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FEDE O RAGIONE?

 

30/3/1999

 

Questa sera dobbiamo considerare due corni del dilemma: la fede e la ragione. È una questione che non è così lontana da quella esposta la volta scorsa intorno alla verità e allo scetticismo. In effetti generalmente si considera la ragione come scettica mentre la fede assertrice della più assoluta verità. Perché si attribuisce alla ragione lo scetticismo? Perché la ragione è per definizione indagatrice, la fede no, non indaga, la fede si accomoda su una posizione raggiunta e da lì cerca di diffondere il proprio credo. Però, dobbiamo considerare gli aspetti della fede in modo tale che risulti un discorso non dico fideistico ma quasi. Voi sapete che ciò che riguarda la fede, o meglio ciò che si chiama "articolo di fede", non può per definizione essere messo in discussione. Se la fede accogliesse il dubbio cesserebbe di essere fede, sarebbe un’altra cosa, sarebbe ricerca, sarebbe ratio, mentre, come dicevo, esclude per definizione la ricerca se non nei limiti e all’interno di ciò che la fede stabilisce. Tuttavia, pur apparendo di primo acchito la fede come una direzione che si muove contro la ragione, di fatto non è proprio così. Almeno dopo Tommaso, la fede non è più un atto di credenza assoluta, ingiustificata, arbitraria, ma per Tommaso la fede segue la ragione, nel senso che la ragione indaga certo, indaga in tutte le direzioni, tuttavia che cosa trova? Che cosa ha trovato la ragione? Ha trovato delle difficoltà, degli scogli insuperabili: da dove viene la specie umana, perché esiste, anziché non esistere? Tutto ciò che la ragione ha cercato nell’ambito dell’assoluto si è scontrata con aporie insolubili, la ragione ha mostrato la corda tanto più quanto più si è spinta verso limiti che prima non aveva mai neanche osato raggiungere. Pensate oggi all’intelligenza artificiale, a tutto ciò che la tecnologia della scienza ha prodotto, bene, tutto ciò non ha per nulla scalfito tutti gli interrogativi che da tremila anni gli umani si sono posti, le domande fondamentali che l’uomo si è sempre posto, tutto ciò rimane sempre tale e quale. Come dire che la scienza, e quindi la ratio, la ragione, ha fallito il suo compito, non soltanto ha fallito ma questo fallimento sembra irresolubile e irreversibile, come dire che la ragione non riesce a uscire dai limiti che non si è imposta ma che la stessa struttura della ragione le ha imposto. Dunque, qualunque ricerca sarà una ricerca limitata, limitata a quei limiti che la ragione impone, che la ragione ha. Cosa dice a questo punto Tommaso? Lui si è accorto molto bene di questo problema, dice che se la ragione non può uscire fuori dai suoi limiti può però riconoscerli e, riconoscendo tali limiti, avverte che qualcosa la trascende, qualcosa trascende la ragione e ciò che trascende la ragione ovviamente non può essere dipendente dalla ragione ma è qualcosa di superiore. Essendo superiore alla ragione, la ragione può intuirlo o intuirne la struttura, la sostanza, ma non comprendere. Di tutto ciò non può esserci spiegazione del tutto razionale perché se è qualcosa che sovrasta la ragione, questa arriverà soltanto fino ad un certo punto oltre non potrà andare. Ciò che può andare oltre a questo punto è stato dagli umani chiamato fede e cioè la consapevolezza di qualcosa che trascende la ragione e che la ragione non può comprendere in toto ma che tuttavia esiste. Il fatto che esista è fornito, testimoniato dalla stessa ragione, dal suo avvertire che qualcosa la trascende, va al di là. La ragione è tutto ciò di cui gli umani dispongono, se la ragione indica qualcosa in quella direzione occorre muoversi anche perché non ci sono altri strumenti. Pertanto, la fede risulta inevitabile dal momento che è imposta dalla stessa ragione, perché come ho detto e torno a ripetere è tutto ciò che gli umani dispongono. La ragione si è mostrata e si mostra assolutamente incapace di rispondere alle domande fondamentali e più antiche degli umani, questo fallimento, come dicevo, è prodotto dai suoi limiti. Ecco perché l’atto di fede non è affatto un atto né irrazionale né arbitrario ma è la conclusione logica, necessaria della ragione. (...) Ciò che trascende non è altro che quell’elemento di cui la ragione avverte l’esistenza ma del quale non sa fornire una spiegazione. (...) La fede, diciamo così, sostituisce ciò che la ragione in nessun modo può soddisfare ma che la ragione tuttavia pone. La ragione dice: c’è qualche cosa che io non posso spiegare, però dice che c’è qualcosa, dal momento che è la ragione che pone la questione, viene dalla ragione e non dal nulla, la ragione indica che la ragione c’è. La ragione mente? Può mentire, può errare? Come potremmo saperlo se non con la stessa ragione? È un problema. La ragione ci indica qualche cosa, basta pensare alla formulazione di una domanda, perché esiste qualcosa anziché nulla? È una domanda qualunque alla quale, formulata dalla ragione ovviamente, la ragione non può rispondere, non può rispondere in termini soddisfacenti e pertanto è costretta, lo diceva anche Tommaso, ad accogliere che qualche cosa è al di là di se stessa, cioè della ragione. Che cosa sia non ha importanza, importante è considerare che la ragione produce una proposizione che afferma che qualcosa è al di là della ragione. Detto questo, credere che ci sia qualcosa che è al di là della ragione è chiamato fede dagli umani. Ma a questo punto la questione che si pone è non tanto la necessità della fede, la fede non è necessaria ma ineluttabile, nel senso che la ragione stessa la impone, diceva Tommaso, la impone salvo trovarsi in un discorso tale per cui si ammette la priorità della ragione e se si ammette la priorità della ragione si ammette anche ciò che la ragione costruisce, dunque anche questa posizione sembra procedere dalla ratio, può essere.

Intervento: Wittgenstein diceva che tutte le domande della scienza cercano una risposta….

Sì, come dire che considerare l’impossibilità di una certa direzione è già una risposta, per cui da quella parte non è possibile muoversi, non è possibile andare perché non si troverà niente e bell’e fatto (……) Ecco a questo punto, certo, ciò che interviene non è, come dicevo prima, una credenza, una superstizione, ma un atto di ragione che la ragione impone, come dire che la ragione costringe ad accogliere la fede, cioè l’idea che qualcosa si dia necessariamente senza poter esser provata…come vedete abbiamo costruito un discorso intorno alla fede abbastanza sensato.

Vediamo se riusciamo a demolire questa costruzione prevalentemente logica. Non vi ho parlato di tutto ciò che la fede può far fare agli umani e sono cose notevoli: tiene insieme, dà una speranza, fornisce un motivo per esistere, fornisce una giustificazione a tutto ciò che apparentemente non ce l’ha. Gli umani, come sapete, da sempre hanno cercato una risposta alle varie domande che da tempo si sono posti, questa è l’unica possibile ed è quella risposta che soddisfa gli umani tant’è che là dove c’è una fede c’è generalmente anche una forte unione delle persone dal momento che tutti coloro che sanno che la ragione non può spiegare tutto ma lascia necessariamente un’ombra alla quale la fede risponde. Tutte queste persone sono libere dall’angoscia della condizione che gli umani avvertono di fronte alla ricerca inutile di qualcosa che non troveranno mai perché non è entro i limiti della ratio e quindi fornisce….(È un placebo.) Placebo? È qualcosa di più. Il placebo si dà per provare l’efficacia di qualcosa che è più autentico e più efficace del placebo ma qui sarebbe placebo rispetto a che, visto che la ratio è fallita? Quando il placebo è l’unica soluzione non si chiama più placebo….possiamo attribuire vari nomi, taluni la chiamano salvezza, tali altri necessità, altri ancora inevitabilità logica, ecc. Però, possiamo cominciare a demolire punto per punto. Dobbiamo cominciare da un aspetto logico, prettamente logico oppure sociale e cioè considerare le nefandezze della fede oppure la sua insostenibilità logica, da cosa volete che inincominciamo? (...) Preferisce le nefandezze? Va bene, allora incominciamo dalle nefandezze. Dunque, considerate che cosa accade laddove una persona, una qualunque persona, immagini, supponga, creda di possedere la verità, qualunque essa sia non ha nessuna importanza. Ora, per definizione, questo curioso significante noto come verità esclude tutto ciò che gli è contrario, già Aristotele aveva indicato in modo molto preciso, se una cosa è vera un’altra cosa che differisce dalla prima sarà inesorabilmente falsa. Dunque, il cosiddetto fedele cosa farà? Immaginando di possedere la verità riterrà qualunque altra posizione differente dalla sua necessariamente falsa, ma non si fermerà qui andrà oltre. Dal momento che sa qual è la verità cercherà di ricondurre altri alla sua posizione, lo fa direi quasi necessariamente dal momento che l’esistenza di una qualunque cosa che è differente dalla verità è comunque una minaccia, è una minaccia perché coloro che sostengono la menzogna, e cioè gli infedeli, sono tanti e sono convinti della loro verità ed errano, sono immersi nell’errore e nell’ignoranza, oltre che nell’orrore, che cosa è più grande e nobile, più degno degli umani, che condurre o ricondurre, a seconda dei casi, l’ignorante alla sapienza, lo stolto alla saggezza, chi erra sulla retta via. Pertanto, sarà necessario che il fedele si adoperi per ricondurre l’altro sulla retta via dal momento che essendo la sua la verità non è possibile logicamente che ne esista un’altra verità, l’altra è necessariamente falsa. Ora così è stato fatto e così si fa a tutt’oggi. Qui siamo in Italia e qui la religione più diffusa è quella cattolica, prima del cattolicesimo c’era il cristianesimo, prima ancora l’ebraismo. Gli ebrei, come sapete, si sono macchiati tanti anni fa di crimini orrendi e cioè sterminavano tutte le popolazioni, poi ironia della sorte, toccò a loro…. I cristiani non hanno seguito una via differente ma non potevano fare differentemente, lo stesso gli islamici… Questo solo per parlare dei tre monoteismi, come sapete i cristiani e i musulmani hanno passato moltissimi secoli ad ammazzarsi l’un l’altro… Fra le più recenti nefandezze che sono state compiute, si possono rammentare quelle persone che portavano scritto sulla propria cintura, che teneva stretta la divisa, "Got mit uns" (Dio è con noi!). Quanti milioni di persone dovranno ancora morire in nome della fede? Dieci, cento, mille…vedete voi, anche perché le nefandezze si riproducono nel frattempo e molto rapidamente. Naturalmente ho sorvolato sull’Inquisizione, su infinite altre cose, o pensate che se oggi la Chiesa avesse il potere politico, economico e militare di cinque secoli fa, non restaurerebbe l’Inquisizione? E perché non dovrebbe? È il modo più efficace per eliminare tutti coloro che costituiscono un ostacolo, magari non più con il rogo, ci sono sistemi oggi molto più sofisticati.

Con che cosa ho sostenuto prima la fede? La ragione, sì ecco, la ragione non può andare oltre un certo limite, è un’argomentazione discreta, no? Ma possiamo già da subito porci una questione. Di fronte alla domanda o meglio alla considerazione che la ragione non può andare oltre un certo limite, ci poniamo un’altra questione: come lo so? Domanda legittima, anche questa. Ovviamente, lo so sempre attraverso la ragione, la quale ragione mi dice che alcune domande non hanno risposte. Però la ragione mi consente di compiere anche altre operazioni, anziché fermarmi semplicemente ad una cosa così banale mi consente di porre anche altre questioni, di riformularle in termini differenti, per esempio mi consente di chiedermi che cos’è non soltanto una risposta ma anche una domanda, mi consente di fare anche questo e, consentendomi di fare questo, mi porta alla considerazione che una domanda non è altro che una proposizione che formula l’eventualità che la prima ne implichi una seconda, la domanda non è altro che questo. Ma la questione può porsi in termini ancora più radicali: qual è il limite della ragione? Beh, possiamo considerare lo strumento che utilizza, la ragione per muoversi, per operare entro il suo ambito necessita di una struttura che è quella inferenziale "se una cosa allora quest’altra", "se A allora B" per esempio, come dire che esiste un limite dettato da una struttura, che possiamo indicare come logica, dalla quale effettivamente non è possibile uscire dal momento che il pensiero non è altro che la messa in atto di questa struttura. Dunque, non può uscire dalla logica, cosa c’è al di là della logica? Ciò che non è logico, potremmo dire, e ciò che non è logico è ciò che non produce nessun rinvio perché è fuori da questa struttura inferenziale, che è l’unica che ci consente di pensare, dunque fuori da questa struttura non è possibile pensare, se qualcosa, facciamo l’ipotesi per assurdo, fosse fuori da questa struttura non potremmo pensarlo, e quindi come ne verremmo a sapere? In nessun modo. Se in qualche modo qualcosa si pensa allora è già in questa struttura, non è più fuori, è all’interno di una struttura inferenziale, logica…

CAMBIO CASSETTA

… ciò che si sosteneva prima e cioè che qualcosa esiste fuori dal pensiero viene immediatamente eliminato, se qualcosa fosse fuori dal pensiero non sarebbe conoscibile, con che cosa lo conoscerei se non con il pensiero? Tuttavia, il pensiero mi consente di costruire qualcosa, per esempio una proposizione che afferma che qualcosa è fuori dal pensiero. Come può fare una cosa del genere? Può farlo, può farlo perché può, per la sua stessa struttura, costruire qualunque tipo di proposizione, costruire anche quelle proposizioni che sono paradossali, cioè che negano, per esempio, ciò stesso che si sta facendo: io posso costruire una proposizione che afferma che in questo momento io non sto parlando, esattamente nel momento in cui lo sto facendo. Quindi, come vedete, non è così bizzarro che il pensiero possa produrre proposizioni che negano, per esempio, posso costruire una proposizione che nega che in questo momento sto pensando le cose che sto dicendo o che le sto dicendo o qualunque altra cosa, e dunque erano queste le argomentazioni logiche che ci inducevano, volevano costringerci a credere alla fede? Il solo fatto che io posso costruire una proposizione di fronte alla quale la ragione vacilla, e anche questa proposizione che afferma che in questo momento io non sto parlando, come si situa? Falsa. È falsa così come sono false tutte le proposizioni che affermano che esiste qualcosa fuori dal pensiero? Potrebbe essere, dal momento che tutto ciò che è fuori dal pensiero non è pensabile e se io affermo che il pensiero lo sta pensando sto mentendo e quindi tutto ciò che afferma la fede è necessariamente falso. È vero Cesare adesso prosegua Lei, io ho dato il là….

Intervento: Il dire che qualcosa è fuori dal linguaggio è una contraddizione, perché per affermare questa proposizione io sto utilizzando ciò stesso che mi permette di affermarla e quindi

È autocontraddittoria, certo, come quella che sta affermando che io in questo momento non sto parlando ma sto facendo… (Si può formulare la proposizione…..devo tenere conto di ciò che sto dicendo e ovviamente non deve essere contraddittoria) Perché no? (…..) Sì, mancherebbe la direzione per le proposizioni che seguono e quindi si arresterebbero, già! Certo. Chi ha qualche considerazione a fianco delle cose che ho dette? Una considerazione a margine oppure centrale? Perché mostrare questi giochi linguistici, la possibilità di costruire questi, come infiniti altri giochi linguistici, dicevamo martedì quell’altro, è la questione fondamentale rispetto all’analista della parola il quale sa molto bene che tutto ciò è costruibile, non soltanto, ma che tutto ciò che si formula come impasse in un discorso, in qualunque discorso, ha questa stessa struttura, come dire due corni del dilemma equivalenti, equidistanti, equipollenti, entrambi assolutamente veri e quindi la posizione come si diceva, mutuando il termine aereonautico di "stallo", cioè l’impossibilità di andare da una parte oppure dall’altra, perché se faccio così sbaglio, se faccio il contrario sbaglio, oppure se faccio così faccio bene ma anche se faccio il contrario, e quindi cosa fare? Da qui la paralisi l’impossibilità a muoversi esattamente come avviene nella logica rispetto al paradosso….no, non c’è una direzione possibile essendo possibili entrambe, allo stesso modo, per lo stesso titolo e per lo stesso motivo si annullano…

- Intervento: È come se ci fosse una sovrapposizione fra i giochi, fra il gioco del calcolo numerico, laddove il più e il meno si annullano, e il gioco che si sta giocando perché come Cesare diceva non si può dire bianco e nero simultaneamente se non all’interno di una figura retorica, per esempio un ossimoro, ma ciò che interviene è un altro colore per esempio il grigio e se è un colore certo il rosso, il giallo e quindi la direzione non è chiusa, non è vietata, c’è un rinvio e quindi la possibilità di giocare, dell’aggiungersi di elementi….

Sì, esatto questa è la questione centrale, cioè questa paralisi comporta l’impossibilità di continuare a giocare ed è fatta proprio in questo modo, per esempio "la mamma dice che io non devo stare a sentire gli altri ma devo pensare con la mia testa" e "la mamma dice che devo ubbidirle", quale delle due è quella buona? Ché poi generalmente le questioni sono formulate da questi elementi, difficilmente uno si preoccupa di un paradosso logico, solo Filita di Coo ne morì (di paradosso) se no generalmente avviene che cosa? quella formazione strana che, voi siete la più parte molto giovani ma negli anni 70, alcuni noti come antipsichiatri, soprattutto inglesi avevano considerato questa struttura di doppio legame, "double band", dove la persona riceveva simultaneamente un messaggio contraddittorio. A loro avviso questo era causa, dire che questo sia causa è eccessivo, diciamo che può contribuire all’insorgere di alcuni problemi, chiamiamoli così, se una persona a cui tengo moltissimo mi da un’indicazione e poi simultaneamente mi dà una indicazione contraria, è chiaro che non saprò in quale direzione andare per darle soddisfazione e quindi dovrò risolvere il problema in qualche altro modo. Ciò che Freud indicava come nevrosi o psicosi è un tentativo di soluzione a questo dilemma, a questo paradosso. Come dicevo la volta scorsa, la soluzione per così dire passa attraverso la considerazione di entrambe le posizioni e considerare che non si escludono affatto. Per esempio, se la mamma vuole che io faccia una certa cosa e poi vuole che faccia il contrario allora in questo caso chi si trova nella posizione di analista della parola considererà due aspetti: primo, intendere perché questo messaggio è così importante, come è avvenuto che sia diventato così determinante; secondo, indurre a considerare che la persona che formula il messaggio contraddittorio evidentemente non ha le idee chiarissime su quello che deve fare e che non sempre e non necessariamente le persone che danno dei suggerimenti forniscono i migliori suggerimenti del mondo. La difficoltà sta nel porre le condizioni perché la persona possa accogliere una cosa del genere, perché può accoglierlo per altre persone, per alcune non può. Per alcune non può pensare che le cose che dicono queste persone siano frutto di fantasie loro, di loro problemi, di altre questioni che li riguardano…

Intervento: Se una persona mi dice cose diverse per me cade.

Però ci sono situazioni che non sono così semplici da risolvere la questione, soprattutto nell’ambito di relazioni che come dicevo comportano un forte legame fra le persone e allora prima che la persona cada è dura e certe volte non succede mai, in alcuni casi sì, la questione si risolve immediatamente, in altri è più complicata perché la persona che formula questi messaggi ha una parte notevole nella propria esistenza. Possiamo fare il caso limite del bimbetto che non ha molti strumenti, molti elementi per giungere a queste conclusioni, per cui … ma anche in altre circostanze dove la parola dell’altro ha un’importanza notevole, è come se, visto che siamo in tema di bombardamenti, un bombardiere che è in rotta verso la Bosnia, ricevesse l’ordine di bombardare e simultaneamente l’ordine di tornare indietro. Ora, quello che sta guidando l’apparecchio desidererebbe avere un ordine preciso se no non sa se andare a casa o andarsi a prendere un caffè, non può ammettere la possibilità di due ordini contraddittori, in nessun modo e allora va a bombardare la caserma da dove proviene il comando. Come dire che quelle determinanti sono quelle emotive che possono avere la stessa forza che può avere la situazione di un comando militare contraddittorio, cioè mette la persona che deve eseguire un comando nell’impossibilità di eseguirlo e spesso il bimbetto si trova in una posizione identica, deve eseguire l’ordine e deve eseguire l’ordine contrario, come quello che dovesse rispondere a un quesito formulato così: Epimenide cretese dice che tutti i cretesi mentono. Epimenide mente o dice la verità?

Intervento: Consideravo due posizioni contraddittorie, quella che lei indicava martedì scorso laddove è preclusa la formulazione del desiderio, cioè non è concesso esporre il desiderio alla parola, perché c’è un contrordine da parte dell’altro, in quanto moralmente non accettabile e questa formulazione di un puro ordine contraddittorio, come "vai e vieni" …

Ma il contrordine non crea problemi perché annulla l’ordine precedente (l’impossibilità di immettere nel gioco linguistico la formulazione del desiderio perché interviene una credenza che siano lo stesso gioco quella dell’enunciazione e la messa in atto del desiderio, come nella magia la parola magica se si dice allora produce ciò che per cui l’intenzione ha prodotto costruito questa parola) Sì, in questo caso la questione è per un verso semplice, cioè io ho un pensiero, questo pensiero mi dice che se penso che i miei figli muoiano allora moriranno, allora è chiaro che non posso formulare questo pensiero ma devo cancellarlo a tutti i costi ma è una posizione simile a quella precedente, cioè esistono due cose che sono contraddittorie, da una parte un pensiero, un’intenzione in qualche modo di una cosa del genere e poi l’idea che questo si possa fare e naturalmente il pensiero che non lo voglio fare, quindi lo voglio fare e non lo voglio fare. Da qui la paralisi il blocco, il blocco cioè l’arresto del pensiero fino alla catatonia, in alcuni casi per fermare il pensiero perché il pensiero può andare in quella direzione, in alcuni casi, nella psicosi, si formula in questi termini, qualunque pensiero mi richiama al pensiero che mi dice che devo uccidere i miei figli e quindi non devo pensare, assolutamente nulla perché appena penso….e chiaro che ogni parola ha questo rinvio, cioè va in quella direzione certo, e quindi c’è l’arresto fino alla catatonia, l’impossibilità a muoversi perché appena ci si muove succede il finimondo…sì chi altri vuole aggiungere…

Intervento: Forse considerare questi elementi come non paralizzanti e quindi la stessa contraddizione non ha più la sua funzione.

Di fronte al dilemma fra fede e ragione personalmente non mi situo da nessuna parte, continuo la mia ricerca, continuo ad elaborare delle questioni, non mi pongo affatto il problema se sia meglio l’una o meglio l’altra (...) Sì, lo stesso effetto del militare che riceve un ordine contraddittorio (...) La paralisi non è mai necessaria (...) Non è necessario darsi una martellata sul piede per rendersi conto che non è necessaria…