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28-10-2004

 

Libreria LegoLibri

 

Sandro Degasperi

 

La responsabilità dello psicanalista

 

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Quando parlo di linguaggio parlo sì di una struttura astratta ma, come dire? Che per il kamikaze fondamentalista islamico il bene sia una certa cosa è assolutamente vero, come era assolutamente vero che lo sterminio degli Ebrei per Hitler fosse il bene della Germania…

Intervento: quindi la definizione dei limiti di immagine di ambiguità in area di significazione costituisce il perimetro e funzione di che cosa? Della significazione stessa. Allora il soggetto per poter comprendere ha bisogno di porre limite, perimetro, se non fa questo non nasce nemmeno la possibilità di collocare in quell’area

Come lo costruisce questo perimetro?

Intervento: attraverso l’esperienza, attraverso l’induzione esterna e attraverso l’elaborazione interna, per processi associativi e dissociativi… limitiamoci a questo. Il neonato secondo taluni possiede già il linguaggio per certi aspetti e poi ci sono tutte le teorie di formazione… il neonato vive, acquisisce nella sua quotidianità dei riferimenti di significazione di tipo cenestesico, tattile per esempio, orale, che incominciano a rappresentare la configurazione dell’esistere e questo va avanti fino a una certa età… è una formazione diciamo psichica che trae origine dall’esperienza biodinamica cioè organica del suo esistere, da prima, dal corpo della madre e man mano con gli elementi più esterni allora ecco che l’area di significazione che è un elemento astratto perché non sappiamo a cosa si riferisce in modo specifico, diventa tale quindi… di vissuti che costituiscono il referente di significato storico che poi diventa lentamente l’assunto del paradigma, in parole povere se il bambino da prima ha la sensazione del suggere che gli dà gratificazione, giusto? Man mano poi estenderà la sua consapevolezza attraverso l’esplorazione su se stesso e sul corpo della madre di una consistenza di una realtà che legge, senza che nessuno gli possa ancora trasmettere una struttura lessicale di significazione… c’è soltanto il così detto linguaggio mentale però linguaggio che trae fonte dalla dinamica fisica che lentamente si trasforma…

Ecco, ma secondo lei, tutta questa costruzione legittima che lei ha fatto, rispetto a quello mi pare di capire che può essere l’apprendimento del linguaggio per giungere alla possibilità di significare, mi sembra questa la questione ? (in buona sintesi sì) ecco tutta questa costruzione su cosa si sostiene? Cioè come dire qual è il fondamento ultimo di questa …perché lei ha fatto tutta una costruzione però la questione importante, secondo me, è questa non è tanto tutto il percorso che si fa (..) no, no io non sto discutendo come se volessi appoggiarla o confutarla, sto parlando semplicemente di struttura, se io parto da delle premesse false, come dissero gli antichi “ex falso quodlibet” posso arrivare ovunque, posso fare qualunque cosa e il suo contrario, posso costruire qualunque cosa ovviamente la costruzione che fa qualunque disciplina parliamo della neurofisiologia, per esempio, la questione che a noi interessa è quali sono i punti di partenza, lei ha fatto delle affermazioni parlando di schema mentale, della gratificazione del suggere e tutte queste cose qua… sono attribuzioni che noi stiamo facendo rispetto al neonato oppure no? È così? Questa è una questione… si dì pure Beatrice…

Intervento: di fronte a una questione di questo genere laddove mi si pongono delle costruzioni ben fatte sintatticamente e grammaticalmente assolutamente coerenti… come in un’analisi, come fa un analista in un analisi? chiede “come lo sa?” come lo sa che il bambino ha queste sensazioni che descrive così bene come quella del suggere, per esempio? dove lo ha imparato? Wittgenstein diceva “come fai a sapere che la terra esiste da milioni di anni? Sei riuscito attraverso tutta una serie di passaggi a dedurre una questione di questo genere?” no. “L’hai imparato!”. L’hai imparato dall’esperienza vissuta, vale a dire dalla tua cultura, dalle cose che sai e che utilizzi parlando, quello che noi andiamo dicendo è proprio questo che qualsiasi cosa è un elemento linguistico, fuori da una struttura linguistica parlare di elemento, parlare del suggere del bambino che prova delle forti emozioni o che ne so? Che il gatto miagola, non ha assolutamente senso. Cosa voglio dire che non ha senso? non ha senso perché non significa nulla per nessuno, nel senso che non può produrre nessuna stringa significante, …quando il signore parlava dell’area significante parlava di qualcosa che deve avere un significato per qualcuno che lo ascolta perché se no che cosa significa esattamente area significante? L’area significante può essere significante solo se c’è qualcuno per cui questa cosa voglia dire qualche cosa ma può dire qualche cosa solo se significa qualche cosa e quindi cosa vuol dire? Che produce nel suo pensiero una domanda, produce una stringa di elementi linguistici, perché ciascun elemento linguistico è linguistico proprio perché è ciò che permette la significazione permette che la persona, il parlante possa perlomeno “sentirlo” e lo sente perché lo parla, se non c’è significazione mi si può mettere davanti al naso qualsiasi cosa però se questa non mi significa niente io non ne posso dire niente. Noi parliamo di significazione tutto quello che viene dopo, lo varie costruzioni che vengono date per scontate sono tutte questioni che le persone parlando hanno imparato, qualsiasi cosa se non c’è la struttura linguistica che la supporti non ha esistenza, questo per il momento è importante intendere se si riesce ad intendere questo passaggio allora, allora comincia il vero lavoro di analisi ma se no si da per scontato che ne so? Che il bambino se piange soffre, è qualcosa che rimorde la persona, le persone, qualsiasi persona che si trovi a parlare che ascolti un bambino che piange, si dà da fare perché se piange allora sta male, ma questo lo abbiamo imparato fin da piccoli con la significazione non c’entra nulla. Tenere in considerazione che qualsiasi cosa è un gioco linguistico è un atto linguistico, è un atto di parola significa tener conto che senza il linguaggio, sono vent’anni che ne stiamo parlando è difficile in così poco tempo trovare quei passaggi che rendano semplice questa questione, ma senza linguaggio cioè senza significazione nessuna cosa può esistere, l’esistenza stessa è un concetto che ha creato il linguaggio per funzionare così come funziona… questo per avvicinare quello che andiamo dicendo perché è complesso però è il linguaggio che pone l’esistenza di qualsiasi cosa…

Perché gli umani parlano, che è la condizione per tutto quello che hanno costruito, in un certo senso quando diciamo di portare la cosa alle estreme conseguenze è questo che la realtà, il mondo esterno non esiste, non esiste ma nel senso che non esiste di per sé, esiste in quanto c’è una struttura che è il linguaggio che ha consentito di costruire questo concetto e ha consentito di costruirlo perché viene utilizzato in un certo modo, ora che io dica che la realtà non esiste di per sé questo non significa che in questo momento non stia piovendo, per esempio, o altre cose, perché c’è una struttura che funziona ma non è tanto il fatto che mi accorgo che sta piovendo perché c’è il linguaggio come se senza linguaggio potesse piovere lo stesso, senza linguaggio non starebbe piovendo.

Intervento: Scusi però letteralmente parlando oppure realmente ciò che accade? Vogliamo risentire della pioggia? Come mai senza linguaggio non esisterebbe la pioggia?

È il linguaggio che consente l’esistenza della pioggia non che la pioggia sia fatta di vocali o consonanti che cadano, ma il fatto che il concetto stesso di esistenza senza linguaggio non avrebbe alcun modo di esistere, non esisterebbe neanche il concetto di esistenza…

Intervento: il concetto no, ma l’esistenza sì

Sì, questo lo può anche pensare ma come dicevo prima questo non è che ci impedisce di fare tutto quello che facciamo lungo la giornata, ma se lei vuole in qualche modo portare la cosa alle estreme conseguenze anche in campo teorico, in campo logico no…

Intervento: …di Hume il fatto che non sorgerà il sole… in questo senso? Cioè la pioggia esiste però noi non possiamo empiricamente la constatiamo però…

Come potrebbe sapere che la pioggia, come lo sa che la pioggia esisterebbe lo stesso anche senza linguaggio? come lo sa?

Intervento: io posso anche astenermi dal comunicare che piove

Non dal comunicarlo, ma dal saperlo proprio…

Intervento: dal saperlo? Ah sì io uso dei linguaggi per percepirlo

La questione è come sa che una cosa al di fuori del linguaggio cioè in assenza di linguaggio esisterebbe lo stesso? Intendo dire che lei lo può dire ma non lo può assolutamente provare, in questo senso, può dire ci credo, a questo punto, che è così, può dire anche ne sono sicura che è così, ne sono certa ma non lo potrà mai provare in assenza di linguaggio perché lei in assenza di linguaggio non può pensare assolutamente nulla perché per poter pensare anche quel qualcosa in assenza di linguaggio deve comunque utilizzare quel qualcosa che dovrebbe essere assente cioè il linguaggio, parliamo qui in termini logici, in termini logici che lei mi dica che in assenza di linguaggio la pioggia esisterebbe lo stesso va bene però mi deve rispondere a questa domanda “come lo sa?”

Intervento: ma l’esperienza fisica io sono partito dal bambino, dal neonato per un motivo…

Noi siamo partiti, chiedo scusa, non la volevo interrompere ma per venirle incontro noi siamo partiti da domande di questo genere, dalla famosa “botta in testa” per dire, ci siamo arrovellati per dei mesi…

Intervento: certo però… il vostro è uno sforzo considerevole… nel senso storico della vostra evoluzione ora nei termini del linguaggio spesso e volentieri viene inteso come linguaggio mentale invece nel termine linguaggio c’è linguaggio verbale quindi la struttura lessicale e un linguaggio mentale dei significati e qui c’è per chi vi ascolta, per la prima volta, il rischio di scivolare su questo

Abbiamo precisato più volte che non era assolutamente la verbalizzazione e neanche la semplice significazione…

Intervento: non intendo dire che ci sia questo equivoco è chiaro che per chi ascolta per la prima volta questo può essere un punto di sconcerto

Abbiamo dovuto precisarlo molte volte e molto spesso…

Intervento: non è la prima volta che vi ascolto e quindi ho apprezzato questo distinguo, ora non per essere ripetitivo ma per quanto riguarda il linguaggio mentale cioè la gestione dell’apprendimento dei significati io ero partito dal neonato per questo motivo perché? Perché, che poi non è lo stadio primigenio perché in realtà quello primigenio è quello fetale, ché già c’è uno stato di lettura ecc.., ma prendiamo il corpo che ormai è diventato unità a sé stante, in realtà è lo stato di esperienze corporee che dà a questa unità vivente cioè il neonato l’esigenza del rendersi conto di cosa le sta capitando e questo gradualmente prepara il linguaggio mentale. Ripeto non è lo stato primigenio perché è quello fetale che comincia ad avere questo apprendimento ma allora a questo punto il linguaggio si forma sul vissuto fisico che man mano diventa vissuto intellettivo, perché divenga una lettura delle risposte fisico, tattili e di altro genere che il bambino comunque costruisce

Ma questa lettura avviene attraverso un codice oppure no, secondo lei?

Intervento: avviene senz’altro attraverso un patrimonio genetico… che di per sé contiene degli assetti attitudinali di formazione

Io le faccio rispondere da Faioni perché non l’ho invitato qui solo per farmi compagnia qui vicino a me ma perché dica qualcosa…

Intervento: non è una obiezione quella che sto ponendo ma è una riflessione

Invece noi sì che avremmo delle obiezioni da fare ma lascio dire a Faioni.

Intervento di Luciano Faioni: mi è sembrato di intendere che la questione verta su questa domanda: se il linguaggio sia un mezzo per descrivere qualcosa che linguaggio non è oppure il linguaggio sia la condizione di qualunque cosa, mi sembra un po’ questa la questione ed è una bella questione, in effetti potrebbe andarne della fortuna degli umani. Intanto è ovvio che occorrerà fornire una definizione di linguaggio, almeno sapere di cosa stiamo parlando, che è sempre molto utile. Il linguaggio si può considerare qui nell’accezione più radicale, vale a dire come ciò che mi consente e consente a ciascuno di costruire dei pensieri, dei ragionamenti, delle conclusioni, delle idee, delle ipotesi, delle dimostrazioni, delle confutazioni e questa struttura Sandro prima la individuava in qualcosa che è molto semplice ma che consente, che offre la possibilità di costruire una quantità sterminata di cose, si riferiva al sistema inferenziale, che non è altro che la capacità e la possibilità, dato un elemento, di potere metterlo in relazione con un altro e vedere se è in relazione oppure no, se è coerente con il precedente e unitamente a questo la possibilità di distinguere un elemento da un altro. Questo appare necessario che sia, perché se non fosse possibile distinguere ciascun elemento linguistico, ciascuna parola da qualunque altra allora cesseremmo di parlare. Il linguaggio quindi potete considerarlo molto semplicemente come una serie, una sequenza di istruzioni per costruire proposizioni, ma quali? Una qualunque: una dichiarazione di guerra, una dichiarazione d’amore, una dimostrazione matematica, una confutazione retorica, una ricetta di cucina, quello che vi pare, qualunque cosa. Che cosa si costruisca non ha nessuna importanza, ciò che importa è riuscire ad intendere, muovendo da una domanda, che cosa consente di pensare, riuscire ad intendere quale ne è la condizione, cioè che cosa mi consente di pensare, quindi di trarre delle conclusioni, di immaginare che una certa cosa sia vera, che un’altra sia bella, che un’altra sia falsa, che un’altra sia in dubbio, tutte queste operazioni non avvengono per grazia divina, o almeno non per me, ma grazie ad un sistema, potete chiamarlo un “sistema operativo” che funziona nel modo che vi ho descritto, cioè per funzionare ha bisogno soltanto della possibilità di trarre inferenze, conclusioni in un certo senso e di distinguere un elemento da un altro, con questi due elementi voi potete costruire tutto ciò che gli umani hanno detto, pensato in questi ultimi tremila anni e anche molto di più. Ora è chiaro che questa accezione di linguaggio non è quella solita, però ci è parso utile portare la cosa alle estreme conseguenze e cioè intendere in modo più radicale la questione del linguaggio, quindi non un linguaggio, o una serie di linguaggi personali, quello che comunemente si chiama lessico no, ma qualcosa che occorre che ci sia perché gli umani possano pensare, per esempio, di essere umani, di esistere, di riflettere sulla nozione di esistenza e dare a questa nozione una serie notevole di definizioni, quelle che ritengono più opportune. Però a questo punto, questo che possiamo chiamare “sistema operativo” è una sorta di gioco, certo, gioco in quanto vincolato a delle regole che fanno funzionare qualunque altro gioco, è per questo che abbiamo considerato le teorie, anche le più antiche, più belle, che muovevano tuttavia, pur essendo belle, non tutte alcune, da assunti che non tenevano conto del fatto che essendo non dimostrabili erano totalmente arbitrarie. Questo potrebbe anche non essere rilevante, tuttavia si pone il problema: ciò che affermo, soprattutto in ambito teorico ma non solo, ciò che affermo è vero o è la peggiore stupidaggine che sia mai stata pronunciata da un umano? E ciascuno cerca di sapere rispondere a questa domanda prima di proseguire, almeno il più delle volte, non sempre ma è lì che si pone la questione in termini ancora più possenti, come so che quello che dico è vero? Ecco che è sorta tutta l’ermeneutica e altre cose amene, la verità non si può trovare e quindi leggiamo il testo ma immaginiamo che il testo non ci sia, ci andiamo intorno e ne diciamo quello che ci pare, poi in definitiva si riduce a questo. Il pensiero forte è stato abbandonato e invece può essere ripreso, pensiero forte: quello dimostrativo, quello che afferma di sé di essere vero, incondizionatamente vero. È una bella affermazione, non facile da sostenere tuttavia, perché con che cosa si stabilisce se qualcosa è vero oppure no? Occorre pure un criterio, ed è ovvio che questo criterio necessiterà in seguito di un altro criterio, e così via all’infinito, da qui una serie di problemi. Ma se noi ponessimo invece come criterio ultimo questa struttura che è la condizione stessa per potere pensare un qualunque criterio, allora questo criterio che utilizziamo sarà il più potente che sia mai stato pensato perché è la condizione per potere pensare questo criterio, qualunque altro criterio e anche per potere pensare che questo criterio non mi piace. E allora abbiamo aggirato in modo logico, e non arbitrariamente, anche il problema del criterio perché utilizziamo l’unico che gli umani possano utilizzare, e cioè la struttura del linguaggio, con linguaggio intendete sempre ciò che vi ho descritto prima. Ora se potessimo, e lo possiamo, fare intendere come funziona questa struttura, questo linguaggio, allora sapremmo che questo linguaggio è la condizione per potere pensare qualunque cosa, anche che qualcosa è fuori dal linguaggio, è la condizione per poterlo pensare e questo non va senza conseguenze, per potere pensare che, per esempio, esiste dio che dall’alto ci guarda tutti e ci benedice con la mano destra, questo linguaggio come condizione per potere pensare dunque qualunque cosa e il suo contrario è qualche cosa che ci consente in questo momento, ma ha consentito agli umani da sempre di potere costruire tutto quello che hanno costruito, pensate a tutto il pensare filosofico, scientifico, alla letteratura, le cose belle e brutte, tutto, non solo ma fornisce anche il criterio, lo strumento per potere stabilire che cosa è bello, è lui che stabilisce un parametro attraverso delle somiglianze, delle similitudini, paronomasie a seconda dell’estro del momento, stabilisce il criterio per la bellezza, stabilisce il concetto stesso di bellezza, al di fuori del linguaggio esiste la bellezza? Potremmo affermare con sicurezza che questa domanda non ha nessun senso perché non potremmo mai rispondere, è un po’ come la domanda che chiede se esiste dio, diceva Sandro prima che non è possibile dimostrarne l’esistenza, volendo si può anche farlo utilizzando Tommaso e Anselmo, sì, ma una volta che avremo fatto questo che cosa avremo fatto esattamente? Non avremo fatto nient’altro che costruire una sequenza di proposizioni il cui referente sono altre proposizioni, dire che non c’è uscita dal linguaggio è come dire che il referente di qualunque elemento linguistico è necessariamente un altro elemento linguistico. Prima Sandro parlava della realtà, la realtà certo è una bella idea, e poi le leggi fisiche, tutto ciò che appare è sempre apparso agli umani quanto di più saldo, per esempio la legge di gravità: prendo un orologio lo faccio cadere e questo cade e si rompe, e questo è scientifico perché può ripetersi in qualunque condizione, qualunque persona può osservarlo, in qualunque circostanza, indipendentemente dall’umore personale e quindi è provato, funziona così. Ci sono delle considerazione da fare in tutto questo, la prima è che mi trovo di fronte ad un evento, qualcosa cioè che per me è un evento, perché lo posso vedere, lo posso misurare, posso fare un sacco di cose, ora il fatto che per me sia un evento comporta che abbia una sua esistenza, esiste perché accade ed effettivamente lo vedono tutti, tant’è che nessuno pone mai un’obiezione a una cosa del genere, cionondimeno il criterio che viene utilizzato per potere stabilire una cosa del genere, e cioè che un oggetto, un grave in assenza di qualcosa che lo trattenga cadrà inesorabilmente verso il centro della terra o comunque sarà attratto da uno più grosso, per potere affermare una cosa del genere occorrono una vasta serie di considerazioni, le quali considerazioni sono possibili grazie ad un sistema inferenziale, il quale cosa fa? Consente a qualche cosa che viene percepito come elemento sensoriale e lo organizza, ma il bello è che questo sistema sensoriale, composto dal sistema nervoso centrale e periferico, che ciascuno possiede a suo modo, anche lui è debitore della sua esistenza a qualcosa tale per cui è segno per qualcuno, ma se fosse segno per nessuno? Se qualcosa in nessun modo può essere segno per qualcun altro allora non è nemmeno un segno, perché per essere segno occorre che sia tale per qualcuno, dunque non è neanche un segno, che cos’è? È difficile rispondere a questa domanda: che cos’è, è straordinariamente difficile e ci troviamo di fronte a una sorta di arresto dal quale non se ne viene fuori, come dire che finché, evocando Agostino, finché non mi accingo ad interrogare le cose che so non c’è mai nessun problema, tutto fila liscio che è una meraviglia, i problemi sorgono quando incomincio a interrogare, a interrogare le cose che so con assoluta certezza, allora diventano un problema: la legge di gravità è tale in seguito all’esperienza e al calcolo numerico, possiamo fidarci dell’una e dell’altra? Sì? Il calcolo numerico non è altro che una sequenza di regole per la formazione di stringhe numeriche, cosa ci rappresenta? Quando abbiamo compiuto una dimostrazione per esempio, questo anche Wittgenstein che veniva citato in precedenza lo aveva colto, che cosa abbiamo fatto esattamente? Nient’altro che esserci attenuti alle regole che abbiamo stabilite per dimostrare quella cosa, e l’esperienza? Già i greci non avevano una grande considerazione dell’empiria, troppo soggetta agli umori delle persone, alle mode e a cose di nessun conto, come sapete per loro era la logica che aveva un fondamento. Poi gli umani hanno cambiato idea, ma rimane il fatto che l’esperienza in ogni caso, in assenza di un sistema che la organizza non significa assolutamente niente, perché l’esperienza o è esperienza di qualcosa o è esperienza di nulla, se è esperienza di nulla non c’è nessun problema, se è esperienza di qualcosa allora è il conseguente di un antecedente e quindi è inserita all’interno di un sistema inferenziale e pertanto è tale perché esiste il linguaggio e quindi sia in un caso che nell’altro, sia che segua l’esperienza, sia che segua il calcolo numerico non è fondabile, non logicamente. Certo la si utilizza, si utilizza qualunque cosa ma questo non da a questo qualcosa maggiore dignità. Ecco allora, per tornare alla questione da cui siamo partiti, pensare è questo: interrogare ciò che si sa di sapere con assoluta certezza reperendo gli strumenti per poterlo fare, perché non è così automatico né così semplice, però è quello che noi stiamo facendo. Detto questo interrompiamo perché l’ora è tarda.

Giovedì prossimo Cesare Miorin parlerà della dipendenza dalla psicanalisi. Buona sera a tutti e grazie.