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LE FIGURE RETORICHE DEL DISAGIO: L’ANSIA

 

26/5/1998

 

Ciò che occorre dire in prima istanza dell’ansia è che è una sensazione generalmente avvertita come sgradevole, non sempre, ma soprattutto quando raggiunge dei livelli in cui diventa difficilmente sopportabile, ma da dove viene? Che cosa la muove? Cosa la mantiene soprattutto? Come ciascuno sa l’idea che opera è quella di trovarsi continuamente pressati da qualche cosa che necessariamente occorre fare e per la quale si ritiene che il tempo comunque non sarà sufficiente. La sgradevolezza dell’ansia dipende in buona parte da questo, e cioè dall’idea che il tempo non sarà sufficiente per terminare tutto ciò che occorre che sia terminato, quindi rimarranno delle cose da fare, ora questo di per sé potrebbe anche non provocare nessun problema: rimangono delle cose da fare, le farò... e invece no, devono essere fatte adesso. Uno degli elementi principali dell’ansia è la costrizione a fare, il cosiddetto ansioso non può decidere di non fare le cose che lui ritiene debbano essere fatte, è come se non procedesse più dalla sua decisione ma da una necessità che lo trascende, che va al di là di lui o di lei, ma com’è che ad un certo punto le cose impongono di essere fatte e perché mai? La persona ansiosa generalmente non può occuparsi in linea di massima di altro, come dire che i suoi pensieri sono occupati interamente ed esclusivamente dalle cose che lui sa che deve fare assolutamente. Questo comporta come primo effetto che altri pensieri siano eliminati per esempio, il che può anche essere il tornaconto, d’altra parte si dice spesso ad una persona che ha dei problemi: prova a distrarti, magari poi va meglio; che vada meglio o no questo è un altro discorso, però si considera da sempre che il distrarsi sia un modo per non pensare a ciò cui non si vuole pensare, l’ansia è un modo formidabile per distrarsi, perché come dicevo prima qualunque altro pensiero non ha accesso. Un altro aspetto importante è che l’ansioso immagina che la costrizione che avverte come provenire dall’esterno, sia qualcosa che produce anche una sorta di importanza delle cose, infatti se ascoltate il cosidetto ansioso vi dirà immediatamente che deve fare queste cose perché sono importanti, non perché non sono di nessun conto, dunque è un modo per immaginare comunque di fare delle cose importanti e importanti perché sono necessarie, tutto ciò che è necessario di per sé è considerato importante, dunque è costretto a fare cose necessarie e importanti. Come sapete ciascuno nella propria esistenza cerca bene o male di fare delle cose importanti, almeno ci prova, che ci riesca o no è un altro discorso, in alcuni casi può non essere facilissimo, e perché cerca di fare cose importanti, anziché cose da nulla? O perché alcune cose sono ritenute più importanti? Generalmente le cose importanti sono quelle ritenute tali dai più e infatti l’ansioso è convinto di essere continuamente al centro del mondo, il quale lo osserva, lo giudica, e soprattutto avverte la continua minaccia di essere considerato un fannullone, un perdigiorno, uno che non fa nulla di importante, come se tutti gli occhi fossero rivolti su di lui; altro vantaggio. C’è gente che fa cose incredibili per attrarre l’attenzione su di sé, l’ansioso utilizza questo sistema che è una costruzione ovviamente e, come spesso avviene, nessuno si occupa di lui ma questo è marginale, l’importante è pensare che sia così, e cioè che ci siano moltissime persone attentissime a quello che fa e soprattutto a quello che non fa, quindi è costretto a fare queste cose perché è come se il mondo lo stesse a guardare, a giudicare. Quindi non soltanto fa delle cose che immagina che siano importanti, ma immagina anche che altri le considerino tali e quindi in definitiva è ansioso perché deve assolvere un compito, una missione. Nessuno gli ha chiesto nulla ma è come se fosse una missione importante, ma non sta lì molto a domandarsi perché sia importante o per chi eventualmente, la cosa è data per acquisita, importante è che ci creda, e come spesso accade meno domande ci si fanno e più è facile credere una qualunque cosa. Potremmo dire a questo punto che l’ansia ha dei vantaggi, potremmo anche aggiungere che una persona si trova in questa condizione di ansia allo scopo di ottenere questi vantaggi, non che l’abbia deciso a tavolino, tuttavia il modo in cui si pone nei confronti dell’ansia e del mondo che lo circonda, e cioè l’idea di essere continuamente osservato e quindi di dovere soddisfare delle richieste che nessuno gli ha mai fatto e di essere quindi al centro del mondo e quindi ancora di fare cose importanti e quindi in definitiva che la sua esistenza sia più che giustificata; questo è un vantaggio non indifferente, come dire che ha trovato un motivo per esistere, cosa che può anche non essere del tutto marginale, come sapete molti cercano un motivo alla propria esistenza e quando non lo trovano immaginano di essere inutili, e quindi la più parte si adopera per giustificare la propria esistenza, come se qualcuno effettivamente gli chiedesse di rendere conto della propria esistenza, come se ci fosse un giudice supremo che domandasse ad un certo punto: ma tu a che cosa servi? E la risposta è questa: io devo fare tutte queste cose, che sono necessarie e quindi la mia esistenza è assolutamente giustificata. Tant’è, e qui sta la bizzarria che poi tanto bizzarria non è, che una persona cosiddetta ansiosa al momento in cui si trova nelle condizioni di non avere nulla da fare piomba nella depressione perché a quel punto nulla più domanda di essere fatto, nulla più quindi giustifica la sua esistenza e pertanto esiste per niente, come ciascuno ovviamente, solo che per lui ha un valore particolarissimo questa cosa. È come se la persona ansiosa in qualche modo sapesse molto bene questo, ché nella eventualità di non trovare un qualche cosa che sia assolutamente da fare immediatamente c’è il panico, la catastrofe in alcuni casi: e adesso cosa faccio? Cosa faccio della mia esistenza? È una domanda che molti si pongono, molti si sono posti nel corso della loro esistenza, generalmente trovando una risposta, perché il problema si pone quando la risposta non si trova, allora in quel caso in genere c’è la depressione. Perché questa rincorsa frenetica dell’ansioso dietro a un qualunque motivo, a una qualunque cosa che giustifichi la sua esistenza che tanto è più frenetica quanto più ha il terrore di non trovarne e allora una qualunque cosa ad un certo punto può essere essenziale, può essere una questione di vita o di morte, per esempio spolverare questo aggeggio, che a taluni può apparire una cosa assolutamente insignificante, sicuramente non una questione di vita o di morte, ma provate a una persona ansiosa che ha trovato in quel momento quella cosa da fare, provate ad impedirgliela, passerà sul vostro cadavere pur di portare a termine la sua missione, dalla quale non può sottrarsi. La difficoltà che può incontrarsi lungo un itinerario analitico di fronte ad una persona ansiosa consiste proprio in questo, che di fronte all’eventualità di non trovarsi costretta a fare delle cose si spaventa, si spaventa perché non ha più nessun motivo per esistere. Certo è possibile fornire a una persona dei motivi per esistere, ce n’è un certo numero, taluni anche abbastanza credibili dai più, tuttavia forse non si tratta di spostare la questione, spostare il problema da una cosa ad un’altra, perché la ricerca di qualche cosa che dia un sostegno alla propria esistenza è antica, ed è tuttavia la questione fondamentale nell’ansia; come dire che l’ansioso prende incredibilmente alla lettera qualche cosa che riguarda in definitiva il discorso occidentale, cioè il fatto che ciascuno deve sentirsi importante nella società in cui vive, avere un ruolo, una certa posizione, tutta una serie di aggeggi di cui si ritiene che la persona sia bisognosa, e allora cerca in qualunque cosa un motivo valido e sufficiente per giustificare la propria esistenza Il problema dell’ansioso è per così dire di non riuscire a trovarne nulla che sia soddisfacente, perché se no si tranquillizzerebbe subito, almeno provvisoriamente, invece no è una ricerca continua, perché qualunque cosa che incontri è come se lo chiamasse: tu devi fare questo, questa cosa è necessaria, e la farai, e lui la fa, almeno ci prova; e qui poniamo l’accento sul terzo aspetto fondamentale dell’ansia, che riguarda il desiderio dell’altro generalmente, ma anche di altro nel senso che è come se le cose volessero, desiderassero assolutamente, desiderassero essere messe in ordine, desiderassero essere fatte, compiute, qualunque cosa non ha importanza, perché un altro dei problemi che incontra una persona ansiosa è la difficoltà connessa con il proprio desiderio, che per una serie di motivi non può ammettere né accogliere e allora lo sposta, su qualunque cosa, non sono io che desidero ma è questa cosa, non giunge a dire che desidera ma che deve essere fatta, oppure come in alcuni casi avviene, lui ha bisogno di me o ha bisogno di questo, poi che abbia bisogno o no questo è un altro discorso, però è una cosa che deve essere fatta perché lei o lui ha bisogno. È come se ci fosse altrove un desiderio che desidera fortemente e che deve essere soddisfatto, e di fronte a questo desiderio non c’è nulla di più importante. Se l’altra persona desidera una certa cosa, questa deve essere fatta, è un ordine. La disobbedienza è impedita a priori, non c’è neanche la possibilità di non soddisfare il desiderio dell’altro in questo caso. Dunque l’ansioso è circondato da cose, da persone che desiderano, e apparentemente il suo desiderio non consiste in null’altro che soddisfare la richiesta altrui. È, almeno apparentemente, un esecutore perfetto, apparentemente perché poi non è esattamente così, però si fa in quattro per soddisfare il desiderio altrui, poi combina disastri, però si dà molto da fare in questo senso. Come forse avrete intuito c’è un problema rispetto al desiderio nel caso dell’ansioso, un problema rispetto al suo desiderio ovviamente, che non è mai in primo piano, è sempre nascosto dietro alla necessità di soddisfare il desiderio di questo o di quell’altro, e allora verrebbe da domandarsi se tutta questa operazione molto faticosa che l’ansioso mette insieme non sia costruita proprio per questo scopo, cioè di evitare il confronto con il proprio desiderio del quale non può occuparsi perché deve occuparsi di quello altrui. Infatti se vi capita di ascoltare una persona un po’ ansiosa prima o poi dopo avervi fatto l’elenco sterminato delle cose che deve fare aggiungerà che non ha mai tempo per sé, infatti non ce l’ha e non deve averlo, per nessun motivo, perché avere tempo per sé comporterebbe trovarsi di fronte ai propri pensieri, a ciò che si desidera e questo non è consentito, non lo deve fare e non lo può fare, per cui esaurite le tremila cose che deve fare immediatamente dopo ce ne saranno il doppio da fare, per cui purtroppo non potrà occuparsi di sé, vorrebbe, le piacerebbe e aspetta con ansia il giorno in cui potrà farlo ma per il momento non se ne parla nemmeno. Il momento non verrà mai ovviamente e quindi la questione centrale in tutto il discorso intorno all’ansia verte effettivamente intorno al suo desiderio, di cui non vuole sapere. C’è anche una sorta di astuzia nel discorso dell’ansioso, perché si ripara il più delle volte dietro all’affermazione che tutte le cose che ha da fare, occorre pure che le faccia, oppure sono cose che sono da fare e quindi tanto vale farle, cioè si nasconde dietro a luoghi comuni che grosso modo ciascuno sarebbe anche disposto ad accogliere; se una cosa deve essere fatta prima o poi occorrerà pure farla, e se una cosa deve essere fatta e nessun altro la fa, toccherà farla a me; è quindi difficilmente scalfito da eventuali obiezioni il suo affanno, la sua frenesia, perché supportato da un discorso nelle sue linee generali appare ragionevole, anche se talvolta accade che si accorga che forse c’è qualcosa che eccede, ma non può soffermarsi a riflettere sulla questione perché crollerebbe tutto e di fronte all’eventualità di un crollo generale si affaccia immediatamente la depressione, cioè la inutilità: allora la mia vita non serve a niente, che è anche vero tutto sommato, però nel senso che è difficile trovare qualche cosa di cui sia possibile affermare con assoluta certezza la sua necessità, anche la vita non è affatto necessaria tutto sommato, ma questa fretta questa frenesia di cui vi dicevo, sono supportate da un ragionamento più o meno condivisibile da alcuni, questo lo mette al riparo dalla depressione, finché corre va tutto bene, per questo non smette mai di correre, perché è la sua salvezza. Come vi dicevo il problema in una analisi di un ansioso consiste proprio in questo, nel porre le condizioni perché cessi di avere paura, non tanto di fermarsi, ma del suo desiderio e quindi possa accoglierlo, finché questo non si verifica continuerà a correre, per necessità. Accogliere il proprio desiderio in molti casi non è una questione semplice, per un motivo abbastanza banale che è questo, che lungo l’arco della propria esistenza accade di desiderare una quantità sterminata di cose delle quali si viene in seguito a sapere che talune sono lecite e altre no, alcune sono buone altre cattive, e allora può accadere di accorgersi di avere desiderato qualche cosa che non solo non è lecito, ma è criminoso il solo averlo pensata, può accadere anche che questo pensiero che poi si viene a sapere essere criminoso avesse a suo tempo provocata una fortissima eccitazione, cioè una sensazione molto forte, e per una serie di motivi gli umani difficilmente rinunciano alle forti sensazioni, generalmente le cercano, quando le trovano se ne lamentano, ma questo è un altro discorso, e allora questo desiderio essendo connesso a una cosa assolutamente sconveniente, ma che ha provocato una forte eccitazione, bisogna trovare una soluzione di compromesso perché rinunciare a questa cosa dispiace, mantenerla è impossibile perché si verrebbe condannati come i più abominevoli fra tutti coloro che hanno abitato il pianeta, ecco che allora si trova quella che Freud chiamava nevrosi, una via di mezzo, rinunciare non si può perché è una cosa bella, proseguire in quella strada non è possibile e allora che si fa? Si trova un’altra soluzione e cioè si sposta su un’altra cosa, però permane in qualche modo l’idea che il desiderio sia comunque connesso a quella cosa tremenda, e in alcuni casi questa si riaffaccia con una certa energia e allora bisogna tenerla a bada con altrettanta energia, più è forte il desiderio più deve essere forte la repressione. In ciascuno avviene qualcosa del genere al punto che qualunque pensiero possa eventualmente affacciarsi, sembra richiamare questa cosa che ormai è cancellata dalla memoria perché è stata abbondantemente schermata, tuttavia mantiene sempre una connessione della quale la persona avverte soltanto la pericolosità, senza sapere assolutamente di che cosa si tratta e allora se un qualunque pensiero è avvertito come minaccioso, come fastidioso il più delle volte e insopportabile, allora in questo caso occorre fermare il pensiero, ma fermare il pensiero è difficile, non si ferma mai. Allora ci vuole un altro sistema, distrarsi sì, ma come? Non è così facile distrarsi, trovare un qualche cosa che sia altrettanto forte, altrettanto potente, come per esempio una necessità; una necessità può essere molto forte, è una cosa che si deve fare, se i locali in cui vi trovate prendono fuoco, in quel caso c’è la necessità di uscire, ad esempio, una forte necessità, ecco, per l’ansioso le cose da fare hanno un’impellenza che non è molto lontana dall’esempio che vi facevo, cioè deve essere fatto assolutamente e in caso per esempio di cataclismi naturali di incendi, di terremoti, di maremoti, catastrofi di ogni sorta, di guerre, generalmente le persone non riflettono molto sul da farsi, sui loro pensieri, su questioni che riguardano il desiderio, le fantasie ecc. pensano in prima istanza a salvare la pelle, che è un forte diversivo, occorre dire, distrae subito, per questo per l’ansioso è necessario che queste incombenze siano così forti, così necessarie appunto, perché solo una cosa del genere può distrarre in modo definitivo se no no, e quindi corre, corre dietro qualunque cosa lo distragga, qualunque cosa gli chieda di fare qualche cosa, come dicevo prima un granello di polvere su questo aggeggio, non è sicuramente il granello di polvere che lo preoccupa, ma il fatto che se non fosse necessariamente costretto a levarlo, non avrebbe in quel momento nulla da fare, non avendo nulla da fare perderebbe il controllo dei suoi pensieri, perdendo il controllo dei suoi pensieri si troverebbe a pensare a ciò cui non vuole pensare. Perché l’ansioso piomba nella depressione se non trova nulla da fare? Per non riconoscere il proprio desiderio, come dire che l’idea è quella di esistere per conto terzi, esiste cioè per un altro, per esempio per soddisfare il suo desiderio; se non può soddisfare il desiderio dell’altro non è che si rivolga al proprio ma ciò che enuncia è che allora non c’è niente da fare e che quindi non serve a niente e soprattutto a nessuno. Questa questione del non servire a nessuno è importante perché il timore di non essere utili si riscontra con una certa frequenza fra le persone, come dire che il timore in definitiva è che non ci sia nessuno che voglia qualcosa da me. Non si tratta che di questo, qualcuno che voglia almeno una piccolissima cosa e che quindi, volendo da me qualcosa, certifichi la mia esistenza: se vuole qualcosa da me esisto. Qualcuno potrebbe anche domandare: perché hai bisogno di una prova di questo genere per verificare la tua esistenza? Perché in questo caso l’esistenza è connessa con il desiderio. Tenete sempre conto che tanto più fortemente ha dovuto reprimere il proprio desiderio, cancellarlo, tanto più forte era la spinta, come dire: "esisto se desidero, ma non posso desiderare, quindi devo necessariamente esistere attraverso il desiderio dell’altro: se l’altro cessa di desiderare me o qualcosa di me, io cesso di esistere". Questo avviene in molti casi, anche in alcune relazioni, non è tanto l’altra persona che importa, come il più delle volte accade, ma il fatto che si supponga che voglia qualche cosa da me o, meglio ancora, mi desideri; se proprio non vuole me almeno qualcosa di me...

Se intanto ci sono delle domande … io ho fornito alcuni accenni alle questioni dell’ansia che, come alcuni disagi che avvengono, segue almeno in parte le mode. Se leggete gli antichi non c’è traccia dell’ansia, Platone non ne parla mai, né altri prima o dopo di lui, è una cosa relativamente recente. Ci sono delle forme che compaiono e poi scompaiono come appunto il ballo di San Vito, di cui dicevamo l’altra volta: oggi non è più praticato, una volta sì ed era uno dei malanni più noti. Ecco l’ansia è considerato uno dei mali di questo secolo perché si immagina che, avendo inventato tutta una serie di aggeggi per muoversi e comunicare più rapidamente, si debba allora stare dietro a tutte queste cose velocissime, il che non è assolutamente, l’ansioso è tale anche quando non c’è nulla da fare, per cui uno può non essere ansioso pur avendo un miliardo e mezzo di cose da fare, perché le fa tranquillamente l’una dopo l’altra, senza preoccuparsene, non si sente chiamato da queste cose che non gli impongono di essere fatte, non gli impongono drammaticamente...

- Intervento: In alcuni casi la volontà è inficiata, non può avere il sopravvento sull’ansia, perché questo?

In effetti, in genere è così, la volontà non ha il sopravvento sull’ansia. La persona ansiosa preferirebbe, almeno così dice, di fare le cose con maggiore tranquillità perché avverte da sé che non è necessario precipitarsi a fare delle cose che possono essere fatte molto tranquillamente. Poi, quando la cosa è portata all’esasperazione, per cui in alcuni casi le cose da fare si assommano e sono in numero tale che proprio fisicamente non è possibile portarle a termine, può intervenire una sorta di paralisi, come dire: "non comincio nemmeno perché so che non potrò farcela" e rimane tutto congelato, tutto come bloccato. A quel punto, in genere, all’ansia subentra l’angoscia, come sensazione di una catastrofe ormai avvenuta: "non riuscirò mai a portare a termine queste cose e quindi è la fine". La volontà può molto poco come in tutte le altre forme di disagio, chiamiamolo così. Così, la persona che ha paura, se domandata se vuole oppure no questa paura, generalmente risponde di no. E così una persona che teme sempre di essere abbandonata, anche in questo caso preferirebbe non avere questo timore; in questo caso la sua volontà può molto poco. Il funzionamento è esattamente come quello dell’atto mancato, come dire che ci sono due discorsi che funzionano, uno ammesso e l’altro no. Un po’ come dicevo prima rispetto al desiderio: a un certo punto qualche cosa che è fortemente desiderato può essere considerato intollerabile o inaccettabile e allora questo desiderio viene eliminato ma non del tutto, in quanto rimane come un discorso a fianco. Nell’atto mancato uno compie un gesto sbadato oppure fa un cosiddetto lapsus che allude a un altro discorso che si sta in qualche modo facendo e del quale ignora praticamente tutto. In molti casi questo altro discorso non è ammesso e allora è un problema perché non essendo ammesso cessa di esistere. Così a una persona che ha paura, faccio il caso più banale, dovrebbe essere sufficiente dire di non averne per cessare di avere paura ma ciò non avviene, continua ad averne anche se le si spiega che non c’è nessun pericolo. Facevo l’esempio tempo fa del bambinetto che ha paura del buio. E allora arriva la mamma che accende la luce, gli fa vedere che non c’è nessuno, il bambinetto si tranquillizza: vedi non c’è nessuno...spegne la luce, la paura arriva di nuovo, perché non è connessa con il fatto in sé ma trae la propria forza da fantasie che sono innescate al buio, anche se col buio hanno a che fare fino ad un certo punto. Infatti, il buio è funzionale a queste fantasie, cioè le produce, le innesca.

Ecco che allora la volontà può arrivare fino ad un certo punto, poi si arresta e si arresta quando ne incontra una più potente, più forte. Come sa ciascuno che si è trovato almeno una volta in vita sua di fronte alle situazioni in cui non voleva una certa cosa, per esempio un certo pensiero, e invece è come se una forza superiore a lui lo avesse costretto comunque a fare o non fare quella certa cosa come se si trattasse di un’altra volontà, ecco diciamo che è sempre qualcosa che riguarda il suo discorso ovviamente: una parte del mio discorso vuole fortissimamente una certa cosa mentre l’altro discorso non la vuole. Se il primo è più forte del secondo, io farò quella cosa, anche se dico di non volerla fare.

- Intervento:…

Pensi alla questione del lutto, per esempio. Ciascuno sa che gli umani sono mortali, da quando Aristotele ci ha spiegato che tutti gli animali sono mortali, l’uomo è un animale e quindi è mortale anche lui. Ecco, ciascuno sa che ci sono ottime probabilità che la sua vita termini e quindi anche quella di coloro che gli stanno intorno. Però, quando questo avviene uno può anche dirsi: sì certo, è morto, sapevo benissimo che prima o poi sarebbe successo, è la cosa più normale se uno vive, la vita è l’unica malattia assolutamente mortale, che conduce necessariamente alla morte, ché se uno vive necessariamente morirà. Ecco, può anche dirsi queste cose ma questo non toglie il dolore che prova, per esempio, per la morte di qualcuno; sapeva benissimo che sarebbe successo, sa che è successo sempre e che sempre succederà. Perché si sta male per una cosa così banale, così ovvia e così inevitabile? In questo caso si nota che la volontà può poco, qualche altra cosa interviene e questa altra cosa sono altri discorsi, cioè altre fantasie che si producono e che creano tutta una serie enorme di scene, di immagini come se proiettassero ininterrottamente dei film che esercitano una fortissima attrazione. Anzi, sono costruite quelle immagini, quelle fantasie che esercitano una attrazione maggiore, altrimenti non le costruirebbe, esattamente come uno va vedere i film in genere ovviamente quelli che gli piacciono, non va a vedere quelli che non gli piacciono. Ecco, le fantasie vengono costruite allo stesso modo, solo che il più delle volte non c’è questa consapevolezza così precisa. Le fantasie non vengono da nulla, vengono dal proprio discorso, vengono da ciò che ciascuno è, in definitiva da ciò che dice. Ecco perché non sempre la volontà può quello che si prefigge. Se una persona è fortissimamente determinata c’è una sola persona che può fermarla, lui stesso, e ci riesce in alcuni casi benissimo ...

- Intervento: ancora sulla volontà...

In un certo senso sì, cessa di avere paura quando, per dirla così, si accorge che non è necessaria, che non è più necessario provare paura ché non serve a niente, intende cioè qual è il tornaconto, come diceva Freud, a cosa serve, in definitiva. Il pensiero degli umani ha un funzionamento bizzarro perché ciascun pensiero ha una funzione, serve a qualche cosa, anche per una funzione linguistica abbastanza complessa, ma ha una sua funzione. La paura serve, l’ansia abbiamo visto che è utilissima, l’angoscia ha un suo utilizzo; se tutti questi disagi non avessero un tornaconto, una loro funzione ben precisa, non esisterebbero, perché non avrebbero nessun motivo di esistere. L’ansia, così come la paura, l’angoscia, qualunque cosa, non sono che un discorso fatto in un certo modo, che produce altre proposizioni che affermano alcune cose che sono credute. Potremmo dire che è tutto qui; poi, è chiaro che la questione si fa molto complessa quando si tratta di intendere ciascun elemento nello specifico. Infatti, lei può anche dire a una persona ansiosa che la sua ansia ha questa e quest’altra funzione e che serve a questo: non succederà assolutamente niente, continuerà a provare l’ansia esattamente come prima perché paradossalmente è il suo desiderio che deve combattere o comunque controllare; finché questa necessità di non ammettere o di riconoscere il proprio desiderio permane, nulla al mondo lo fermerà dal provare l’ansia o qualunque altra cosa. Ci sono alcuni sistemi per esempio che mitigano l’ansia, la paura, sono sistemi che derivano da pratiche orientali, come lo zen per esempio, sono forme di suggestione, così come l’ipnosi, così come la religione... Hanno la stessa struttura, cioè convincono che le cose sono in un altro modo e, se questa convinzione è abbastanza forte, può funzionare. Un pensiero, un’idea, un ideale può essere molto potente: ci sono un sacco di persone su questo pianeta pronte a farsi ammazzare per una serie di ideali in cui credono. Da qui intuisce immediatamente la potenza di alcuni pensieri e la forza che hanno: sono capaci di muovere intere popolazioni l’una contro l’altra. Quindi, certo, la consapevolezza occorre che sia condotta alle estreme conseguenze … Possiamo dire che fino al punto in cui una persona necessita di un motivo per esistere sarà sempre dipendente da qualche motivo; ad esempio, un motivo per esistere può essere per gli islamici quello di sgozzare dei cristiani, ecc. Ecco, però si diceva che c’è l’eventualità che non sia necessario un motivo per esistere, che cioè non sia necessario dipendere da un qualche cosa, perché a quel punto la sua esistenza dipende da quel motivo e sarà pronta a difenderla in alcuni casi anche con la sua vita, come accade: un sacco di gente si è fatta ammazzare per questo e continua a farlo, per un ottimo motivo. Non discuto che il motivo sia buono, è buono quanto qualunque altro. Ciò di cui discuto è l’eventualità che possa non essere necessario un motivo, perché se è necessario allora l’uno vale l’altro, difficilissimo provare che uno è meglio di un altro, difficilissimo perché è difficilissimo trovare un criterio per potere valutare una cosa del genere. È un po’ come la questione del bene o del male: ciascuno è disposto a sottoscrivere una proposizione che afferma che è meglio il bene che il male, certo, però che cosa si intende esattamente con bene? Lì cominciano a sorgere i problemi. C’è da riflettere su questo motivo che l’ansioso per esempio cerca disperatamente … potrebbe non essere necessario.

- Intervento: Le figure retoriche del disagio, che disagio a questo punto?

Quello connesso con il proprio desiderio. Se il proprio desiderio acquisisce una potenza tale da non essere controllato e deve esserlo, allora occorre rinunciare al proprio desiderio e, rinunciando al proprio desiderio, è come se rinunciasse alla propria esistenza, o così spesso viene avvertito. E allora ci si trova in una condizione molto precaria, la formazione di compromesso di cui dicevo compie questo miracolo per cui io non rinuncio a esistere, non rinuncio al desiderio ma deve essere un altro a stabilire questa esistenza, cioè a stabilire questo desiderio e, quindi, è l’altro che prova la mia esistenza desiderando da me qualche cosa. Lei chiede perché uno deve desiderare di provare la propria esistenza? Il più delle volte questo è connesso con il desiderio. Tuttavia, è una prova abbastanza bizzarra, che non conduce da nessuna parte; nessuno è in condizione di provare la propria esistenza in nessun modo e, quindi, sarebbe un’operazione anche vana. Va intesa proprio così, come un modo di dire della difficoltà di accogliere il proprio desiderio, che può accogliersi soltanto per conto terzi, cioè se l’altro desidera allora, sì, il mio desiderio non è più mio ma è il desiderio di fare per lui, per esempio. In molti casi, anche nel cosiddetto altruismo, interviene un aspetto come questo, cioè la necessità che esista qualcosa o meglio qualcuno che abbia bisogno di me, per cui se mi accorgo che non ha bisogno di me faccio in modo che ne abbia, cerco il modo che prima o poi abbia bisogno di me, per esempio lo derubo o faccio altre cose, ma è importantissimo che qualcuno abbia bisogno, anche perché se è bisognoso in genere è più facilmente controllabile. Ma questo è un discorso molto ampio. Ecco, dicevamo della questione dell’esistenza: è un modo in cui si enuncia qualcosa che attiene al proprio desiderio. In effetti, tolto il desiderio...anche il luogo comune si trova a dire che se uno non desidera più niente è la morte. Provate a pensare la vostra esistenza, dove il desiderio è cessato del tutto, immaginate che a quel punto in qualche modo siete cessati anche voi, questo però non si verifica ma si verifica un pensiero che teme una cosa del genere. Da qui la costruzione e le figure retoriche, in quanto è un modo per dire qualcosa che riguarda il proprio desiderio...

- Intervento: Alla base del desiderio che non si può realizzare cosa c’è?

C’è la necessità che non si realizzi. Perché? Mi voglio forse punire? E di che cosa? No, la punizione può intervenire ma solo in seconda battuta. Tutto questo meccanismo è prodotto da una connessione fra un qualche cosa che si è desiderato, che si desidera, e che ha prodotto una forte emozione, e il fatto che questa cosa che si desidera, che si è desiderata fortemente, non sia possibile neanche pensare di desiderarla. Allora, dicevo, si trova una via di mezzo perché rinunciare è dura e allora, ecco, è come se io non desiderassi più niente, perché non voglio sapere del mio desiderio, perché appena mi si affaccia il mio desiderio si affaccia qualcosa che mi spaventa e a questo punto trovo questa sorta di escamotage, cioè io desidero ma non per me, non per il mio piacere. L’ansioso non fa mai qualche cosa per piacere ma per dovere, cioè non fa mai per il proprio piacere ma per l’altro. È una forma di sacrificio dove non è mai in prima persona a fare e al momento in cui giunge a considerare che ciò che fa paradossalmente lo fa per il suo piacere. Ecco che allora incomincia a incrinarsi la struttura piuttosto monolitica. Poi, sì, vengono utilizzati tutti questi elementi che lei diceva, le convenzioni sociali e tutta una serie di storie; queste funzionano come i mattoni per costruire ma la necessità della costruzione è precedente, e cioè la richiesta della cosiddetta società delle regole del vivere comune vengono prese come imposizioni assolute, che valgono non tanto per la cosa in sé ma per tutto ciò che ha consentito la costruzione dell’ansia e cioè in quel caso avere la necessità di avere delle cose che io devo fare assolutamente, perché sono giustificato appunto in questo modo, perché se no nessuno mi considera, non sono nessuno, se non ho una macchina lunga 15 metri, e una barca enorme, non sono nessuno, poi non gliene importa niente magari della barca, non ci sa neanche andare, l’importante è essere considerato ma più che addirittura essere considerato, l’avere soddisfatta una richiesta. L’uomo moderno è fatto in un certo modo e quindi si deve fare così, nell’ansioso c’è sempre questa formulazione "si deve fare così". Ovviamente, non deve nulla. In questo modo si distrae, come dicevo all’inizio; in caso di forte necessità tutti i pensieri che riguardano sé stessi generalmente vengono accantonati per soddisfare questa grave necessità esterna. Come sanno molto bene i politici, di fronte a una crisi interna si cerca un nemico esterno di fronte al quale tutto il popolo come un sol uomo fa fronte comune, molte guerre sono state fatte per questo, per rinsaldare l’unità nazionale. Forse quella signorina bionda vuole?

- Intervento: Gli attacchi di panico e l’ansia…

Il panico è connesso con l’idea di non riuscire a portare a termine ciò che assolutamente deve essere condotto a termine, come se il condurre a termine quella determinata cosa fosse una questione di vita o di morte tanto che il non riuscire a condurla a termine comporta la catastrofe. Da qui il panico per sapere di non potere fisicamente fare tutte le cose che si dovrebbero fare e quindi, ecco, "non riuscirò, non potrò, ecc..." A questo punto è il panico, che poi può prendere varie strade come l’angoscia, la depressione, oppure riesce a fare qualche cosa e in qualche modo riesce ad andare avanti. Tuttavia, sono sensazioni generalmente di paralisi perché non si riesce più a fare nulla, come dire: "o riesco a fare tutto oppure non riesco a fare niente". Tutto o niente non c’è mai: intanto comincio a fare questo, proviamo. O faccio tutto oppure sono perduto: il più delle volte è perduto anche perché costruisce le cose in modo tale per cui "tutto" non potrà farlo in nessun modo. Gli hanno etichettato la produzione della depressione che coglie l’ansioso in molti casi come ciclotimia, euforia, disforia, dicevano, stati maniacali, stati depressivi. Ci sono varie modalità di descrizione perché gli psichiatri erano molto sorpresi che la persona che fosse così euforica maniacale piombasse dopo nella depressione più nera. Euforica finché ha un sacco di cose da fare e pensa di poterle fare, si deprime appena si rende conto che non le farà, piomba nella depressione, nella disperazione. Tutto è finito e lì interviene l’angoscia. La depressione non è che venga soltanto da questo, l’ansia può portare in alcuni casi alla depressione ma non necessariamente. Ma della depressione parleremo fra quindici giorni...

- Intervento: sull’angoscia…

L’angoscia è la sensazione che si prova di fronte all’impossibilità di dare un senso ultimo alle cose, quando ci si accorge che è impossibile fondare per esempio l’esistenza. Non a caso molti hanno parlato di angoscia esistenziale. In altri termini ancora, l’angoscia sorge di fronte a una impossibilità di rispondere a delle domande che ciascuno ad un certo punto della sua esistenza si pone. A questo punto può essere preda dell’angoscia, come dire non ha più vie di uscita, è finito tutto, non c’è più niente da fare.

- Intervento: è simile al panico…

No, l’angoscia non ha più il panico, ormai è rassegnato, è la fine. La depressione riguarda più il senso, una sorta di lutto perché le cose non hanno un senso e si adopera, si affanna per trovarne uno. Dicevamo tempo fa che il corrispettivo filosofico della depressione è il nichilismo: nulla ha un significato, nulla ha un senso e allora si avvilisce, è come una sorta di lutto per la morte del senso. Chiaramente, presuppone che debba essercene uno; senza questa presupposizione fondamentale la depressione non è possibile. Certo poi ci sono molti casi in cui c’è uno scivolamento molto facile dalla depressione all’angoscia, però generalmente si distinguono così anche se come tutte le distinzioni hanno un’utilità fino ad un certo punto.

- Intervento: ...

Si può uscire da qualunque cosa, dipende da come si affronta la questione. Se come si diceva nell’intervento intorno all’angoscia noi la affrontassimo come Kierkegaard, o la fede o il suicidio, allora non ci sono alternative. Lui ha anche motivato la sua posizione con motivazioni molto discutibili certo, però se la questione è posta in un certo modo effettivamente non c’è soluzione. Però, può porsi in un modo differente …

- Intervento:

Che cosa può fare l’individuo si chiede lei. Da sé niente perché quello che vuole fare lo sta già facendo, anche se non se ne accorge, ma ciò che sta facendo è esattamente quello che vuole fare. Per esempio, nessuno lo costringe a provare l’ansia, se lo fa è perché lo vuole, anche se questo "lo vuole" non è così, non è ammesso, ma è così. Può accadere, certo, come dicevo all’inizio, che questa cosa giunga ad un punto tale da non potere essere più gestita neanche dall’ansioso e allora, sì, può accadere che si rivolga a qualcuno, però....

- Intervento: ecco, io speravo che lei mi rispondesse…

Dica a cosa devo rispondere...

- Intervento: io speravo che lei...

Vede, l’ansioso questo già lo fa in parte. La questione è che realizzare il desiderio o l’idea di desiderio che ha scatenato una cosa del genere non è possibile anche perché magari questo desiderio in quanto tale non è mai esistito propriamente, è stato costruito man mano in seguito da miliardi di frammenti. Non è neanche reperibile, è un’idea, un’idea fatta da infinite altre idee. La cosa che può fare, se proprio vuole che ne faccia una, è considerare che inesorabilmente è esattamente quello che vuole fare

- Intervento: Per quale motivo? Perché?

Ha dei buoni motivi …

- Intervento: ...

No, non desidera di morire semplicemente, costruisce un discorso che lo salvaguarda da qualche cosa che è avvertito come un pericolo maggiore. Così come l’ansia, come l’anoressia, come l’angoscia, sono mali minori, rispetto ad un altro che è immaginato, anche se inconsapevolmente, essere il male maggiore, per cui alla mala parata meglio così, è quella formazione di compromesso che Freud chiamava nevrosi, che si certo non è necessaria però, però viene messa in atto per proteggerci da qualche cosa che non è mai esistito. Così avviene...

- Intervento: …

No, non si difende dalla realtà esterna, che non preoccupa nessuno. Sono i propri pensieri che spaventano anche perché, di fatto, sono quelli con cui ciascuno ha primariamente a che fare, con le cose che pensa, quelle che teme, ecc. e che sono sempre e comunque una produzione del suo discorso. Da lì vengono, non ci sono altre fonti. Ecco allora, stavo dicendo che si tratta di prendere atto che quello che sta facendo nessuno al mondo lo costringe a fare, non dietro qualcuno con una rivoltella che gli dica "devi essere ansioso". Anche perché non ci riuscirebbe... È una questione che può apparire banale ma non lo è perché se nessuno lo costringe a fare una cosa del genere da dove viene? O viene dagli ufo o viene dal suo discorso. La seconda ipotesi mi sembra più probabile, come dire che il suo discorso ha prodotte queste proposizioni che affermano che lui deve fare assolutamente questa cosa. Il perché in parte l’ho illustrato, l’ansia, come moltissimi altri disagi, ha un tornaconto, serve a qualcosa, altrimenti non ci sarebbe

- Intervento: Mi spiace ma non ne vedo il tornaconto …

Il tornaconto consiste nel fatto che, essendo costretto a fare continuamente delle cose, può stornare l’eventualità di trovarsi di fronte a dei propri pensieri che sono avvertiti come molto più pericolosi, molto più spaventosi, più pesanti e quindi più insostenibili di qualunque cosa che ci sia da fare …

- Intervento:

Potremmo dire, come dice lei, che l’ansioso ha paura di affrontare la realtà. Tuttavia, questa realtà è quella che lui ha prodotto …

- Intervento: Mi scusi, la realtà che ha prodotto, il mondo esterno, non l’abbiamo prodotto noi, c’è il posto di lavoro, il pullman in cui si sale, sono realtà cui deve adeguarsi.

La questione potrebbe non essere così semplice come lei afferma se ci si comincia a riflettere effettivamente. Può accadere di considerare che, in effetti, ciò che ciascuno costruisce, cioè i suoi pensieri, è ciò che dà la forma, la misura di ciò che lo circonda, come dire che, mettiamola così, percepisce ciò che lo circonda attraverso un qualche cosa che lo riguarda, attraverso i suoi pensieri, attraverso tutto ciò che lo concerne. Non c’è la percezione così obiettiva, così pura, pulita; qualunque cosa è sempre attraversata dalle proprie fantasie. Per questo parlavo di costruzione della realtà. La realtà è esattamente ciò che ciascuno pensa che sia. Potrebbe essere molto difficile confutarlo ma, per tornare all’ansioso, ecco che la realtà che lui costruisce è una realtà esattamente come tutte le altre, solo che l’ha costruita in un modo un po’ differente perché, per una serie di necessità, questa realtà gli impone necessariamente di soddisfare a delle richieste. Certo, queste richieste sono richieste anche ad altri, però sono avvertite, essendo funzionali ad altro, sono avvertite in un altro modo, ovviamente. Ciascuno si trova nell’arco della giornata a dovere fare tutta una serie di operazioni ma non le avverte come l’ansioso, c’è una differenza. L’ansioso aggiunge delle cose che in un altro caso magari non ci sono, vale a dire questa necessità, questa costrizione di cui dicevo. Per lui la realtà è questa, non ce n’è un’altra, per cui si comporta adeguatamente rispetto a questa realtà che lui ha prodotto e che ha costruito per soddisfare a dei requisiti. Uno di questi è la necessità che le cose siano assolutamente costrittive. Però, non è che viva in una realtà così differente dagli altri, utilizza soltanto un segmento di questa per dei fini che sono quelli, per esempio essendo sempre occupatissimo a fare mille cose, di non trovarsi mai di fronte all’eventualità di fare per piacere ma sempre per costrizione.

- Intervento: Credo che difficilmente l’ansioso sia contento di fare stupidaggini, di perdere del tempo. Anzi, ne è ben consapevole ... Non credo sia in grado di costruirsi delle paure. Sì, può essere un abile pensatore sicuramente ...

Lei da piccola ha mai avuto paura, per esempio, del buio? Può essere successo! Si ritiene per questo un’abile pensatrice? Come dicevo, è una sorta di male minore di fronte all’eventualità di affrontare delle cose che immagina pericolose e che possono essere state pensate come tali, per cui è meglio non sapere, non vedere. Questo è uno dei sistemi, anche se non l’unico, per evitare di trovarsi di fronte a delle cose che si ritengono spaventose e quindi ci si distrae, si trova un modo per distrarsi. L’ansia è uno dei modi, sicuramente non l’unico e neanche il più diffuso … però, in alcuni casi questo è il modo. Non è che uno si metta a tavolino e decida il da farsi, non lo avverte in questo modo, avverte soltanto un forte disagio rispetto a un pensiero, poi si costruisce mano a mano: qualcuno gli dice di fare questa cosa e si accorge che facendo questa cosa si distrae, per esempio; si accorge che facendo queste cose tutti questi pensieri sono tenuti a bada, non sono neanche pensieri, è soltanto un disagio e la cosa mano a mano si estende, come anche l’angoscia. È come se richiedesse sempre un maggiore sforzo...è un po’ come l’assuefazione ad alcune sostanze. Ad un certo punto non basta più avere occupata metà della giornata, deve essere occupata tutta, anche la notte e i pensieri ininterrottamente. Certo, portando la cosa a queste estreme conseguenze, si arriva alla paralisi in effetti, cioè all’impossibilità di muoversi in qualunque direzione. Non è stata costruita a tavolino e non occorre neanche una grande abilità. Chiunque sa che se ha un pensiero sgradevole se si distrae magari non ci pensa. Il meccanismo è lo stesso, solo che il pensiero da cui distrarsi è molto più potente e quindi occorre un sistema più efficace...

- Intervento: ...

Certo, è chiaro occorre togliere la paura, è fondamentale. Si tratta di porre le condizioni ad un certo punto perché il desiderio possa essere accolto, ammesso, senza che spaventi; allora, a questo punto sì, effettivamente, mano a mano l’ansia si dissolve perché cessa di avere la sua funzione. Mano a mano serve sempre di meno, per cui si constata che le cose si fanno, magari all’inizio con sorpresa, sono fatte senza panico. Sì, certamente, si può intervenire nei confronti dell’ansia, però questo avviene laddove si instaura la consapevolezza della funzione dell’ansia. A questo punto comincia a incrinarsi tutto il meccanismo, ad essere meno credibile e quindi meno pesante.