Torino 22 dicembre 2009
ASSOCIAZIONE ESPRIMERSI
LUCIANO FAIONI
AMORE E SOLITUDINE
Mi sono trovato in tantissime occasioni ad ascoltare racconti sull’amore e sulla solitudine e in questi racconti la più parte delle volte l’amore e la solitudine venivano contrapposti anzi, in molti casi l’amore era considerato una sorta di antidoto alla solitudine. Accade talvolta che delle persone cerchino l’amore per lenire la solitudine, che questa operazione riesca oppure no questo è un altro discorso però l’intento è questo, ora la solitudine così come l’amore sono considerati talvolta come dei sintomi, altre volte come condizioni umane, molto umane, come dei sentimenti, ma lo stesso Freud, per esempio, a proposito dell’amore in alcune occasioni ha detto cose che lo ponevano molto vicino ad un sintomo, a una condizione cioè, chiamiamola così, “precaria” tra virgolette, la persona è come se perdesse almeno apparentemente la sua lucidità, così anche la solitudine può essere intesa negativamente come qualche cosa che porta al disagio, porta al malessere. Mentre la solitudine è considerata generalmente qualcosa da eliminare l’amore tendenzialmente no, è considerato una cosa positiva, non è ancora patologizzato. Sapete che oggi c’è la tendenza a patologizzare qualunque cosa e fra un po’ magari anche l’amore sarà considerato una malattia e avrà il suo farmaco, è possibile, in effetti, come dicevo prima, anche l’amore in alcuni casi è considerato una patologia, la persona innamorata fa cose che generalmente non fa se non è innamorata, si comporta in modi che possono essere considerati anormali, d’altra parte non è difficile patologizzare un sentimento come l’amore, volendo si potrebbe fare, basterebbe stabilire un concetto di normalità che non lo prevede, dopodiché si incomincia a persuadere le persone con la reclame, la pubblicità, fatte ad hoc in modo da mostrare come l’amore sia una cosa negativa, è sufficiente ripetere questa cosa per un certo numero di anni dopodiché le persone saranno convinte e assolutamente sicure che l’amore sia una malattia, non è difficile volendo si può fare. Appena per dirvi come è possibile e come è facile in moltissimi casi rendere una qualunque cosa che è sempre stata ritenuta assolutamente normale, renderla invece una malattia. Nel caso della solitudine la cosa è più evidente, più evidente perché le persone affermano di non volere la solitudine generalmente qualche volta affermano anche di non volere l’amore però è più frequente che affermino di non volere la solitudine, considerata una cosa brutta e sgradevole, eppure nonostante molti si adoperino per lenire la solitudine, per mostrare alla persona che non è sola, che ci sono molte strutture, e molte organizzazioni pronte a venirgli incontro raramente si considera di che cosa è fatta esattamente la solitudine, cioè non è soltanto lo stare da soli ovviamente, perché lo stare da soli non sempre, come sapete, coincide con la solitudine, una persona può stare da sola e stare benissimo oppure trovarsi in mezzo a mille persone e sentirsi assolutamente sola, quindi non ha a che fare soltanto con il numero di persone che la circonda, con che cosa ha a che fare? E soprattutto che cosa ha a che fare con l’amore? La solitudine procede dalla sensazione di non essere capiti, generalmente, dal fatto che parlando con le persone ciò che si dice non venga inteso oppure che le persone non diano alla persona quell’importanza che suppone di dove ricevere, allora in questo caso si sente abbandonata, si sente sola, però non sempre, anche qui la solitudine ha una andamento bizzarro, una persona può sentirsi sola nei momenti più strani apparentemente, magari fuori dalla persona nulla è mutato rispetto al giorno prima e il giorno dopo si sente sola e abbandonata, cosa è successo? Gli umani da quando esistono cercano l’amore e se non lo trovano si sentono soli immaginando che attraverso l’amore qualcuno, naturalmente la persona di cui si innamorano, sia quella che è in condizioni di capirli, di comprenderli e quindi a quel punto non si sentono più soli, generalmente si cerca l’amore per questo, per essere capiti, per avere qualcuno che sia vicino e che comprenda ma c’è una domanda che può farsi, che comprenda che cosa esattamente? Ciò che la persona desidera? Anche, ma non soltanto, prendete la definizione di amore, quella più corrente o più diffusa e cioè come quel sentimento tale per cui la persona si mostra prodiga, disponibile, vicina a qualcun altro e desidera il bene di questo qualcun altro, il suo benessere, generalmente si considera qualcosa del genere e quindi se una persona ama qualcun'altra si suppone che anche cerchi di comprenderla cioè cerchi il benessere di quest’altra persona, molte volte non conosce qual è il bene delle altre persone e allora utilizza un sistema più rapido e più pratico e cioè stabilisce qual è il proprio di bene e lo applica a quell’altro indiscriminatamente, talvolta può anche accadere che il proprio bene non collimi necessariamente con quello dell’altro e quindi faccia danni per esempio, succede anche questo. C’è un aspetto in particolare che riguarda l’amore e la solitudine, anche perché succede in molti casi che in una relazione amorosa a un certo punto la persona comunque si senta sola, cioè non si senta più capita dal partner, accade molto spesso indipendentemente dal fatto che il partner possa essere cambiato oppure no, magari è la persona che è cambiata e quindi ha altre esigenze, altre aspettative che l’altra persona può non essere in condizioni di dare, di offrire o semplicemente può non avere nessuna intenzione di farlo, anche questo può accadere, sono fenomeni che forse molti di voi conoscono perfettamente. Ciò di cui si tratta in un percorso psicanalitico, visto che è anche di questo che dobbiamo parlare, è il fatto che entrambe le cose, l’amore e la solitudine hanno in comune fra le varie cose anche una prerogativa e cioè di appartenere agli umani, per esempio un sasso è difficile che si senta solo, anche un animale non si sente solo, in ogni caso ma non lo sapremo mai, l’amore è una caratteristica tipica degli umani, come la solitudine. Che cos’hanno gli umani di assolutamente particolare che li distingue da qualunque altra cosa si trovi sul pianeta? Parlano, e quindi pensano, e quindi si fanno domande, hanno aspettative, hanno desideri e hanno emozioni, talvolta qualcuno è indotto a pensare che le emozioni appunto come la solitudine e l’amore siano fuori dalla parola, però se si considera meglio la questione si può facilmente valutare che qualunque emozione di fatto segue a una serie di considerazioni, tant’è, come ciascuno sa, che alcune cose emozionano una persona e lasciano l’altra totalmente indifferente, perché una persona si emozionata? Perché? Ci vuole una qualche condizione e cioè che una certa cosa per quella persona rappresenti un valore cioè valga qualche cosa, allora si emoziona, anche un gesto banalissimo come offrire qualche cosa a qualcuno di per sé non emoziona nessuno, però se questo gesto per quella persona ha un significato particolare ecco che avverte quella cosa che si chiama emozione, perché per quella persona quel gesto, quella situazione o quella cosa ha un valore particolare, ma che una qualunque cosa possa acquistare, possa avere valore per qualcuno questo non è casuale, segue a un serie di considerazioni: quella persona deve valutare, deve considerare e alla fine giudicare che quella cosa è importante. Anche se tutto quanto questo processo avviene molto rapidamente e talvolta persino non avvertito, cionondimeno perché qualcosa abbia un valore occorre che qualcuno abbia deciso, in qualunque modo sia, che quella cosa ha un valore, tant’è che come dicevo per molte persone alcune cosa sono importanti e altre no, per esempio se la squadra del cuore fa una partita e che ne so? Segna un certo numero di goal, a qualcuno produce una forte emozione una cosa del genere, per me per esempio non produce nessuna emozione perché per me la partita di calcio non significa assolutamente niente, quindi perché la persona provi emozioni occorre che ci sia una struttura che glielo consenta, che consenta in prima istanza di fornire dei giudizi. Il fatto che gli umani parlino è importante anche per altri aspetti che raramente vengono presi in considerazione, però provate a pensare gli umani in totale e irreversibile assenza di parola, cioè di linguaggio, cosa accadrebbe Chantal? Che non ci sarebbe più un granché, non ci sarebbe al possibilità di pensare, non ci sarebbe neanche la possibilità di avere delle emozioni come abbiamo visto, né la possibilità di costruire cose. Tutto ciò che è stato costruito in questi ultimi tre mila anni, per esempio, non sarebbe mai esistito, nessuno avrebbe mai costruito una scienza per esempio, nessuna teoria, nessun pensiero, niente, un po’ come fanno le mosche, ha presente una mosca? Mai sentito varie teorie inventate dalle mosche, elaborate, messe in pratica? (no) Ecco, è che le mosche non sono fornite di quella struttura che invece hanno gli umani che consente loro di costruire, per esempio, teorie insieme con qualunque altra cosa. Ora vi pongo una questione: per sentirsi soli, per esempio, o per innamorarsi di qualcuno è necessario che ci sia la parola, che ci sia il pensiero oppure no? Molti considerano di no, che non è necessario, che potrebbe accadere anche in assenza di parola però è una questione che merita di essere considerata molto attentamente perché se invece risultasse che in assenza di parola quindi di pensiero non c’è nessuna possibilità né di sentirsi soli, né di innamorasi di alcunché, allora ci sarebbero delle implicazioni e cioè che per esempio l’innamoramento procede da elementi linguistici, cioè fantasie che sono state costruite dalla persona e che rappresentano, sono di fatto delle sequenze di parole, di discorsi, di argomentazioni. Supponiamo che l’innamoramento accada in assenza totale di parola, non c’è parola, come accade che una persona si innamori di qualcuno? Generalmente la persona non lo sa, semplicemente sente di desiderare fortemente una certa persona o anche una certa cosa, perché ci si può innamorare di un’idea, non necessariamente di qualcuno, sente che per esempio che senza quella cosa o quella persona la sua vita non avrebbe un senso, è una delle cose più comuni, più diffuse, e sente che invece con quella persona la sua vita ha un senso. Già qui sorge una questione: le persone immaginano che l’amore dia un senso allo loro vita generalmente e non considerano invece che la nozione stessa di senso non è che venga dal nulla, perché qualcosa abbia senso per qualcuno, perché qualcuno possa cercare un senso nelle cose occorre intanto che sappia argomentare, sappia considerare che per esempio una certa cosa non ha un senso e sappia anche perché, quindi sappia che cos’è grosso modo il senso e sappia quali cose possono fornirlo, insomma deve sapere un certo numero di cose, e come le sa? Le ha imparate naturalmente, le ha imparate e per impararle occorre una istruzione e non solo perché si può istruire qualunque cosa ma per gli umani c’è qualche cosa di più, c’è la possibilità di decidere, di scegliere, ma decidere e scegliere in base a che cosa? Una scelta avviene sempre a partire da certe considerazioni, qualcosa si accoglie qualche cos’altro si esclude, per esempio se io decidessi di sentirmi solo, uno può anche deciderlo se vuole non è proibito, e non mi sarebbe difficile giungere alla conclusione che sono assolutamente solo, in assoluta totale e irreversibile solitudine, basta muovere da alcune considerazioni, per esempio stabilisco certe premesse che dicono che le persone che incontro non capiscono quello che io voglio, non capiscono i miei sentimenti, non capiscono quello che penso, non mi vengono incontro anzi mi evitano, e se voglio trovo delle conferme, che ci vuole? Come ciascuno di voi sa, qualunque gesto, qualunque atto può essere interpretato in qualunque modo, la cosa interessante è perché una persona lo interpreta in un certo modo anziché in qualunque altro, uno stesso gesto può essere accolto come un gesto d’amore grandissimo o come una minaccia di morte a seconda dei casi o come manifestazione di un odio feroce, perché no? Basta supporre che quell’altro che in quel momento sta facendo una dichiarazione d’amore stia mentendo, stia mentendo spudoratamente, ecco che immediatamente si trasforma in una manifestazione di odio o di disprezzo in alcuni casi, molte persone lo fanno: perché una certa mattina una persona si alza e vede tutto nero, la mattina dopo si alza e diventa tutto rosa? Eppure non è successo apparentemente niente, ma forse sono passate per la sua mente delle cose, oppure ha fatto qualche brutto sogno, succede, anche il sogno produce degli effetti, e perché li produce? Perché ha delle implicazioni, ha delle conclusioni, per esempio evoca delle situazioni sgradevoli e allora una situazione sgradevole se rivissuta può già mal disporre una persona, si tratta naturalmente di intendere perché una certa situazione per quella persona è sgradevole e magari per un'altra è risultata gradevolissima, cos’è che rende così differenti queste situazioni? Perché una persona che magari è amata, apprezzata da molte persone e quindi potrebbe sentirsi apprezzata, considerata, ben voluta e ricercata invece continua a pensare di sé di essere assolutamente e totalmente sola? Perché? Freud aveva intesa la questione, anche se non l’aveva portata alle estreme conseguenze, lui parlava di tornaconto e il tornaconto è una questione importante, come dire, in altri termini molto più semplici “a che cosa serve qualcosa?”. Per esempio la depressione, la domanda da porsi è a cosa serve alla persona? Se non avesse nessuna utilità non ci sarebbe, questo già Freud lo aveva inteso quando considerava l’economia psichica: se qualcosa non serve, non interessa alla persona, viene eliminata immediatamente come tutte le cose che per la persona non hanno nessun rilievo. Per esempio, Chantal lei si ricorda di tutte le targhe di tutte le macchine che ha incontrate venendo qui? (no) Ecco, come mai? ((Perché non mi interessava) Ovvio, e così parlando di tornaconto Freud ha posta una questione di straordinario interesse, che è stato poco seguita negli anni dopo di lui, vale a dire che il sintomo, quelle cose che lui chiamava sintomo, se non hanno una qualche utilità per la persona non ci sono perché non hanno nessun interesse, qualunque sintomo, di qualunque tipo, e questo sposta parecchio la questione perché se ha un utilizzo, un tornaconto, allora l’interrogazione immediatamente successiva verte su questo: perché la persona lo ha costruito? A che scopo? Visto che nessuno lo ha costretto a fare certe cose sotto la minaccia delle armi; prendete l’ossessivo, quello che torna sempre in casa per vedere se ha chiuso il gas, nessuno lo costringe a farlo anzi, lui stesso dice che vorrebbe evitarlo però continua a farlo, ora questa necessità che ha quella persona di tornare indietro a controllare se ha chiuso il gas oppure no non viene dall’esterno, come dicevo prima nessuno lo ha costretto a farlo, lo ha costruito lui, e qui si pone la questione interessante di cui parlava Freud del tornaconto: se lo ha fatto c’è un motivo naturalmente e in analisi interessa sapere intanto quale motivo lo ha spinto a costruire una cosa del genere, che di per sé non è né bene né male, non è niente, è solo un modo di pensare. Anche la depressione non è altro che un modo di pensare, per esempio una persona depressa la questione è la stessa, se voi l’ascoltate non ha torto a essere depressa, con tutto quello che succede, guerre, massacri, attentati, bambini che muoiono da per tutto continuamente, ammazzati e non, la politica che va sempre peggio, i giovani che non hanno più rispetto, la neve che ostacola il traffico, se uno ha voglia di trovare motivi per non essere allegro ne trova quanti ne vuole e tutti assolutamente legittimi per altro, nessuno inventato, tutti reali, e concreti, e se qualcuno volesse andare ancora oltre può avvilirsi ancora di più pensando una cosa che è assolutamente certa, e cioè che morirà perché come tutti sanno c’è un a cosa che porta a morte sicura, e l’unica cosa che porta a morte sicura è la vita, e quindi cosa vale la vita se porta a morte sicura? Se vuole deprimersi ha motivi quanti ne vuole, e se ne vuole di più posso fornirne ancora io, se vuole, se non vuole no, e quindi come dicevo ha tutte le ragioni di questo mondo per pensare che non c’è proprio niente da ridere. Ma allora come avviene che invece un’altra persona sia allegra e di buon umore e disponibile con il mondo intero, solare e abbia voglia di divertirsi tutti i giorni? Eppure vive nello stesso paese, nelle stesse condizioni e anche quella subirà la stessa sorte, da quando Aristotele ha stabilito che tutti gli umani sono mortali. Come avviene? Perché? Che cosa cercano gli umani in quelle cose che si chiamano sintomi? Cosa vanno cercando? Prima abbiamo detto che gli umani hanno una prerogativa, cioè parlano, pensano, per dirla in una sola parola: sono fatti di quello che dicono, del loro discorso, di linguaggio, e abbiamo anche detto che senza il linguaggio gli umani non sarebbero quello che sono, dicevamo che non potrebbero innamorarsi, né sentirsi soli, la solitudine così come la depressione è un fatto puramente umano così come altre sensazioni, altre emozioni che vengono dal fatto di considerare qualche cosa importante, c’è anche chi ritiene che gli animali abbiano sensazioni di questo tipo, naturalmente lo si può pensare ma gli animali non lo dicono e quindi rimane una ipotesi, ma un’ipotesi particolare, un’ipotesi che non potrà mai essere verificata perché non potranno mai dirmi come stanno esattamente le cose, e un’ipotesi che non potrà mai essere verificata rimane una fantasia, una fantasia al pari di qualunque altra, ma dicevo dunque che gli umani sono fatti di queste cose, di linguaggio, cioè delle cose che pensano, delle cose che immaginano, che sperano, che si attendono, che desiderano, che costruiscono naturalmente, tutto ciò che è stato costruito in questi ultimi tremila anni dalla storia, dalla scienza, dalla tecnica, dall’arte, dalla filosofia, dalla letteratura a tutto quanto. Essendo fatti di questo, questa considerazione può portare a delle implicazioni: fate un’ipotesi, supponiamo che gli umani siano fatti di linguaggio, allora ovviamente si muovono così come è fatto il linguaggio, non possono fare altrimenti e quindi a questo punto potremmo spostare la domanda e anziché chiederci che cosa cercano gli umani chiederci che cosa cerca il linguaggio? Se sono fatti di linguaggio, se sappiamo cosa cerca il linguaggio, sappiamo cosa cercano gli umani, e abbiamo risposto a una domanda che gli umani si pongono da quando esistono e non sarebbe poco. Dunque la questione può apparire straordinariamente complessa ma invece è molto semplice, cosa cerca il linguaggio? Basta riflettere e considerare per un momento come funziona, che cosa fa, quando per esempio Elisa chiacchiera con qualcuno, adesso dico Elisa ma non solo lei, badi bene le cose che dice sono quelle cose che ritiene siano vere, che poi lo siano di fatto oppure no questo è un altro discorso, però lei ritiene che siano vere, non solo ma ci tiene che chi l’ascolta consideri queste cose vere e se Elisa racconta una cosa vera e l’altro invece le dice che sta dicendo delle sciocchezze Elisa se ne ha a male e scatena un putiferio, domanda: perché Elisa reagisce così? Perché una persona non può accogliere qualunque cosa e il suo contrario indifferentemente ma accoglie soltanto le cose vere, non solo rispetto a ciò che ascolta ma anche alle cose che dice, che pensa lui stesso,? Quelle che ritiene vere naturalmente, perché? Perché lo fa? (Non lo so?) Non lo sa? Ci arriviamo passo dopo passo, anche perché è una questione molto antica, lei sa perfettamente che gli umani cercano la verità da quando c’è traccia di loro praticamente, non hanno fatto nient’altro, almeno quelli che di più si sono adoperati in questa direzione e cioè una direzione che è sempre stata considerata la più elevata, la più degna e cioè la ricerca della verità, ora di nuovo potremmo domandarci: perché l’hanno cercata, a che scopo? Perché la verità consente di vivere meglio? No, assolutamente no, tant’è che in molti casi proprio per vivere meglio si mente, anzi si mente soprattutto per vivere meglio cioè per evitare problemi, per evitare danni, per evitare guai più o meno grossi, ma questo è un fatto marginale, a noi interessa sapere perché per gli umani la ricerca della verità è così importante al punto di non potere non farlo, al punto che per esempio io non posso in nessun modo credere vero ciò che so essere falso, non lo posso fare, per una questione grammaticale, e allora se gli umani si comportano così, se hanno questa sorta di necessità di trovare la verità abbiamo già fatto un passo in avanti perché sappiamo a questo punto che ciò di cui sono fatti li costringe a fare questo e non possono non farlo, e cioè che il loro pensiero, il loro discorso, quindi il linguaggio in definitiva, li costringe a cercare la verità. Ora possiamo incominciare a considerare che uno degli aspetti del funzionamento del linguaggio sia proprio questo: costruire proposizioni che concludano in un modo vero, vero all’interno del gioco naturalmente, vero all’interno del gioco, e questo è importante perché che cosa è vero all’interno di un gioco? Quello che le premesse hanno stabilito che è vero, prendiamo un gioco qualunque, come il poker, il poker ha le sue regole e in base a queste regole è vero, per esempio, che due re battono due jack, e così allo stesso modo funziona per la persona cosiddetta depressa, e cioè in base alle sue premesse che sono molto semplici: se nel mondo ci sono sempre guerre, gli umani da quando esistono non fanno che massacrarsi, le religioni hanno prodotto solo guerre di religione, le multinazionali vogliono sempre più potere e per ottenerlo sono costretti a massacrare i più deboli, se questo dura da sempre e non c’è nessuna speranza che le cose cambino allora non c’è niente da ridere, niente da divertirsi. In base a queste premesse la sua conclusione che la tragedia ormai è presente e perfettamente coerente, basta naturalmente accogliere queste premesse e dare a queste premesse il valore che il depresso dà a queste premesse, cioè di valore assoluto, naturalmente per costruire una cosa del genere ci vuole un’altra regola cioè evitare di menzionare tutti gli aspetti positivi belli, interessanti, piacevoli etc. e vanno eliminati perché c’è una regoletta che dice che questi sono meno importanti delle tragedie, è una decisione, una volta che si è assunta questa decisione la strada è tutta in discesa: la catastrofe è immane, irreversibile e senza possibilità di arresto; ora sappiamo che gli umani sono fatti di linguaggio e che il linguaggio li costringe a costruire delle verità alle quali naturalmente credono, una volta che una persona ha pensato un qualche cosa, ha stabilito che questa cosa è vera dopo si comporterà di conseguenza. Se io stabilisco che Allah è il dio onnipotente, che io sono il suo eletto, e che se io farò piazza pulita degli infedeli per la sua gloria, allora se io mi faccio saltare per aria all’interno di un cinematografo affollato ammazzando cinquecento persone essendo il prediletto di Allah andrò in paradiso con le solite settanta vergini. Ma per fare una cosa del genere io devo credere naturalmente a tutto questo discorso, così come il depresso deve credere a tutta una serie di cose per continuare a essere depresso, la persona che si sente abbandonata deve credere una serie di cose, anche la persona che si innamora di qualcuno al pari deve credere una serie di cose. Ecco ma per credere qualche cosa occorre come dicevamo all’inizio, occorre questa struttura che chiamiamo linguaggio e che Freud ha intravista ma non ha portato alle estreme conseguenze, perché parlando di tornaconto aveva la questione a portata di mano, qual è il tornaconto per gli umani? Provare emozioni sempre e comunque, questo cercano. Voleva sapere che cosa cercano gli umani? Cercano le emozioni, le emozioni cioè quella sensazione che da l’impressione di avere trovato in definitiva la verità, che poi si mostri sotto forma della persona della propria vita, dell’idea giusta, quella che sovvertirà il mondo dopo avere trovato il dio universale, in ogni caso sono solo forme, configurazioni di un’unica questione e cioè avere trovata la verità, e infatti quando la persona trova qualche cosa di vero o stabilisce che le cose stanno proprio così come pensava generalmente ne trae una grossissima soddisfazione. Prima dicevo che gli umani cercano la verità, ciò che accompagna l’idea di avere trovato la verità è quella cosa che si chiama emozione, e l’amore rientra in questo caso, la persona ritiene di avere trovato ciò che costituisce l’obiettivo finale, “finalmente ho trovato ciò che mi soddisfa, ciò che risponde a tutte le mie domande”, molte volte si configura anche così, come la risposta a tutte le domande, che poi sia qualcuno o anche un’idea è irrilevante, un’ideale politico per esempio, o religioso o quello che si vuole, non cambia niente. Dunque per potere sentirsi soli come abbiamo visto sono necessarie molte informazioni, occorre credere un certo numero di cose e se la persona cessasse di credere queste cose, potrebbe ancora sentirsi sola? Questa è una bella domanda, ci sono buone probabilità che la risposta sia no, non può più sentirsi solo perché non crede più che le persone non lo capiscano, perché non ha più bisogno di credere che qualcuno lo capisca, magari è in condizione di farlo da sé, non ha più bisogno di pensare che ci voglia qualcuno a dargli il benessere assoluto, che gli dica magari che ha ragione per farlo sentire importante, perché non ne ha più bisogno, perché magari è in condizioni di valutare da sé quello che vale, c’è anche questa possibilità. La psicanalisi serve anche a questo: mettere la persona nelle condizioni non soltanto di, adesso faccio l’esempio, del sentirsi da solo, della depressione, di non credere più in cose del genere, ma nelle condizioni di non avere più bisogno di credere, semplicemente perché se non si crede non ci sono più valori, se non ci sono più valori non li devo più difendere dal nemico per esempio, che è chiunque pensi in modo diverso da me naturalmente, e soprattutto sono affrancato dall’idea che quella certa cosa sia la cosa migliore del mondo perché so di che cosa è fatta, so da dove viene, so perché l’ho costruita, so eventualmente a che cosa potrebbe servirmi. Potrebbe essere un’esperienza nuova, magari straordinaria, di una libertà totale, assoluta e irreversibile e cioè non solo non avere più paura, ma non avere più bisogno di avere paura, ecco, mettiamola così. Intanto c’è qualcuno che vuole aggiungere qualcosa o chiedermi qualcosa? Sono a vostra disposizione. Tutto chiaro fin qui? Bene, questo mi rallegra, in genere passano per cose molto complicate, certo molti si sono occupati di linguaggio dai tempi di Demostene che scrisse L’encomio a Elena, mostrando il potere delle parole, quanto la parola sia potente, possa costruire, possa rallegrare, dare la vita o toglierla a seconda dei casi, dopo di lui c’è stato Aristotele certo ma prima ancora i Sofisti, straordinari, riuscivano a fare con le parole cose straordinarie, andavano nelle piazze e persuadevano, allora non c’era la televisione, persuadevano tutti della bontà di una certa tesi e tutti quanti andavano via assolutamente convinti che quella tesi fosse l’unica da seguire, l’unica degna di essere accolta; il giorno dopo ritornavano nella stessa piazza, con le stesse persone e persuadevano tutti quanti che quella tesi era la cosa peggiore che si potesse pensare e la più catastrofica e foriera di malanni per tutti, e tutti andavano via assolutamente convinti che quella tesi fosse la cosa peggiore che qualunque umano potesse mai immaginare. La parola smuove le folle come si sa, eppure poca attenzione si pone alla parola se non a scopi commerciali, ripeterla all’infinito per vendere il dentifricio, qualunque cosa ripetuta un numero sufficiente di volte verrà ritenuta vera, sa chi diceva questo? Goebbels, il ministro della propaganda nazista, il braccio destro di Hitler, e aveva ragione in effetti ha funzionato e continua a funzionare perfettamente, come vi dicevo prima, se si vuole patologizzare un comportamento, una qualunque cosa, è sufficiente ripeterla all’infinito, attraverso i media, la reclame, anche la reclame, le pubblicità non sono fatte del tutto casualmente, trasmettono messaggi che non sono soltanto il dentifricio o il detersivo, e in questi messaggi è possibile fare passare qualunque cosa, come nei film per esempio, ed è possibile anche arrivare a convincere le persone che l’amore è una condizione patologica e che per quella malattia c’è una pillola apposita e anche convincere a prenderla naturalmente. Molti sono a conoscenza della potenza della parola però occorre fare un passo in più e cioè riflettere su come funziona, qual è la struttura del linguaggio perché così come il linguaggio crea, per esempio la solitudine o qualunque malanno o l’angoscia o la fobia, può dissolverle. Adesso vanno anche di moda gli attacchi di panico, una volta andava il Ballo di San Vito ma adesso è passato di moda il Ballo di San Vito, non c’è più o così come fine 800 era l’isteria, c’erano le isteriche che davano spettacolo, facevano delle cose incredibili, adesso non lo fanno più, è passato di moda, e così come altre forme, modi di comportamento, ma tutte cose sono possibili perché esiste un linguaggio che crea le condizioni per potere pensare in questo modo e così, allo stesso modo in cui il discorso crea una certa cosa, se l’ha creata può anche eliminarla senza andare a cercare le cause chissà dove, ma semplicemente nel discorso della persona, nel fatto che crede certe cose, basta che la persona smetta di credere certe cose che tutti quei cosiddetti sintomi svaniscono, cessano perché non interessano più, e torniamo all’interesse da cui siamo partiti, cessano di interessare. Ciascuno sa a modo suo che prima o poi la sua esistenza avrà un termine, ma la cosa non interessa tant’è che domani andrà a comprare il regalo per il fidanzato e poi organizza la cena di capodanno, per esempio, non è che si butta per terra a piangere, a strapparsi i capelli dicendo: “sono mortale, la mala sorte mi condurrà nella tomba”, invece va in giro, compra i regali per la cena di Capodanno, e nessuno si dispera di una cosa del genere perché non crede una serie di cose, cioè non crede che questa cosa gli impedirà di fare quella cosa, lo sa ma non se ne preoccupa, sa benissimo che viaggiando in autostrada c’è la possibilità di incidenti, sa benissimo che uscendo di caso può cascare una tegola e rompergli la testa o un camion può slittare sulla neve e schiacciarlo, cionondimeno se ne va a ballare, va a cena con gli amici, perché questi pericoli non interessano, non hanno importanza, ma se diventano importanti ecco che invece si comporta di conseguenza, non esce più di casa naturalmente, e quali sono le cose che diventano importanti? Quelle che producono un maggior numero di emozioni, le emozioni più forti: se una persona, per dirla in modo molto semplice, trae emozioni più forti dal pensiero che se esce di casa morirà piuttosto che dall’incontrasi con la sua fidanzata ecco che preferirà stare in casa a pensare alle tragedie possibili incombenti …
Intervento: …
Sì, certo, non sono pensieri così razionali è ovvio, può morire di qualunque cosa in qualunque momento però la cosa non è importante e a noi interessa invece sapere che cosa a un certo punto diventa così interessante, così bello, così piacevole da diventare irrinunciabile, anche se dice di non volerlo, qui sta l’inghippo di cui Freud si è accorto per altro, perché se una persona si crea un accidente qualunque, come un’angoscia, una paura, una depressione, se se l’è creata la vuole, poi dice di non volerla certo e c’è un motivo: che se potesse accogliere la responsabilità di quello che ha costruito cioè del fatto che vuole una cosa del genere allora avverrebbe quello che dice lei cioè non potrebbe più andare a lamentarsi e a fare bella figura in giro come una persona che è malata e quindi ha bisogno di cure, come dire? “occupatevi di me, adesso dovete occuparmi di me perché ho il malanno” ecco “nessuno si occupava di me e adesso ci penso io a fare in modo che si occupino di me”. In molti casi persone che si trovano negli ospedali hanno fatto un pensiero del genere, più o meno consapevolmente, però hanno trovato il modo perché altri si occupino di loro e quindi questa cosa è funzionale. Ancora il tornaconto di cui parlava Freud. Facciamo un esempio, uno e neanche dei più irrilevanti, sappiamo che per le persone è importante, importantissimo sentirsi al centro dell’attenzione e considerate: chi è più considerato di una persona che sta male? È un luogo comune, una persona che soffre la si accudisce, se lei incontra per strada qualcuno che soffre e sta male non è che le da un calcio in faccia e se ne, non avviene, una persona chiama qualcuno e l’accudisce, e così è soddisfatto il requisito fondamentale cioè che qualcuno si occupi di me, come dicevo già Freud aveva colta la cosa ma non l’aveva portata alle estreme conseguenze …
Intervento: la questione del tornaconto, solo in un’analisi ci si può accorgere del tornaconto …
Sì perché comporta la responsabilità …
Intervento: e abbiamo visto che ormai la depressione è stabilita come una malattia nel senso che viene curata con gli psicofarmaci e quindi del tornaconto non c’è nessuno che si interessa, ed effettivamente nessuno ha mai considerato il pensiero e soprattutto di quello che costruisce il pensiero, la responsabilità di cui lei parlava prima viene presa per la colpa, non come una produzione di inferenze che ciascuna volta conclude, per esempio che il mondo è brutto, che il mondo è in vivibile però questa è una conclusione di quel pensiero quindi è questa la responsabilità di cui andiamo parlando, ma se non ci si occupa del pensiero come si può arrivare ad intendere una cosa di questo genere? La depressione molto probabilmente è diventata una malattia come può diventare una malattia l’innamoramento o qualsiasi altra cosa anche per l’innamoramento ci saranno gli psicofarmaci e le multinazionali credo che abbiamo la necessità di compiere un’operazione del genere, la psichiatria, la psicologia di queste cose non sa e quindi non tiene nel dovuto conto appunto la questione del tornaconto di cui parlavamo prima, di quello che stiamo dicendo e cioè di come funziona il pensiero e questo può avvenire soltanto se ci interroghiamo effettivamente sul pensiero, su come funziona e su quello che diciamo soprattutto quando diciamo delle cose se no questa è la via che è sempre aperta per la patologizzazione nel senso che ormai solo questo è “vero” … il tornaconto è quello che le multinazionali devono produrre farmaci, devono produrre tutta una serie di questioni e quindi questo è il tornaconto di quello che avviene nel discorso occidentale, nel sistema occidentale questo finché non ci si accorgerà di come funziona il pensiero, le cose che le persone si trovano a pensare….perché all’interno del discorso della persona ogni cosa ha un tornaconto ma il discorso della persona è all’interno, fa parte della struttura del discorso in cui pensa e quindi vive per cui utilizza i luoghi comuni, i pensieri, i termini, le proposizioni e quindi in maniera ancora più ampia parliamo di un tornaconto che è quello economico, per esempio del potere …
Sì, la persona depressa è facilmente gestibile, soprattutto una persona spaventata, meglio ancora che depressa, una persona che ha paura si gestisce molto facilmente perché gli si fa fare quello che vuole quando si vuole, come hanno fatto in America per giustificare la guerra in Irak, hanno mantenuto per un anno di clima del terrore in tutto il paese, dopodiché la guerra è stata perfettamente giustificata, è un sistema antichissimo, vecchio come il mondo ed è utilissimo se ci sono problemi, le cose vanno male, lo stato, il governo, e viviamo in un mondo orrendo. Tra l’altro negli scritti di Cicerone la cosa è già esposta, già allora si viveva malissimo, in un mondo orrendo, pieno di barbari, pieno di maleducazione, i giovani non rispettano più gli anziani e le cose insomma vanno a catafascio, si parla di duemila anni fa, cos’è cambiato? Niente, è cambiata la tecnologia, certo alcune carabattole sono più sofisticate ma il modo in cui le persone pensano non è cambiato minimamente, si possono trasmettere messaggi, per esempio, da qui a Bangkok in tempo reale ma ciò che si dice è sempre lo stesso, non è cambiato niente e non può cambiare in effetti, non c’è nessuna possibilità, a meno che, come dicevamo prima, non si ponga un’interrogazione seria, efficace sul cosa rende gli umani tali e cioè sul loro pensiero e interrogare il pensiero e portarlo alle estreme conseguenze: un pensiero che interroga se stesso sempre e continuamente, su che cosa sta facendo e perché lo fa. In che cosa sta credendo, perché sta credendo quella certa cosa? Crede che sia vera ma questa cosa, può essere verificata o è soltanto un fantasia? Se è una fantasia non mi costringe a crederlo vero, è una fantasia al pari di qualunque altra: distinguere, incominciare a distinguere e riconoscere le proprie fantasie, le persone non riconoscono le proprie fantasie perché per le persone le proprie fantasie sono la realtà, la realtà che le circonda, incominciare a riconoscerle già cambia tutto, anche il mondo che circostante muta. Qualcun altro che vuole aggiungere qualcosa?
Intervento: come distinguere la fantasia dalla realtà …
Con “fantasia” intendo una costruzione, cioè ciò che la persona crede, ciò che la persona crede essere la realtà è una fantasia, cioè una costruzione psichica, direbbe Freud, che ha un suo tornaconto, parlare di realtà in effetti non significa niente, uno può considerare la realtà anche una superstizione, per esempio, se lo vuole fare nessuno glielo impedisce, di fatto non esiste una definizione di realtà che individui un quid, un qualche cosa che possa definirsi come realtà, qualunque definizione io dia, come accade in alcuni casi, è sempre arbitraria, sempre opinabile, c’è sempre qualcuno che la confuta, io posso stabilire per esempio che la realtà è ciò che cade sotto i miei sensi, molti lo fanno, e allora? È sempre una mia decisione, ho stabilito che è così, più di questo cosa ho fatto? Posso anche stabilire che la realtà è quella che dio vuole o quella che i marziani ci hanno immesso programmandoci all’origine, perché no? Qualcuno può dimostrare il contrario? No, quindi qualunque ipotesi vale qualunque altra, come dicevo un’ipotesi che non può essere verificata non ha nessun utilizzo, rimane una fantasia, può essere piacevole, può avere un utilizzo estetico, cioè a me piace pensare così, però un conto è pensare che mi piace pensare così, altro è che sia così …
Intervento: la fantasia può comunque aiutare a superare la realtà?
Sì, le fantasie servono anche a questo, servono a darsi un orientamento, a potere credere, credere qualunque cosa e quindi pensare di avere raggiunta la verità e quindi essere soddisfatti, come pensa qualunque fondamentalista islamico per esempio, è soddisfatto, ha la verità assoluta, che altro va cercando? Anzi, se gli succede qualche cosa Allah lo premierà, meglio di così, e in effetti se ci pensate bene un fondamentalista islamico non è depresso, sapreste dire perché?
Intervento: perché ha trovato la sua verità …
Brava, esattamente, l’ha trovata, la pratica e quindi ha da fare per mantenerla e per imporla soprattutto sul prossimo a suon di esplosivo, insomma ha il suo da fare; se una persona ha da fare non è depressa, lei prenda un depresso, dia fuoco alla sua casa, la depressione cessa immediatamente, poi torna quando se ne è costruita un’altra, dopo un po’ torna. È questo che Freud rilevava durante il periodo di guerra, se la persona è occupata dall’idea, dall’eventualità di non arrivare viva alla sera non è mai depressa, né ha problemi di sorta …
Intervento: …
Non ce ne sono proprio, se non casi rari, persone che sono comunque lontane dalla prima linea ché in prima linea è difficile, hanno altre cose cui pensare, evitare le pallottole che arrivano per esempio, e quindi non ha angosce, non ha fobie, non ha niente …
Intervento: quindi è il benessere …
Brava sì, quando il pensiero di una persona non ha più la necessità di dovere proteggere la propria esistenza che è considerata generalmente il bene supremo cioè la propria vita se la propria vita è in pericolo cessa tutto qualunque altra preoccupazione scompare e infatti la stessa cosa che rilevava Freud è proprio in periodi di grande benessere in cui le persone non hanno più da preoccuparsi per sopravvivere ecco che allora possono incominciare a pensare, incominciando a pensare sorgono i problemi, si cominciano a creare una serie di discorsi, di pensieri di ogni sorta e da lì un po’ alla volta costruiscono tutte quelle cose che Freud chiamava nevrosi anche psicosi in alcuni casi
Intervento: Freud quando parlava delle nevrosi di guerra diceva che era curioso che la persona fosse sempre portata a rappresentarsi, a “ricordare” tra virgolette il trauma di quella situazione angosciosa e tremenda che ha vissuto …
Dà da riflettere questa cosa perché si considera generalmente che la persona voglia allontanare da sé il calice amaro della sofferenza, ma invece no, lo cerca, lo cerca e lo trova naturalmente, difatti si accorgeva, proprio Freud, che le persone che avevano ricevuto un trauma, per esempio gli era scoppiata una granata molto vicina e naturalmente aveva riportato delle ferite oltreché lo spavento per il gran botto, queste persone perché, si chiedeva Freud “perché ricordare questa scena?” se è una scena brutta ricordarsela? Perché? Tendenzialmente se una cosa è brutta uno la elimina. E torniamo alla questione delle fortissime emozioni, una bomba che le esplode, Chantal, a pochi metri di distanza le provoca una grossa emozione, se sopravvive, e quindi ci sono buone probabilità che questa emozione ritorni. Prendete un bambino piccolissimo, quello che vive nei primissimi anni, non avendo dei parametri per potere valutare ciò che gli accade, ciò che lo circonda ogni cosa è un’emozione straordinaria, enorme, immensa, irripetibile perché mano a mano che cresce la sua esperienza lo porterà ad acquisire una quantità enorme di informazioni e quelle cose che lo emozionano tantissimo mano a mano perdono di interessa, tant’è che basta un pendaglietto sopra a un neonato che si incomincia ad agitare, mentre invece a lei non fa più niente perché la cosa non ha più nessun interesse. L’interesse è determinato dal valore che una cosa ha, il valore è dato dalle emozioni che provoca, però potremmo andare oltre naturalmente, ma non questa sera, per il momento mi fermo qui però per chi è interessato a ciò che è stato detto questa sera, il discorso proseguirà mercoledì sera presso la sede dell’Associazione SCIENZA DELLA PAROLA in via Grassi 10. Per il momento ringrazio ciascuno di voi e in particolare Elisa che ha reso possibile questo incontro.