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REALTÀ O FANTASIA?

 

22-6-1999

 

Allora incominciamo questa ultima serata di questa serie di incontri. Riprenderemo il secondo martedì di ottobre che è il 12. Riprenderemo con una serie di titoli accattivanti che vi faremo sapere nel prosieguo. Anzi direi se qualcuno ha qualche interesse particolare per il tema da svolgere negli incontri che inizieranno ad ottobre può dire, ne terrò conto. Qualcuno ha qualche suggerimento? Una questione un tema che interessa più di altri…

- Intervento: sulla linguistica

Sì, ne parleremo sicuramente, altri che hanno qualche "desiderata"? la signora, qualche suggerimento? Qual è l’aspetto che più l’ha interessata di queste cose che ha seguito ultimamente? Questioni più psicanalitiche, più linguistiche, logiche in generale? adesso siamo molto sul generale….

- Intervento: sulla comunicazione

Sulla comunicazione, ecco quindi siamo più o meno nella linguistica in buona parte, ché la comunicazione ha a che fare con la linguistica, questa è già una direzione certo, comunque vi faremo sapere, vi invieremo il depliant con i titoli del nuovo corso. Allora realtà o fantasia? Curioso titolo come se ponesse una sorta di scelta, una opzione fra le due cose, generalmente si è indotti a pensare che si tratti di cose differenti, anche perché si usa per definirle una parola diversa e questo già di per sé indica che si tratta di elementi con una buona probabilità differenti tra loro. Ciascuno spesso durante la sua esistenza, anche durante la sua giornata, più propriamente, si appella alla realtà, per vari motivi e a vario titolo, però se richiesti di specificare cosa intende esattamente con questo significante talvolta incontra qualche difficoltà, come dire che la definizione di un elemento così apparentemente noto a tutti diventa ardua se ci si pone nella necessità di doverla definire. In genere viene definita con dei sinonimi; altrettanto difficile può essere distinguere la realtà dalla fantasia non soltanto in circostanze particolari ma anche nel quotidiano. Definirla in termini teorici, intendo dire, poi ciascuno grosso modo sa, distinguere per quanto lo riguarda ciò che attiene alla fantasia e ciò che attiene alla realtà. La questione della realtà è una questione antichissima, come molti di voi sanno, la realtà è considerata da sempre il referente ultimo delle cose, in effetti parlare della realtà delle cose è indicarne una sorta di sostanza, letteralmente ciò che sta sotto a ciò che appare, la realtà delle cose spesso invocata per persuadere l’interlocutore, ché suppone che mostrando la realtà questa ha il potere di persuadere immediatamente, la realtà delle cose viene mostrata generalmente attraverso i sensi, e in effetti la definizione più banale, più diffusa di realtà riguarda appunto tutto ciò che cade sotto i sensi, che sono 5, come sapete. Tutto ciò che cade sotto i sensi dunque ma ciononostante affermare che qualcosa cade sotto i sensi ancora non è sufficiente, non è sufficiente perché ciascuno essendo proprietario dei suoi sensi, a quelli si riferisce, né può generalmente sapere che cosa cade sotto i sensi altrui, al punto che, come dicevo tempo fa agli amici durante il corso, nel Sofista Platone fa dire al Forestiero, che è amico del sofista, laddove uno indica un albero, risponde che quell’albero non lo vede, ma lo vedrà se lui gli racconterà che cosa vede. In questo caso l’albero non cade affatto sotto i sensi, o più propriamente ciò che a me appare e cade sotto i miei sensi, può essere tutt’altro da ciò che accade sotto i sensi altrui, ma la realtà per definizione è ciò che cade sotto i sensi, sì, ma di ciascuno, occorre che questa realtà per essere tale sia la stessa, per chiunque, se no non è una realtà, ma vi è nota come fantasia, la fantasia in effetti è ciò che cade sotto i sensi in modo particolarissimo, soggettivo, e allora come usano dire gli psicologi, o gli psicanalisti talvolta "questa è una sua fantasia" dicendo questo sottolineano una distanza dalla realtà ovviamente, se no non direbbero così. Ma ponendo questa distanza fra realtà e fantasia si impone immediatamente la necessità che la realtà sia un qualcosa che cade sotto i sensi di tutti allo stesso modo e, sì, si impone questa necessità. Da qui o meglio da qui incominciano i problemi, problemi ovviamente di ordine teoretico più che pratico, nella pratica quotidiana, il gioco che si va giocando ha regole più labili, e meno ferree del gioco teoretico, il quale chiede di rendere conto di ogni affermazione, di tutto ciò che si dice, di provarlo, di provarlo in modo inconfutabile, nella pratica del quotidiano no, nel senso che se ho sete, mi verso la bottiglia dentro un bicchiere d’acqua e bevo senza chiedere a nessuno di provarmi che quella è acqua e questo è un bicchiere e che se bevo l’acqua mi passa la sete …il gioco che si fa ha regole differenti, nel senso che non è richiesto mai di dovere provare ciò che si fa, ma si risponde semplicemente, come direbbero gli informatici, a un input più o meno sempre nello stesso modo, per cui se uno mi chiede un bicchiere d’acqua io gli do un bicchiere d’acqua. Ora come avvenga una cosa del genere, che se qualcuno mi chiede un bicchiere d’acqua io gli dia un bicchiere d’acqua, è una questione che affronteremo quando parleremo della linguistica e degli atti linguistici, perché anche per mettere in atto un’operazione apparentemente così semplice in realtà le operazioni che si compiono sono molte e difficili, però ce ne occuperemo, dunque dicevo nel quotidiano ciascuno non ha nessun problema a distinguere tra due cose, non ha nessun problema generalmente a distinguere fra nulla, ogni cosa sembra situata al suo posto, ogni cosa sembra rispondere a un ordine preciso, ogni domanda ha una risposta grosso modo, se chiedo l’ora a qualcuno questo qualcuno mi dirà che ore sono, tutto si svolge regolarmente, mentre, come dicevo, il gioco teoretico è molto più complesso, chiaramente nel gioco quotidiano non essendoci la necessità di dover provare nulla di ciò che si fa in linea di massima, ci si muove molto più rapidamente, molto più facilmente, ovviamente non solo si può provare nulla ma ecco occorrerebbe sapere che le regole del gioco che si fa nel quotidiano non pretendono che nulla sia provabile per cui se qualcuno ci prova a volere provare qualcosa, si trova immediatamente nei guai, perché non si riesce, come quando accade che qualcuno dica "provami che le tue intenzioni sono queste!" rispetto a questo gioco quotidiano è un non senso, non significa niente, per potere provare occorrerebbe stabilire un criterio di prova, quale? Da qui, una serie innumerevole di intoppi che accadono perché se ciascuno sapesse a modo suo che tutto ciò che si svolge segue delle regole in cui, così come nella retorica non c’è nulla da provare, nulla da dimostrare, si muoverebbe molto più agevolmente, sa che non sono da provare perché qualsiasi prova gli si chieda non significa nulla se non si esibisce un criterio di prova preciso, perché laddove si richieda di provare qualcosa si fa un altro gioco che è quello teoretico, che ha regole precisissime, rigorosissime, ferree ma è un altro gioco e allora sì è possibile provare dando, naturalmente, ponendo un criterio di prova ovviamente se no non si prova niente, non posso provare una dimostrazione matematica utilizzando dell’acqua, non è un criterio di prova, ci vogliono una serie di algoritmi o di formule che assolvano questo compito. Ciò che accade fra i più, rispetto alla realtà, riguarda proprio questa sovrapposizione cioè si immagina che un certo gioco che è quello del quotidiano, che si chiama realtà, soltanto per comodità, in realtà sia qualcosa di addirittura provabile, una follia, tutto ciò che riguarda la realtà è soltanto un aspetto retorico, non c’è nulla di logico, nulla di provabile, nulla di dimostrabile, è soltanto un modo più pratico, più veloce, per intendersi; se dico che in realtà ho fatto questo, sto soltanto dicendo all’interlocutore che non gli sto raccontando una storia ma che secondo il gioco che stiamo facendo, le cose si sono svolte in quel modo, non è altro che questo, ma se mi chiede di provarlo non posso farlo, dovessi provare qualunque cosa che attiene alla realtà, non lo posso provare così come non posso provare nessuna affermazione retorica, e la cosiddetta realtà appartiene alla retorica, non alla logica, lo stesso ovviamente è la fantasia. Il fatto di distinguerle indica soltanto che sono due giochi che hanno delle regole leggermente differenti, ma sia l’una cosa che l’altra risultano assolutamente non provabili, non dimostrabili, tutti quanti si sono cimentati a volere provare o dimostrare la differenza fra la realtà e fantasia o realtà e sogno ecc…ecc. tutta una serie di storie, hanno compiuto un’operazione molto religiosa, immaginando che sia la realtà sia la fantasia siano dei quid, con la loro esistenza al di fuori della parola, e che quindi si trattasse unicamente di reperire questa sorta di quiddità di tali elementi è ovvio che qualunque definizione che io dia di realtà o di sogno o di fantasia, non sarà altro che una regola che io pongo per giocare quel gioco ma non ha nessun referente al di fuori di ciò che sto dicendo, da ciò che sto raccontando, come dire in altri termini che qualunque definizione io dia di realtà o di sogno, questa definizione sarà sempre necessariamente arbitraria cioè non sarà né provabile, né confutabile, in linea di massima perché non richiede né di essere provata né di essere confutata, esattamente così come se io affermo che a me piace la "coca cola" questa affermazione non può essere né confutata né dimostrata, affermare una cosa del genere si compie un gioco che non è provabile, non sottostà a nessun criterio verofunzionale, e così nessuna definizione di realtà o di fantasia può essere sottoposta a un criterio verofunzionale, non può essere né provata né confutata, l’unica cosa che può dirsi è questa a me piace così e bell’e fatto. Questo è il massimo che può dirsi, tuttavia come dicevo poc’anzi, i problemi sorgono quando si opera questa sorta di sovrapposizione, io definisco una certa cosa e non penso che questa definizione sia una mia arbitrarietà, qualcosa che a me piace che sia così ma immagino invece che corrisponda a ciò che la cosa realmente è, a questo punto sorgono i problemi, sorgono i problemi perché o mi cimento in una prova se è proprio così, oppure accade che qualcuno me la chieda la prova, certo finché non avvengono né l’una cosa né l’altra tutto appare funzionare ma se si pone la condizione di potere provare una cosa del genere immediatamente c’è un contraccolpo, cioè non si riesce a provare assolutamente niente, e ci si ritrova con la propria definizione assolutamente inutilizzabile, per cui cercare di distinguere la realtà dalla fantasia, non ha nessun interesse nessun valore teoretico e soprattutto nessun possibilità di riuscita a meno che si intenda semplicemente due termini come due differenti regole per giocare, con questa cosa intendiamo una certa cosa, con questa intendiamo quest’altra ma in modo assolutamente arbitrario, allora non c’è nessun problema certo, però, però accade invece che nel discorso occidentale soprattutto ma non soltanto, accade dicevo, della necessità di provare cose che in nessun modo sono provabili, da qui una serie di scacchi della scienza la quale scienza a questo punto, fallendo nella sua missione si rivolge agli dei. Infatti non è casuale che molti scienziati, siano dei credenti, taluni potrebbero pensare che le due cose si contrappongono, e invece no, sono due facce della stessa cosa. il cosiddetto scienziato, non tutti almeno, alcuni ovviamente immagina che la sua scienza lo conduca a trovare la verità, la verità qui intesa come la sostanza, l’essenza meglio ancora delle cose, la loro verità, appunto, fallendo in questa operazione, non rinuncia all’idea che ci sia una verità però deluso dalla ricerca scientifica si appoggia alla religione. Avevamo detto già molto tempo fa che la scienza e la religione sono due facce della stessa cosa, e sono nate nello stesso modo come l’esigenza di provare un qualche cosa che arresti la caduta inesorabile nella ricerca delle verità e cioè un rinvio continuo ad altro, sono partiti dunque entrambe come ….(…) ma muovendo dalla stessa posizione hanno prese due strade leggermente differenti cioè l’una, la religione, suppone la verità come già data, come esistente ma già data, la scienza suppone la verità come esistente ma da trovare. Tutto qui, ma la struttura è la stessa, la struttura è la stessa in quanto suppongono la verità, l’essenza delle cose come necessaria come sicura, certa, si tratta solo di trovarla per la scienza, di osservarla per la religione. Due facce della stessa cosa per questo non sorprende che molti cosiddetti scienziati si rivolgano alla fede, perché la scienza se presa effettivamente alla lettera delude ovviamente, così come la religione, se presa alla lettera delude, questo dio di cui si parla non soddisfa le esigenze, non soddisfa le aspettative, esattamente come la scienza. C’è una sola cosa che può soddisfare le aspettative ed è esattamente ciò che questa aspettativa riproduce cioè il pensiero, ma non un pensiero religioso ovviamente né scientifico ma un pensiero che indaga sulle condizioni di sé, ecco che allora non può essere né illuso né deluso, ma compie una ricerca, una ricerca teoretica di cui si rende perfettamente conto che qualunque affermazione scientifica, religiosa, scientifica è assolutamente arbitraria, cioè non provabile ma muove unicamente da ciò che rappresenta la condizione della sua esistenza, come molti tra voi che mi seguono sanno, questa condizione non è altro che il linguaggio, quella struttura che consente di pensare. Sapere che qualunque altra cosa è arbitraria è sapere o meglio ancora non potere in nessun modo pensare che sia vera, può esser divertente, piacevole amabile, ma pensarla vera è un non senso, non è né vera né falsa è niente è un giudizio estetico. Un giudizio estetico dunque così come accade anche per la religione, una persona crede in dio in effetti unicamente perché gli piace così, perché gli è comodo per una serie di operazioni, e così credere che la realtà sia una certa cosa oppure un’altra allo stesso modo è un giudizio estetico, a me piace pensare che la realtà sia questa e penso così, va bene non c’è nulla di male, in generale, può esserci qualcosa di discutibile laddove, come avviene perlopiù, quando, sicuro, che la realtà sia una certa cosa tenta di imporla ad altri, perché la realtà pensata in questi termini è terroristica come è noto, rappresenta nella vulgata la forma più comune e più forte di persuasione, ricondurre qualcuno alla realtà, si usa anche dire, ricondurre cioè alla realtà delle cose, che è un’azione terroristica per antonomasia, quella che giustifica la più parte dei massacri, e degli stermini, che giustifica qualunque cosa, in nome della realtà si può fare qualunque cosa, il discorso occidentale è combinato in modo tale per cui se riuscite a persuadere qualcuno che una certa cosa è la realtà, questa persona si muoverà nella direzione in cui voi volete. Perché la realtà poi comprende tutta una serie di cose, anche il giusto ovviamente, la realtà non può essere errata, se è realtà è giusta, è vera, è buona in linea di massima, quindi avendo tutte queste prerogative è costrittiva, non essendo come dicevo arbitraria può cambiare da un momento all’altro, oggi i nemici sono quelli con la divisa grigia, domani sono quelli con la divisa verde ed è giusto, era giusto che ieri fossero quelli con la divisa grigia è giusto oggi che siano quelli con la divisa verde, perché che siano un nemico è la realtà dei fatti, mi sembra così un modo molto rozzo molto schematico, di pensare ma è così che pensano grosso modo sei miliardi di persone, circa, non ho il computo esatto. Essendo, dicevo, la realtà pensata in termini terroristici, gli si oppone la fantasia invece come il regno dell’arbitrario e dell’evanescente, ma questa distinzione è funzionale in effetti al discorso occidentale, in modo di poter opporre alla realtà tutto ciò che non è realtà, tutto ciò che non è realtà o viene eliminato oppure viene relegato a attività ludica, per esempio. C’è la nobile menzogna di cui è autore Platone che ha inaugurato questa serie di palle….è l’ultima sera…per cui è necessario far credere alle persone che le cose stiano in un certo modo, che la realtà sia, che debba essere e che sia fatta in un certo modo, per un motivo semplice, molto semplice, perché in caso contrario non sono facilmente governabili, devono credere e devono distinguere fra il sogno o fantasia e realtà, perché se no come fanno a reagire nel modo che io voglio reagiscano quando dico che questa cosa è realtà, fanno confusione e invece no e facendo confusione c’è l’eventualità che non obbediscano, se invece non fanno confusione allora obbediranno. Se un caporale dà un ordine a un soldato semplice, è d’uopo che il soldato semplice non pensi che il caporale gli stia dicendo una cosa di fantasia, e che quell’ordine sia reale, solo a questa condizione lo eseguirà, che è ciò che fa il governo con i cittadini. Dicevo della nobile menzogna di Platone, una fra queste è la necessità che esista un governo, è una menzogna, però come dire da moltissimi anni è così e probabilmente sarà ancora così per molti anni, magari non sempre, però per il momento funziona così, funziona così perché la più parte delle persone è assolutamente convinta che la realtà sia una certa cosa, che il governo sia necessario e tutta una serie di cose, addestrata molto bene a distinguere fra realtà e fantasia, la realtà è generalmente pensata, e in questo c’è un buon apporto del cristianesimo come un peso, la realtà è pesante, la realtà è faticosa, è sofferenza, è dolore (è una valle di lacrime) ecco è quella cosa lì, mentre la fantasia è l’allegria è la spontaneità, è la leggerezza , un po’ la solita distinzione che viene fatta fra gioco e lavoro, per esempio, distinzione che non ha di per sé nessun senso ma che è funzionale a questo modo di strutturare le cose, in modo che ciascuno sia conscio e consapevole della propria posizione e si attenga alla sua posizione. Questo perché il sistema possa funzionare, ovviamente, così come è combinato cesserebbe di funzionare si dissolverebbe, ciò che è stato immesso nelle persone attraverso l’educazione che viene fatta, soprattutto l’educazione scolastica, è che senza questa struttura c’è il caos, c’è l’anarchia, c’è la disgregazione, il nulla, l’operazione occorre dire è perfettamente riuscita, perché è ciò che le persone pensano, in assenza di governo sarebbe la catastrofe totale, per cui ci si rifugia, ecco, nella fantasia, ciò che si oppone al peso della realtà, quella valle famosa, mantenendo sempre però ben netta e precisa questa distinzione, potremmo giungere a dire che mantenere questa distinzione è ciò che dà un notevole contributo al mantenimento dell’organizzazione sociale, tolta questa distinzione l’organizzazione sociale si dissolverebbe. Ho fatto un breve accenno alla questione visto che questo è l’ultimo incontro di quest’anno possiamo proseguire in termini dialogici, di dialogo, chi vuole aggiungere delle cose a ciò che io ho appena accennato? non ho fatto menzione di molte cose ma poi possono dirsi in seguito ai vostri interventi…

Interventi: Lei diceva buona realtà

Cos’è che dicevo? Sì, a proposito del bene, del giusto, del vero….buono? buono l’ho aggiunto così, forse in effetti….buono in quanto se ci si attiene alla realtà, così nella vulgata, non si erra ma si prosegue lungo la diritta via, una persona che si attiene sempre alla realtà delle cose, non mente mai….ho detto buono un po’ così ma in effetti è un paradosso…(….) sì a volte è considerata così, perché la realtà può anche essere cattiva ma ha un fine, sempre, che può essere o la natura o dio o quello che vi pare, un fine ultimo. Nel Medio Evo si adoperavano a congegnare tutta una escatologia, cioè una dottrina del fine ultimo delle cose, in modo da giustificare la sofferenza attuale, la realtà è cattiva oggi ma se ci si attiene alla realtà sicuramente il giusto sarà premiato. C’è una legge divina la nemesi, perché la realtà non mente per definizione, nella vulgata la realtà non può mentire, e quindi sarà sempre sincera, così si pensa che sia chiaramente è una costruzione però è congegnata in questo modo un po’ come dio, nessuna religione potrebbe ammettere che il suo dio mente, andrebbe contro ai suoi stesse criteri (si darebbe la zappa sui piedi) nessun dio può mentire per definizione, la menzogna in genere è relegata ad un'altra figura. Altre questioni?

- Intervento: (distinzione fra psicoterapia e analisi)

Sì molti psicoterapeuti affermano che la realtà non esiste secondo una miscela attuale di una sorta di relativismo universalizzato. Tutto è relativo, però giustamente come diceva Anna Maria si attengono a una teoria, perché? Perché quella anziché un’altra? Che cos’ha di più? È più divertente? (….) oppure forse non la considerano più vera? Certo. (……….) dicevo così? Sì forse a proposito del relativismo generalizzato, si considera nella vulgata ciò che è rimasto del parlare comune della teoria di Einstein in definitiva, della relatività, ciascuna cosa che si dice nella vulgata è relativa al punto di vista che di per sé non significa nulla, nel senso che se una certa cosa è relativa al punto di vista, questo punto di vista lo si dà come acquisito, e allora, sì, afferma che ciascuno ha la sua verità, questo è il passo successivo, cosa comporta affermare che ciascuno ha la sua verità? Che ciascuno ha la sua superstizione. Perché la verità così come è definita dal pensare degli ultimi da duemila anni è che è e che non può non essere, mentre parlare di una verità personale è una contraddizione in termini, non è una verità è una superstizione, ciò che io credo, allora sì certo ciascuno si muove secondo le sue superstizioni, le sue credenze, ma dire tutto è relativo non significa assolutamente nulla, perché già per Einstein, dicevamo già giovedì scorso con gli amici, il problema si pose quando inventò la teoria della relatività, la quale necessitava di un elemento che fosse sicuro stabile, fermo, l’eventualità che questo elemento non fosse o non rispondesse a questi requisiti, lui stesso l’avvertiva come un pericolo, se questo elemento non aveva questi requisiti era un problema grosso, tutta la teoria della relatività, sarebbe stata posta in qualche difficoltà, tant’è che in una lettera a Born dice "tutto ciò che ho fatto è vero, a meno di non ammettere che dio giochi ai dadi" e cioè che questo elemento non sia vero, non sia sicuro, ecco a proposito del relativismo, però certo come diceva Anna Maria ciascuno utilizza una sua teoria e utilizza quella anziché un’altra, perché a quella attribuisce un maggiore valore e questo valore non è altro che un valore di verità, quindi c’è una religiosità in qualunque teoria psicanalitica, psicoterapeutica, il considerare una cosa più vera di un’altra….sì, chi vuole aggiungere ancora qualche elemento prima che si concludere l’anno scolastico (riprenderemo il 12 ottobre) sì?…

- Intervento: la differenza fra questi due termini verità e fantasia (realtà! Però) la verità è il referente della realtà è l’unico referente per riuscire a situare delle cose….è interessante come il linguaggio abbia costruito e inventato dei termini come sogno, ricordo, come idea, come immagine per differenziare, rendere molteplice…nell’itinerario analitico Freud parlava di fantasie che intervengono nel discorso per distinguere quella che a volte è una "dura" realtà, certamente queste differenze i giochi differenti che attengono a questi termini, per esempio, il gioco del ricordo è specifico e non si dice di un ricordo che è un sogno, mentre quando parlo di immagine questo termine viene usato ancora in un altro modo….questa necessità e certamente la ricchezza del linguaggio a favorire il discorso come se la realtà non potesse da sola favorirlo, come se avesse bisogno di altro, di altre "realtà" per proseguire, per avere poi qualcosa da dire…e cioè per confermare (distruggere) quella realtà, una realtà.

Cesare? Lei distingue fra realtà e fantasia comunemente?

Intervento: il rifugio nella fantasia e una sola posizione la realtà... so che la fantasia è parole e basta (già) la realtà posso renderla dolce

Sì, ciò che è inteso come realtà è altrettanto modellato, sì, altri addirittura si chiedono se esiste la realtà della fantasia, ovviamente dipende da cosa si intende con realtà e con fantasia, abbiamo visto che qualunque definizione possa darsi rimarrà sempre arbitraria per cui vale l’altra, indifferentemente, a piacere, già. Però in effetti è arduo pensare in questi termini, senza un riferimento alla realtà, la sensazione è quella di abbandono totale ed assoluto. Molti sono spaventati da questa cosa, come se ciascuno si trovasse responsabile di tutto ciò che pensa e quindi della realtà che lo circonda….

- Intervento: posso immaginare, prima lei parlava, dell’amico di Platone, il forestiero che chiedeva "cosa vedi? Così posso vedere anch’io " io posso immaginare, (calco questo immaginare) il racconto che posso fare a Platone, parlando di quest’albero, lo posso raccontare rosa, con i petali, posso fare una costruzione fantastica, posso anche immaginare che il sofista ascolti le mie parole e quindi "veda" quello che dico però questo lo posso solo immaginare, posso immaginare una storia di questo genere, ma in qualche modo io so qual è la realtà, so che l’albero non ha i petali rosa, perché so che l’albero non è un fiore, ci sono delle immagini che costruiscono e regolano la realtà, lo posso solo immaginare, ponendolo come il gioco dell’immaginazione che è diverso dal gioco della realtà….

Sì, la questione è che affermare che l’albero non può essere rosa è come affermare che due più due non può fare cinque, una regola del calcolo numerico che impedisce questo, e così è una regola del pensiero comune, quell’altra allo stesso modo. Bene visto che è l’ultimo incontro dell’anno faremo una lectio brevis e riprendiamo martedì 12 ottobre 1999, qui all’Araba Fenice.