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Torino, 23 maggio 2006

 

Libreria LegoLibri

 

Intervento di Sandro Degasperi

 

PSICANALISI DEL POTERE

 

 

/…/ si può credere al potere, alla sua necessità, per esempio, al fatto che comunque un potere debba esistere solo se appunto lo si pensa fuori dal linguaggio allora si può immaginare che un potere sia assolutamente necessario e che nel migliore dei casi lo si debba subire e quindi con tutte le conseguenze del caso perché il potere si avvale di che cosa? Si avvale di una sorta di terrorismo, nel senso, che se il potere è in qualche modo depositario della verità non si può andare contro il potere perché sarebbe andare contro alla verità e quindi istituisce una sorta di clima di paura e di insicurezza che diciamo l’esempio estremo è quello della rivoluzione francese, laddove si sono tagliate decine di migliaia di teste per il bene della nazione, per il bene della verità, per il bene del potere, laddove invece il potere è considerato all’interno del linguaggio allora a questo punto il potere diventa un gioco in effetti, diventa un gioco come qualunque altro che non è più custode della verità assoluta ma diventa appunto un modo per giocare con delle conseguenze e non indifferenti perché a questo punto non c’è più da credere al potere quindi non c’è più da subirlo, non c’è più da essere ricattabili dal potere o quanto meno non c’è più il modo da averne paura

 

Intervento di Luciano Faioni

 

Sono tante le questioni, forse merita precisare alcuni termini che vengono usati molto spesso e che non sempre sono accolti facilmente, per esempio la nozione stessa di linguaggio può apparire complessa, in realtà è molto semplice; che cos’è il linguaggio? È la vita. Ciò che per ciascuno di voi è la vita, nient’altro che questo, e quindi tutto ciò che riguarda ciò di cui ciascuno è fatto: i suoi desideri, le sensazioni, le emozioni, affetti, considerazioni, dubbi, certezze, tutto ciò di cui è fatta la vita è il linguaggio. Più semplice di così non so dirne. Perché la vita è il linguaggio? Potremmo rispondere in due modi: il primo per assurdo, se togliete il linguaggio, allora non c’è la possibilità di pensare e quindi non c’è la possibilità di accorgersi di nulla, di provare nulla e quindi nemmeno di chiedersi che cosa sia la vita in realtà, l’altra è una formulazione più logica nel senso che il linguaggio è ciò che costituisce necessariamente il criterio ultimo per considerare qualunque teoria, qualunque dottrina, qualunque posizione, in effetti qualunque teoria si costruisce, qualunque teoria ma intendo non soltanto una teoria scientifica o psicanalitica, ma anche una teoria religiosa, economica, politica, si costruisce a partire da premesse e poi attraverso dei passaggi che si spera che siano coerenti tra di loro, deve giungere a una conclusione, si certifica: “ecco è così, quindi è vero” quindi questa teoria è valida. Però tutta questa operazione, il muovere da premesse, costruire passaggi e giungere a una conclusione è consentita da una struttura che è appunto quella che chiamiamo linguaggio, e quindi il linguaggio costituisce il criterio fondamentale, l’unico che consente di costruire qualunque teoria, qualunque formulazione, ecco perché vi dicevo che il linguaggio è la vita, togliete il linguaggio e voi cessate di vivere, non solo ma non sapete neppure di vivere, né avreste alcun modo per poterlo sapere. A questo punto dire che comunque vivremmo lo stesso non significa assolutamente niente, ecco allora che parlare di linguaggio è parlare della vita, di ciò che per gli umani è sempre stata la vita cioè le cose che vi riguardano, che vi importano, quelle che interessano, quelle cose di cui ciascuno è fatto. Per questo è stato ed è tutt’oggi fondamentale sapere come funziona il linguaggio, rispondere a questa domanda consente di rispondere in fondo alla domanda che gli umani si pongono da sempre e cioè: perché la vita? Che cos’è la vita? È questo: è il linguaggio, è la possibilità stessa di porsi questa domanda e insieme con questa qualunque altra considerazione. Sapere questo comporta anche sapere che il linguaggio funziona costruendo proposizioni e queste proposizioni hanno una caratteristica: alcune vengono accolte e quindi consentono di proseguire lungo una certa via, altre vengono rigettate e non consentono di proseguire. Quelle che consentono di proseguire si chiamano vere, quelle che impediscono di proseguire vengono chiamate false. Ecco perché è importante il vero, e il falso di conseguenza, perché è ciò che consente di proseguire; una teoria, per esempio, se si rivela essere falsa non viene seguita, viene abbandonata, ora la nozione di verità è leggermente differente da quella comune, la nozione comune di verità consiste in questo, e cioè la verità è una conclusione che viene accettata dai più, questa è la verità, Sandro, giustamente prima parlava della religione e in quel caso questa definizione è ciò che si attaglia meglio di qualunque altra, in effetti vince la religione che viene accettata dai più e quindi elimina le altre, nel nostro caso, cioè nel caso occidentale quella cattolica o la dottrina cattolica ha avuto il sopravvento su le altre varie eresie: i Catari, i Patari, gli Gnostici etc. con il sistema che è sempre quello più efficace, cioè li ha eliminati fisicamente e quindi ha vinto, e la dottrina che si segue oggi, il catechismo è fatto in base alla religione che è risultata vincente, e ha vinto chiaramente eliminando fisicamente tutti gli altri ma con l’appoggio del potere politico, garantendo al potere politico la legittimità, e cioè la legittimazione di dio. Fino a qualche decennio fa quando c’era ancora il re in Italia c’era la formula famosa “ Noi, Re d’Italia per grazia di dio e volontà del popolo…” non so se è stato consultato il popolo ma sicuramente c’era la volontà di dio, c’era la grazia di dio e quindi legittimando il potere ha avuto l’occasione e la forza per eliminare fisicamente tutti gli altri e quindi è diventata vincente, così come avviene in tutte le guerre naturalmente, quello che ha più armi e più uomini generalmente vince. Qui la verità è la conclusione che viene accolta dai più… occorrerebbe aggiungere “forti” e la questione è completa, cioè quelli che possono imporre quello che pensano sugli altri allora diventa vero. Una delle superstizioni più potenti e più antiche che riguarda proprio questo è la nozione di realtà, anche qui così come la grazia di dio interviene il re, notoriamente a certificare che le cose stanno in un certo modo e quindi debbono essere uguali per tutti, la realtà ha questo potere costrittivo, è terroristica: se una persona non si adegua a quella realtà, o si persuade o si elimina. Che come dicevo prima è sempre il sistema più sicuro per evitare problemi, una volta eliminata chiaramente viene rafforzato il concetto di realtà. Ma che cos’è la realtà? Anche qui diamo una definizione molto banale, molto semplice: “è ciò che il re decide che sia” poi si può anche aggiungere che è ciò che cade sotto i sensi, perché no? Ma perché dovrebbe essere questo? Chi l’ha stabilito? Molte cose che apparentemente sono assolutamente ovvie e normali se considerate più attentamente può accadere che non lo siano affatto, né ovvie né normali, la realtà in effetti ha un utilizzo, ha un’utilità politica, ha un’utilità istituzionale, religiosa, serve a mantenere la norma, in fondo la norma è ciò che si adegua alla realtà, e la realtà è vera per definizione, così recitano da sempre i filosofi, per questo diceva giustamente Sandro Degasperi che la questione della verità è molto più importante e va molto oltre a quanto generalmente si suppone ed è anche di straordinario interesse, in fondo chi riesce a dimostrare all’altro la propria ragione vince, vince e si sente anche forte, sicuro, intelligente il più delle volte, e quindi gli umani praticano questa attività da quando esistono: la ricerca della verità. Però abbiamo detto: la verità come la conclusione accolta dai più, però ci si chiedeva: perché gli umani fanno questo? Per avere il potere, sì certo, ma perché vogliono avere il potere? Cosa se ne fanno? In fondo nessuno li obbliga a fare una cosa del genere, è come se invece fossero costretti da qualcosa di cui sono fatti e cioè da questo linguaggio, come dicevo prima dalla loro stessa vita, perché il linguaggio funziona così abbiamo detto, costruisce proposizioni e solo quelle vere consentono di proseguire quindi continuare a pensare, a parlare, a vivere, le false no, e quindi deve concludere con una affermazione vera, ecco perché è importante conoscere, trovare la verità, perché consente di continuare a vivere. Il Requiem di Mozart ad un certo punto dice: “confutatis, maledictis”. Confutati e maledetti, che è la cosa peggiore, come dire: la vostra verità è stata confutata quindi siete all’inferno, siete niente, siete maledetti da dio che per definizione è verità assoluta. Quindi parrebbe che non ci sia uscita dal potere se il linguaggio stesso costringe gli umani a cercare la verità, però occorre riflettere su questa questione perché potrebbe apparire, detta così, che siccome gli umani sono fatti così allora andiamo avanti così, invece no non è una maledizione di dio, il potere come esercizio della verità è sempre contro qualcuno, contro qualcosa che si deve piegare ma è una sorta di rappresentazione, di messa in scena, in realtà se ciascuno come andiamo dicendo da sempre …che ciascuno è fatto di linguaggio, è linguaggio allora il potere è del linguaggio, propriamente del discorso, è dentro i discorsi che io faccio, ma su che cosa? Su se stesso, il potere del linguaggio è su se stesso, può reperire la verità all’interno della sua stessa struttura, questo è il potere che ha, non su altro, del quale interessa molto poco, esercitarlo su altri è una rappresentazione di ciò che fa comunque il discorso, ma il discorso lo fa su se stesso non ha bisogno di praticarlo, di esercitarlo su altri, non troverà nessuna verità lì, assolutamente nessuna, troverà invece tutto ciò che gli serve per proseguire all’interno di sé, della sua struttura, ecco perché esercita il potere su di sé e non su altri, ché solo lì trova la verità che gli consente di proseguire. A questo punto possiamo anche introdurre una nozione differente di verità, e cioè una verità che non è né parziale, né relativa, né soggettiva, è assoluta, proprio nell’accezione etimologica del termine cioè non ha soluzione ed è indicata in questo: che qualunque cosa è un elemento linguistico. Perché o è un elemento linguistico o non è, semplicemente. Questo ho indicata come verità assoluta perché non può essere negata, perché è qualcosa che va al di là del concetto stesso di verità, è una necessità potremmo aggiungere logica, che viene sostenuta dal fatto che qualunque affermazione io faccia, di qualunque genere, questa compresa, necessita di un criterio per potere essere costruita e sostenuta e l’unico criterio che non necessita di altri criteri è il linguaggio, il linguaggio non ha bisogno di altro per potere compiersi mentre qualunque altro criterio necessiterà, comunque, del linguaggio per potersi costruire, il linguaggio no, il linguaggio rappresenta una sorta di fine corsa, parafrasando Dante come le colonne d’Ercole “poste là acciocché l’uom più oltre non si metta” e non si mette perché al di là del linguaggio non c’è più niente, perché non c’è più il pensiero quindi la capacità di pensare, per questo non c’è niente. Ciascuno può immaginare che ci sia qualunque cosa al di là del linguaggio certo, può immaginare questo e il suo contrario, allegramente e senza nessun problema perché tanto non potrà provare né l’una cosa né l’altra, però tendenzialmente affermazioni che possono essere provate o confutate a piacimento non hanno, in ambito teorico almeno, una grande considerazione, cioè non significano niente. Il linguaggio è la vita di ciascuno non, è la verbalizzazione di qualche cosa che mi passa per la mente e neanche un codice per intenderci ma più propriamente quella cosa che consente di pensare anche queste cose, in effetti non c’è vita senza linguaggio, non c’è vita, non c’è niente. L’assenza di linguaggio potremmo indicarla come l’assenza di pensabilità, compresa la pensabilità del concetto di esistenza, ché in genere a questo punto sorge la domanda “ma le cose esisterebbero lo stesso” è una possibilità, un’ipotesi, ma un’ipotesi particolarissima, un’ipotesi che non può essere verificata in nessun modo. Ora come già la logica fino dai tempi di Aristotele ci mostra, un’ipotesi che non può essere verificata in nessun modo non ha nessun interesse, ecco perché una via del genere non ha nessun interesse a essere seguita, ho risposto anche alla domanda di Daniela forse?

 

Intervento: però pensavo, la questione del potere collegato al reperire la verità, lei prima diceva se ho capito bene che… quando invece consideriamo il fatto che l’umanità da sempre impone questo potere, cerca di esercitarlo sul prossimo, sulle cose per poter controllare la realtà così come qualsiasi altra questione, potremmo concludere che ha una difficoltà di reperire all’interno del proprio discorso la verità? È costretta a certificarla all’esterno attraverso questo esercizio di potere?

 

Certo ciascuno è stato addestrato così dai primi vagiti e quindi continua per questa via, occorrono una serie di considerazioni abbastanza precise per accorgersi che le cose non stanno così nel modo in cui ciascuno è stato addestrato a pensare, e se questo non avviene si continua a pensare così come si è stati addestrati a pensare, che esiste Babbo Natale, che c’è Gesù Bambino e che il Re è necessario o chi per lui. Qualcosa in ciò che ha detto Sandro non è chiara? Saremo felici di rispondere a qualunque domanda e questa è una prerogativa che abbiamo in effetti: la capacità e la possibilità di rispondere a qualunque domanda, mentre così non è per le teorie di qualunque genere esse siano, dalla fisica dei quanti fino alle teorie più ridicole non possono esibire le proprie premesse, non lo possono fare perché non ci sono, e se ci sono non sono provabili, sono poste lì così come una sorta di atto di fede, mentre in questo caso abbiamo la possibilità di esibire le prove di ogni affermazione che facciamo perché è la teoria più potente che sia mai stato pensata, perché retta da ciò stesso che consente di pensare. Nessuno vuole qualche chiarimento?

 

Intervento: sul termine potere-verità a questo punto potere sembra quasi messo in contrapposizione alla libertà, in questo senso il potere viene visto come vincolante cioè che impone…allora mi chiedevo come la libertà si pone rispetto al potere, ho dato una mia risposta ma molto vaga, l’assoluta libertà che ho è il potere di decidere, però è una libertà che nega di per sé stesso l’assoluto, perché quando si decide l’assoluto si perde

 

Sandro Degasperi: Sì, decidendo prende una direzione anziché un’altra, la decisione è sempre un’esclusione, sì mi veniva in mente Foucault il quale parlava del potere in termini non di potere semplicemente come potere di interdizione, il potere che proibisce etc. ma anche del potere come produttore di sapere, beh, tornando alla questione della verità è chiaro che se questa verità non è nei termini della verità assoluta di cui ne abbiamo parlato prima, ma è una verità che in qualche modo si impone, è chiaro che a questo punto diventa costrittiva rispetto a un certo tipo di una produzione di sapere, come dicevamo prima, rispetto a Foucault, è chiaro che se il potere fosse solo quello di interdizione probabilmente sarebbe anche facile eliminarlo in un certo qual modo, e invece il potere si arma e costruisce e si difende attraverso questa produzione di sapere… e stavo pensando che anche la questione della libertà è conseguente, la questione della libertà è conseguente invece… il discorso che faceva prima Faioni: è chiaro che se il potere, a questo punto, è del linguaggio su se stesso, a questo punto la libertà diventa assoluta perché quando questa libertà viene meno? Quando credo che esista un qualche cosa, una verità o un potere cui io mi devo in qualche modo adeguare. Prima dicevamo della questione della norma ecc. A questo punto è chiaro che il mio discorso deve adeguarsi a questo e quindi troverà dei confini rispetto alle regole che questo potere, questa verità impone, costringe è chiaro che laddove parliamo del potere all’interno del linguaggio come potere del linguaggio su se stesso a questo punto non è più un potere che limita ma è un potere che costruisce qualunque cosa, vale a dire il linguaggio quando dice Faioni che il linguaggio è la vita, come dire che il linguaggio ha questo potere di costruire qualunque cosa. È potere assoluto, la vita, l’esistenza, qualunque cosa, direi che accorgendosi di questo e accorgendosi del fatto che qualunque verità in qualche modo è arbitraria al di fuori di questo, a questo punto è chiaro che ci sono i termini e le condizioni per poter riflettere in un altro modo, riflettere nel senso che ciò che mi consente a questo punto di riflettere, di costruire qualche cosa so che è linguaggio, non è altro da linguaggio…

 

Faioni: Allora chiudiamo questa serie di incontri riprenderemo poi le attività a metà ottobre, però noi le proseguiamo nella sede dell’Associazione che abbiamo in via Grassi n. 10, dove ciascun mercoledì ci incontriamo per discutere di questioni teoriche e cliniche, infondo per seguire un obiettivo terribile, e cioè una libertà assoluta, per sempre. Grazie a ciascuno di voi e buona notte.