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L’ultima tecnica di controllo

 

 

Vorrei iniziare questa conversazione con voi ponendo una domanda che sicuramente molti altri si sono posta: come è iniziato il declino della psicanalisi, come è avvenuto?

Nel 1985 ci fu un processo contro Armando Verdiglione, un processo che si concluse con la condanna. I capi di imputazione erano circonvenzione di incapace e associazione a delinquere. Fu un processo soprattutto mediatico, le testate dei più grandi quotidiani dedicarono moltissime pagine a questo processo, e molti hanno considerato, non a torto, che questo processo gettò un notevole discredito sulla psicanalisi. La domanda che mi sono posta più volte è se gettare discredito sulla psicanalisi fosse stato l’effetto del processo, o il motivo del processo. Cosa stava accadendo in quegli anni? Stava accadendo una cosa importante, si stava incominciando a creare l’Unione Europea. Vi chiederete cosa c’entra l’Unione Europea con il processo Verdiglione. Non c’entra niente. Tuttavia è possibile fare alcune considerazioni che potrebbero essere di qualche interesse. Che cos’è l’Unione Europea, e a che cosa serve? Risponderò a questa domanda citando quattro personaggi e poi non dirò altro su questo, quattro personaggi che hanno contribuito attivamente a questa operazione, uno è François Perrault, il quale disse che perché i poteri forti, e con poteri forti intendeva poteri industriali, finanziari, potessero avere il controllo totale sull’Europa, era necessario che i singoli stati venissero esautorati della loro sovranità, e per fare questo era necessario togliere ai singoli stati la sovranità monetaria. La seconda citazione è di Jacques Attali che alcuni di voi forse conoscono, è un banchiere e politico francese, tra l’altro uno dei fautori del trattato di Maastricht, al quale un economista chiese un giorno, un economista abbastanza preoccupato per quello che stava accadendo, chiese a Attali “Vi rendete conto di quello che state facendo in Europa?”. Jacques Attali rispose così: “non è colpa dell’Unione Europea se i cittadini sono convinti che l’Unione Europea sia stata fatta a loro vantaggio”. Mario Monti ha detto abbastanza recentemente che una situazione grave come questa impone necessariamente la deroga di alcune istanze democratiche; Angela Merkel, due settimane fa, ha detto che “un po’ di purificazione fa bene all’Europa”. Non aggiungerò altro a queste citazioni che vi ho proposte per intendere che un progetto di questa portata, che comporta la persuasione e il controllo di milioni e milioni di persone è impresa difficile, si può fare, è già stato fatto, ma non è facile. Occorrono degli strumenti, occorrono delle tecniche, tecniche di persuasione e di controllo. Come si fa a controllare un numero così grande di persone? Il primo modello lo ha stabilito il cristianesimo quando si è inventato il peccato originale, da quel momento tutti coloro che nascevano, nascevano peccatori, quindi debitori, quindi in difetto, quindi mancanti. Oggi, qualunque bambino nasca in Europa nasce con un debito originale, non nei confronti di dio ma della Banca Centrale Europea. È essenziale che le persone incomincino a pensare, a credere di essere in difetto, di essere debitrici, di essere colpevoli, di essere bisognosi, questa è la condizione per qualunque operazione di persuasione. Che cos’hanno a che fare le psicoterapie con tutto ciò? Con psicoterapia intendo la psicologia, le neuroscienze, le scienze cognitiviste, le scienze comportamentali, eccetera, dunque dicevo le psicoterapie hanno un ruolo, certo non determinante, però hanno un ruolo, perché si tratta di trovare il modo per supportare un meccanismo di persuasione e questo meccanismo di persuasione ha a che fare con questi tre momenti: si inventa il male, si dicono quali sono i modi per riconoscerlo, si stabiliscono i modi per sconfiggerlo. È esattamente quello che scrivevano tantissimi anni fa due domenicani, Institor e Spränger, gli autori del Malleus Maleficarum, il martello delle streghe, il manuale di tutti gli inquisitori. Dunque si crea il male, si crea la psicopatologia, si crea cioè l’idea che esista una malattia mentale, dopodiché si dicono quali sono i segni per riconoscerla, e alla fine come si debella, come si sconfigge il male. La funzione della psicoterapia è questa, soprattutto questa, indipendentemente dal fatto che gli psicoterapeuti lo sappiano oppure no, anzi, se non lo sanno è meglio, così lavorano in buona fede e fanno un migliore lavoro. Questa opera di persuasione, che per altro è antica, è sempre avvenuta, non è mai cambiato il modello per il controllo della popolazione, d’altra parte, se si trova un modello che funziona perché cambiarlo? Si può migliorare eventualmente, infatti adesso non si parla più di un peccato originale ma di un debito originale, un debito anche nei confronti della medicina per esempio: una persona che suppone di non stare tanto bene incomincerà a pensare di dovere rivolgersi a qualcuno che tolga il male, perché gli è stato detto che quello che ha è il male, e lui ci ha creduto, perché la gente crede a quello che dice la scienza, quindi la medicina, è stato fatto un lavoro secolare per giungere a questo risultato, ma il risultato è stato ottenuto, ma come si fa? Qual è il concetto fondamentale per cui è possibile persuadere qualcuno? Il concetto fondamentale e indispensabile per potere persuadere, cioè per potere fare credere, e questo è possibile come ho detto, perché è stato fatto molte volte, il concetto fondamentale è il concetto di realtà. Si riesce a persuadere qualcuno, a fargli fare quello che si vuole quando si riesce a fargli credere che le cose che si dicono, rappresentano, sono la realtà, lo stato di fatto, la realtà delle cose, le cose stanno così, e se stanno così non puoi opporti. La realtà dunque, questo concetto fondamentale per qualunque operazione di potere, è un concetto antichissimo come ciascuno sa, la realtà è l’insieme delle cose, le cose che sono, il mondo comunemente è inteso come la totalità delle cose che sono. Il concetto è molto banale, è molto diffuso, è molto praticato, per esempio la mia amica Paola è lì, questo è un dato di fatto, la realtà, quindi la proposizione che afferma che Paola è qui in questo momento è vera, perché corrisponde alla realtà, è semplice. È il concetto di adæquatio rei et intellectus dei medioevali: quando la parola si adegua alla cosa, la parola che dice quella cosa è vera. La follia è sempre stata intesa nei secoli, grosso modo come il dire di ciò che è, che non è, questo è il folle, colui che dice di ciò che c’è che non c’è, la cosa buffa è che coloro che danno del matto a chiunque neghi la realtà non sono in condizioni, non possono in nessun modo, provare, certificare, verificare, stabilire che cosa sia la realtà, non lo possono fare. Da tremila anni ci provano i filosofi, e non soltanto, a dire che cosa c’è sotto, la soggiacenza, l’ipokeimenon, la substantia, ciò che stando di sotto garantisce tutto ciò che sta di sopra. Questo concetto di realtà ha una funziona essenziale, tutta la metafisica ha cercato di fare questo per tremila anni: trovare il fondamento, trovare cioè, per usare i termini dei filosofi, l’Essere dell’Ente, senza riuscirci naturalmente, e ci proveranno per altri tremila anni senza riuscirci, perché non è possibile farlo in nessun modo. La funzione della realtà è una e una soltanto: garantire il valore di verità di un enunciato. Un enunciato è vero se corrisponde alla realtà, se no, no. La realtà non ha altre funzioni, solo questa, e quindi se non è possibile garantite nulla perché non c’è nulla né in questo mondo né in nessun altro che garantisca che ciò che io vedo guardando Paola corrisponda a un qualche cosa che è esattamente come io la vedo, nulla al mondo può garantire una cosa del genere, niente. Certo possiamo dire che Paola esiste sì, questo possiamo dirlo, lo diciamo continuamente, ma che cosa intendiamo quando parliamo di esistenza, che cosa attribuiamo a questo significante? Questo è arduo da stabilire, quando si incomincia a elaborare questi concetti a un certo punto non si sa più nemmeno di che cosa si sta parlando. La realtà non solo non può garantire di nessun enunciato, non può garantire neanche di se stessa. Vi faccio un esempio per chiarire meglio, un esempio tratto dalla teoria psicanalitica, un asserto di Lacan piuttosto celebre, che alcuni amici qualche sera fa hanno evocato: “non c’è rapporto sessuale”. Potevo prendere qualunque altro sarebbe stata la stessa cosa. Dunque “non c’è rapporto sessuale”, molto bene. Quando affermo che non c’è rapporto sessuale, sto affermando che non c’è che cosa esattamente? Ciò che io ho chiamato rapporto sessuale come devo intenderlo? Come fare sesso fra due o più persone? Come quelle azioni che conducono al piacere indotto dalla sollecitazione di organi genitali? Come il tentativo fallito di fare uno con l’altra persona? Come la messa in atto di personalissime fantasie erotiche o in qualunque altro modo? Quale fra tutti questi modi è quello corretto per intendere il rapporto sessuale? Quale? Uno di questi? Un altro? E chi mi garantirà che ciò che io avrò deciso che sia il rapporto sessuale sia proprio quello? C’è solo un modo perché questa cosa possa essere garantita, e cioè che il rapporto sessuale sia un quid, un “che” posto da qualche parte in qualche iperuranio, spero che Platone non se ne abbia a male, immobile, identico a sé con il suo statuto ontologico che non varia, e allora, allora sì, se io definisco questo quid, cioè colgo tutto ciò che gli appartiene, tutto ciò che gli è proprio, e soltanto questo, allora avrò definito esattamente il rapporto sessuale, saprò che cos’è, solo a questa condizione. Ma se così non è, allora il rapporto sessuale è una locuzione, una locuzione che ha come unica garanzia altre locuzioni, altre parole, e queste parole avranno come garanzia altre parole e queste altre parole avranno come garanzia altre parole ancora e così via all’infinito. Non ci sarà nulla che potrà garantirmi che ciò di cui sto parlando sia proprio quella cosa, come faccio ad essene sicuro? In nessun modo, ma a questo punto sorge una questione importante, e cioè la considerazione che qualunque sia il significato che attribuisco a questa locuzione sarò stato io ad attribuirlo, io e soltanto io, sì certo, in base a cose che ho imparate, che ho sentite, che credo, che immagino eccetera ma ciascuna di queste altre cose saranno comunque sempre non garantite da niente. Dunque sono io che dò il significato a questa locuzione, quando dico “io” intendo il discorso di cui sono fatto, sempre e soltanto questo. A questo punto c’è un altro aspetto interessante, e cioè che ne è di questa locuzione “rapporto sessuale”? Perché a questo punto io posso dire che c’è rapporto sessuale, che non c’è rapporto sessuale, che c’è i giorni pari e non c’è i giorni dispari per esempio, posso stabilire anche questo, nessuno me lo vieta, posso dire che una cosa c’è e che non c’è, posso dire che esiste, che non esiste, non significa niente una cosa del genere a meno che io non dica che cosa si debba intendere con “esistenza” e per quale motivo debba accogliere quella determinata e data definizione, se non si fa questo è meglio lasciar perdere. Ciò che mi importa più di ogni altra cosa è che detto tutto questo, e cioè che nulla al mondo, né in questo né in nessun altro, garantisce nulla di ciò che si dice. Questo ha degli effetti che possiamo considerare devastanti, devastanti per qualunque discorso religioso, per qualunque ideologia, qualunque discorso che supponga se stesso garantito da qualche cosa, e cioè che quando parla di qualche cosa quella cosa sia proprio quella, quella che ha deciso lui naturalmente, perché quella cosa non c’è, non c’è se non come atto linguistico. Possiamo anche dire così: la realtà è un gioco linguistico, certo il più praticato fra tanti altri, ma chi è che dà valore a questa realtà? Noi. Vi faccio un esempio banalissimo: prendete una banconota da 50 euro, è un pezzetto di carta colorata assolutamente insignificante, chi dà valore a questa banconota? Siamo noi, noi che la accogliamo, la riceviamo, la facciamo circolare, la scambiamo con altre cose e la utilizziamo eventualmente per produrre altra ricchezza. Ecco, la realtà è esattamente la stessa cosa; la realtà è quella che è finché circola, poiché la facciamo circolare ma, dicevo prima, la portata straordinaria del pensiero che la psicanalisi ha inaugurato, non da sola, da sola forse sarebbe andata poco lontano, ma insieme con altri discorsi, la linguistica, la logica certo, la filosofia del linguaggio, la semiotica, insieme con questi altri discorsi ha costruito un pensiero che è assolutamente straordinario, è assolutamente ingestibile, sfrontato, non rispetta niente perché continua a interrogare. Anche là dove nessuno si sognerebbe di interrogare oltre lui continua a interrogare, chiede conto continuamente di ciò che si sta dicendo. In tutto questo la psicanalisi si pone come pensiero sovversivo, questo lo abbiamo detto anche in questa sede in varie circostanze, sovversivo e ingestibile da parte di qualunque governo, di qualunque stato. Che un governo, uno stato, per esempio, legittimi un pensiero del genere appare una contraddizione in termini, non lo fa, non ha nessun interesse a farlo, e quindi non lo fa. Questo tipo di pensiero particolarissimo che non esisteva prima di Freud, c’erano delle tracce sì, nel lavoro dei sofisti, c’era qualche cosa certo, però Freud ha posto l’accento su una questione centrale, cioè sulla parola, sul linguaggio, cioè su ciò che si dice, ciò che avviene mentre si parla, e questo nessuno lo aveva fatto prima di lui. Questo pensiero, dicevo, è devastante, devastante anche per una certa ingenuità di pensiero, che viene definito laico generalmente. Psicanalisi laica è un termine che non mi piace tantissimo, lo trovo debole e poco significativo, mia nonna direbbe insulso, letteralmente: senza sale. Preferisco invece parlare di un pensiero libertino, libertino nell’accezione originaria di questa parola, e cioè di chi pratica una assoluta, sfrenata libertà di pensiero. Che poi questa potesse portare eventualmente in alcuni casi a una assoluta e sfrenata libertà sessuale, questo poteva essere un effetto collaterale, neanche dei peggiori, ma una libertà di pensiero senza limiti, appunto sfrenata, direi quasi sfacciata, che non teme niente.

Questo modo di pensare curiosamente ha incominciato a scemare dopo quell’evento, quel processo di cui parlavo all’inizio, da quel momento è avvenuta una graduale, lenta, inesorabile erosione delle libertà dei cittadini, che è rimasta ancora oggi, questa continua erosione della libertà. In questa operazione le psicoterapie, nell’accezione che ho indicato prima, sono responsabili, ma anche certa psicanalisi lo è, l’idea che gli umani siano, come dicevo all’inizio, prima peccatori, poi debitori, poi mancanti, ma mancanti di che? Di questo anche la psicanalisi ha le sue responsabilità, non sto a evocare “la mancanza a essere” inventata da Jacques Lacan, che c’è, certo che c’è, così come c’è il peccato originale, così come c’è il debito originale, certo che c’è ma a una condizione e una soltanto: che io ci creda, se no, no. Perché le persone possano credere una cosa del genere ecco che è necessario il concetto di realtà, fare credere che ciò che io dico corrisponda alla realtà, cioè che le cose sono così come io dico che sono, è solo a questo punto che nessuno può più fare niente “sic stantibus rebus”, dicevano gli antichi, non c’è nient’altro da fare se non fare ciò che l’istituzione che sancisce, stabilisce certe regole, impone di fare. La psicoterapia, insieme con la medicina e soprattutto con la scienza, infatti si parla di neuroscienze, di scienze cognitive, di scienze comportamentali. Le psicoterapie si avvalgono della superstizione nei confronti della scienza, e cioè che la scienza sia quel discorso che più di qualunque altro colga la realtà, dica come stanno le cose. Quindi, se la medicina, la psichiatria, stabiliscono che l’ansia è una certa cosa allora se lo dice la scienza l’ansia è quella cosa. Non so se avete visto la stampa qualche settimana fa, c’è un’associazione più o meno governativa che ha detto che in Italia ci sono diecimilioni di ansiosi, il che significa grosso modo che uno su sei degli italiani è ansioso. Voi potreste anche dire che la cosa non importa a nessuno, e invece no, perché significa che dieci milioni di persone sono potenzialmente psicoterapeutizzabili, sono potenzialmente controllabili, e molte persone per altro sono felici di esserlo perché è come se qualcuno dicesse loro: “vedi, tu hai questa cosa, quindi tu sei questa cosa, noi possiamo curarti ma tu hai questa cosa, che è riconosciuta, che è stabilita dallo stato”, perché oramai la psicoterapia è di stato. Si fa un piccolo quiz, come adesso usano: Paola, per esempio, un quiz con le caselline “Lei si è mai preoccupata almeno una volta in vita sua senza motivo?” certamente sì, ecco, allora se sì, barra quella casellina lì e allora è potenzialmente ansiosa, potenzialmente sottoponibile a psicoterapia, quindi gestibile, controllabile. Una forma di controllo capillare. Il sistema è sempre lo stesso, quello antico, è quello dell’Inquisizione, l’Inquisizione utilizzava la confessione e la delazione.

C’è a questo punto qualche possibilità che la psicanalisi, così come l’ho intesa poc’anzi, abbia qualcosa a che fare con le psicoterapie, cioè con il tentativo di controllo? Quando è la psicanalisi stessa a mostrare la assoluta follia di una cosa del genere. Le psicoterapie stanno compiendo un’operazione criminale, letteralmente. Un giorno forse potrà esserci un processo di Norimberga per i crimini commessi dalla psicoterapia.