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LA VERITÀ ASSOLUTA

 

30/5/2000

 

 

Questo ultimo incontro ha un titolo particolare, che suona piuttosto insolito nel panorama culturale di questi ultimi tempi e cioè "la verità assoluta". Dunque dicevo un tema piuttosto insolito nel momento in cui la più parte del pensiero contemporaneo è orientato a non considerare affatto questo termine vista la difficoltà estrema di definirlo, e soprattutto di reperire la verità, tenendo buona la definizione di verità che è stata fornita in questi ultimi millenni, e cioè ciò che è necessariamente e potremmo aggiungere, che non può non essere. Questo in effetti già prende le distanze dalla cosiddetta verità relativa o quella personale che è più una opinione, una superstizione, una credenza a seconda dei casi. Come sapete il pensiero occidentale ha abbandonato da tempo la ricerca della verità, perché è risultato straordinariamente arduo trovare qualcosa che dovesse essere necessariamente, qualunque cosa ha incontrato delle obiezioni anche molto forti facendo risultare qualunque definizione di verità come qualcosa di arbitrario e che, pertanto, non rispondeva al criterio fondamentale che è quello della necessità. Abbiamo detto che necessario è ciò che non può non essere in nessun modo, ora ovviamente la verità assoluta è passata attraverso le varie religioni ed è il discorso religioso generalmente che pone la verità assoluta, il discorso scientifico, come dicevo prima, l’ha abbandonata da tempo, il discorso religioso non può farlo dal momento che è fondato su un qualche cosa che, per ciascuna religione, a seconda dei casi, deve necessariamente essere; il dubbio non è consentito nella fede se non come cammino che porti alla fede, ovviamente, ma la verità assoluta di cui diremo non ha a che fare propriamente con la religione, con nessuna religione, anche perché la verità assoluta di cui parlano le religioni, qualunque esse siano non ha nessuna importanza, rimane comunque in nessun modo provabile. Come sapete in questi ultimi due millenni molto ci si è impegnati per provare l’esistenza di dio, senza giungere a risultati soddisfacenti, senza giungere cioè a risultati che non comportassero tra i vari passaggi, un atto di fede, ma la domanda da cui possiamo partire è questa "è possibile costruire una nozione di verità assoluta che non necessiti di un atto di fede?" Vedremo se nel corso della serata giungeremo a questo obiettivo, intanto ancora qualche parola sulla nozione di verità che è possibile intendere, che è stata intesa in modi differenti, come sapete a partire dai greci Alètheia, svelamento, oppure la nozione romana di Veritas, più forte, però se anche riprendete la antica nozione greca, e riflettete sul termine "svelamento", potete considerare che se una cosa velata viene svelata, allora si mostra, si mostra per quello che è, a meno che questo svelamento non sia un rivelamento, nel senso di velare ulteriormente; questa posizione che è poi stata in buona parte quella di Heidegger, è stata ripresa da alcuni filosofi contemporanei e ha portato in parte all’ermeneutica e in parte a quello che è noto almeno qui a Torino come il pensiero debole. Altra frangia ha preso avvio in Francia con Derrida ma ciascuna di queste posizioni, sia che supponga la verità come uno svelamento, sia che la supponga come una decostruzione, sempre e comunque si riferisce a un qualche cosa che deve esserci perché possa essere decostruita, perché possa essere svelata, se no non succede nulla di tutto ciò. Ora è questa la questione fondamentale che ci interroga, e cioè un qualche cosa che c’è necessariamente, così come per esempio se voglio decostruire qualcosa occorre che ci sia qualcosa da decostruire, ecc. ma questo qualcosa da decostruire, per taluni è irraggiungibile il che è una contraddizione in termini, se non lo raggiungo non possa decostruire alcunché. Tutta la buona parte della filosofia francese contemporanea e post - heideggeriana incappa in una serie notevole di paradossi. Pensate a tutta la teoria del testo da Barthes fino a Derrida per esempio, ma non soltanto, in parte anche Foucault, questo testo che si sottrae continuamente per cui di fatto non c’è una interpretazione possibile, posizione che porta a una serie notevole di paradossi. Però non è tanto questa la questione quanto quella della verità assoluta, ho aggiunto assoluta, che è un termine abbastanza bizzarro, un po’ come marca distintiva per prendere le distanze da ciò che è inteso come verità relativa o verità posta come ipotesi o da taluni come ipostasi, a seconda dei casi, come per esempio Popper, secondo il quale la ricerca scientifica, per esempio, tende alla verità, però ciascuna volta questa verità è da trovare ma non sarà mai trovata perché in ogni caso sarà possibile costruire un altro discorso, un’altra serie di proposizioni che la confuterà, e allora questa verità che funziona da referente poi di fatto è inesistente, però se riflettiamo più attentamente, allora consideriamo che ciascuno anche parlando nel quotidiano si riferisce comunque a una nozione di verità, nel quotidiano così come nella ricerca, nel pensare comunque sia, filosofico, linguistico, logico ecc. ciascuno proseguendo lungo il suo pensare suppone che ciò che ha raggiunto sia vero, se supponesse il contrario prenderebbe un’altra direzione, ora "vero" si può intendere nei modi più disparati. Può essere inteso come ciò che è utile per proseguire quindi ciò è utilizzabile in qualche modo, però se non si desse comunque una verità come ipostasi, come qualcosa di stabilito a priori o meglio come qualcosa la cui esistenza è stabilita a priori, questa ricerca non avrebbe nessuna direzione, nel senso che potrebbe proseguire in una qualunque direzione e andrebbe sempre bene, in quanto non ci sarebbe, in questo caso, la direzione giusta e pertanto neppure quella sbagliata, una qualunque andrebbe benissimo, e infatti in molti casi è possibile anche considerare in questi termini, e cioè che una qualunque teoria, un qualunque pensiero filosofico, una qualunque dottrina religiosa può di fatto essere considerato alla stregua di Cappuccetto Rosso, che differenza c’è esattamente? L’unica differenza che può porsi potrebbe consistere nel fatto che l’una può essere provata vera, l’altra no, e qui sorgono problemi notevolissimi: certo nessuno si sognerebbe di darsi da fare a perdere le sue giornate per provare che Cappuccetto Rosso è vero, che è vero che è esistita la nonna, che c’è stato il lupo etc., e provarne l’esistenza, a trovare tracce nei documenti antichi, nessuno farebbe una cosa del genere, e perché no? È curioso, mentre invece molti si sono dati da fare per trovare testimonianze che accertassero l’esistenza di dio per esempio, potrebbe apparire curiosa questa discrepanza di comportamenti, né l’una né l’altra cosa possono in nessun modo provarsi e pertanto di fronte a un ragionamento prettamente logico, sono assolutamente equivalenti l’una cosa e l’altra da qui la sorpresa appunto, per cui taluni si adoprano a provare l’esistenza di dio mentre non si adoperano a provare l’esistenza di Cappuccetto Rosso, cosa che per altro sarebbe non meno semplice. Interviene, al seguito di queste considerazioni, il fatto che l’una è creduta per molto tempo dai più e l’altra no, da pochissimo tempo e da nessuno… ma questo non significa niente, assolutamente niente, che gli umani credano una cosa anziché un’altra non ha di per sé, questo fatto, nessun valore, cioè non può essere portato come prova a testimonianza della verità di un credo il fatto che siano in molti a crederlo vero. Eppure ciascuno insegue sempre qualcosa che deve essere vero, perché se lo pensasse falso lo abbandonerebbe, non seguirebbe quella via, ciascuno a modo suo cerca la verità, in tutti i campi, sia la verità nel sapere che cosa ha fatto quell’altro sia la verità nel sapere se nella maionese ci mettono cosi transgenici, fino al sapere se esiste la verità o se esiste una qualunque cosa e cioè che cos’è l’esistenza; sono soltanto, potremmo chiamarli con Wittgenstein, giochi linguistici differenti ma la struttura è la stessa. Dire che questa è la mia verità, quello che penso io, sì certo, nel senso che magari in quella circostanza, provvisoriamente, non si esige che tutti quanti credano quella cosa che si crede, ma per lui è così, non c’è una alternativa, possiamo lasciare anche il beneficio del dubbio, un dubbio che però è sempre volto a qualcosa che prima o poi lo dissiperà e mostrerà che cosa è veramente, appunto il vero, se no il dubbio non ha nessuna funzione, così come l’ipotesi: una qualunque ipotesi senza la possibilità di essere verificata è nulla, è una fantasia, l’ipotesi è tale, acquisisce una certa dignità se è possibile che esista un criterio per la sua verifica, se no… potrei anche dire facciamo un ipotesi che questo registratore sia un frullatore, questa ipotesi ha una funzione in quanto è possibile verificarne la falsità ma se non fosse in nessun modo possibile verificarne né la falsità né la verità sarebbe nulla, richiederebbe in questo caso, come accade, un atto di fede, la verifica non c’è, non possiamo fornirla però… "credo quia absurdum" diceva il nostro amico Tertulliano, però proseguendo o dirigendoci verso un pensare che si meriti almeno questo nome il "credo quia absurdum" non ha un grande utilizzo, nel senso che a questo punto posso credere qualunque cosa o il suo contrario, dicevamo prima di Cappuccetto Rosso e della religione, posso credere l’una cosa o l’altra, se devo credere una cosa assurda tanto vale che creda la più assurda, perché no? Questi pensieri come sapete hanno condotto molti ad abbandonare la ricerca della verità, i più accorti per questo motivo hanno considerato che una qualunque proposizione che affermi una qualunque cosa, è soggetta ad essere confutata, cioè è sempre possibile costruire un’altra proposizione che sia vera rispetto agli stessi criteri e che possa essere provata vera, da qui l’abbandono definitivo della ricerca della verità. Tutta la storia del pensiero occidentale, ma non soltanto, è stata costruita intorno ad alcune nozioni fra le quali campeggia la nozione di verità, senza che sia mai stato possibile offrire a questo termine un contenuto che reggesse; i grandi temi dell’umanità: la verità, il bene, la giustizia etc… funzionano per via del fatto che non è possibile in nessun modo stabilirli, se no la verità sarebbe stata trovata, la giustizia anche, e il bene lo stesso, per cui sarebbero cessati tutti quei vari conflitti che servivano appunto a stabilire di volta in volta cosa è il bene, cosa è il giusto etc. Perché il discorso occidentale è fatto in modo bizzarro, se voi affermate qualcosa vi chiede di provarlo, tant’è che di fronte a una bizzarra affermazione chiunque chiederebbe il perché, cioè perché affermi questo? e cioè chiede conto di ragioni, di motivazioni e queste motivazioni devono essere logiche, devono reggere alle obiezione, se no crolla; dunque il discorso occidentale chiede continuamente ragione, tuttavia pur chiedendo questa ragione impedisce di reperirla e lo impedisce in un modo molto semplice, perché chiedendo il perché delle cose, come sapete, potete incappare in quella che potremmo chiamare regressio ad infinitum, che tanto spaventava gli antichi, cioè un andare all’indietro senza possibilità di arresto, come dire che ciascuna cosa ha bisogno di un’altra per essere motivata e così potete andare avanti, o all’indietro, all’infinito, quindi pretende che si motivi un’affermazione e al contempo impedisce che questo possa farsi. È una ben curiosa struttura. Questa struttura che è nota come linguaggio è in effetti quella che consente di fornire delle motivazioni ed è quella che impone le motivazioni; ma è fatto così, per cui di fronte a una affermazione chiede, perché questa affermazione possa essere accolta, che sia giustificata, in caso contrario qualunque affermazione sarebbe immediatamente creduta. Dicevo per gioco agli amici tempo fa, se io affermassi di essere dio perché non mi adorate? Perché no? Posso provare di esserlo? Ma nessun dio può provare se di stesso di esserlo, e quindi che differenza fa? Però non avviene che uno si butti in questa affermazione, almeno non si è mai verificato, questione alquanto curiosa, perché in ogni caso si chiedono delle prov. La stessa chiesa cattolica, pur mostrandosi legata all’atto di fede ha tentato, come sapete, per millenni e con menti tutt’altro che sprovvedute a provare la verità delle sue affermazioni, a che scopo se bastava la fede? Perché la sola fede crea qualche problema perché appunto in quel frangente chiunque potrebbe soppiantare un qualunque dio dicendo "io sono dio". Come vedete la questione, se si comincia a riflettere, diventa un po’ complicata, eppure abbiamo detto che c’è la verità assoluta, non solo c’è ma non può non essere, attenendoci al criterio più antico e più consolidato di verità come ciò che è necessariamente, ciò che è necessariamente è ciò che non può non essere: che cosa dunque non può non essere? Che cosa se non fosse comporterebbe inesorabilmente l’inesistenza di qualunque altra cosa? che cosa è così forte dunque? Se proviamo a riflettere in questa direzione ci accorgiamo che per riflettere intorno a tutte queste cose di cui stiamo dicendo è necessaria una cosa in primissima istanza, e cioè una struttura che mi consenta di farlo, questa struttura occorre che abbia almeno due o tre cose, che sono molto vicine a quelle che Aristotele aveva pensate, occorre intanto che ciascun elemento non sia tutti gli altri, fondamentale, pensate ad un linguaggio in cui ciascun termine significa simultaneamente tutti gli altri, voglio vedervi usare il linguaggio, poi un’altra cosa occorre e cioè che di due elementi uno occorre che sia vero e l’altro no, questo per un motivo molto semplice, che proseguendo lungo il discorso occorre che proceda in una direzione, non posso procedere in tutte, ma quale direzione? Quella che è utilizzabile, utilizzabile è quella che mi consente di proseguire il discorso e quella che mi consente di proseguire il discorso la chiamiamo vera, quella che non ha nessun utilizzo la chiamiamo falsa, falsa cioè non utilizzabile; famoso esempio: a chi mi chiede dov’è una certa cosa, se io indico due direzioni opposte questa risposta non è utilizzabile, cioè il mio interlocutore non sa cosa farsene, dunque questa struttura intanto occorre che abbia queste prerogative e poi un’altra, deve consentire delle inferenze cioè dei passaggi da un elemento ad un altro, quei passaggi che la logica chiama inferenze: se A allora B, e se B allora C, pertanto se A allora C. Questo è indispensabile, senza questa struttura inferenziale non è possibile nessuna conclusione, quindi non è possibile affermare nulla. Questo sistema che chiamiamo linguaggio, visto che è il termine più corrente per definirlo, potremmo anche chiamarlo Pippo però non ci porterebbe da nessuna parte, questa struttura dicevo è quella che ci consente di compiere delle riflessioni, giungere a delle conclusioni, prendere decisioni etc. Ora un’altra domanda possiamo porre: "potrei pensare a una condizione in cui il linguaggio fosse assente?" se sì con che cosa? con quale altra struttura? è la stessa questione che può porsi laddove io mi domandi se può darsi un qualcosa che sia fuori da questa struttura, prima domanda immediata e legittima: "come lo so?" e di nuovo… CAMBIO CASSETTA … c’è solo un problema, che questa esistenza io la posso ipotizzare e allora o questa ipotesi non può essere verificata e allora di questa ipotesi non me ne faccio assolutamente nulla, oppure può essere verificata, se viene verificata, viene verificata attraverso questo strumento che stiamo chiamando linguaggio; sto dicendo in altri termini che pensare che qualcosa esista fuori da questa struttura appare una fantasia assolutamente arbitraria, sì posso pensare questo come il suo contrario, non c’è nessun problema certo, però se ho in animo di proseguire una ricerca in modo coerente, logico, intendo con logico qui un modo che produca inferenze tali per cui le conseguenze seguano necessariamente alle premesse, se no posso inferire qualunque cosa e il suo contrario, allora certo, posso credere a quello che mi pare ma non è questo l’obiettivo del mio pensiero, ora dunque abbiamo detto che appare straordinariamente arduo immaginare un qualche cosa fuori da questa struttura e provarlo, posso dirlo, posso pensarlo, posso crederci ma non lo posso provare, cosa vuol dire provare qualcosa? Vuol dire compiere una affermazione che non possa essere negata e qui introduciamo un nuovo elemento: vedete, la nozione di prova così come è passata in questi ultimi secoli è piuttosto insoddisfacente, se io provo un qualche cosa con un’altra cosa poi devo provare la successiva, o quanto meno il criterio che ho utilizzato per provarlo, su questo chiunque potrebbe muovere delle obiezioni. Qual è la "prova", mettiamola tra virgolette, per il momento più potente? Non quella che non può essere confutata, ché qualunque proposizione può esserlo, ma quella che non può essere negata in nessun modo, cioè quella che rende la proposizione contraria impraticabile, che non può essere praticata in nessun modo. In questo modo ottenete la "prova" teniamola ancora tra virgolette, perché risulta più potente, perché non è propriamente qualcosa che persuade, e tutto sommato neanche convince ma costringe. La prova di cui vi sto parlando è una costrizione logica, non chiede né l’assenso né la persuasione, né la convinzione, mostra che le cose non possono essere altrimenti, in nessun modo. Intendo con questo la costrizione logica, nel senso che qualunque proposizione che la neghi non la posso praticare. Provate a considerare questa proposizione che adesso vi propongo: "qualunque cosa sia, questa qualunque cosa è necessariamente un atto di parola", ora è ovvio che vengono in mente una infinità di obiezioni ma consideratele molto attentamente queste obiezioni, innanzi tutto qualunque discorso che venga fatto viene eliminato immediatamente, in quanto qualunque discorso è necessariamente un atto di parola, e non posso provare la falsità di una asserzione se sono costretto a usare quella stessa asserzione che intendo confutare, cioè non posso provare che non esiste se sono costretto a usarla per compiere questa operazione; affermate che qualcosa è fuori dalla parola, non potrete provarlo in nessun modo, quindi ciò che viene opposto è una fantasia, non utilizzabile. A questo punto vi trovate di fronte a una proposizione molto semplice, che afferma appunto che qualsiasi cosa questa è necessariamente un atto di parola, cioè necessariamente è nel linguaggio, potremmo anche dire che questa proposizione, come vi dicevo non ha, nell’accezione logica tradizionale, una prova e cioè non ha un'altra proposizione che la dimostri vera, è semplicemente che se la nego, se cerco di farlo non lo posso fare, perché per negarla sono costretto a confermare e ad affermare ciò stesso che intendo negare. Ed è il sistema di prova più potente che possa pensarsi, un qualche cosa che in nessun modo posso negare, cioè lo posso negare dicendo che non è vero, certo, ma detto questo non ho affermato un granché perché come dicevo all’inizio o poco dopo, questo stesso linguaggio di cui sono fatti gli umani costringe laddove si compia un’affermazione che voglia avere una qualche dignità (e questa dignità gliela offre la prova) chiede di essere provata, se questo non può essere fatto allora può essere creduta, come avviene per la quasi totalità delle affermazioni che vengono fatte non possono essere provate, nemmeno quelle che promuove il discorso scientifico, non possono essere provate nell’accezione che vi sto indicando, perché come ciascuno sa, può essere provata ciascuna cosa ed è sufficiente creare un criterio di prova adatto, dopo di che viene provato tutto. È ovvio che qualcuno potrebbe muovere qualche obiezione rispetto a tale criterio di prova ovviamente, ma in questo caso no, non c’è nessun criterio di prova, c’è una costrizione logica che è un’altra cosa, per questo vi dicevo assoluta, potremmo anche utilizzare l’etimo del termine e cioè "senza soluzione" e cioè una affermazione del genere non ha nessuna soluzione, non può essere in nessun modo eliminata logicamente; torno a dirvi che chiunque può dire: "io credo invece quest’altra cosa", e va benissimo, non c’è nessun problema, può credere qualunque cosa e il suo contrario così come avviene sul pianeta da alcuni milioni di anni, però se si intende riflettere in termini precisi ecco che allora una obiezione occorre che sia sostenuta da argomentazioni, in caso contrario non è utilizzabile, non sappiamo cosa farcene. È come se qualcuno mi dicesse "a me così non piace" va bene, assolutamente legittimo, però non ci porta molto lontano; dunque una verità assoluta che regge a qualunque obiezione ed è assoluta in quanto non può non essere, se non fosse non ci sarebbe nessuna altra cosa. Può apparire bizzarro o può apparire eccessivamente semplice, tuttavia non ci rimane di fatto che considerare in questo modo, come dicevo prima è una costrizione logica. Qualcuno potrebbe anche domandare a cosa serve una cosa del genere? È una domanda che lascia il tempo che trova alla quale si potrebbe rispondere in infiniti modi, dalla retorica più bieca che ribalta immediatamente in un: e tu a cosa servi? o che cosa occorre che serva, che cosa è che serve? che cos’è servire? etc. oppure, oppure possiamo rispondere in modo più gentile, rispondendo che intanto serve a pensare, per esempio, in un modo che non sia del tutto squinternato, può consentire di costruire dei pensieri tali da non essere costretti a credere una qualunque cosa che venga somministrata, per dirla in una parola: ad essere un po’ meno ingenui, spesso rispetto proprio al proprio pensiero ancor prima che a quello altrui, detto questo se qualcuno interviene così da consentirmi di prendere fiato…

Intervento: …

In effetti utilizzando questo discorso che abbiamo fatto potremmo costruire la prova dell’esistenza di dio più potente che sia mai esistita, perché inconfutabile anche se rimane negabile. Se vuole posso dimostrare la prova dell’esistenza di dio, non è difficile, anche se i cosiddetti padri della chiesa l’hanno mancata, sono andati vicini ma l’hanno mancata, prevalentemente Anselmo e Tommaso. Basta domandarsi: posso pensare l’assoluto? Qui può rispondere di sì, se risponde di no, le chiedo come lo sa e quindi siamo daccapo, quindi lo può pensare, lo può pensare ma non lo può provare in nessun modo, a questo punto c’è qualcosa che è pensabile e quindi esiste in quanto è pensabile, quindi esiste come pensiero quantomeno ed è già un tipo di esistenza che ci è sufficiente, esiste ma non è provabile, ed esiste necessariamente perché lo pensa e in nessun modo è provabile, lei sostituisca a tutto questo dio, e ha inventato dio e l’ha provato: esiste perché è l’assoluto, e l’assoluto esiste in quanto lo pensa ma non è provabile esattamente come vuole la chiesa, provi a confutarlo, non lo può fare, l’unica questione è che con questo cosa ha costruito? assolutamente niente, è una proposizione, nient’altro e quindi un gioco di parole… a cosa stava pensando?

Intervento: come mai la chiesa ha preso le distanze dalla psicanalisi?

Perché Freud, che l’ha inventata, aveva posto qualche obiezione intorno alla religione, aveva accostato lui stesso la nevrosi ossessiva con i rituali religiosi e diceva che in fondo il credere religioso procede da conflitti non risolti, per dirla in termini spicci, e questo alla chiesa dava un po’ fastidio, cioè toglieva tutto l’aspetto teologico, l’aspetto fideistico, l’aspetto sovrumano, poi invece attraverso Jung l’ha recuperata perché Jung si è prestato molto al pensare religioso, tutta la sua teoria sugli archetipi, le sue teologie etc… e ha indotto a pensare che gli umani siano vincolati da qualche cosa che li trascende mentre invece per Freud non c’era, ora da qui a pensare che qualcosa che li trascende sia il divino il passo è stato breve, e in effetti da qualche anno la chiesa ha istituito una scuola di psicanalisti, preti, i quali si formano alla scuola junghiana, per cui il dissapore si è dissolto e la psicanalisi, quella junghiana, è rientrata nei ranghi, è stata utilizzata insomma, quella freudiana un po’ meno perché poi c’era tutta la questione legata al sesso… Perché la chiesa pretende il monopolio sul sesso e invece la psicanalisi in qualche modo glielo sottrae, però quella junghiana è perfettamente funzionale. Jung era un mistico (…) sì certo, sì e tutte le esperienze mistiche e di vario genere, anche demonologiche, sul male… molto prossime alla chiesa, tant’è che ad un certo punto se ne è appropriata, perché la chiesa è molto abile in questo, si appropria di ciò che non riesce a combattere, come fanno le grosse industrie: comprano le piccole che sono pericolose concorrenti, in questo però la chiesa ha avuto un merito, quando già da i tempi di Agostino, ma prima ancora Origene, Tertulliano etc. dovevano combattere un’eresia non è che la combattessero così, per partito preso, no, studiavano molto attentamente il nemico, tant’è che alcune tesi di Origene, dei Manichei e di altri ci sono state tramandate proprio attraverso le confutazioni. Erano seri in questo, prima di attaccare una persona andavano lì e si leggevano tutto quello che aveva detto, occorre fare così perché se no è una petizione di principio, un partito preso, addirittura "tu hai torto, ho ragione io" "perché?" "perché sì"…

Intervento: …

Sì "panta rei", certo però è la questione del movimento, antichissima, già gli antichi si interrogavano sul movimento, se le cose si muovono oppure no, la questione può essere risolta in un modo molto semplice, è una questione grammaticale: per potere affermare che qualcosa si muove occorre che ci sia un elemento del quale possa dire che sia fermo, se è fermo oppure no questo è un altro discorso, che poi stia fermo oppure no occorre sempre un criterio di valutazione, un po’ come la storiella di Achille e la Tartaruga, Achille raggiungerà la tartaruga oppure no? Dipende, dipende dal gioco che si fa, se il gioco in cui si fa un qualunque spazio è divisibile all’infinito, allora no, se non è divisibile all’infinito, allora sì, tutto qui… ci sono altri?

Intervento: non ho capito questo procedimento logico per arrivare alla realtà solita…

Attraverso qualcosa che non può non essere, ciò che non può non essere è ciò che mi consente di fare queste operazioni, cioè di pensare queste cose attraverso un sistema deduttivo, esclusivamente deduttivo, non c’è nessun passaggio induttivo né abduttivo, esclusivamente deduttivo cioè da una premessa necessaria segue una conseguenza altrettanto necessaria, deve seguire una conseguenza altrettanto necessaria cioè che non può non essere. Come lei sa il sistema induttivo non è così potente, lascia molto all’ipotesi…

- Intervento: cosa intende con il sistema abduttivo?

Qualsiasi tipo di inferenza la cui conclusione risulti solo verosimile: io ho acquisito una certa esperienza, considero che questi elementi in base all’esperienza che ho devono andare in una certa direzione e concludo che vanno in quella certa direzione, non offre una garanzia ovviamente, è più prossimo all’induzione che alla deduzione, come lei sa la deduzione non lascia scampo, è così e non può non essere, è attraverso questo sistema che può reperire ciò che necessariamente è e non può non essere, e ciò che non può non essere è ciò che mi consente di compiere questi pensieri, queste riflessioni, queste deduzioni, e cioè il linguaggio. Adesso ho detto in tre secondi quello che ho detto in un’ora e un quarto ma in effetti è solo questa la questione, come ha detto giustamente è una costrizione logica, cioè qualcosa che non richiede l’assenso o la persuasione, costringe in quanto non è possibile pensare altrimenti, non è possibile credere altrimenti. Qualche altra domanda?

- Intervento: Le antilogie di Gorgia procedono con questo metro di coercizione? Allora come è possibile che esprimano esattamente il contrario su i medesimi argomenti se utilizzano una coercizione che deve essere per forza unilaterale:

Proprio così, infatti se lei considera le premesse delle antilogie sono opinabili, lei deve trovare una premessa che non lo possa essere, a questo punto il suo discorso è effettivamente una costrizione logica, lei prenda un qualunque testo, non importa come prosegue l’argomentazione, lei consideri ciò da cui muove e consideri se ciò da cui muove è necessario oppure no, questo occorre che lei faccia, e si accorgerà che qualunque premessa che lei incontrerà risulterà arbitraria, gratuita, cioè potrebbe non essere affatto così. Aristotele ha pensato al motore in moto, in effetti può essere considerato, un po’ umoristicamente, il linguaggio il motore in moto, ciò che è necessariamente e ciò che muove qualunque cosa, certo non è dio ovviamente, non si pone neanche la questione, ma è ciò che deve necessariamente essere perché possa esserci qualunque altra cosa, ecco perché è una costrizione logica. Le altre no, come dicevo non badi né alle conclusioni, né alle argomentazioni che possono essere più o meno interessanti, divertenti, ma non ha nessuna importanza, importa da che cosa muove, che cosa regge tutta la costruzione, se questo assioma è, come è inesorabile che sia, arbitrario e gratuito, non provabile, tutto ciò che ne segue è niente, cioè un bell’esercizio, ma al pari di Cappuccetto Rosso, provabile allo stesso modo; e così le antilogie sono un ottimo esercizio ma fondate su niente, su qualcosa di arbitrario, perché in effetti l’unica cosa necessaria è che ci sia una struttura che mi consenta di pensarla, cioè di compiere queste riflessioni, se no con che cosa rifletto? Con niente, ed è la condizione per un qualunque pensiero, ma non ce ne si è accorti, che la condizione, l’unica, è soltanto questa ed è quella attraverso cui posso sapere qualunque cosa e il suo contrario, senza questa, senza il linguaggio, non solo non esiste niente ma non è mai esistito niente, è diverso!

- Intervento: da un punto di vista materialistico…

No, qui non c’è nessun punto di vista, né materialistico né realistico, una costrizione logica è tale in quanto si attiene unicamente a quelle procedure del linguaggio che non possono non essere, non si cura minimamente del materialismo o del realismo che sono costruzioni che il linguaggio pone in essere, e sono molto al di là, ciò di cui sto parlando è molto al di qua, sono costruzioni filosofiche e quindi proposizioni…

- Intervento: allora le costrizioni logiche variano anche da lingua a lingua?

No, sto parlando di struttura del linguaggio, di procedure non di manifestazioni verbali. Il linguaggio funziona in un certo modo, per esempio un elemento non può essere altro da sé, che lei parli italiano, francese, tedesco o qualunque altra lingua le garbi, questo è necessario che sia, se no il linguaggio si dissolve, questo intendo con linguaggio: le procedure che lo fanno esistere e senza le quali si dissolve, ché non ha importanza il tipo di lingua che sta utilizzando, comunque la struttura è quella, e se lei ragiona e pensa nei termini di questa struttura costruisce un discorso che non può essere negato in nessun modo perché è fondato su ciò stesso che non può essere negato in nessun modo, al di là di tutti i pensieri filosofici che sono costruzioni, favolette che si possono confutare in quattro e quattr’otto … Bene, grazie a ciascuno di voi, vi do appuntamento per il prossimo anno e chi lo desidera può proseguire insieme con noi alla sede dell’Associazione. Buona notte a tutti.