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25-11-2004

 

Libreria LegoLibri

 

MADRI CHE UCCIDONO

 

Beatrice Dall’Ara

 

Ho scritto due parole come introduzione a Madri che uccidono, dopo di che mi piacerebbe ci fosse un dibattito ed è cosa gradita se gli amici vogliono intervenire.

Avremmo anche potuto titolare questo incontro L’amore della Madre ma sarebbe stato meno d’effetto non avrebbe suscitato l’interesse perché l’amore della madre è un bene, è un valore, il più alto valore degli umani ed è la sua messa in gioco che scatena le più grandi emozioni che costruiscono tragedie dai tempi dei miti degli dei nell’Olimpo. È un amore, un valore, un ideale sacro, è la verità assoluta, i vincoli e le figure che ne discendono, sono detti vincoli di sangue e solo con il sangue si sciolgono. È naturale, è nella natura delle cose e per nulla al mondo vi si può rinunciare, si può negare con forza questo bene ma è proprio da quella forza con cui lo si nega che in molti casi si rivela l’interesse , si rivela l’attaccamento, si rivela la fissazione che lo conferma. E’ naturale, ciascuno di noi venendo al mondo, fin dai primi vagiti ci ha fatto i conti, lo ha imparato, con la mamma ha fatto i primi passi, ha imparato le prime parole, quelle parole che via via gli hanno spalancato il mondo, gli hanno mostrato e costruito il mondo. Lì le più grandi emozioni perché ogni nuova parola che si allaccia con un’altra parola comporta una scoperta, comporta un’invenzione, qualcosa che attrae e il gioco inizia, il gioco prende forma ed è divertente giocarlo e giocarlo ancora e giocare ancora quello forse perché non se ne intravedono altri, ma ecco perché attrae? Perché è piacevole tanto che voglio giocarlo ancora? Al poppante la madre da il suo seno per nutrirlo e si dice che il bambino piange perché ha fame ma morirebbe se non ci fosse quel gesto che lo nutre, la madre sa che piange perché lei dice che ha fame e sa che morirebbe se non ci fosse lei. Ma quando è piacevole un gioco? Quando comincia a individuare fra i giochi quello che più lo interessa e cioè quando incomincia a dire a sé, fra sé e sé come muovere per giocare “se prendo la pistola ad acqua e la spruzzo su mia sorella che sta disegnando sulla poltrona faccio un gioco che mi piace enormemente ma la mamma non vuole e allora guardo la televisione c’è giusto un film che mi interessa i marziani che invadono la terra…” La mamma non vuole… il gioco muove e attrae se ci sono quelle regole che lo fanno funzionare, senza queste regole non sarebbe divertente anzi non sarebbe un gioco. Quali sono le regole in questo gioco? Non è facile stabilire una regola se non si sa qual è la premessa, quella che rende piacevole e prioritario il gioco, perché se posso giocare qualsiasi gioco mi accada di giocare allora non si pone il problema, gioco, ma se qualcosa segna la via, la direzione, il passo allora no, solo se sono curioso posso proseguire e interrogare ciò che fa di un gioco il gioco più piacevole, più attraente, quel gioco che a quel punto non pare un gioco per cui chiedo conferme e autorizzazioni per quei divieti che all’interno del mio stesso discorso si pongono. Divieti che si pongono all’interno di un discorso per mantenere intatto un desiderio, un gioco, ma non basta il divieto per cancellarlo, per cancellare un gioco anzi proprio per quel divieto diventa prioritario e sempre di più si isola da un contesto fino ad estendersi a tutti gli altri giochi, a tutti gli altri contesti. Una persona ha paura di un insetto, di una mosca bianca e alla fine non può muoversi di casa perché ci sono mosche bianche ovunque… L’amore della madre per gli umani è un valore, uno dei beni ai quali non rinunciano perché senza questo bene, da cui nasce la poesia di millenni non avrebbero direzione, non ci sarebbe qualcosa in cui credere, non ci sarebbe qualcosa per cui odiare. La madre è la metafora del dio anche se il dio ha sembianza paterna “dio padre” ma il sapere, la verità la insegna la mamma, la mamma insegna la verità assoluta è la mamma che indica il bene o il male, è la mamma che informa cosa è buono e cosa è cattivo, chi si deve amare per farsi amare da lei. La madre è la metafora del governo, delle istituzioni costrette a costruire leggi perché i figli stessi le impongono, perché vogliono essere governati, obbedienti o disobbedienti a comandi, capaci o incapaci di eseguire ordini, di adeguarsi ad un sapere, ad una verità imposta. E i figli accolgono il sapere, le loro argomentazioni dalla madre, dalla scuola, dall’oratorio, dalla gente con cui parlano, dai grandi della cultura credendo di trovarlo questo sapere, volendolo trovare, volendo che sia il vero e come il vero lo utilizzano, utilizzano che cosa? Utilizzano luoghi comuni, utilizzano opinioni, utilizzano ciò che in quel momento va di moda e se in quel momento è accaduto un fatto che scuote la natura, un fatto che rompe la monotonia di guerre, stermini, scandali economici, incidenti rocamboleschi ecco che irrompe il terrore, la follia, per un qualcosa di automatico che si è sganciato e l’amore della madre diventa minaccioso, diventa il simbolo della follia sempre in agguato, il caos, il marasma generale, la madre che uccide è qualcosa di proibito, qualcosa su cui gli uomini vogliono tutela, la chiedono a gran voce, vogliono essere in grado di riconoscere i segni quelli per cui è possibile uccidere il proprio figlio, i segni premonitori, perché ci devono essere questi segni, uno squilibrio, una causa, una responsabilità.

L’ideologia della madre, è l’ideologia metafisica della verità assoluta e trascendente quella per cui le cose esistono e accadono per via di dio o della natura, qualsiasi cosa esiste in quanto qualcos’altro da me la fa esistere ed le cose esistono in quanto devono essere identiche per ciascuno, per cui ciascuno possa ammirarle o detestarle ma non possa esserne responsabile perché questa è la realtà, questo è il fondamento della realtà metafisica, che le cose siano identiche per ciascuno perché solo così ciascuno sa qual è il bene, possa discernere il vero dal falso e quindi possa orientarsi. Perché la madre tutto ciò che fa lo fa per il mio bene, questa è la potenza per cui resta intatta nei millenni questa ideologia. Diceva Luciano Faioni l’altra sera nell’incontro in Associazione:

La questione del vero o del falso rimane sempre importante in tutto il discorso occidentale che è fondato su questo e la madre è quella che fornisce il linguaggio, quindi fornisce la verità, ora l’amore assoluto è tale perché è assolutamente vero se viene il sospetto che possa essere falso allora può essere falsa qualunque cosa per cui diventa un problema, per cui deve essere assolutamente mantenuto vero l’amore materno come verità assoluta, da qui lo sgomento quando la madre mostra che invece questo amore assoluto non è tale perché allora la verità non era tale o potrebbe non essere tale ed è un grosso problema… ora una madre che uccide un figlio sa benissimo che il suo amore deve essere un amore assoluto perché glielo hanno insegnato fin dai primi mesi di vita e quindi lo sa e se va contro a una cosa del genere deve avere dei motivi molto forti se non riesce a sacrificarsi come fanno in generale le madri e cioè pensare di avere un ruolo fondamentale e quindi un potere enorme e che questo potere enorme che suppone di avere per qualche motivo non ce l’ha più o comunque è minacciato e allora il figlio non serve più a niente perché il figlio serve a questo… Vi siete mai chiesti perché la donna vuole avere figli?

È la potenza della madre, è la potenza del discorso occidentale, del discorso in cui ciascuno di noi ha incominciato i suoi primi passi e le sue prime parole, ha cominciato a parlare e quindi a costruire il mondo, il suo mondo. Ha incominciato a parlare a dire le prime parole e a costruire questo mondo e sa che ciò che gli hanno insegnato è vero, è autentico …. non può la madre volere il male del figlio tutto ciò che fa la madre lo fa per il suo bene, questo le madri sanno e questo i figli sanno, poi che i figli non si adeguino, contrastino questa è un’altra questione ma ciò che è importante è l’idea che sorge da questo amore, da un amore che è immaginato naturale, che è immaginato esistere per natura al di là di qualsiasi cosa, questo ciascuno di noi l’ha imparato, lo sa, sa che è vero non lo può mettere in gioco se non facendo la guerra o adeguandosi, diventando il brigatista o facendo il bravo ragazzo che si guadagna la vita con il giusto lavoro. L’idea però è quella che ci sia questo sapere, questa verità di cui io non sono che un portavoce, un passaparola, l’idea che questa verità sia identica per ciascuno, ciascuno la possa toccare, annusare e che non si possa cambiare assolutamente nulla in questa realtà, c’è un destino, c’è un dio, c’è una natura, c’è una madre, c’è tutta una struttura che funziona in questo modo per mantenerlo saldo l’amore naturale, e se noi invece dicessimo che nulla è naturale? Questo potrebbe essere in un primo tempo rigettato di fronte all’immensità di questo bene, ma noi continuiamo ad affermare che questo amore non è naturale è frutto di una struttura linguistica e non può darsi fuori da questa struttura che l’ha prodotto dai tempi dei miti e forse anche prima e lo produce fino ai giorni nostri. Ha costruito l’ideologia dell’amore, della natura, del tutto naturale, delle cose che si danno di per sé e quindi io non ho la possibilità di mutarle al massimo io posso fare uno scambio le faccio diventare da spiacevoli in piacevoli ed è quello che fanno la maggior parte delle persone di fronte a una questione che infastidisce, cambiano le disposizioni di alcuni attributi e la questione diventa piacevole e se ne sbarazzano non hanno, non possono avere la responsabilità di una realtà che è stata insegnata, non possono pensare che la realtà sia un concetto, la produzione di una struttura linguistica. È follia pensare che possa darsi qualcosa fuori da una struttura linguistica, è l’uovo di colombo ma perché le persone non possono accoglierlo, non possono accorgersi che l’amore della madre produce tragedie dal tempo dei miti? Produce conflitti, guerre… così come è costruito, non è che andiamo a inficiare la questione materna, non stiamo distruggendo con questo qualcosa che gli umani possono giocare e dalla quale possono trarre piacere, io stessa sono mamma e nonna di Alberto e sono assolutamente contenta di quello che mi trovo a giocare, ma è della ideologia di ciò che produce questo attaccamento alla irresponsabilità, alla impossibilità di poter considerare ciò che mi accade di pensare come una mia costruzione, un qualcosa che io produco per continuare a vivere e quindi se mi trovo per qualche motivo a produrre una tragedia, a vivere una tragedia non c’è nulla al mondo che mi possa distogliere, fermare e anzi posso anche commetterla l’azione che ineluttabilmente per tutta la vita mi farà vivere questa tragedia e questo per via dei valori, delle ideologie, per via del sapere che gli umani hanno posto a sé in prima istanza perché non possono considerarsi parlanti. Ecco, forse tutto questo può sembrare marginale, estraneo nei confronti di un ideale così grande ma se ciascuno potesse considerare come funziona il linguaggio e come deve fare per proseguire, il quale linguaggio prosegue con le tragedie così come con le commedie sono degli ingranaggi che lo fanno proseguire… ecco però se ci si potesse accorgere di questo forse a quel punto ci si accorgerebbe che quando si vive la tragedia non ci si sta divertendo non è piacevole la tragedia anche se la ripeto e la costruisco perché mi attrae ma non è assolutamente piacevole se parlo perché quando parlo io so cosa dico, quando dico che soffro o che sono felice, lo so è la lingua, è il linguaggio che mi indica la direzione per cui a quel punto potrebbero agirlo il linguaggio, considerare il discorso in cui si trovano e quindi accorgersi di quello che costruiscono è una loro responsabilità ma non è una responsabilità civile o penale, non è colpevolezza ciò di cui andiamo dicendo quando parliamo di responsabilità, la colpevolezza è una costruzione linguistica, la responsabilità è il modo di muoversi, di vivere, ora dicevo a queste cose si può avere l’accesso laddove si sia estremamente curiosi, solo questo e quindi si acceda a un percorso analitico, a una psicanalisi la quale psicanalisi è quel percorso in cui la propria storia e il proprio vissuto entra a far parte del proprio discorso perché è un discorso ciò con cui ci si confronta è qualcosa che io posso giocare. Bene adesso vorrei sentire qualcuno, qualcuno ha voglia di dire qualcosa?

Intervento: scusi lei ha parlato di discorso occidentale perché lei ha fatto questa distinzione?

Ma… il discorso occidentale per distinguerlo in qualche modo dal discorso orientale ma non c’è questa grande differenza parliamo del discorso del discorso in cui ciascuno di noi viene a vivere, soprattutto a parlare, in questo senso discorso occidentale. (…) no, l’ideologia della cosa fuori di me di cui non sono responsabile, non sono responsabile di una realtà che è intoccabile, di un sapere che non posso mettere in gioco questo non è mai avvenuto, molto probabilmente per come le persone imparano a parlare nel senso che la mamma quando insegna al bimbo qualcosa che lo interroga, che lo interessa ma che non ha ancora un nome, che non sa che cosa sia dice “questo è questo!” diciamo che glielo impone e il bimbo non può più interrogarsi da quel momento in poi sulle cose che ha acquisite, sulle cose che ha assunte, non lo può fare… la cosa invece è avvenuta per noi, qualcuno ha cominciato a mettersi in gioco chiedendosi “come so quello che so? Perché sono così certo del mio sapere?” e di lì è cominciato. È cominciato in un percorso analitico, laddove la persona ha avuto l’interesse di mettersi in gioco mettendo in gioco il sapere acquisito, assunto.

Intervento: come fa una mamma ad uccidere un figlio?

Lei cosa dice, signora? Avrà una sua idea? (non riesco a vedere una ragione) esattamente come dicevamo prima, non è pensabile che una mamma possa uccidere il suo bambino. Non è pensabile, pare che non ci sia la sua contraria, la sua contraria è fuori natura. Ma questo riguarda il funzionamento, come funziona il linguaggio se uno sapesse come funziona il linguaggio allora si renderebbe conto, saprebbe perché la mamma non lo può fare ma non lo può fare per lei perché è la mamma stessa nel suo ruolo di madre che non può pensare voler uccidere il suo bambino, se lo fa lei stessa è fuori gioco. Non è pensabile una cosa di questo genere da qui il terrore, la follia…ho ascoltato alla televisione i vari personaggi che sanno e che rispondono a questa domanda sulla follia, sul terrore della follia e cioè che a tutti possa accadere di compiere quel gesto. Però non si può… sì Sandro

Intervento: anche se la follia è un alibi, nel senso che una madre che uccide il figlio compie un atto contro natura… questo atto contro natura… può essere ammesso il fatto che è pura follia e la follia è esattamente ciò attraverso cui si veicola l’irresponsabilità, il folle è incapace di intendere e di volere, non è responsabile, in effetti si può prevedere che nel processo che ha fatto molto clamore di questa madre di Cogne ecc. ecc… possa terminare con una sentenza di incapacità di intendere e di volere magari solo limitata al momento perché questo è il modo in cui la società si salvaguarda se lei è folle la società è salva, la civiltà è salva cioè si mantiene intatto questo principio assoluto di cui dicevamo prima appunto dell’amore materno perché l’amore materno è naturale. La natura è una straordinaria invenzione degli umani perché è esattamente ciò che comunque sigla la loro irresponsabilità, dicevamo la realtà no? Ma la realtà è prodotta dalla natura e quindi l’invenzione della realtà e della natura è ciò che consente di avere dal punto di vista soggettivo qualcosa di oggettivo, qualcosa di cui si può essere solo spettatori non attori, la questione della struttura linguistica invece cui accennava Beatrice prima porta a questa considerazione che non esiste nessuna natura fuori dal linguaggio proprio perché si tratta di intendere questo concetto di natura, fuori dal linguaggio è non senso si tratterebbe oggi di riconsiderare i principi e i valori del discorso occidentale come si trattasse di leggere le opere dei di Esiodo prima parlavamo dei miti. Esiodo descrive attraverso questi miti, descrive come nasce l’universo, come si sono formate queste figure senza renderci conto che noi ne siamo eredi in un certo qual senso di questo modo di pensare di questo modo di raccontare storie… per noi oggi è una favola una volta era una credenza, forse noi dovremo appunto considerare che tutto ciò che noi riteniamo assolutamente intoccabile nel senso che non può essere messo in discussione, nel senso di considerare, di interrogare ciò che crediamo, si tratterà di rileggere questi nostri principi, questi nostri valori allo stesso modo in cui possiamo leggere oggi le opere di Esiodo perché non hanno nessun valore differente sono esattamente la stessa cosa, ci stiamo raccontando delle favole tutto sommato e non ce ne accorgiamo immaginando che sia la realtà delle cose, la realtà delle cose ciascuno immagina di descrivere una sorta di fotografia di questa realtà ci si può accorgere di un fotomontaggio ma nel senso che sono vari pezzi di questo fotomontaggio non sono altro che delle cose che crediamo che immaginiamo vere poi ovviamente ci dobbiamo limitare a questo perché non le interroghiamo? Ovviamente se dovessimo trovarci nell’occasione di interrogarle comincerebbero a intervenire problemi, incertezze come dicevo all’inizio la follia è un modo… nella quale la società si salva ovviamente ma soprattutto si dispensa da quello che invece dovrebbe fare, cominciare a interrogare, nessuno interroga un folle nel senso che è matto, invece si tratterebbe di interrogare (…) (la mamma di Cogne hanno detto….) sì, sì io adesso non voglio entrare nel merito però so che c’è anche una richiesta ma fosse anche che non avvenisse questo… è nel luogo comune quello che importa che cosa sta funzionando quando si dice che una certa cosa è impensabile come può una mamma fare una cosa di questo genere? Può, il fatto di essere matta, ma questo fatto perché se lo facesse e in certo senso e ci fosse un accoglimento della responsabilità questo allora creerebbe dei grossi problemi allora anch’io posso farlo, anche lei, noi… è un po’ come la questione della depressione si sente molto ultimamente, in questi ultimi anni questo tam tam che si sente sui giornali, alla televisione che la depressione è una malattia, la depressione è una malattia (lei dice che non lo è?) adesso non farei questo discorso che abbiamo già svolto e che sarebbe molto lungo però in questo modo che cosa si fa? Si mette all’erta ciascuno se è una malattia attenzione che ciascuno la può prendere come se fosse diciamo una questione virale, in questo modo si tiene all’erta e in tensione il cittadino…

E la mamma fa così quando insegna ai suoi bambini come muovere

Intervento: importante è che il cittadino si trovi sempre in una condizione di irresponsabilità per cui c’è comunque sempre alla detta di Jung una sorta di grande madre da qualche parte che pensa per lui

Ed è questo il vantaggio per il cittadino il quale può odiare lo stato, le istituzioni fare la rivoluzione francese però non è responsabile, è qualcosa che viene dal “fuori di sé” ma lui pretende di poterla fare questa guerra, è lui che fornisce le armi alla madre, al governo, alle istituzioni perché ciò possa avvenire perché ci sia questo gioco di forze per cui la madre, è vero che si sacrifica, non può la madre neanche fra sé e sé considerare e ammettere il suo desiderio, che in qualche modo può essere quello di fare fuori un figlio ma non lo può fare è costretta al sacrificio estremo e quindi a fare il gioco di quel figlio perché è un colloquio continuo, così le istituzioni con il cittadino non cambia assolutamente, questo perché le persone non possono pensare

Intervento: nel mondo animale ci sono madri che ammazzano i figli per la sopravvivenza

Certo ma all’animale è concesso dalla natura non alla madre

Intervento: ci sarebbe da dire che in realtà una madre non uccide mai il figlio nel senso che al momento in cui lo fa non è suo figlio…ora questo riapre il discorso ad un’indagine, a interrogare questa madre e a capire chi era questo figlio che al momento in cui lo ha ucciso non era tale

In effetti questo è ciò che può avvenire in un’analisi se qualcuno mi chiede che cosa ne penso di un certo fatto, di una certa madre, io posso esprimere delle opinioni è solo in una analisi che una madre può dire delle cose e a quel punto io posso ascoltare, se no sono delle opinioni come le altre… (sì però vedere la questione da questo punto di vista forse chiude un po’ la questione) cioè? (perché in quel momento o lei non è una madre o lui non è un figlio) e questo è il modo in cui si pensa è ciò di cui parlavo, è il terrore folle ciò che le persone non possono avvicinare con il loro pensiero perché viene a cadere tutta l’ideologia della civiltà che poggia proprio su questo (come la questione della guerra nessuno di noi normalmente ucciderebbe qualcun altro ma in guerra questo succede perché l’altro non è più un essere umano come me ma è un qualcosa che…) è un gioco per cui se te lo dice la mamma di farlo tu lo fai e non è male, è bene. Si rende conto che sono sempre le stesse figure retoriche che intervengono a dominare il discorso non c’è uscita da questo…

Intervento: come potrebbe fare un figlio lasciarsi uccidere dalla madre

Come potrebbe fare un figlio a non farsi più uccidere dalla madre? Sì ha ragione questa lotta di potere in cui è come se ci fossero due verità contrapposte per cui la verità della madre è la verità del figlio ma al contrario, in questo duello continuo che non finisce mai…lei dice come è possibile al figlio non farsi uccidere? Beh pensando solo così può non farsi uccidere, cominciando a pensare e a mettere in gioco quello che lui sa, quello che lui giudica, quello che lui ha imparato, quello che lui crede, in questo modo può fare il figlio a non farsi ammazzare dalla madre

Intervento: in un certo senso non negherebbe la sua figliolanza?

No, comincerebbe a dare una dignità alla figliolanza, sarebbe degna una cosa di questo genere ciascuno può, anzi deve, ha l’obbligo di cominciare a pensare, di cominciare a camminare con le sue gambe non è più un bambino è chiaro che il bambino deve essere accudito ma è grande e deve camminare con le sue gambe

Intervento: sì, però quello che mi viene subito in mente che se un figlio si accorgesse che la madre lo sta uccidendo, lo ha ucciso e avesse consapevolezza di questo fatto non so fino a che punto…

ma questo è ciò che per lo più i figli pensano anche se non lo portano agli estremi come lei sta facendo, non è qualcosa che il figlio non sa solo che preferisce mantenerlo nel giusto equilibrio di un conflitto… da qui in molti casi quei fatti pazzeschi che si sentono raccontare, non è che non lo sa, il potere della madre è il figlio ma sono giochi contrapposti quelli che vengono a crearsi, tutte queste cose si sanno

Intervento: il discorso sulla natura che non esiste al di fuori… (del linguaggio che è la condizione del pensiero, della natura) però mi chiedo proprio per questo non è naturale? nel senso che senza questa rete che istituiamo, che la mamma insegna al bambino, non potremmo muoverci, non potremmo esistere. Per cui è naturale in un certo senso… è una produzione del nostro corpo, della nostra mente avviene negli animali, nel senso che gli animali sviluppano delle tecniche per sopravvivere per riuscire a orientarsi ciascuno con la propria sensibilità in base al proprio… per cui è vero che è sempre limitato il concetto che noi abbiamo di struttura però si evolve…

Luciano Faioni risponda lei

Ci sono due aspetti: un aspetto prettamente sociale e uno psicanalitico. Ora la questione può porsi in termini molto generali e domandarsi come mai una persona ne uccide un’altra, e generalmente se lo fa, cioè se uccide un’altra persona, è fortemente motivata a farlo, può essere un ordine, si può fare per denaro, per rabbia, per salvare la propria vita, per salvare il proprio onore, a seconda dei casi, ma sia come sia è sempre un gesto estremo che però fa parte della vita degli umani. Come si sa gli umani si ammazzano da quando esistono, non è una novità, ora la domanda non è tanto perché una persona ne uccide un’altra ma perché questo tipo particolarissimo di uccisione sollevi tanta paura, tanto sgomento, perplessità, perché se invece un iracheno si fa saltare per aria, oppure un marine uccide non succede niente, è diverso, eppure è sempre un assassinio anzi magari il marine ne ammazza quindici di bambini in un colpo solo, ma non succede niente, la mamma ne ammazza uno e succede il finimondo.Oppure il figlio che uccide la madre, cioè quando vengono a mettersi in discussione dei legami che la società considera fondamentali per il suo progredire, e cioè la famiglia. La famiglia è importante, il primo nucleo, quello più stretto, quello più rilevante per ciascuno, la famiglia non si tradisce, come sanno benissimo a Palermo. E il modello di famiglia in effetti è quello, non si fa uno sgarro alla famiglia perché crolla tutto ciò che ciascuno ha imparato, le sue certezze, le sue sicurezze, ciò da cui si sente protetto, cade la sicurezza della protezione. Da sempre la famiglia è il luogo dove non ci si aspetta per definizione un’aggressione, si è stabilito così, che con i familiari non bisogna ucciderli, anche gli altri, ma i familiari in modo particolare, è una decisione che vale quanto qualunque altra certo, non c’è assolutamente nulla di naturale anzi, come ricordava il signore, in natura le madri uccidono con assoluta tranquillità, se dovessimo attenerci scrupolosamente al modello naturale tutti i figli che sono in sovrappiù dovrebbero essere divorati e mangiati dalle madri, ma questo non avviene in linea di massima. Perché non avvenga questo è un discorso che potremmo anche fare ma in ogni caso ecco, la questione sociale riguarda la dipendenza, e cioè la necessità che ciascuno sia dipendente e che questa necessità di dipendenza sia tramandata di generazione in generazione in modo che ciascuno stato, ciascuna istituzione possa farne buon uso ed è in effetti il primo modello di dipendenza. Il bambino per esistere ha bisogno della madre? Assolutamente no. Di cosa ha bisogno? Di alimentazione, di educazione, di qualcuno che dia delle istruzioni. D’altra parte è già avvenuto anche in qualche secolo passato che non fossero le madri a occuparsi dei figli. Ma già tutta la tradizione cristiana, con la madonna in particolare, ha voluto che fosse così a tutti i costi, con qualche conseguenza naturalmente rispetto all’ordinamento sociale per cui da quel momento l’unico scopo della donna, e viene addestrata così fino da subito, è quello di fare figli e occuparsene. Tutto ciò è diventato qualcosa di naturale, cioè non è più considerato il frutto di una decisione presa da qualcuno ma qualcosa che viene dalla natura, che è questa cosa non ben identificata e non ben definita, nessuno sa esattamente che cosa sia, però non per questo non funziona perfettamente. Questa necessità di dipendenza è importante e fa in modo che la persona fin da piccola sappia che per esistere ha dovuto prima dipendere dalla mamma, poi dipende da qualche cos’altro, poi di fatto dipende dallo stato in generale, e fornirgli questa superstizione è indispensabile per cui la famiglia rimane il pilastro. Ma è necessaria? No, non lo è. Qualcuno chiedeva perché quella signora ha ucciso il proprio figlio, non lo so, non lo so perché una persona ne uccida un’altra a meno che non me lo dica, io non ho mai avuto in analisi donne che abbiano ucciso uno o più figli per cui non saprei, occorre che la persona lo dica perché ha compiuto una cosa del genere, ma è possibile sfrondare da questo evento tutto ciò che riguarda invece lo sgomento e il panico che prende le persone al momento in cui sorge il dubbio che in realtà questa dipendenza a cui sono stati addestrati fino da piccoli potrebbe non essere esattamente quello che hanno insegnato perché, diceva giustamente Beatrice, l’amore della madre è stato considerato e lo è tutt’oggi un valore assoluto, un bene assoluto, una verità assoluta, se questa viene a cadere allora si insinua la possibilità che in seguito a questo verrebbero a cadere tutti gli altri…

Intervento: …verità

Anche certo, tutte le altre certezze che la persona ha acquisite, si troverebbe sbandata, sgomenta, senza direzione, invece ha bisogno, così come il bambino ha bisogno che lo si induca a pensare di essere dipendente da qualcuno ma non perché è la dipendenza in quanto tale perché è una regola per giocare, semplicemente e la prende come tale poi diventa qualcosa di molto più serio però comincia a pensare di avere bisogno, la stessa idea di dio che sorregge tutti quanti in fondo non è poi così lontana. L’aspetto psicanalitico certo è interessante perché pone in risalto una decisione che va contro a tutto ciò che una persona ha imparato e, come dicevo prima, per fare una cosa del genere deve essere fortemente motivata. Si uccide generalmente una persona perché questa persona si suppone che rappresenti un ostacolo, in modo generalissimo, un ostacolo per qualunque motivo, per qualunque cosa per cui è ovvio che questo ostacolo deve essere rimosso, perché se viene rimosso allora finalmente sarò felice o qualunque altra cosa, ma in ogni caso è un ostacolo che deve essere rimosso e perché una persona giunge a considerare che la sua esistenza, il suo benessere, la sua felicità sia fortemente dipendente dalla eliminazione di qualcosa che ritiene essere un ostacolo, qualunque cosa sia non ha importanza che sia un bambino, e naturalmente tutto questo porta immediatamente a considerare perché, per quale motivo una persona pensa le cose che pensa, a che cosa serve costruire un nemico, per esempio, o perché accade di costruirsi un nemico a tutti i costi? E qui chiaramente si scoprono e si intendono questioni di notevole interesse ma in fondo si tratta sempre di raccontare una storia, gli umani vivono di questo, delle storie che raccontano, anche nel caso di un assassinio rimane comunque una storia che si racconta, che l’assassino si racconta, una storia che per qualche motivo è diventata più importante, ma è una storia, ora non accorgersi di ciò che opera, ciò che funziona mentre si parla può portare in alcuni casi a non accorgersi di ciò che di fatto ciascuno e di ciò cui è costruito, e cioè linguaggio, ora se non lo sa allora subisce tutto ciò che le sue storie costruiscono che diventano, anziché delle storie, eventi reali, quindi pesanti, costrittivi, diventano tragedie terribili dalle quali viene schiacciato o alle quali può anche reagire malissimo per cercare di difendersi, perché se non sa, se non può sapere che questa storia in realtà è qualcosa che ha costruito il suo discorso e che ha una serie di funzioni all’interno del suo discorso, e ritiene tutto questo assolutamente reale, allora immagina di doverlo subire e di esserne schiacciato e quindi agisce o reagisce di conseguenza e in alcuni casi anche malissimo. Le guerre si fanno per questo e anche nel caso di cui si parlava prima in fondo è una guerra, con tutti i crismi, manca solo la dichiarazione di guerra ufficiale ma adesso non usa più, adesso si elimina il nemico e bell’e fatto, c’è l’aggressore, c’è la vittima, un arma, c’è tutto l’occorrente e c’è anche il motivo, il motivo è il fatto che la vittima è considerata un ostacolo. Un ostacolo a qualunque cosa non ha importanza adesso, occorrerebbe di volta in volta considerare la questione ma è un ostacolo che deve essere rimosso in un modo o nell’altro e, per citare la mafia di cui parlavamo poc’anzi, la mafia sa benissimo come si fa a rimuovere un ostacolo, esattamente in quel modo, sì l’eliminazione dell’ostacolo è immaginato come l’unico modo in fondo per essere felici, ciascuno in definitiva punta a questo, in un modo o nell’altro, però l’obiettivo è sempre questo, nessuno punta all’infelicità con allegria e determinazione, è sempre mosso da un suo interesse particolare. Analiticamente occorre intendere come accade, ma come accade a ciascuno di trovarsi a subire il proprio discorso e quindi non accorgersi che è il proprio discorso ma immaginare che è qualcosa di esterno e come tale incombente, minaccioso, insomma qualcosa da abbattere prima che abbatta me… 

Intervento: da quello che ho capito è eliminare la dipendenza…

Se la dipendenza si trova nella posizione dell’ostacolo sì, se no, no. Poi la dipendenza non è che si elimini

Intervento:…

La dipendenza generalmente è inconsapevole, però in alcuni casi sì si può anche arrivare a questo, uccidere la persona dalla quale si suppone di dipendere, certo, in fondo in molti casi avviene così, magari non arrivando a questi estremi però si cerca di combattere una persona perché si suppone di dipendere da quella persona o perché quella persona vuole imporsi per forza. Ma la dipendenza è fondamentale, il concetto di dipendenza è fondamentale per l’ordinamento di qualunque istituzione, ciascuno si sente dipendente e chiede addirittura di dipendere, l’essere dipendente è la situazione ideale, perché farà esattamente quello che voglio io ma convinto di farlo per il suo bene, cosa c’è di meglio…

Intervento:… uno, che cosa rimane se noi togliamo il linguaggio e poi due, come è possibile pensare di vivere senza uno stato, sono talmente dipendente che non riesco a pensare una vita comunque senza lo stato, senza dare un ordine superiore che permette a molte persone di vivere insieme per questo ne parliamo…

Intanto la prima domanda “che cosa sarebbe senza linguaggio?” non sarebbe niente, anzi nulla sarebbe mai stato né avrebbe nessuna possibilità di essere. Riguardo alla seconda domanda, “cosa sarebbe senza lo stato?” certo ciascuno è stato addestrato a pensare in questo modo che esiste uno stato, prima la famiglia poi lo stato…

Intervento: sarebbe come pensare cosa sarebbe senza la mamma…

Occorrerebbe vedere cosa accadrebbe se le persone incominciassero a supporre che lo stato non è necessario, poi ci sono infinite possibilità di ordinamenti differenti da quello dello stato, se c’è la possibilità di pensare qualunque questione viene affrontata e risolta, se non c’è la possibilità di pensare, allora ci vuole qualcuno che lo faccia e se ne occupa lo stato, ma se ciascuno è in condizione di farlo c’è l’eventualità che questo ordinamento non abbia bisogno di essere o assuma altre forme. Che cosa accadrebbe in quel caso non glielo so dire, è come se mi chiedesse che cosa accadrebbe se ciascuno potesse agire il linguaggio anziché trovarsi a subirlo costantemente, non so che cosa potrebbe accadere, posso solo fare delle ipotesi ma sicuramente si vivrebbe molto meglio nel senso che non ci sarebbe più la necessità di avere paura, per esempio, e quindi di pensare di doversi difendere e quindi di avere la necessità di qualcuno che mi difenda. Però tutto questo lascia il tempo che trova, per il momento non c’è nessuna possibilità che avvenga una cosa del genere, non prima di qualche migliaio di anni…

Intervento: mi connetto alla seconda domanda “cosa sarebbe senza lo stato”… è impensabile per esempio la non esistenza dello stato diciamo che noi siamo un po’ figli della concezione dello stato Hegeliano… questo stato un po’ trascendentale ma questo si connette al discorso della paura del caos, in fondo un po’ il pensare di Hobbes “senza qualcuno che governa …” E ovviamente anche lì siamo figli di questa paura che ci sia una sorta e qui torniamo… che ci sia “l’aggressività” tra virgolette assolutamente naturale e questa aggressività non venisse imbrigliata e non venisse governata e pilotata dallo stato allora gli umani sarebbero liberi di scannarsi a vicenda continuamente senza rendersi conto che in effetti questa idea di aggressività non è assolutamente naturale è una costruzione esattamente come spesse volte ci si trova di fronte ad un divieto che viene imposto come una legge e lì per lì può sembrare naturale fare ma dice che non si fa…

Intervento: a quel punto se si fa perché è stato vietato fare…

Intervento: …ci si sente quasi naturalmente sottolineo dei criminali ma è solo una proibizione, è una legge che ha stabilito questo che è entrata nelle abitudini, che è entrato nel pensare… forse non ci rendiamo conto di questo di come molte cose che riteniamo assolutamente naturali sono delle costruzioni ovviamente che sono nel nostro automatismo, nel nostro modo di pensare in questo caso si può usare diventa naturale pensarla così

Intervento: va tanto di moda amare i cani e i gatti ma nessuno si preoccupa di non schiacciare con il piede uno scarafaggio o un altro animale la mosca è un fatto culturale e fa parte di quegli schemi mentali che la nostra civiltà…

Lo schema centrale è quello dell’ideologia di cui parlavo prima per cui le persone non possono considerarsi capaci di pensiero, non possono farlo perché possono solo accogliere ciò che è stabilito e che proviene come sapere ma non lo possono mettere in gioco, non lo possono fare perché immaginano che ci sia qualcosa che si chiama realtà e che è uguale per tutti e invece no la realtà è come qualsiasi altra cosa un concetto, una costruzione di una struttura linguistica la quale struttura linguistica come dai tempi degli dei ha bisogno della sofferenza e del piacere per continuare a proseguire, come motori che producono le sole differenze che possono produrre. Ora se ci si accorge che non è necessaria la sofferenza e che quando si dice che si sta male non si afferma che si ha voglia di andare a ballare allora ci si accorgerebbe di più di quella struttura linguistica che non viene assolutamente considerata

Sì, il primo modo potrebbe essere quello, magari riflettere su una questione, che in realtà la natura in quanto tale non è mai esistita, potrebbe essere un argomento di riflessione, per tutte le sue implicazioni…Va bene l’appuntamento è per giovedì con Sandro Degasperi: “I conflitti e le origini dell’odio” che riprende buona parte dei temi di questa serata. Grazie a tutti e buona sera.