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Torino, 23 marzo 2006

 

Libreria LegoLibri

 

PERCHÉ SI TRADISCE

 

Intervento di Cesare Miorin

 

/…/ 

 

Intervento di Luciano Faioni

 

Intervento: …sarà perché vado dal dentista ma mi ha colpito l’esempio… io se ho mal di denti fuori dal linguaggio non posso saperne o dirne, però sentire sì.

Intervento: è proprio perché lei è in una struttura linguistica che lei può sentire queste cose…

Intervento: esatto le posso definire ma non sentire…

È difficile dimostrare che il mio corpo sia fuori dal linguaggio perché equivale a dire che la cosa esiste di per sé, io mi accorgo di avere un corpo quando ne dico, quando ne parlo, quando il mio corpo percepisce questo mal di denti…

Intervento: esatto percepisce…

Intervento: non so se Faioni vuole…

Intervento: se io mi sveglio nella notte provo una percezione che non è ancora definita ma c’è… è qui che non riesco a seguire il discorso che tra l’altro capisco benissimo fino ad un certo punto…

La questione è abbastanza semplice: lei diceva che prova la percezione, vale a dire che il suo corpo è provvisto di sensori che segnalano variazioni di stato, possono essere variazioni di temperatura, pressione, qualunque cosa al pari di molte altre cose che segnalano variazioni di stato, ora la questione centrale è che per esempio un termometro, anche lui segnala variazioni di stato, in questo caso di temperatura, però una volta inserito all’interno del frigorifero possiamo dire che ha freddo? Possiamo anche dirlo, possiamo anche dire il contrario nel senso che possiamo dire qualunque cosa però generalmente non lo si dice, non si attribuisce al termometro la sensazione. Certo il sistema nervoso è più sofisticato ma in fondo è un sensore, niente più di questo, ora possiamo anche considerare la questione in questi termini e cioè che il corpo, al pari di altre cose, percepisca delle variazioni ma se queste variazioni non sono organizzate in qualche modo risulta assai complicato potere affermare che comunque anche senza tale organizzazione verrebbero percepite. So benissimo che comunemente si pensa così perché si è stati addestrati a pensare così, ma questo non è un motivo sufficiente per poterlo affermare con certezza, occorre a questo punto riflettere meglio su un’altra questione che è forse la condizione della prima, e cioè sull’esistenza, perché l’affermare che comunque anche in assenza di linguaggio io sentirei dolore, è un’affermazione che chiunque è disposto a sottoscrivere ma che nessuno può provare, e non lo si può fare. La cosa potrebbe apparire del tutto irrilevante però in ambito teorico ha un certo rilievo poiché in ambito teorico si affermano le cose che possono essere provate, se così non fosse non si chiamerebbe teoria, sarebbe un’altra cosa, sarebbe una fede, la fede è fatta proprio così, l’atto di fede: “credo quia absurdum” e più è assurdo e più lo credo, ma aldilà di queste amenità rimane il fatto che per potere provare e quindi per potere affermare con certezza che fuori dal linguaggio il corpo sentirebbe comunque, occorrerebbe che io da fuori del linguaggio sottoponessi il mio corpo a delle variazioni di stato e da quella posizione allora affermare con certezza questo, però uscire dal linguaggio è complicato perché una volta, supponiamo per assurdo, che io esca fuori dal linguaggio con cosa valuterò, quale strumento utilizzerò per costruire delle proposizioni che giungano a determinare con certezza una affermazione. E allora, a anche se può apparire bizzarro, affermare che il corpo in assenza di linguaggio sentirebbe lo stesso è un atto di fede ci si può credere oppure no, ciascuno è libero di fare ciò che ritiene più opportuno, ma in ambito teorico no, in ambito teorico questa affermazione non significa niente, anche se ciascuno è stato addestrato fino dai primi vagiti a pensare in questo modo per una serie di motivi, ma rimane il fatto che in ambito teorico queste cose devono essere provate, se questo non può essere fatto allora si chiamano in una altro modo, non affermazioni ma atti di fede, che hanno un’altra struttura ovviamente e cioè non è prevista la possibilità di verificarle e pertanto vale qualunque affermazione quanto la sua contraria. Questo in ambito teorico ovviamente, ecco perché senza il linguaggio e adesso a questo punto diremo anche che cos’è il linguaggio, forse è il caso di precisare, senza il linguaggio…

Intervento: Sì volevo chiederlo io, volevo fare la domanda: definisca il linguaggio.

Possiamo definire linguaggio come abbiamo già fatto in varie occasioni, in due modi prevalentemente, il primo un po’ folcloristico: il linguaggio è ciò che consente agli umani di dirsi tali, di pensarsi tali e insieme con questo qualunque altra cosa oppure, se vogliamo essere più precisi, è una sequenza di istruzioni per costruire quelle proposizioni che ciascuno utilizza da quando inizia a parlare, e queste proposizioni sono quelle che costruiscono il suo discorso, le cose in cui crede, le cose che pensa, le cose che sa, le cose che teme, qualunque cosa. Come funziona questa cosa che chiamiamo linguaggio? Non intendo affatto con “linguaggio” la verbalizzazione di qualche cosa, assolutamente, no perché questo qualche cosa di cui il linguaggio sarebbe la verbalizzazione a sua volta dovrebbe essere stato costruito da qualche altra cosa, il linguaggio funziona nel modo in cui ciascuno pensa, e allora la domanda è: come si fa a pensare? Si muove da un elemento comunemente noto come premessa e attraverso dei passaggi che si spera siano coerenti tra loro si giunge a una conclusione. Si pensa così, non c’è un altro modo.

Intervento: è un pensiero logico non è il pensiero…

Sì, ne dica un altro…

Intervento: è la rivelazione dell’anima…

La rivelazione dell’anima certo, oppure qualunque altra cosa…

Intervento: in quel caso ci si spiega il mal di denti come ulteriore cosa di linguaggio in quanto…

Per potere affermare che ciò che ho detto non è vero lei è costretta a utilizzare questo sistema, necessariamente, anche se immagina che quello che pensa le venga dal cuore, facciamo questa ipotesi per assurdo, tuttavia ciò che lei afferma è una cosa ben precisa, non il suo contrario per esempio, perché?

Intervento: non ho ben capito la domanda…

Quando lei pensa qualche cosa e giunge a una conclusione, qualunque essa sia…

Intervento: un pensiero logico sì, finalizzato alla soluzione di un problema o cose del genere…

Non soltanto, anche quello irrazionale funziona così, e cioè muove da qualcosa, perché deve pure muovere da qualcosa, non può partire da niente…

Intervento: ma se non è dimostrabile

Che cosa?

Intervento: lei dice che una cosa non può essere dimostrata, se non è possibile dimostrare che è vera allora… o pensavo al criterio di falsificabilità di Popper ad esempio cioè il vostro discorso io l’accetto che è vero se mi potete dimostrare che c’è un modo per falsificarlo e invece risulta vero, quindi non riesco più a capire…

Popper ha dette alcune cose curiose, visto che lei lo cita, per esempio il fatto che ciascuna ricerca del vero si approssima, si approssima sempre alla verità ma non la raggiunge di fatto, non può affermare con certezza che qualche cosa è la verità perché, se così fosse non sarebbe più falsificabile. Mi segue?

 

Intervento: oddio… non è che me lo ricordo così bene, però mi ricordavo però bene…

È semplice, se lei segue una certa teoria, una qualunque, questa teoria immagina che sia vera o che possa esserlo, perché se sapesse che è falsa non la seguirebbe, fin qui è chiaro?

Intervento: sono gli esperimenti che sono quelli che costruiscono la teoria

Non necessariamente…

Intervento: prima faceva riferimento a quello… la differenza fra scienza e fede allora la scienza è una cosa e la fede è un’altra

Anche, non necessariamente, dicevo che il processo di falsificabilità di una certa teoria si arresta nel momento in cui effettivamente una teoria si rivelasse essere assolutamente vera, a quel punto non può più fare niente…

Intervento: faccio molta fatica a vedere delle teorie assolute, vedo diverse teorie in diversi settori o magari chi insegue una cosa, chi l’altra ma non piegano l’universo come invece mi sembra che il linguaggio spieghi tutto

Non spiega niente ma è la condizione per poterlo pensare, che è diverso, poi se vuole in effetti è l’unica cosa che può costruire delle spiegazioni. Per costruire una teoria che occorre che sia vera occorre un criterio naturalmente. Ma quale? Quello della falsificabilità? E perché? Perché quello per esempio? Fermiamoci solo su questo aspetto: occorrerebbe che qualcuno dicesse che questo criterio di falsificabilità è necessario, o è assolutamente vero, se no vale quanto qualunque altro, per esempio io potrei utilizzare un criterio estetico…

Intervento: faccio proprio fatica a seguirla perché passa un settore all’altro… la scienza è un altro… io mi attacco al motivo scientifico… però voglio anche la scienza…

No, non necessariamente, in fondo se ha sempre bisogno di un criterio, qualunque cosa voglia affermare, si troverà nella necessità di stabilirne uno, il problema è sempre stato, anche per i logici visto che ha citato Popper, stabilire quale effettivamente, perché qualunque criterio necessiterà di un altro necessariamente per potere essere dimostrato e così via all’infinito. Detto questo a questo punto già ci troveremo nella mala parata, perché un criterio potrebbe valere un altro in ambito logico, adesso atteniamoci alla logica, alla scienza visto che stiamo parlando di questo, poi vedremo se è applicabile anche ad altro, però provi a riflettere su una questo: qualunque criterio lei costruirà, come lo avrà costruito? Con che cosa? Ci avrà pensato naturalmente, è ovvio…

Intervento: non ci ho mai pensato… un conto è venire qua tutti i giorni e un conto è interrogarmi sul pensiero…

Potrebbe essere utile quando si traggono delle conclusioni, conclusioni di qualunque genere, in fondo se per esempio un fondamentalista islamico riflettesse meglio sulle condizioni della sua fede forse alcune cose potrebbero modificarsi. Ora non è necessario che pensi in ambito prettamente logico, però sarebbe sufficiente che considerasse meglio alcune cose, cosa significa meglio?

Intervento: pensa che nessun fondamentalista islamico lo abbia mai fatto?

È possibile, mi riferisco a quelli che desiderano, per la maggiore gloria di Allah, tagliare la gola a quelli che non sono mussulmani, lo facevano anche da noi un po’ di tempo fa, erano fondamentalisti cristiani, è la stessa cosa. Allora ecco che può essere utilissimo pensare, può essere straordinariamente utile pensare e sapere anche come funziona il pensiero, per sapere che cosa si è fatto quando si è giunti a una certa conclusione, cosa si è fatto esattamente? Se si è trovato qualcosa che è necessariamente così oppure no? Il discorso è molto differente, perché se è necessariamente così, cioè se sono sicuro che è così allora mi muoverò di conseguenza, la mia condotta sarà pilotata da quello che penso, da quello che credo, e questo può avere qualche risvolto non indifferente. Ecco perché è preferibile pensare, anche in termini logici, perché no? La fede dunque, anche questa muove comunque così, come ciò che è ritenuto essere irrazionale muove da un qualche cosa che si ritiene essere vero, anche se non lo si pensa ma lo si accoglie necessariamente come tale, facciamo il caso più banale, l’esistenza di dio. Per il fedele cristiano l’esistenza di dio è vera, e da qui deduce una serie di cose che lo portano a concludere, a concludere che cosa? Per esempio che la logica non serve per avere la fede, come taluni hanno pensato, Agostino, tanto per dirne uno, ma anche per giungere a questa conclusione ha dovuto comunque compiere un’operazione logica, e cioè partire da qualche cosa e arrivare a una conclusione, una volta che si è raggiunta la conclusione ci si muove di conseguenza, avviene così, avviene così nel senso che ciò che io credo essere vero pilota, come dicevo prima, la mia condotta, mi muovo in questo modo e torno a dirvi che questo ha degli effetti, in base a ciò che credo. Ecco perché il linguaggio, questa struttura, non è altro che una struttura, è apparsa essere la condizione per pensare, anche che non tutto sia linguaggio. Per fare questo devo partire da una considerazione e attraverso una serie di passaggi giungere a questa conclusione, che esiste qualcosa fuori dal linguaggio, anche per fare questo devo utilizzare questa struttura, struttura in accezione linguistica, come un insieme tale per cui se modificate un elemento variano tutti gli altri. Il linguaggio funziona così, costruisce proposizioni, sempre allo stesso modo, nel senso che non può variare la sua struttura, il discorso varia, ciò che io costruisco, ma la struttura del linguaggio è sempre la stessa: c’è un sistema inferenziale, cioè quello che consente di passare da una premessa a una conclusione, e la possibilità di individuare un elemento linguistico da tutti gli altri, se così non fosse allora ciascun elemento varrebbe tutti gli altri e si cesserebbe di parlare e di conseguenza di pensare, e se si arresta il linguaggio allora non è possibile pensare, né possibile porsi né questa questione né nessun altra ovviamente. Potremmo dire che se non ci fosse il linguaggio gli umani non sarebbero mai esistiti.

Intervento: e con il tradimento?

La signora ha fatto una domanda interessante e quindi l’ho proseguita. Che cosa c’entra con il tradimento? C’entra in questo modo: chi tradisce, tradisce sempre una parola data, data in qualunque modo non importa, ma perché compie questo tradimento? Perché suppone che, o avverte che rispetto alla promessa che ha fatto sono mutate le condizioni, le condizioni non sono più le stesse, se di fatto rimanessero esattamente le stesse questo non avverrebbe, ma siccome mutano le condizioni allora la persona decide di venire meno alla parola data anche perché, soprattutto nelle relazioni sentimentali dove al momento in cui avviene uno scambio di cortesie tra l’uno e l’altro e si cominciano a dire le cose peggiori, allora l’una persona accusa l’altra di avere tradito, per esempio, e l’altra accusa la prima di non essere quella che aveva incontrato, di essere cambiata e quindi di essere legittimato nella sua operazione, detto questo…

Intervento: sono le donne che accusano… è una battuta

Non saprei, ma sia come sia rimane il fatto che ciascuno tradisce, diceva anche Cesare prima, per un tornaconto, qualunque esso sia, sia che tradisca la persona con cui vive, sia che tradisca gli amici o la patria lo fa in ogni caso per un proprio tornaconto. Sono molti i motivi che intervengono e adesso non è il caso di stare a elencarli, quanto piuttosto di intendere che il proprio tornaconto non è altro che ciò che è ritenuto essere per sé il proprio bene, e d’altra parte nessuno insegue il proprio male, se lo fa è comunque per un bene superiore…

Intervento: crede nel bene superiore in realtà…

Il fatto che lo creda è più che sufficiente a farlo muovere, se crede in una certa cosa si muoverà in quella direzione, poi può darsi che ad un certo punto si accorga che non è così e allora cambierà di nuovo idea, in fondo non è proibito, e allora ecco che insegue il proprio bene a qualunque costo e lo insegue talvolta anche contro le persone che ama, contro gli amici, contro la patria. Si tratta di intendere come funziona per ciascuno il proprio bene, da dove viene, come per ciascuno si è creata un’idea che qualcosa sia talmente importante da perseguirlo a qualunque costo, ha costruito lungo la sua esistenza, la sua vita questa superstizione, questa credenza e la persegue a qualunque costo ma da dove viene, dicevamo, questa idea che riguarda il proprio bene? Dalle cose che ha pensate, dalle cose che ha incontrate, che ha costruite mano a mano e dalle conclusione cui è giunto e che lo hanno condotto a credere fortissimamente che il suo bene corrisponda a una certa cosa. Ecco perché c’è stata questa digressione attorno al linguaggio, perché è il linguaggio che ha costruito tale credenza, tale superstizione, tale certezza, e il sapere che una cosa del genere è stata costruita dai miei pensieri e non corrisponde a un bene assoluto ma è una mia superstizione, già il sapere una cosa del genere potrebbe, dico potrebbe, porre le condizioni perché una persona incominci a interrogarsi circa questa cosa che ritiene essere il bene supremo, c’è questa eventualità, non è una certezza però magari è un primo passo per cessare di credere con assoluta certezza qualunque cosa e il suo contrario con allegria, spavalderia e ingenuità, in molti casi una straordinaria ingenuità che è fatta dell’idea che ciò che io penso corrisponda a qualcosa di vero, che ci sia al di fuori, e qui torniamo alla questione di prima, al di fuori del linguaggio qualcosa che garantisce ciò che io dico, questa è la religione, è la struttura della religione, l’idea che qualcosa al di fuori del linguaggio garantisca ciò che si dice l’esistenza stessa delle cose. Ecco perché si tradisce, perché si crede…

Intervento: ecco io vorrei capire una cosa allora nel rapporto di coppia quando avviene il tradimento si instaura poi un senso di colpa dice “io ho tradito”…

È possibile…

Intervento: è possibile, o è solo un soddisfacimento del mio io della mia personalità “io ce l’ho fatta, l’ho tradita e sono felice di aver compiuto questo atto”

Sono tante le fantasie che possono intervenire, è difficile farne un listaggio completo, certo c’è la noia, l’insoddisfazione, la rabbia per quello che può avere fatto l’altra persona, c’è il desiderio di umiliare l’altra persona, possono esserci infinite fantasie per una cosa del genere, occorrerebbe valutare caso per caso ovviamente se si vuole intendere perché effettivamente quella persona…

Intervento: ma c’è un impulso irresistibile al tradimento?

No, non c’è nessun impulso, è una decisione della quale decisione ciascuno occorre si assuma la totale responsabilità. Il tradimento esiste nell’unico modo in cui può esistere, e cioè come gioco linguistico…

Intervento: e invece con il pensiero e con l’immaginazione? Ciascuno pensa al tradimento e già lo crea? Così come io potrei immaginare di costruire un palazzo… è già un tradimento?

Non si può stabilire una legge universale, il tradimento è ciò che lei pensa che sia…

Intervento: quando una pensa una cosa del genere in realtà poi lo materializza

Può darsi, non è necessario, però se vuole proprio dirla tutta il tradimento è esattamente ciò che lei pensa che sia, non è qualche cosa che esista in natura, è ciò che lei pensa che sia ciò che lei crede che sia, è l’idea che lei ha del tradimento. Una persona può avere rapporti sessuali con un’altra persona per restando con la legittima consorte, o con il consorte a seconda dei casi, e non pensare affatto di avere tradita l’altra persona, è difficile che avvenga perché sono regole di giochi che si accolgono anche se i due non sono d’accordo, sono regole del gioco, è come quando si gioca a carte con gli amici, per giocare occorre accogliere certe regole, una di queste regole è quella che vieta al partner di avere rapporti sessuali con altri partner, questa è una delle regole del gioco, sancita anche in alcuni casi da un contratto legale…

Intervento: se il linguaggio precede tutto quindi anche il nostro corpo, il nostro io e quindi viene ribaltato anche Cartesio noi… mi pare che ci sia una contraddizione in quello che ha detto, non esiste più nessuna decisione possibile da parte nostra perché non siamo più noi a decidere ma è il linguaggio…

Che differenza c’è tra una persona e il discorso di cui è fatta, non sono forse la stessa cosa? Lei tolga il discorso a una persona e cosa resta niente, non resta nulla, tant’è che anche la morte di fatto in cosa consiste, perché la teme? Potrebbe non farlo, ma ciò che teme è non potere più parlare, vedere, sentire, cioè fare tutte quelle cose che sono consentite dal suo discorso dal linguaggio in definitiva, e quindi possiamo affermare tranquillamente che ciascuno non è nient’altro che ciò che dice, che ciò che pensa, questo, non c’è altro. Ciascuno è linguaggio, non è uno strumento il linguaggio, il linguaggio non è un’entità a se stante, ciascuno che parla è linguaggio, non è nient’altro che questo…

Intervento: lei ha detto che il linguaggio non è la verbalizzazione… la comunicazione non verbale persone che parlano anche al di là del dire delle cose comunque comunicano…

Per comunicare occorre che ci sia una struttura, perché se no questa comunicazione non significa niente, tant’è che se una persona le parlasse qui in questo momento in islandese tutto ciò che dice questa persona non le direbbe assolutamente niente, occorre che questa comunicazione cosiddetta sia inserita all’interno di un codice, ché deve essere riconosciuta da entrambi, e allora se c’è un certo elemento allora questo elemento viene tradotto in quest’altro, se la persona, per esempio, mi viene incontro urlando con un coltello in mano allora sono autorizzato a pensare che costituisca una minaccia, non necessariamente ma potrebbe costituire una minaccia. Ci sono infiniti giochi linguistici, parlo di gioco, in accezione abbastanza vicina a quella che ha posta Wittgenstein, e lo chiamo gioco perché come qualunque gioco per essere giocato necessita di regole, senza regole non può giocare, e allora può intendere questi elementi che le servono per comunicare come delle regole, regole che permettono la trasmissione di informazioni e consentono che la comunicazione abbia effetto, cioè sia efficace, perché lei deve essere in condizioni di potere intendere ciò che io sto dicendo in questo momento, se io le parlassi una lingua che lei non conosce sarebbe estremamente complicato, e allora ci atteniamo a delle regole che sono quelle, in questo caso, della grammatica, della sintassi dell’italiano, e questo ci consente di comunicare, cioè mi permette, parlando, di supporre che quello che dico abbia degli effetti. Che poi siano quelli che io auspico oppure no questo è un altro discorso, però diciamo che alcuni tipi di comunicazione molto semplice generalmente sono abbastanza facili da tradurre, per esempio, uno chiede: che ore sono? L’altro risponde: le dieci. La comunicazione è bell’e finita ed è stata efficace, uno voleva sapere una cosa e quell’altro gliela ha detta. Questo può essere inserito all’interno di un altro codice, per esempio può essere una parola d’ordine e allora c’è un altro codice che deve essere conosciuto, perché se non lo conosce non se ne fa niente. Ciò che consente tutto questo, che consente di intendere delle regole, di attenersi a delle regole è ciò che chiamo linguaggio, che è fatto di regole, come per esempio la grammatica, la sintassi e infinite altre che servono a costruire gli infiniti giochi linguistici che ciascuno fa ininterrottamente, anche quando sogna. Quando decide che cosa mangerà alla sera, se deve continuare a vivere con una certa persona, utilizza sempre lo stesso sistema: se devo fare questo allora devo fare quest’altro; il linguaggio è questo, nient’altro che questo: ciò che consente di costruire l’esistenza…

Intervento: c’è un modo per evitare il tradimento?

Non fare nessuna promessa, in questo modo non tradirà mai la parola data, in fondo perché fare una promessa? Questa potrebbe essere una domanda interessante: perché si fanno le promesse? Per costringere l’altro ad attenercisi, presupponendo che ci sia l’eventualità che non lo farà, se no non ci sarebbe bisogno di nessuna promessa, è un po’ la vecchia storia del contratto sociale o di qualunque ordinamento sociale che prevede che tutti i cittadini siano delinquenti e per questo li vincola a delle leggi. C’è un buon libro, un vecchio libro di Laurent Dispot: “La barbarie dal volto umano”, divertente per qualche verso, dove sostiene che le civiltà sorgono da banditi che ovviamente suppongono che lo siano tutti e quindi costringono tutti quanti al cappio delle leggi nella supposizione che chiunque sia un delinquente e quindi debba essere tenuto a bada. Allora la promessa assume un suo valore, certo, se qualcuno fa una promessa di amore eterno e dopo un quarto d’ora se ne va, non ha mantenuta la sua promessa, ma la questione ancora più interessante è perché lei si aspetta una promessa? Questo potrebbe essere il tema di una conferenza perché è una questione molto interessante e piuttosto ampia: perché che umani hanno bisogno di promesse, di conferme, di certezze continuamente? Che gli si dica quello che devono fare, cosa è giusto, cosa è sbagliato, e lo chiedono continuamente cercando qualcuno che glielo dica, che li confermi, perché?

Intervento: per essere rassicurati

Questo sposta solo la questione, perché uno deve essere rassicurato? Da dove viene la sua insicurezza, da dove viene, di cosa è fatta? Ecco a che cosa serve sapere come funziona il linguaggio, perché sapere come funziona il linguaggio risponde a tutte queste domande e a molte altre…

Intervento: noi eravamo rimasti al tradimento che comunque è una decisione, ci sarebbe un’altra risposta da dare alla signorina “come fare per non tradire”: decidere di non tradire…

Sì ho data una risposta e certo ce ne sono altre, ci sono situazioni in cui è molto complicato come in tempo di guerra per esempio, non tradire la patria quando si è sotto tortura e quando per fare parlare una persona si incominciano ad uccidere tutti i suoi amici, a uno a uno… parlerà e tradirà, può essere complicato…

Intervento: però sono casi estremi, si tradisce per molto meno

Certo, ma da dove viene la decisione di tradire? Cosa la costruisce? Perché una decisione è una conclusione, e questa struttura che vi sto illustrando è ciò che io chiamo linguaggio, senza il quale non potrebbe esserci né il tradimento, né pensare il tradimento, né porsi neanche la questione ovviamente, non esisterebbe assolutamente niente. Qualunque cosa si sarà decisa sarà stata occorrerà assumersi la responsabilità, sia che si decida di tradire, sia che si decida di non tradire, perché non va da sé né l’una cosa  né l’altra. L’essenziale è tenere conto di ciò che si è deciso e che si sappia perché si è deciso così, questo può essere interessante, anziché non sapere nulla e immaginare di essere trasportati da qualche demone, non c’è nessun demone…

Intervento: allora si potrebbe dire che la società nostra europea occidentale c’è maggiore occasione di tradimento ecc. ecc. nella società orientale per esempio l’Islam, l’Algeria, la Tunisia… in quei posti lì chi tradisce… se rubi una volta ti perdonano, la seconda ti tagliano la mano…

Se punire un reato con la pena di morte diminuisca oppure no il numero di reati? Forse, ma non è affatto sicuro, negli Stati Uniti per esempio i reati sono puniti in molti casi con la morte, cionondimeno se ne compiono in numero considerevole, è sempre preferibile andare cauti nell’affermare certe cose anche perché dopo accade di crederci a queste cose che si sono affermate, e quindi ci si muove di conseguenza…

Intervento: la differenza fra linguaggio e coscienza…

Provi a intendere il linguaggio come una struttura che consente di costruire cose, ha presente il lego? Quello dei bambini? Ecco il linguaggio sono i mattoncini, e il discorso le varie costruzioni. Ciò che è possibile costruire è un discorso, ciò di cui ciascuno vive, ciò di cui è fatto il linguaggio è costituito da questi mattoncini che consentono di costruire discorsi, di costruire, per esempio, il discorso intorno alla coscienza e anche di chiedersi che cosa sia la coscienza, e anche di chiedersi se esisterebbe la coscienza al di fuori del linguaggio. Ma supponiamo che noi abbiamo data una definizione di coscienza, che cosa abbiamo fatto esattamente a questo punto? Abbiamo costruito una serie di proposizioni, abbiamo fatto questo, ma ciò che chiamiamo coscienza non ha un’esistenza al di fuori, da qualche parte, lo si può credere certo, si può credere qualsiasi cosa però esiste in quanto è stato possibile costruire tale concetto di coscienza, così come di bene, di male, di bello, di brutto, di giusto, di ingiusto, questi sono concetti costruiti, e anche abbastanza soggettivi, ma qualunque cosa per essere quel qualche cosa che è deve essere costruita con questi mattoncini che si mettono insieme attraverso certe regole, certe procedure, per esempio una di queste regole è quella che impedisce di accogliere una certa conclusione se all’interno di quel gioco si è rivelata falsa, e allora non la si segue, perché? Perché se sa che una cosa è falsa non continua in quella direzione? Chi glielo impedisce? Nessuno in realtà, è una delle regole di questo gioco, è il linguaggio che glielo impedisce così come è impossibile per chiunque credere vero ciò che sa essere falso, non lo può fare, qualcosa glielo impedisce, ma cosa? Il linguaggio di cui è fatto, nient’altro, e il linguaggio funziona così e di conseguenza gli umani funzionano così e in nessun altro modo, anche perché hanno soltanto il linguaggio a disposizione per esistere, per vivere, per accorgersi di esistere, per esempio, per parlare, immaginare, sognare e fare qualunque cosa, non ha nient’altro, è l’unica ricchezza di cui gli umani dispongono, non hanno nient’altro, solo questo, però possono farne buon uso, volendo…

Intervento: io penso che il tradimento sia comunque una forma di debolezza

È una possibilità, in fondo chiunque tradisca ha dei buoni motivi per farlo, se no non lo farebbe…

Intervento: lei prima ha detto che se uno crede che una cosa è falsa non la fa…

Non ho detto che non la fa, ho detto che non può credere che sia…

Intervento: cioè se uno pensa che non sia vera non si blocca, se è convinto che quella cosa è falsa…

Sì, non può procedere in quella direzione, lei potrebbe credere per esempio qualcosa che sa essere assolutamente falso? Potrebbe credere di chiamarsi in un altro nome rispetto al suo, potrebbe farlo? Quando si accorge che una certa cosa che immaginava essere vera è falsa, perché ha verificato che è falsa, allora non ci crede più, se qualcuno le dicesse: hanno rubato la tua macchina qui sotto. Lei si affaccio e la macchina è lì, potrebbe ancora credere che l’abbiano rubata? No, cosa lo impedisce?

Intervento: una prova

Una prova, certo, di cosa è fatta una prova? E a quali condizioni accoglie una certa cosa come prova? Sono questioni che possono apparire bizzarre, ma cionondimeno sono questioni che ciascuno mette in atto ininterrottamente, quotidianamente senza accorgersene, accorgendosene magari potrebbe trarne dei vantaggi, non è detto, però c’è questa possibilità. Dopotutto sapere le cose è preferibile al non saperle...

Intervento: diciamo che non sapendo uno può cercare di trovare quei postulati… è un po’ difficile capire… sono solo dei postulati del linguaggio però quali riteniamo giusti, sbagliati… allora anche uccidere è solo un postulato potremmo cancellarlo ma potremmo anche non cancellarlo

Uccidere generalmente è considerato un reato, in altri casi no, può essere obbligatorio, oppure può essere fatto per la maggior gloria di dio, a seconda dei casi, a seconda di ciò che uno crede. Un militare in guerra non può sottrarsi dal farlo, ma in fondo ha dato il suo assenso a qualcosa che ha creduto, ha dato il suo assenso o è stato costretto a darlo ma lo ha dato. So che ci sarebbero migliaia di questioni da affrontare ancora e da riprendere, da riconsiderare, da discutere e sarebbe molto piacevole farlo qui con voi e passare tutta la notte, e vedere sorgere l’alba parlando di questioni belle e degne di essere discusse, ma in ogni caso possiamo vederci giovedì prossimo. Grazie a ciascuno di voi.