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L’ILLUSIONE DELLA DEPRESSIONE

 

25/3/1997

 

Questa sera abbiamo detto che avremmo parlato della depressione e in particolare modo dell’illusione della depressione, chiedo scusa per la voce, ma sono pieno di influenza di febbre ecc.. Ecco, illusione della depressione, questo "della" è da intendersi come determinazione soggettiva, nel senso che è la depressione che si illude, ma adesso vediamo bene la questione. Il cosiddetto depresso generalmente enuncia una forte delusione nei confronti del mondo che lo circonda e soprattutto delle persone che lo circondano. Si sente tradito, abbandonato, come dire che ciascuno lo ha deluso, ora di fronte a una situazione del genere è chiaro che si senta molto avvilito laddove tutti gli amici, i parenti, il mondo intero, lo tradiscono, lo abbandonano o, a seconda dei casi, entrambe le cose. Ora se c’è questa delusione, qual era dunque l’illusione? Di che cosa è illuso il depresso? È poi perché si illude? (cosa che non va così da sé). Potremmo dire in prima istanza che ciò che delude il depresso è l’assenza di senso delle cose, e l’illusione è che queste cose ce l’abbiano il senso. Ciò da cui è abbandonato non sono tanto le persone, quanto il significato delle cose, è da questo che è abbandonato il depresso, ed è proprio per questo che non trova nessun motivo per proseguire fino a togliersi la vita. Togliersi la vita come l’unico fatto dotato di senso, così come diceva Merleau Ponty, ma il fatto che ci sia un’illusione è tutt’altro che secondario, perché questa illusione che potete trovare nel depresso forse in modo più marcato e forse sentita in modo più violento, esiste quasi in ciascuno questa illusione. Esiste molto spesso l’illusione che le cose abbiano di per sé un senso e quindi se hanno un senso non ci si può che attenere a questo senso e questo senso non deve mentire. Voi sapete della catastrofe che hanno introdotto nel pensiero occidentale il rilevamento di paradossi, per esempio nella logica matematica, come se ci si fosse accorti che il discorso, anche quello più rigoroso come quello matematico mentiva cioè non era affidabile. Tutto sommato ciò che il depresso incontra è qualcosa di molto simile, ciò che incontra, ciò che pensa, ciò che gli si dice non è affidabile perché è soggetto continuamente a delle varianti, delle contraddizioni, non è mai identico a sé, in definitiva mente, ma mente ovviamente rispetto a un’idea di immutabilità, è soltanto a partire da questo che può stabilire che le cose mentono, le cose, gli umani ecc., fuori da questa supposizione non sarebbe possibile pensare che gli umani o le cose mentano. Ma come gli viene in mente una cosa del genere, cioè di pensare che le cose mentono anziché essere sincere e cioè essere sé stesse, immancabilmente e immutevolmente? Gli viene in mente una cosa del genere perché in buona parte gli è stata insegnata, è stato addestrato a pensare così, che le cose sono quelle che sono, che da qualche parte in qualche modo c’è almeno un elemento stabile, sicuro, fermo, cioè che è possibile in un modo o nell’altro reperire la verità. Dicevo che è stato addestrato a pensare in questo modo e in questo modo pensa, però questo di fatto non significa un granché, salvo appunto che penserà in questo modo qualunque cosa accada. Ora questo modo di pensare, che è piuttosto diffuso sul pianeta, da una parte offre dei vantaggi, dall’altra offre degli svantaggi. Offre dei vantaggi nel senso che rende possibile la costruzione di uno stato o di una istituzione civile, in linea di massima; ha degli svantaggi in quanto comporta inesorabilmente (visto che c’è questa illusione a cui è stato addestrato a credere) una inevitabile delusione che può manifestarsi nelle forme più svariate, in modo più o meno drammatico, varia poi... però si tratta di valutare eventualmente come si racconta avessero fatto gli antichi, i pro e i contro e valutare quale delle due cose sia meglio, mentire per salvaguardare lo stato oppure no. Già Platone aveva optato per la prima ipotesi e da allora in poi si è seguita questa via, senza sgarrare, senza sgarrare mai perché ciascun governo ha sempre mantenuto questo necessariamente, e non poteva non farlo, in caso contrario si sarebbe dissolto e quindi non poteva farlo, però come dire, se posta in questi termini la depressione tutto sommato è un effetto di un’illusione che è abbastanza gratuita. Bisogna tenere conto che questa delusione è stata molto utilizzata, molto rimaneggiata dai vari stati, dalle varie religioni, insomma utilizzata, monopolizzata in alcuni casi. Come sapete oggi la depressione, o almeno ciò che è così chiamato generalmente è un affare di miliardi, per cui ci campano un sacco di persone. Non sto dicendo che facciano male, né che facciano bene, non ci interessa, sto dicendo che ci sono delle situazioni che ciclicamente, oppure cambiando a seconda delle ere o delle mode, si impongono come disagio, il disagio del secolo, il disagio della civiltà. Come sapete Freud scrisse un saggio con questo titolo, "Il disagio della civiltà", un disagio che ciascuna volta muove dalla constatazione dell’inadeguatezza in ciò che si immagina debba essere ciò che si incontra, tenendo conto che ciò che si incontra è in effetti ciò che io costruisco, ma se Freud non aveva tutti i torti nell’Avvenire di un’illusione a immaginare che questa illusione di cui vivono gli umani non sarebbe mai potuta cessare (da qui l’accusa di un certo pessimismo nei suoi confronti) d’altra parte dicevo, se Freud non ha torto però non ce l’ha fino ad un certo punto, perché forse non è proprio esattamente così, è vero che ciascuno stato, ciascuna civiltà è retta su questa menzogna e, come diceva lui, sulla repressione sessuale, se queste non ci fossero la civiltà si dissolverebbe, la civiltà così come esiste oggi (che questo sia un bene o un male questo è un altro discorso) tuttavia mentre Freud si limitava in definitiva a rendere la pillola meno amara, come dire adesso lo dico in modo molto schietto, io vi apro gli occhi, adesso sapete, vedete voi, poco c’è da fare; invece no, perché questo modo di indurre una persona ad accettare una situazione di fatto la induce anche ad accettare, o almeno c’è questa forte eventualità, il pensiero che la supporta, e quindi c’è l’eventualità che questa persona continuerà a pensare esattamente allo stesso modo. Così come avviene per lo più in una psicanalisi, non è che la persona cambi, semplicemente cambia il tipo di religione, ma dicevo, c’è forse un’altra possibilità, sicuramente non semplice ma ci si può provare e cioè cambiare letteralmente il modo di pensare, dove di fatto ci si trova, diciamola così, nella necessità di mettere in gioco qualunque elemento intervenga nel discorso e che si imponga come naturale, come ovvio, come scontato, come necessario. Di cosa è fatto il modo di pensare di ciascuno? Delle cose che ritiene necessarie, che ritiene ovvie, scontate, naturali e quindi il mondo non solo non lo mette in discussione ma non gli passerebbe neanche per la mente di farlo. Si tratta di una sorta di esercizio, dicevamo, un esercizio a confrontarsi con tutto ciò che si struttura come illusione o come credenza, se volete dirla più esplicita, tutto ciò in cui si crede. Non è facile, non è facile perché il modo in cui è strutturato il pensiero punta inesorabilmente a cercare il referente, l’appiglio, la cosa che sia così e sulla quale commisurare ciascun altra, una sorta di pietra di paragone, senza la quale si sente smarrito, senza la quale diventa depresso, diventa depresso perché non sa più da che parte girarsi. Forse abbandonare un modo come questo dove si cerca necessariamente il referente, qualunque esso sia può, forse, almeno attenuare questa illusione e conseguentemente provocare meno delusioni. Però, questa sera, visto che sono ammalatissimo, possiamo approfittarne per discuterne con voi e intanto prendo fiato....

- Intervento: chi è più egoista...

Direi entrambi, entrambi, l’ottimista e il pessimista, sono categorie un po’ vaghe, generalmente si considera l’ottimismo normativo, il pessimismo descrittivo, il pessimista descrive le cose, l’ottimista dice come dovrebbero essere, però appunto sono categorie un po’ bizzarre. Si sta parlando moltissimo della depressione, tra un po’ sarà soppiantata dall’anoressia, però non è detto. Dicevamo tempo fa che una volta era l’isteria il male del secolo, nelle varie forme, dal ballo di San Vito alle altre varie manifestazioni, poi fu la nevrosi ossessiva, poi negli anni 70 la schizofrenia, poi la paranoia adesso la depressione. Cambia come la moda a seconda...

- Intervento:...

Cure dimagranti? Non saprei, può accadere forse, dipende, se uno dimagrisce tanto fino al punto di morire di fame è probabile che agli ultimi deliri un pochino, questo è possibile, però che la depressione sia indotta da una dieta... diciamo che può costituirne l’innesco, difficile che ne sia proprio la causa...

- Intervento:...

Possiamo dire di un aspetto, un disagio viene catalogato dall’istituzione in un certo modo e allora da quel momento non soltanto si continuerà grosso modo in quella maniera, ma anche molte persone manifesteranno quei sintomi che sono stati descritti e pubblicizzati, li manifesteranno perché è un modo per muovere l’attenzione nei loro confronti, fino a vent’anni fa forse una persona anoressica non avrebbe interessato così fortemente l’opinione pubblica, o l’apparato medico, per cui probabilmente avrebbe rinunciato all’anoressia per un altro tipo di malanno. C’è una sorta di circolo vizioso e cioè la psichiatria stabilisce che ci siano molti casi di anoressia e le anoressie aumentano, è una sorta di immedesimazione, un po’ come i sassi giù dai viadotti, la stessa cosa, in molti casi si cerca di fare ciò che si ritiene che ad altri possa interessare oppure spaventare, a seconda dei casi. È perché proprio per esempio nell’800 l’isteria, questo è difficile dire, o perché negli anni 70 la schizofrenia questo per esempio....

- Intervento:...

Questo è possibile, ma è molto difficile da valutare. Come già Freud diceva possiamo sapere quando una persona è isterica, sapere qualcosa del come mai si trova in queste condizioni, ma perché sia diventata isterica anziché ossessiva o schizofrenica, questo non lo sappiamo né abbiamo alcun modo di saperlo. Sì?

- Intervento:...

Sì il depresso fa a modo suo una caricatura di ciò che avviene comunemente rispetto alla ricerca di un significato, di un senso. La caricatura perché la cosa viene fatta in modo drammatico violento e determinato, però non è così lontano ciò che fa ciascuno tutto sommato. Il depresso, dicevamo tempo fa, è generalmente una persona noiosissima, noiosissima perché insiste a volere persuadere il prossimo di quanto lui stia male, è come se non fosse mai sicuro di averla persuasa a sufficienza e allora...

- Intervento: su l’amico depresso e villano che non vuole essere aiutato...

Non lo so cosa avrebbe potuto fare ma in linea di massima è vero quello che dice, in molti casi c’è una richiesta che manda un messaggio contraddittorio, da una parte dice di non voler essere aiutato, da quell’altra pretende di essere aiutato senza dire niente e si aspetta e pretende che altri senza chiedergli nulla, si sentano in dovere, in obbligo di fare esattamente tutto ciò che vuole che facciano. Ora siccome questo generalmente non avviene, soprattutto se non c’è la richiesta esplicita, allora immediatamente si sente tradito, nessuno lo capisce e quindi incomincia a rinchiudersi sempre di più, sempre più convinto di non essere capito. È come se si chiudesse come un riccio nell’attesa che qualcuno si accorga che è chiuso come un riccio e quindi da lì cerchi di fare qualcosa, però senza fare in modo che la cosa sia esplicita, ché altrimenti è come dire tu sei depresso sei malato sei fuori di testa, e questo non lo sopporta, anche perché queste richieste che vengono fatte possono anche sembrare una richiesta di aiuto ma non lo sono affatto, è soltanto una provocazione, di fatto dell’aiuto non sa cosa farsene, provoca soltanto per avere l’attenzione...

- Intervento:...

Non saprei, è uno che bada al proprio interesse, come altri sei miliardi di persone.

- Intervento: Ma è lui che non vuole

In questo caso non c’è problema, di fronte a una richiesta esplicita, perché stare lì a insistere...

- Intervento:...

Purtroppo non esiste un sistema migliore, mentre ne esistono di peggiori. È molto difficile sapere come intervenire in una persona che mostra depressione, soprattutto se è un familiare. È molto difficile perché si innescano dei processi che sono interdipendenti, dove ciascuno a modo suo trae vantaggio, il depresso dalla sua depressione e i familiari dalla depressione del depresso. Perché è malato, così si dice generalmente e quindi ha bisogno di cure e quindi qualunque cosa faccia o dica viene presa come quello che dice una persona che non sta bene, se dice delle cosacce è perché è depresso e quindi è funzionale in molti casi, e così anche il depresso in questo modo può dire quello che gli pare. La depressione è una delle cose più difficili da analizzare e cioè è più difficile da abbandonare, per via dei vantaggi che offre.

- Intervento: il male del depresso non si vede, mentre una gamba rotta...

Sì, anche perché la gamba rotta dopo un po’... (interventi vari) già, eppure questa pretesa di essere capiti è molto diffusa, ciascuno in qualche modo pretende di essere capito, se cessasse di pretendere questo, se cessasse anche di illudersi di esserlo (capito) potrebbe trovarsi di fronte all’eventualità di avere invece la certezza di non essere capito, mai, da nessuno e quindi potrebbe eventualmente tenere conto di questo aspetto, tenerne conto nelle conversazioni, tenerne conto nelle relazioni. Non solo non pretendere che l’altro lo capisca, che sa benissimo che non può farlo, non si aspetta nemmeno che questo possa accadere, da qui una certa solitudine si diceva tempo fa, solitudine irreversibile, solitudine perché non essendo capito da nessuno è come se non comunicasse con nessuno in un certo senso, cioè le cose che io dico, che penso non sono trasmissibili così come io le penso, ciò che io trasmetto sarà percepito da altri in un altro modo, che io non saprò mai, ecco perché la solitudine, ma è una solitudine che muove dalla stessa assenza di senso delle cose, in effetti non essere capiti comporta che le cose che dico non abbiano un senso predeterminato ma incontrino del senso per me che le dico e un altro senso per le persone che ascoltano, le quali ascolteranno qualcosa di ciò che io dico ma attraverso il loro discorso e io non posso né chiedere né pretendere meno che mai che capiscano ciò che io dico, anche se la persona che ascolta si atterrà a delle regole del gioco, posso giocare a poker con gli amici e ciascuno si atterrà alle regole del poker, ma non tutti sanno che cosa io sto intendendo fare...

- Intervento: il depresso pare sappia benissimo della vanità della sua richiesta di venire capito dall’altro, lui anzi sa benissimo che non sarà capito. Mi pare che qui resti in sospeso e per fortuna c’è il termine depressione che può giustificare questa ricerca del senso. È un gioco orchestrato abbastanza bene.

Sì, certo è funzionale a una struttura di pensiero.

- Intervento:...

Sì, lo notava anche Freud, tutte le nevrosi in tempo di guerra scompaiono, perché uno che deve salvare la pelle in ogni istante ha altre preoccupazioni, così come anche il depresso se si accorge che la sua casa sta andando a fuoco in quel momento gli passa la depressione, o se gli stanno rubando la macchina passa istantaneamente la depressione...

Intervento:...

Allora comincio a rispondere alle domande una alla volta, intanto Freud era abbastanza pessimista, non riteneva che ci fosse la possibilità di intendere né di venire fuori da una situazione del genere cioè da una struttura di pensiero tale che porta inesorabilmente alla produzione di nevrosi e per lui la produzione di nevrosi è prodotta dalla struttura della civiltà. Ora non lo so se è esattamente così, certo è che è possibile riflettere sulla struttura anche logica che porta alla costruzione della depressione, che per esempio ha lo stesso andamento del nichilismo, cioè il percorso è sempre lo stesso, ad un certo punto ci si accorge che si comincia ad interrogare le cose, ci si accorge che queste cose non sanno rispondere e allora si dice che nulla ha un senso e allora se nulla ha un senso che vada tutto in malora... che è, detto in modo un po’ rozzo, sia il percorso del nichilismo sia il percorso del depresso. Ora ovviamente tutti questi percorsi sono resi possibili dalla supposizione che le cose possano avere un senso, se questa supposizione venisse meno allora non potrei mai piangere sulla perdita del senso delle cose, quale senso? Non ce l’hanno mai avuto, non avrebbero più nulla su cui piangere e questo è un elemento che può intervenire in una riflessione intorno alla depressione, rispetto in particolare alle condizioni che la rendono possibile, se non credo in un senso delle cose non posso pensare che l’abbiano perduto, e quindi non posso essere depresso in nessun modo e quindi c’è l’eventualità di non essere depresso.

- Intervento:... quando invece vogliamo capire e non trovo l’indirizzo

E qual è il suo indirizzo?... però mi sono trovato anch’io in questa condizione di dovere acculturarmi, come diceva Lei e allora mi sono chiesto da cosa incominciare e in effetti il campo del sapere era sterminato, però mi sono chiesto, intanto con che cosa acquisisco informazioni o elementi? C’è una struttura organizzata che mi consente di acquisire degli elementi? Sì, c’è ed è quella che mi consente anche di chiedermi questa cosa ed è il linguaggio, e allora ho incominciato da lì, da quella struttura che mi avrebbe consentito in seguito anche di acquisire elementi, non mi sono chiesto se una certa cosa seguiva il mio indirizzo oppure no, la cosa non mi interessava minimamente, né se dare ragione ad una persona oppure no, era una cosa assolutamente irrilevante. Perché? Perché il minimo che occorre fare è questo: prendere il testo di uno dei massimi filosofi o pensatori o logici e poi, primo dimostrare che quello che dice è assolutamente vero e provarlo, dopo, dimostrare che quello che dice è assolutamente falso e provarlo. A questo punto, quando Lei è in condizione di fare questo non si preoccuperà più di seguire questo o quello, non le interesserà più nulla di tutto ciò perché qualunque cosa queste persone dicano, lei sa che non è né vera né falsa. Raccontano qualcosa a cui magari queste persone credono, però non hanno un gran rilievo, ciò che a quel punto può diventare interessante è invece la ricerca intorno a quella struttura che le ha consentito di compiere questa operazione e cioè il linguaggio e quindi non si pone più il problema di seguire questa o quella persona, non ha nessun interesse. Cioè può seguirla perché così le piace, la diverte, ma non perché ritenga necessario quello che dice perché è assolutamente negabile oppure negabile e affermabile, che è molto peggio, molto peggio che se fosse soltanto confutabile, ma è anche dimostrabile e è anche confutabile...

- Intervento: sulla comunicazione

Dipende da che cosa si intende con comunicazione...

- Intervento: l’idea che mi sono fatto è che si intende tutto con comunicazione

Tutto? (...) certo in questa accezione non c’è cosa che non sia comunicazione... (noi veniamo da una comunicazione) perché? (se c’è un dio che ce l’ha data questa comunicazione) e se non c’è? C’è anche questa eventualità... (se non c’è tanto è lo stesso, tanto noi comunichiamo siamo nella comunicazione), forse. Ci fermiamo qui per questa sera ma proseguiremo queste questioni, aggiungendo magari degli elementi più precisi. Grazie a tutti e buonanotte.