti pensano in un certo modo questo non significa affatto che quello che pensano sia vero, è soltanto sostenibile con maggiore forza.

Considerare che le premesse da cui si parte, che sono quelle che comportano la sofferenza, lo stare male etc. e che queste premesse sono arbitrarie, allora ecco che qualcosa incomincia a modificarsi, la persona incomincia a cambiare e di questo in genere se ne accorgono coloro che le stanno intorno perché l’effetto più o meno immediato è che alcune cose perdendo questi valori, perdendo la loro necessità, diventano meno importanti e ciò di cui si accorge lungo un percorso di questo tipo, un percorso analitico, è una maggiore rapidità con cui si affrontano e si dissolvono alcuni problemi che in precedenza magari avrebbero potuto costituire una grossa tragedia, perde importanza, ritorna quello che è sempre stata cioè quella caramellina sottratta che non ha più una grossa importanza per un adulto se perde una caramella, non è che succeda niente solo che poi la cosa si estende a qualunque altra cosa questo cosa comporta? Che non c’è più la possibilità di stare male come dicevo prima, i tempi di reazione ad una possibile sofferenza si accorciano. Non c’è più la necessità di stare male perché non è più necessario, non serve più a niente. Eleonora ha spiegato molto bene a cosa serve la sofferenza: il primo utilizzo è quello di immaginarsi importanti cioè di vivere una situazione importante e di conseguenza essere importanti per altri, attirare su di sé l’attenzione, che cosa vogliono gli umani? Il potere, è la cosa più importante, avere il potere significa avere ragione dell’altro, piegare l’altro alla propria ragione cioè alla propria verità, vincere sull’altro, vincere la partita, in fondo tutto ciò che è comunemente noto come l’arte della seduzione non è altro che vincere una partita, piegare l’altro al proprio volere, ma se non si cerca più il potere? Intanto cessa immediatamente la necessità di soffrire per essere importanti per qualcuno perché cessa la necessità di essere importanti per qualcuno, questo non significa affatto non cercare qualcuno con cui condividere le cose piacevoli, cessa semplicemente la necessità di volerlo controllare, dominare, possedere e tutte quelle cose che conducono generalmente le relazioni a volgere nella mala parata, la crisi della relazione è la stessa cosa che avviene in ambito internazionale dove la cosa ha un peso maggiore, sono in gioco magari un maggior numero di persone, interessi maggiori ma è sempre comunque la necessità di imporre la propria ragione, il proprio interesse, la propria volontà da parte di qualcuno sull’altro. A questo punto dell’analisi, dal momento in cui la persona si accorge della assoluta arbitrarietà di ciò che riteneva assolutamente necessario e cioè dei suoi valori si assume la responsabilità di quello che fa, assumendosi la responsabilità di quello che fa ovviamente non deve più cercare colpevoli né responsabili altrove per ciò che gli accade ma sa che qualunque cosa gli accada lo riguarda, c’è una sua responsabilità o complicità a seconda dei casi, da quel momento in poi incomincia a prestare maggiore attenzione a quello che dice e di conseguenza anche a quello che fa, come cose che non seguono più naturalmente, magicamente ad altre cose ma come effetti di sue decisioni. Da quel momento in poi prende possesso della propria esistenza cioè del proprio discorso, e questo Eleonora lo ha detto in modo molto preciso, e cioè incomincia ad agire la propria esistenza anziché subirla lamentandosi e piangendo delle proprie miserie, agire la propria esistenza è ciò che in altre occasioni abbiamo indicato come la libertà assoluta, dalla quale libertà una volta che si è instaurata non c’è più ritorno.

È un’esperienza singolare e straordinaria quella dell’analisi, come dicevo conduce a un punto che possiamo chiamare punto di non ritorno dopo il quale le cose non saranno mai più come prima, non potranno più esserlo e questo avviene dal momento in cui diventa inevitabile accogliere la responsabilità delle proprie parole, del proprio pensiero, quello segna il punto di svolta dopodiché non c’è nessuna altra possibilità se non andare avanti e il modo in cui si procede come ho detto un attimo fa è prestare attenzione, avere cura della propria esistenza e cioè del proprio discorso, di ciò che si dice, e allora si istaura una curiosità senza limiti rispetto a ciò che si dice, e ci si accorge anche che il proprio discorso è l’unica ricchezza, l’autentica ricchezza che si possiede, tutto il resto è irrilevante. Il proprio pensiero è ciò di cui ciascuno vive, ed è anche in alcuni casi ciò di cui ciascuno muore. È noto che molte malattie sono indotte dalla persona stessa, così come molti incidenti sono dei lapsus, si diceva tempo fa con gli amici, adesso pongo una questione di vastità enorme ma si diceva che è noto da sempre fin dai tempi di Aristotele che una persona può ammalarsi soltanto perché è di cattivo umore, mentre se è ben disposta e allegra guarisce più facilmente, perché? Nessuno l’ha mai saputo dire in realtà però così come il proprio pensiero può arrivare a uccidere una persona per lo stesso motivo e con gli stessi mezzi potrebbe sanarla, ma questa come dicevo è una questione piuttosto ampia e non semplicissima da affrontare, che il proprio pensiero agisca sul corpo questo è indubbio e noto da sempre ma fino a che punto e come questa è una questione…

 

Intervento: d’altra parte la psicanalisi inventata da Freud è nata sull’isteria di conversione… il sintomo, i mali del corpo diceva Freud prodotti dal un sistema psichico…

Ha fatto bene a ricordarlo, la psicanalisi è nata così: c’era una fanciulla che accudiva il padre sul letto di morte e ad un certo punto le si paralizza il braccio e non riesce più a muoverlo, allora i medici si precipitano subito a darle i farmaci e a cercare quale malanno le fosse capitato e invece Freud  fu l’unico che incominciò a farla parlare e parlando e ascoltandola si accorse che questa paralisi l’origine della quale altri cercavano nel corpo, si accorse che questa paralisi aveva invece origine psichica, era stata prodotta da quella fanciulla, prodotta dai suoi pensieri i quali pensieri avevano letteralmente paralizzato il suo braccio, è così che inventò la psicanalisi.

 

Intervento: la sofferenza di per sé è fatta di parole… poi questa è la questione fondamentale della psicanalisi a parte il fatto che la moderna psicanalisi sino ai lacaniani che quanto meno dovrebbero aver conservato un certo spirito freudiano completamente travisato… la questione della sofferenza è un aspetto fondamentale laddove invece una certa ideologia psichiatrica che ha una funzione terapeuticha che ha condizionato tutto il movimento psicanalitico fa della sofferenza una sorta di feticcio come fosse una sorta di elemento fondante… queste discipline esistono perché esiste la sofferenza… la psicanalisi si pone nei confronti della sofferenza nei termini di una figura retorica per cui oggi possiamo dire che la psicanalisi tratta la sofferenza (non si sente niente) come una figura retorica… la psicanalisi nei confronti della sofferenza si pone come un effetto del discorso che potrebbe essere qualunque altra cosa anche un piacere… è un effetto di un discorso sono cose prodotte da pensieri e la sofferenza è un elemento tra tanti non è ciò che giustifica l’esistenza della psicanalisi… oggi l’elemento particolare della psicanalisi forse anche l’elemento anche di novità rispetto al luogo comune della psicanalisi è proprio questo la psicanalisi è per ciascuno, per ciascuno che la voglia fare e non per la persona che deve risolvere un problema perché l’equivoco sta qui nell’immaginare che la psicanalisi sia qualche cosa che offra delle soluzioni, questa è l’ideologia psichiatrica deve risolvere un problema la psicanalisi comporta un’altra considerazione la non necessità del problema o meglio alla non necessità della soluzione che poi è la stessa questione della domanda risposta come dire che la psicanalisi non è lì per offrire delle risposte ma delle domande che si immagina si formulino in modo naturale come delle domande che riguardano ciascuno e quindi che ci sia una risposta universale ….si intende in una psicanalisi come si è giunti a formulare certe domande una persona può passare la sua esistenza a cercare una risposta ad una certa cosa e magari non porsi mai la questione come mai se la chiede, immaginando che quella cosa che si sta chiedendo perché magari se la fanno tutti, mentre invece è importante articolare proprio la domanda capire di che cosa è fatta, cosa la sostiene, da dove viene, come mai se l’è fatta, le risposte che si è dato magari provvisorie sempre in attesa di un motivo e dicevo magari su questa domanda è capace di passare tutta l’esistenza senza mai trovare nulla perché? Perché non si è mai posto la cosa più semplice, non ha mai interrogato la domanda, cioè è un aspetto…

 

Diceva Eleonora ad un certo punto, facendo un esempio molto comune: una fanciullina che viene abbandonata e soffre per esibire la sua sofferenza, ma soffre anche quando, per esempio, del fanciullino in questione le importa molto poco, non è che soffre di meno, soffre lo stesso perché è esattamente questo che ci si aspetta da lei, che soffra, tutti si aspettano questo aspettandosi questo se la sua risposta è adeguata allora avrà tutta la comprensione e l’appoggio da parte di tutti, se la sua reazione non è adeguata non avrà il consenso da parte di nessuno e di conseguenza non sarà al centro dell’attenzione per cui effettivamente soffre perché è questo che deve fare e lo fa…

 

Intervento: poneva l’attenzione Eleonora su questo aspetto dell’interesse, di cui si accorge la persona in analisi si accorge di questa richiesta di interesse da parte dell’altro, Eleonora diceva di come ad un certo momento ci si accorga della necessità dell’interesse da parte dell’altro laddove si racconti la perdita del fidanzato o cose di questo genere e a quel punto si è trovato il modo per continuare su quella strada e quindi inventare continuamente storie che possano concludere allo stesso modo e quindi è come se questa sofferenza fosse una costruzione necessaria per trovarsi al centro dell’attenzione da parte dell’altro quindi il pretesto è buono per continuare a trovare il modo di sofferenza per poterla raccontare senza accorgersi di quello che si sta facendo con questa operazione, d’accordo che ci si crede però si sta facendo quello, si sta soffrendo ma non per la sofferenza fine a se stessa ma per poter essere importante per qualcuno. Prima parlavamo del corpo e del come certi personaggi si siano chiesti fino a che punto il pensiero influisce sul corpo molte persone si trovano a raccontare i loro mali, funziona l’interesse e di lì hanno inizio quelle cose che tutti sappiamo, c’è un proliferare di queste questioni ma molto semplicemente basterebbe considerare come è importante per le persone essere importanti per qualcuno, cioè essere un valore a questo punto è come se la persona avesse bisogno di essere un valore in qualsiasi accezione lo si voglia considerare negativo o positivo, essere un valore per altri… d’altra parte il discorso funziona attraverso passaggi sempre coerenti con la premessa da cui parte non può che concludere in un certo modo…

 

Intervento: però Faioni prima lei parlava dei valori, come gli umani necessitino dei valori, il credere in qualche cosa, essere importante per qualcuno, questo dipendere dall’interesse di qualcuno, far dipendere il proprio benessere dall’interesse dell’altro è come se portasse la persona alla ricerca di essere un valore nei confronti dell’altro proprio allo stesso modo come quei valori di cui ha bisogno per vivere, come se avesse la necessità di credere di essere effettivamente sorprendente, importante…

 

Quando fui piccolo, perché lo fui tanti anni fa, mi ricordo che spessissimo mi accadeva giocando di farmi del male, allora andavo da mia nonna e mi aspettavo che mi consolasse, qualche volte lo faceva e altre volte aveva altro da fare e allora mi diceva questo “chi è causa del suo mal pianga se stesso” che avrete sentito almeno una volta in vita vostra, ecco e allora mi ricordo che la cosa mi infastidiva, cioè il fatto che addebitasse a me una cosa del genere, ma allora, pensavo, se sono io la causa allora non mi consola allora vuol dire che non ha importanza quello che mi è accaduto. Me lo sono fatto da me. Sono responsabile se invece accade senza la mia volontà allora sono importante se me lo sono fatto io allora sono incosciente. E questo accade a chiunque anche se non più bimbo, se la sua sofferenza, il suo dolore non viene riconosciuto dagli altri non è un valore, se ne ha a male e si secca, si arrabbia, in alcuni casi si imbestialisce, come se gli fosse dovuto, perché? Non gli è dovuto nulla però funziona così, ci si aspetta a quel punto, e molte persone si ammalano per questo motivo o si mettono nei guai per questo motivo, così finalmente è importante per qualcuno…

 

Intervento: la responsabilità, le persone fuggono la responsabilità perché non sono più considerate… se uno è responsabile non interviene più da parte dell’altro perché l’ha fatta lui questa cosa, per cui c’è proprio questa repulsione per la responsabilità dei propri atti… perché sembra quasi che uno venga lasciato da solo con i suoi problemi…

 

È come se tutto quanto fosse retto da una nobile menzogna, menzogna che tutti sanno che è tale ma che nessuno può smascherare, come la famosa malattia diplomatica, è ciò che ciascuno comunemente durante la giornata mette in atto: una fanciulla si è fatta una nuova pettinatura “sto bene?” Ma certo, non ti ho mai vista così bella! vero o falso che sia non lo saprà mai ovviamente però sicuramente ha dato la riposta giusta, se avesse risposto “quale pettinatura?” ecco una risposta falsa. In un certo senso si impara a conoscere quali giochi vanno utilizzati e in quale circostanza così come il vivere comune, il vivere sociale è fatto di una quantità sterminata di giochi che mano a mano si apprendono…

 

Intervento: interessante mentire a se stessi perché poi in un’analisi la questione in gioco è la verità chi racconta immagina di raccontare una storia vera, una storia reale, una sua storia in quanto sua è assolutamente reale… è questa già la menzogna la menzogna sta nel dovere sostenere a tutti i costi qualche cosa che è strutturalmente insostenibile nel senso che questa sua storia, questa realtà questa necessità è fatta con uno sforzo e con un fatica grandissima perché in ogni istante questa storia è messa in gioco e fa di tutto perché non lo sia, perché invece sia sempre così comunque perché questa storia sia sempre stata così… sia sempre stata così quindi questa è la mia storia se qualcuno la mette in discussione e allora chi sono? La crisi di identità in un certo senso questa menzogna ha una funzione salvifica diciamo così… solo mentendo a me stesso io posso dire io sono questo…di me posso dire un’infinità di cose nel senso che io non riesco mai a racchiudermi in una definizione totale ci sarà sempre qualche cosa che posso aggiungere…la menzogna invece è il rinchiudersi, la rappresentazione in un gioco…

Questa menzogna non deve essere scoperta e nessuno ha interesse al fatto che venga scoperta, Pirandello è molto interessante su questo aspetto…

 

Intervento:…

 

Tutte le menzogne sono a fin di bene, sono rare quelle a fin di male, che uno menta proprio per nuocere deliberatamente a qualcuno, accade certo però la più parte delle menzogne sono sempre a fin di bene, si sono compiuti massacri inenarrabili a fin di bene. Perché gli inquisitori bruciavano le streghe non perché godevano a farle soffrire arse vive sul rogo ma per salvarle, per salvare al loro anima e quindi garantire loro la vita eterna, che invece avrebbero perduta. D’altra parte Platone è stato esplicito: per governare occorre mentire, se no non si governa, non si governa una stato, una relazione, una famiglia, un gruppo quello che vi pare…

 

Intervento: Grice, filosofo del linguaggio, ha scritto un saggio sulla cooperazione linguistica della comunicazione, le regole cui il parlante si sottopone nello scambio linguistico… e questo è vicendevole è il modo di parlare di ciascuno…

 

Sì certo, in effetti perché i bambini sono ingenui? Perché non hanno ancora imparato tutte le regole dei giochi, e perché fanno tanta tenerezza? Perché si ha su loro un potere assoluto, per questo fanno tenerezza, così come a un fanciullo fa tenerezza un fanciulla quando è sicuro di essere più forte di lei, e con i bambini è così la stessa storia, perché se il bimbetto avesse la possibilità di fare esattamente quello che vuole probabilmente ucciderebbe i genitori, non per cattiveria ma per gioco, che gliene importa? Non avendo imparato ancora come funzionano tutti i vari giochi la cosa non ha nessun rilievo. Bene, grazie a ciascuno di voi e buona serata.