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Torino, 26 aprile 2011

 

Libreria LegoLibri

 

CESARE MIORIN

 

È POSSIBILE LA VITA SENZA IL LINGUAGGIO?

 

Intervento di Cesare Miorin /…/

 

Intervento: io non capisco bene l’argomentazione, quando dice che il linguaggio è l’unica cosa necessaria, lo capisco, però non è che non esiste qualcosa fuori del linguaggio solo perché io uso il linguaggio, lei è coerente perché dice: ho la parola e dico solo la parola, più di così non si può però se io usando la parola dico: c’è qualcos’altro fuori dalla parola posso essere tacciato d’incapacità di dimostrarlo, specialmente usando la parola però non mi sembra di essere incoerente. Lei dice: “non si può negare” ma non è che io voglio negare il linguaggio, non ho nulla che mi permette di dire che qualcosa è fuori dal linguaggio, il paragone che mi viene la luce illumina gli oggetti e io vedo solo la luce … e la luce è coerente, anche lei perché ciò non vuol dire che non ci sono gli oggetti è chiaro che ogni paragone è fatto di linguaggio … però non mi sembra che abbia dimostrato, mi sembra che cerchi di persuadere che non c’è nulla fuori dal linguaggio, io credo che non esista dimostrazione come dire che c’è qualcos’altro (senza questa struttura non ci sarebbe nulla) nulla che possa immaginare, ora proprio perché è vero che io per pensare uso il linguaggio però che ne so forse fra cinque mila anni (…) sicuramente però lei non può dimostrare che non c’è in nessun modo che non c’è nient’altro fuori del linguaggio …

 

 

Intervento di Luciano Faioni

 

Forse merita di essere fatta qualche precisazione. Inizierei dalla questione della dimostrabilità, in effetti affermare la priorità del linguaggio su qualunque cosa non è dimostrabile, che qualunque cosa appartenga al linguaggio è la conseguenza di alcune considerazioni ma non è dimostrabile per lo stesso motivo per cui non è dimostrabile che “prima” preceda “dopo”, è una regola dell’uso. Occorre un percorso che si fondi sull’onesta intellettuale, e con onestà intellettuale intendo il non escludere dall’interrogazione alcunché, anche se apparentemente va contro ciò che appare di sapere, prendendo questa via si inizia a percorrere un tragitto che mostra quali sono i fondamenti, quali sono le cause, quali sono i principi, che è un po’ quello che gli umani hanno cercato di fare da quando esistono e naturalmente non si trova nulla che abbia una tale fondabilità da potere essere messo a condizione di ogni cosa, da qui la rinuncia a una ricerca del genere. Da Heidegger almeno in poi e tutta l’ermeneutica non c’è la verità assoluta, non si può trovare in nessun modo, e quando è apparso di averla trovata di fatto qualcuno l’ha inficiata, la smentita, confutata, e allora si è abbandonata. Ma che cosa ci ha consentito di procedere oltre questo punto che sembrava insuperabile? Una considerazione molto semplice: a fondamento di tutto non rimane che quella cosa che consente di considerare, di riflettere, di pensare, di farsi domande, di rispondersi e anche di sapere che cos’è una risposta, quale tra le varie possibili risposte accogliere e quali no, ecco che è sorta la questione del linguaggio, è sorta non come qualcosa che deve essere dimostrato anche lui perché costituisce in effetti la condizione per qualunque dimostrabilità, qualunque criterio deve essere costruito in base a qualche cosa. Il linguaggio è una cosa straordinariamente semplice, come abbaiamo indicato anche qui in varie occasioni, quando si giunge all’essenza, cioè si sfronda di tutto ciò che non è necessario al suo funzionamento si reperiscono unicamente delle istruzioni che servono a costruire delle proposizioni, e cioè che un elemento deve essere riconoscibile, deve essere identico a sé e deve consentire di inferirne un altro. È detta in modo molto semplice, però sono istruzioni di base straordinariamente semplici, queste istruzioni sono quelle che consentono di costruire proposizioni, costruendo proposizioni costruiscono anche un criterio di verificabilità, danno anche l’opportunità di pensare che cos’è scientifico per esempio, che cosa non lo è, e costruire un concetto di scienza. Abbiamo detto l’altra volta proprio a proposito della scienza e della psicanalisi, si diceva che la psicanalisi non è scientifica, e che dipende da che cosa si intende con scientifico naturalmente, se si modifica il concetto di scientifico la psicanalisi può diventare una scienza: comunemente si ritiene che non sia una scienza perché i risultati che ottiene non sono ottenibili da chiunque, in qualunque momento, in qualunque circostanza e non sono verificabili. Ma il fatto che si utilizzi questo criterio anziché un altro è assolutamente arbitrario, tant’è che abbiamo proposto una nuova definizione di scienza ancora più potente e cioè scientifica: deve essere non soltanto vera, cioè che possa provare i suoi risultati, ma deve dimostrare che il criterio che utilizza è vero, e questo neppure la scienza può farlo, quindi la scienza non è scientifica, eppure questo criterio è assolutamente legittimo oltreché assolutamente coerente.

Affermare che qualsiasi cosa appartiene al linguaggio non è qualche cosa che si possa intendere facilmente, anche perché ciascuno è stato addestrato a pensare in un certo modo, gli è stato insegnato che le cose esistono, senza dare nessuna spiegazione dell’esistenza naturalmente, senza dire che cosa sia, si è fatta un’equazione: lo vedo dunque esiste. Perché si debba credere a questa equazione nessuno l’ha mai spiegato in realtà, è un criterio al pari di qualunque altro, come dire che le cose esistono perché dio lo vuole o perché c’è un marziano che manovra il tutto, nessuna di queste cose è dimostrabile. Gli umani pur muovendo da qualche cosa che non è dimostrabile tuttavia continuano a cercare dimostrazioni, e questo perché sono fatti di linguaggio ed effettivamente il linguaggio funziona così, non può procedere in una direzione se rileva che questa direzione è falsa, cioè contraddice la premessa da cui è partito. Il linguaggio è una struttura straordinariamente semplice ed è sempre stato lì a portata di tutti, sotto gli occhi di tutti, bisognava accorgersene naturalmente, ora l’accorgersi di una cosa del genere ha degli effetti, ha degli effetti in quanto una persona incomincia a considerare che le cose esistono perché il linguaggio le produce, produce quindi anche immagini, produce anche significati, produce storie, racconti, produce di conseguenza angosce, paure eccetera. Se si conosce il funzionamento del linguaggio si sa anche come sono state costruite tutte queste cose, si potrebbe all’occorrenza non averne più bisogno o, se proprio vogliamo dirla tutta, si può non divertirsi più con queste cose e farne altre: se uno vuole stare male può farlo naturalmente, ma può anche fare altro, è come avere a un certo punto immediatamente a portata di mano, assolutamente tutto, e cioè la risposta a qualunque domanda. Qualunque domanda è stata costruita da questa struttura che chiamiamo linguaggio e la risposta non può essere che lì dentro non è altrove, tant’è che cercarla altrove comporta immediatamente la caduta in una serie di paradossi inarrestabili, così come affermare che esiste un qualche cosa che non appartiene al linguaggio, certo è dicibile però non è provabile e soprattutto non è necessario.

Ciò che abbiamo detto del linguaggio e cioè la sua assoluta priorità in effetti non è dimostrabile, e infatti l’abbiamo indicata come una costrizione logica, cioè non può essere altrimenti perché se non fosse così allora effettivamente non ci sarebbe più niente: tolto il linguaggio sì, posso pensare che sarei come una bestia, posso pensare tutto quello che voglio, posso pensare … ma se non penso niente? Allora se non penso niente posso continuare a “pensare” sempre che le cose esisterebbero lo stesso, posso pensarlo, posso pensare qualunque cosa e il suo contrario nessuno me lo vieta però a questo punto costruisco delle sequenze di proposizioni che hanno come referente soltanto altre sequenze di proposizioni e così via all’infinito, questo è l’unico referente che posso reperire, nient’altro, anche quando cerco la realtà in effetti trovo altre sequenze di proposizioni e nient’altro che questo, come tra l’altro molti hanno dovuto constatare, tant’è che nessuno oggi, almeno tra le persone più avvertite, parla di realtà con tanta leggerezza perché è un concetto che sfugge da tutte le parti, nel momento in cui si cerca di definirlo ecco che risulta assolutamente indefinibile e a poco vale decidere che la realtà è quello che penso io, sì certo comunemente si fa così, la realtà è quello che vedo, che tocco, che sento, ma è un criterio, è un criterio che è stato stabilito in modo totalmente arbitrario, che può essere utile certo, ma da lì a stabilire che la realtà è così ce ne passa parecchio, e quindi è stato abbandonato questo concetto di realtà perché inutilizzabile, almeno teoricamente, per cui è talmente vago e indiscernibile da essere totalmente inutilizzabile.

La questione del linguaggio invece rimane perché è quella cosa che consente di fare tutte queste considerazioni, ed è una cosa straordinariamente semplice e straordinariamente difficile allo stesso tempo, semplice da capire: se non ci fosse il linguaggio non potrei fare niente perché non penserei niente, non potrei pensare che le cose esistano o non esistano perché non potrei pensare niente, quindi chiedermi a questo punto se esisterebbero oppure no è un totale non senso, quindi è semplice, ma al tempo stesso è straordinariamente complicato perché pensare una cosa del genere, cioè porla in atto, praticarla, è difficile, tant’è che difficilmente qualcuno c’è riuscito perché è stato addestrato e continua a pensare in un altro modo, a pensare cioè in un modo religioso, il modo religioso è quello che muove dall’atto di fede e cioè da un qualche cosa che supporta tutto ma che non è provabile in nessun modo, e sradicare una persona dalla sua religiosità è una delle cose più ardue, basti pensare a un fondamentalista islamico: provate a dirgli che Allah non c’è.

Il linguaggio comporta un’attenzione notevole alle condizioni di tutto è come percorrere o ripercorrere tutto il pensiero degli umani fino al punto in cui in un certo senso è iniziato, vale a dire eliminando tutto ciò che è stato costruito in questi millenni e che di fatto non ha nessuna necessità di essere, per questo sono stati, per esempio, riconsiderati i sofisti che si erano avvicinati alla questione, certo non avevano molte informazioni né riguardo al linguaggio né riguardo alla logica, hanno inteso che siccome è possibile, se uno è sufficientemente abile, dimostrare qualunque cosa e anche dimostrare che questa cosa è falsa, allora hanno incominciato a porsi delle domande, è dimostrabile che esista la realtà? Retoricamente si, è possibile affermare che la terra esiste e provarlo? Certo che lo è, ma è possibile anche provare il contrario, e quindi? Questa è la domanda che hanno posta agli umani: e quindi? Che si fa? Qualunque cosa risulta assolutamente arbitraria, non c’è più nessuna certezza, nessun fondamento, niente, tranne, e questo è ciò che alla fine abbiamo riscontrato, quella struttura, appunto il linguaggio, che è quella che consente di fare tutti questi pensieri, oltre non c’è più niente, è il fine corsa, oltre non si può andare perché non si può uscire dal linguaggio, per il semplice fatto che per uscire devo utilizzarlo, devo costruire un sistema che mi consenta di uscirne e quindi non posso uscirne, ecco perché lo indicavo come un fine corsa, è l’origine, praticamente, la condizione di qualunque cosa. A questo punto, tratta questa considerazione, si è trattato di trarne tutte le implicazioni, che sono notevoli, numerose e divertenti …

 

Intervento: a me sembra evidente che tutto ciò che sta dicendo ora è nel linguaggio … cerca di essere completo quando nella definizione di scientificità fa entrare che deve dimostrare che ciò che utilizza è vero che è sempre arbitrario perché chi l’ha mai detto che deve essere così, a me sembra una maniera di spostare il problema a un livello più profondo perché è vero che rimane solo più il linguaggio a questo punto e son d’accordo però il linguaggio è in grado di dimostrare che ciò che utilizzo ossia le sue regole, il procedimento inferenziale e anche la regola del modus ponens, è vero è in grado di fare questo? che poi uno può dire le colonne d’Ercole, ci sono anche lì quindi secondo me di portare a un altro livello il problema riducendo di più il campo del linguaggio …poi rimane lì l’ha sempre ammesso anche la scienza lo ammette adesso ….

 

Forse è il termine linguaggio che è un problema, perché con linguaggio si può intendere qualunque cosa e il suo contrario, in effetti avremmo potuto chiamarlo anche in un altro modo, codice sorgente, logica di base, però nel linguaggio rientra anche questa definizione che stiamo utilizzando anche se non è comune, per cui ogni volta bisogna spiegare esattamente cosa si intende con linguaggio, e cioè una sequenza di istruzioni, si può pensare a qualcosa come il codice genetico come abbiamo fatto per esempio altre volte, sono sequenze di istruzioni che costruiscono proteine e le proteine costruiscono poi una zanzara, un dinosauro, miss mondo, però questa sequenza di istruzioni alla quale si è giunti inesorabilmente perché oltre questo non c’è più niente, è quella cosa che nemmeno i logici di fatto esprimono, anche i logici si chiedono, per esempio il modus ponens che veniva citato prima e cioè se A allora B ma A dunque B, il modus ponens è questo, è dimostrabile? Non c’è una dimostrazione ma lo si utilizza comunque perché è il linguaggio che funziona così. La stessa logica fa soltanto questo: stabilisce degli assiomi che sono delle stringhe che sono delle tautologie dopo di che trova tutti i teoremi che possono trarsi da queste stringhe che sono gli assiomi di partenza, ma questi assiomi in quanto tali non sono verificabili, non si può dimostrare che debba essere così, è semplicemente una sequenza, un’istruzione che viene fornita, un comando, se vi piace di più un input, come dicono gli informatici, e cioè un’istruzione che consente di eseguire delle operazioni, se preferite ancora un algoritmo. Tutte queste parole indicano comunque delle istruzioni che sono nient’altro che delle sequenze operative, cioè servono a eseguire delle operazioni e quando si arriva a fine corsa, come dicevo prima, si trova questo, cioè aldilà di tutte le possibili costruzioni che fa il linguaggio, aldilà della dimostrabilità che comunque è sempre un criterio, aldilà di tutto questo si trova il fondamento di tutto ciò e cioè delle semplici istruzioni, singole istruzioni. Queste istruzioni costruiscono qualunque cosa, esattamente come il Dna, né più né meno, o come le sette note della musica. Sono istruzioni, delle sequenze che consentono di costruire tutti i pensieri, pensate a tutto ciò che gli umani hanno pensato, detto, scritto in questi ultimi tremila anni, dico tre mila perché prima non ci sono molte tracce, sono tante le cose, pensieri, le angosce, paure, speranze, fede, qualunque cosa, tutto questo è possibile per queste istruzioni, senza queste istruzioni non si può fare assolutamente niente.