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22-4-2004

 

LegoLibri

 

Gabriele Bardini

 

La conquista della libertà

 

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Luciano Faioni

 

La questione del linguaggio è sempre complessa, anche se è da molto temo che proprio in questa sede la affrontiamo in vario modo, perché è complessa? Perché è un modo totalmente differente di pensare le cose. Oltre al fatto che nessuno è stato addestrato a pensare in questo modo, nel modo che illustrava prima Gabriele, oltre al fatto ancora che si è imparato a considerare il linguaggio come lo strumento che consente di descrivere, di definire la realtà. Questo è ciò che ciascuno di noi ha imparato fino dai primi vagiti e le cose che si imparano, finché non sono messe alla prova e magari confutate rimangono vere, ed è così che funziona: tutto ciò che non viene confutato è vero e quindi tutta la considerazione intorno alla realtà e al linguaggio come strumento di descrizione della realtà non è mai stata confutata e quindi è risultata vera. Questa procedura che può apparire logicamente non tra le più affidabili, cionondimeno è praticata anche nelle relazioni personali, una persona dice una certa cosa, l’altro non la nega e quindi è vera, funziona così e ha funzionato così anche nella filosofia, ha funzionato così sempre e se qualcuno la nega è richiesto di dire perché. Ora tutto ciò che questo insegnamento ha portato negli ultimi tremila anni è stato un confortare, un consolidare l’idea che la realtà esiste e non ha nulla a che fare con il linguaggio, nonostante ci sia stato qualcuno, per esempio i Sofisti, che ha tentato di porre qualche obiezione, qualche istanza contraddittoria ma come ciascuno sa i Sofisti sono stati eliminati rapidamente dallo scenario filosofico. In effetti la difficoltà che si incontra nell’approcciarsi alla questione del linguaggio è il non riuscire a rendersi conto di che cosa fa il linguaggio esattamente, oltre al fatto che come è normale che accada, la più parte delle persone considerano il linguaggio appunto come uno strumento, delle parole che spiegano delle cose, come dicevo prima sono state addestrate a pensare così, dunque che cosa fa il linguaggio? Prima di chiedersi che cosa fa occorre domandarsi che cos’è, innanzi tutto, domanda non semplice poiché in questo caso, e solo in questo, l’unico modo che abbiamo per dire che cos’è il linguaggio è utilizzare il linguaggio, è l’unica occasione nella vita di un uomo in cui si trova a fare questa bizzarria, per spiegare qualcosa è costretto a utilizzare quella stessa cosa, ora questo stesso procedimento logicamente sarebbe scorretto, non si utilizza la stessa cosa per dimostrarne l’esistenza o la verità, per esempio la retorica esclude questo come una petizione di principio, se voi fate questo di fronte a un retore vi dirà: “non puoi utilizzare ciò stesso che devi dimostrare per dimostrarlo”, ma in questo caso e soltanto in questo posso usare altre cose, per definire il linguaggio, per spiegare che cos’è, se non il linguaggio? No, non ho altri strumenti, ecco perché si tratta di una posizione bizzarra, in quanto si è costretti a utilizzare ciò stesso che si definisce per la definizione, questo ha degli effetti? Sicuramente è il caso di tenerne conto di ciò che si sta facendo, in ogni caso vediamo di dire che cos’è il linguaggio, sempre utilizzandolo, il modo migliore per approcciare la questione, parlo del linguaggio perché degli amici mi hanno chiesto di parlarne e comunque va sempre bene, il modo migliore dicevo per approcciare la questione è dimostrare che intanto il linguaggio è ciò che mi sta consentendo di compiere queste operazioni che sto facendo, e cioè di spiegarvi che cos’è il linguaggio e quindi pensare delle cose, trarre delle conclusioni, giungere a delle affermazioni, e quindi esporle, esporle in un modo che siano comprensibili, e quindi deve tenere conto di una certa sequenza delle proposizioni, della sintassi, dunque intanto è ciò che mi consente di fare tutte queste cose, e poi sappiamo che mi consente di farne anche infinite altre, tutto quanto, chiedermi per esempio se una certa persona è un amico o un nemico, e trovare una risposta: muovo da alcune considerazioni, note come premesse, faccio una serie di passaggi e concludo “ecco, quello è un nemico” e so anche dire perché, perché ho fatto una serie di argomentazioni, queste argomentazioni di che cosa sono fatte? Di ciò di cui è fatto il pensiero generalmente e cioè di proposizioni, di sequenze, di stringhe di proposizioni attraverso le quali giungo a una conclusione. Per esempio: che se lancio la bomba su Hiroshima allora la guerra finirà prima, meno americani moriranno e questa considerazione ha condotto alla sganciamento di una bomba atomica su Hiroshima, era una considerazione, corretta o no, condivisibile o no questo è tutt’altro discorso, però è la stessa cosa quando si sceglie un partner, la stessa cosa quando si decide che libro leggere, o cosa fare da grande, sono considerazioni. Il linguaggio dunque è ciò che consente di fare queste considerazioni, quindi una struttura in fondo, quella struttura che impronta di sé qualunque cosa, qualunque attività, qualunque pensiero, una delle cose più ostiche è intendere il linguaggio come sistema inferenziale, riesce complesso intendere come il proprio pensiero non sia altro che un sistema inferenziale, nient’altro che questo, è come una sorta di calcolatore produce proposizioni, una volta prodotta una proposizione deve produrne un’altra purché sia coerente con la precedente, questa è la sua struttura, tant’è che una persona cerca di costruire argomentazioni almeno per lui coerenti, se si accorge di un’incoerenza lui stesso abbandona l’argomentazione, ma lo fa perché è la struttura del linguaggio che lo costringe a farlo, non è un vezzo estetico, è il linguaggio che lo costringe a fare una cosa del genere, dunque è una struttura inferenziale che da un elemento conduce a un altro, come diceva giustamente Gabriele, ma quest’altro elemento occorre che sia coerente con il precedente e vero, cosa vuol dire che è vero? Da la ricerca della verità, da sempre, tutti gli umani cercano la verità, di sapere qual è la verità, sia in ambito filosofico, personale, politico, economico, sempre cercare la verità. Cosa significa che una proposizione è vera? Che soddisfa le condizioni stabilite dalle regole di quel gioco, per esempio io stabilisco un gioco “è vero che una persona, una donna mi ama se non mi tradisce” quindi se mi tradisce allora non mi ama, se non lo fa allora mi ama. Questa è un’inferenza, semplicissima, e dunque se questa persona non mi tradirà allora sarà vero che mi ama. Ho stabilito così, è un gioco ed io mi sono attenuto a quelle regole, quindi è vero rispetto a quel gioco, e infatti ciascuno quando parla cerca sempre assolutamente di concludere qualcosa che gli appaia essere vero, perché se gli appare totalmente falso lo abbandona, come dire se è vero proseguo, se è falso no, si può intendere anche in questo modo il vero o il falso, ciò che mi consente di proseguire e ciò che non mi consente di proseguire. La questione del linguaggio incomincia a delinearsi in modo un po’ più articolato, cioè come quel sistema inferenziale che costruisce continuamente proposizioni, e ciascuno vive di questo da quando incomincia a parlare fino a quando cessa, ma non lo sa, non sapendolo, come dicevamo qualche tempo fa, subisce il linguaggio, non sapendo che si tratta del linguaggio cioè di questa struttura per la quale e attraverso la quale esiste allora attribuisce a qualche cosa che di fatto non sa, quella che comunemente si chiama la realtà dei fatti, attribuisce a questo la responsabilità per esempio del suo disagio, dei suoi problemi, ma non è esattamente così. Gli umani hanno qualche altro strumento per considerare anche la realtà, o qualunque altra cosa, eccetto il linguaggio? Oltre a qualunque cosa che non sia riconducibile alla struttura del linguaggio? Perché uno può pensare all’esperienza, certo, o la deduzione, ma l’esperienza non è altro che un sistema di acquisizioni, di informazioni che vengono utilizzate, un database se volete metterla così molto rozzamente, ma questo database occorre che venga processato, e cioè che ci sia un sistema che renda queste informazioni utili a qualche cosa, se no l’esperienza è niente, un po’ come quelle persone che hanno una grandissima erudizione ma non sanno utilizzarla. Dunque ciascuno è fatto di questa cosa, di questa struttura che è l’unica peraltro che gli consente di saperlo che è fatto di questa struttura, non ha altro modo per pensare, non ha un altro sistema, un’altra struttura, ha solo questa, nessun altra, e questo non va senza qualche implicazione ovviamente, per cui tutto ciò che gli umani possono pensare non è nient’altro che il linguaggio, che ciò che il linguaggio può costruire, e ciò che il linguaggio non può costruire l’uomo non può pensare, in nessun modo. Questo rende conto della portata che ha il linguaggio, una portata straordinaria se si intende come funziona, diceva bene Gabriele, il linguaggio funziona benissimo, continuamente, ciascuno parla senza porsi nessuna domanda e parla ininterrottamente ma gli sfugge un dettaglio, gli sfugge ciò che sta facendo, né più né meno, o più propriamente si inganna, pensa di fare una cosa ma in realtà fa tutt’altro, si inganna perché immagina che siano gli eventi, che siano le persone a fare le cose, senza tenere conto che invece tutto ciò che gli capita intorno, che dice che gli capita intorno, esiste perché c’è il linguaggio, se non ci fosse il linguaggio tutto questo non sarebbe mai accaduto, né questo né nessun altra cosa. È perché c’è il linguaggio che qualcosa accade, cioè c’è una struttura che è in condizioni di rilevare un qualche cosa e quindi di farlo esistere, di dire che questa cosa esiste, di affermarlo e quindi da quel momento farla esistere. È un’ingenuità supporre, come taluno si trova a fare parecchie volte, che qualcosa esista comunque anche senza il linguaggio, questa affermazione non può essere provata in nessun modo, diceva bene Gabriele, al pari dell’affermare l’esistenza di dio, non lo posso provare e quindi rimane un’affermazione, nella migliore delle ipotesi, estetica, come dire “a me piace pensare così, che qualcosa sia fuori dal linguaggio”, va bene. Ciò che comunemente è ritenuto essere un baluardo dei più formidabili contro ciò che andiamo dicendo è il proprio corpo, ma il proprio corpo non sarebbe mai esistito senza questa struttura che mi consente di accorgermi di qualche cosa, se io non mi accorgo di nulla, non posso accorgermi di nulla, allora posso affermare che questa cosa, esiste, è avvenuta? Se non ho nessun modo né per considerarla né per pensarla, cosa significa a questo punto dire che il corpo “sente” qualcosa? Ha un senso oppure no? Se sì, quale? La risposta a questo “quale” non è altro che la superstizione, e la superstizione non è nient’altro che l’affermare come vero qualcosa che come tale non può essere provato “il gatto nero mi attraversa la strada… quindi mi succederà un malanno”. Ora io posso affermare che il corpo sentirebbe anche senza linguaggio, ma non lo posso provare in nessun modo, o posso sbizzarrirmi nel trovare, nel cercare cose che l’esistenza del linguaggio ha consentito, per esempio, posso sbizzarrirmi in disquisizioni di neurofisiologia, di ingegneria genetica, posso fare tutto quello che mi pare ma dimenticando provvisoriamente che tutte queste cose le ha costruite il linguaggio, sono vincolate al linguaggio, sono invenzioni del linguaggio, se proprio volete dirla tutta, e in fondo ha detto bene Gabriele, la libertà è cessare la superstizione, per fare cessare la superstizione occorre intendere come funziona ciò per cui e attraverso cui io esisto, cioè la struttura del linguaggio, come andiamo dicendo, al di fuori di questo c’è la superstizione, appunto sequenze di affermazioni che non possono essere provate, nella migliore delle ipotesi e nella peggiore sono auto contraddittorie. È ovvio che pur non essendo provabili tuttavia sono credibili e in effetti sono alcune migliaia di anni che le si credono fortissimamente, però questo non le rende forti e neppure il fatto che tutti gli umani ci abbiano sempre creduto costituisce una benché minima garanzia, già perché qual è il criterio che possiamo utilizzare per stabilire se qualcosa è vero oppure no? L’osservazione?La deduzione? O l’auctoritas, come dicevano gli antichi retori, cioè l’autorità, lo dice lui e lui è l’uomo che sa, lui è uomo d’onore… Ma ciascuna di queste cose di cosa è fatta? Vi accorgete che l’unico criterio per potere stabilire se una qualunque cosa è vera oppure no viene sempre inesorabilmente da lì, dalla struttura del linguaggio ed è il linguaggio che fornisce sempre e continuamente l’unico criterio di provabilità, ma come faccio a saperlo? Ho imparato le regole del gioco, la fisica diceva giustamente Gabriele, fa lo stesso, stabilisce dei giochi e poi rileva che certe cose o inserisce certe cose all’interno di questo gioco e quindi dà a questo qualche cosa una sua ragione di essere, prima della fisica si usava la teologia per spiegare le cose, ancora oggi molti lo fanno. Dunque perché la questione del linguaggio è così importante? Perché è ciò di cui ciascuno è fatto, e come ciascuno di voi può facilmente immaginare, è preferibile che saperlo anziché perpetrare l’inganno che è stato perpetrato da sempre, e cioè che le cose esistono di per sé, non è vero, la nozione stessa di esistenza è debitrice del linguaggio, senza linguaggio non posso pensare l’esistenza, né nessun altra cosa, quindi le cose esistono lo stesso? A questo punto ha un senso questa domanda? E soprattutto, ha una risposta che abbia un senso? No. E quindi non ci è rimasto che tenere conto di questo, e cioè del linguaggio, e allora intendere nel migliore dei modi il suo funzionamento e intendere come le paure, le fobie, tutti i vari malanni di cui è ricca la nosografia psicanalitica in realtà procedono dal linguaggio e non si tratta di un mal funzionamento del linguaggio, il linguaggio funziona e basta, e né bene né male, ma semplicemente di incompatibilità tra giochi, come se uno volesse giocare a poker utilizzando la scacchiera, non ci riuscirà mai. Cionondimeno è questo che gli umani fanno e si dannano l’anima perché non riescono a giocare a poker con la scacchiera. Non ci riusciranno mai. La nevrosi è una incompatibilità tra giochi, come se una persona volesse fare simultaneamente due giochi totalmente differenti, non lo può fare, perché sono regole diverse per cui ciascuna mossa è vincolata a regole diverse, non è possibile, da qui il malessere, la paura etc. Intendere come funziona il linguaggio e considerare che la propria esistenza sia debitrice al linguaggio, toglie la possibilità di avere paura per esempio, paura di che? Di una stringa di proposizioni? Se so, se posso, se sono in condizioni di sapere che è una stringa di proposizioni; se invece immagino che non sia una stringa di proposizioni ma qualcosa che incombe da fuori del linguaggio allora posso temerla perché non posso fare niente, per questo dicevamo tempo fa che il concetto di realtà così come è imposto da sempre è terroristico, perché toglie la possibilità a ciascuno di agirla questa realtà, se è così non posso fare niente, come quella persona che dice “io sono fatto così”, non significa nulla, sei fatto esattamente come vuoi essere fatto, né più né meno, e allora potremmo anche dire che la libertà non è nient’altro che agire il linguaggio e rendersi conto del suo agire, costantemente e non potere non saperlo, in ciascun momento, esattamente così come ciascuno non può non sapere il suo nome, per esempio, lo sa, glielo hanno detto e si è attenuto a ciò che gli hanno detto, scrupolosamente. Sapere e non potere non saperlo che qualunque affermazione che non sia questa che riguarda il linguaggio è arbitraria, come dire che è inserita all’interno di un gioco che non ha nessuna necessità di essere, così come qualunque gioco, perché uno gioca? Per divertirsi, anche, certo, ma perché non può non giocare e di nuovo non può non farlo perché il linguaggio funziona così, costruendo continuamente proposizioni, gioca ininterrottamente, senza sosta, è l’unica cosa che fa, proseguire, ed è anche l’unico suo obiettivo, proseguire, e non può fermarsi, una volta che è avviato continua da sé e rende possibili tutte queste cose che vedete intorno a voi, rende possibile la vostra esistenza, i vostri pensieri, le vostre speranze, attese, delusioni, illusioni, tutto quanto, togliete il linguaggio e tutto questo non è mai accaduto né potrà mai accadere. Bene giusto così per rispondere a qualche quesito intorno al linguaggio, adesso intervenga qualche amico, qualche amico che voglia obiettare qualcosa o aggiungere o porre una questione… siamo qui a disposizione.

Intervento: la questione dell’intenzione quella delle bombe…

Hanno effetti diversi ma la stessa struttura…

Intervento:…è la realtà che impone, perché è vero che è costruita dal linguaggio però in realtà uccido centinaia di persone, se voglio farlo con la mia vita sono libero…

Non è difficile muovere delle considerazioni su questo perché lei può porre una questione vecchia come il mondo, è vero uccido tanti nemici e in questo caso della bomba atomica non solo nemici ma anche traditori perché proditoriamente ci hanno massacrato migliaia di giovani americani che erano lì e che non avevano dichiarato guerra a nessuno, e quindi è vero che uccido tante persone ma sono nemici, brutti e cattivi, e così intanto salvo al vita a migliaia di compatrioti. In fondo sono state queste le considerazioni oltre il fatto che, comunque, volevano vedere l’effetto che faceva, anche questo fatto però considerazioni morali sono quelle che vi ho esposte, perché rischiare la vita di migliaia di compatrioti per salvare quella di migliaia di nemici il cui unico intento è quello di ammazzarci? È una posizione, chiaramente, poi se ne possono costruire di argomentazioni, morali, etiche quante se ne vuole, si può costruire anche una esattamente contraria che mostra in effetti come gli americani siano stati belve feroci ad utilizzare una bomba di tale potenza. Ma sia come sia, era soltanto per mostrare che la conclusione di un’argomentazione comunque muove la condotta, se io credo una certa cosa allora mi muoverò di conseguenza, non è soltanto una cosa che io immagino. Si pensa generalmente che la filosofia, per esempio, non abbia nessuna influenza nel modo di pensare comune, non è proprio così, per esempio la filosofia di Hegel ha posto le condizioni perché nascesse l’impero tedesco con tutto quello che ha combinato dopo, o altre considerazioni di valore etico, scientifico diventano poi una pratica comune, modificano la condotta, per fare un esempio che forse per noi è più vicino, la volgarizzazione della teoria di Freud, se sfogliate qualunque giornale e qualunque rotocalco trovate la paginetta dove c’è la spiegazione di una certa cosa, ora ciascuno è in qualche modo modificato da tutta questa serie di cose perché siccome pensano tutti che se il bambino ha carenza affettiva allora mangia la cioccolata, se lo pensano tutti sarà vero e allora se vedo il bambino che mangia la cioccolata allora c’è la carenza affettiva, è una balla colossale naturalmente, però se tutti lo pensano diventa vero e poi basta ripetere le cose con insistenza perché diventino vere, lo sapeva anche Göbbels, ministro della propaganda nazista: qualunque cosa, purché ripetuta un numero sufficiente di volte verrà creduta vera, e infatti, così è stato e continua a essere. Ma interessa la questione dell’argomentazione, come si costruisce un’argomentazione, poi gli effetti di quell’argomentazione è ovvio che possono essere anche devastanti, così come una persona può giungere a concludere, in modo più o meno logico, che tutti ce l’hanno con lui e quindi che lui è costretto, per salvaguardare la propria esistenza, a uccidere tutti quelli che lo circondano. La sua argomentazione può apparire strampalata perché eticamente intollerabile, però a modo suo ha seguito una certa coerenza. Ma se la persona è in condizioni di considerare che il linguaggio costruisce le cose è ovvio che se è solo lui che lo considera e si trova di fronte o in mezzo a milioni di persone che non considerano questo, dovrà tenerne conto, però l’aspetto sovversivo di ciò che andiamo facendo consiste in questo: cominciare a porre le persone in condizioni di non avere più bisogno di credere, di credere le cose che si sentono in giro, di credere le cose che gli hanno insegnato e soprattutto di credere alle cose che pensa. Ma di prenderle per quelle che sono, giochi che non significano nulla se non essere delle costruzioni che possono essere belle, brutte, piacevoli, sgradevoli ma che non sono di per sé né vere né false, né l’una cosa né l’altra o entrambe, a seconda di come vuole porre la questione, cioè se vuole può dimostrare che quello che pensa è vero, se vuole può dimostrare che quello che pensa è falso, è a questo punto che cessa di credere, ché ha lì sotto gli occhi l’assoluta arbitrarietà di una cosa del genere. Certo qualche volta non è semplice perché rischia di minacciare ciò su cui si è costruita la propria esistenza…

Intervento: livella anche le cose che ti piacciono oltre a livellare le cose che fanno male

Non necessariamente, sicuramente da una maggiore consapevolezza, non toglie le cose che piacciono anzi ne aggiunge generalmente, molte altre alle quali prima nemmeno si pensava, si cessa di giocare con i soldatini ma si trovano ben altri giochi con cui cimentarsi… sì, chi altri vuole aggiungere qualche considerazione? Carlo ha trovato un po’ più chiara la questione del linguaggio o c’è ancora qualche elemento da chiarire?

Intervento: un po’ più chiara dell’altra volta… non penso che sia così facile…

No, non lo è, però ci stiamo adoperando anche per questo, cioè per rendere qualcosa che ha richiesto circa una decina di anni di lavoro, renderla molto semplice, accessibile, è una scommessa, immediatamente accessibile, questo sarebbe l’ideale, adesso parlo con Lorenzo che è pratico di computer, come un virus… immagini il modo di pensare come un sistema che è programmato per girare in un certo modo, è programmato per girare senza accorgersi di cosa è fatto, come un sistema operativo che è programmato per non accorgersi di se stesso, la scommessa è quella di costruire un virus che invece lo costringa a farlo, che è una bella scommessa…

Intervento: è vero che tutto è riconducibile al linguaggio però c’è una piccola parte che quella delle sensazioni ad esempio quella del tatto… ragioniamo in millesimi di secondo, sono veloce a pensare ma non così tanto però al momento prendo in mano qualche cosa piacevole per esempio un tessuto… c’è un momento in cui secondo me quell’oggetto dà una sensazione che è fuori dal linguaggio… è chiaro per spiegarla bisogna usare il linguaggio…

 

 

 

È ciò che dicevo prima, lei consideri bene, al di là del fatto che ha aggiunto “secondo me”, quindi ha già messo le mani avanti, ma questa affermazione a suo parere, che lei ha fatto, è provabile in qualche modo? Adesso lasciamo stare il fatto che lei sia abituato a pensare così, tutto quanto la conduce a pensare questo, l’umanità stessa che la circonda è totalmente d’accordo con lei, ma la prenda così com’è questa affermazione, in che modo può essere dimostrata?

Intervento:…

Questa, almeno logicamente non è considerata una dimostrazione, come dire…

Intervento:…

Anche se fossero un miliardo. In quel caso in effetti anche il mistico trova un altro mistico e dicono: “abbiamo visto dio! quindi dio esiste logicamente”, non è molto sostenibile una cosa del genere, come provare un’affermazione del genere, e cioè che il tatto è fuori dal linguaggio e cioè è una sensazione, è un quid che non ha nulla a che fare con il linguaggio anche se come dice lei il linguaggio serve ad esprimere, ma affermare una cosa del genere ha una risposta? Cioè se lei si chiedesse se questa proposizione che lei ha affermato “che qualcosa esiste fuori dal linguaggio” è vera oppure no? Questa domanda ha una risposta? Prima ancora di chiederci se la risposta è vera oppure no, dovremmo chiederci se ne ha una, e come la riconosceremmo, se fosse? È un problema. Ché un conto è credere una certa cosa, io sono convinto che è così, è va bene, e fin qui non c’è nessun problema, i problemi sorgono quando deve provare qualcosa e allora ecco che si torna alla questione precedente: per costruire un criterio di prova occorre il linguaggio, senza questo non può provare niente…

Intervento: il fatto che io la provo e non posso provarla

Sì certo, lei attribuisce a qualche cosa di arbitrario in fondo, come dicevamo tempo fa: se io prendo un bicchiere e lo lascio cadere il bicchiere si spacca, il bicchiere prova la sensazione? Si fa male oppure no? Siamo indotti a pensare di no. Ma non possiamo affermarlo con assoluta certezza, anche perché di fatto noi stiamo attribuendo al bicchiere qualcosa che crediamo noi, tutta una serie di nostre costruzioni, come il dolore, la sofferenza etc. però se io affermassi che il bicchiere spaccandosi soffre nessuno potrebbe dimostrarmi il contrario, né io potrei dimostrare che è così ovviamente, a meno che si dica che il dolore è soltanto il rilevamento da parte del sistema nervoso centrale di una variazione di stato, va bene, ma sono io che ho dato questa definizione e questa definizione l’ho inventata io…

Intervento: …

In questo caso no, perché sempre in questo ambito il bicchiere non è provvisto di un sistema nervoso centrale e quindi non soffre, però sono io che ho data questa definizione, è una mia invenzione, e al di fuori di questo non significa niente, quando lei tocca qualche cosa avvengono tutta una serie di fenomeni che la neurofisiologia ci illustra però, però in realtà tutto questo, tutta questa costruzione è possibile proprio perché il linguaggio ha costruito per esempio la neurofisiologia per cui lei sa che toccando qualche cosa avverte qualche cosa, la questione è che non sa né saprà mai che cosa accadrebbe toccando qualcosa se lei non avesse il linguaggio, non lo saprà mai perché non può uscirne e quindi ne è sempre vincolato, comunque non può provare questa cosa che afferma in nessun modo, certo è utile, ma questo è un altro discorso, è utile in infiniti giochi che si fanno nell’arco della giornata… uno mi chiede “dammi quel quaderno” certo posso accorgermi e anche no, certe volte sono distratto, certo, sono abituato a considerare tutta una serie di cose ma queste cose provi a pensarle in totale assenza di linguaggio, come se il linguaggio non fosse mai esistito, diventa complicato dire che sente lo stesso, o più propriamente questa affermazione rischia di non significare niente, di non avere nessun senso, nessun rinvio. Ma avremo modo di precisare ancora ovviamente, però giusto per avere una prima direzione, abbiamo dedicato al serata al linguaggio…

Intervento:…

Dipende da cosa si intende con libertà, qualunque definizione sarà sempre arbitraria, se io per esempio definisco la libertà come potere muovermi senza nessuna costrizione, potere muovere le braccia senza nessuna costrizione allora sì, certo, la libertà è la possibilità di agire; se io invece considero la libertà come la possibilità di pensare in assenza di vincoli e superstizioni allora non necessariamente. Io posso anche avere le braccia legate ed essere totalmente libero, dipende da cosa intendo con libertà. I filosofi e gli scienziati in genere formulano definizioni che siano funzionali alla teoria su cui poggiano…

Intervento:…

Tutto ciò che ho detto è straordinariamente pratico, non ho detto nulla di teorico, conquistare la libertà, ha detto bene Gabriele, solo che lei è arrivata tardi se no non avrebbe fatta questa domanda, ma per riassumere molto brevemente: cessare di essere costretta a credere nella superstizione, cessare di essere vincolata a pensieri che ritiene veri e necessari mentre sono soltanto arbitrari e quindi dipende da lei pensare che siano veri e necessari. Da qui tutta la questione della responsabilità che adesso non possiamo affrontare ma che si affaccia immediatamente: ciascuno è responsabile di ciò che pensa, sempre, incessantemente, e soprattutto delle cose che pensa essere vere, di quelle in particolare è totalmente responsabile, compresa la legge di gravità. Sì, in effetti abbiamo fatto molto esercizio per allenare il pensiero a dimostrare vero e falso qualunque cosa, dimostrare che la teoria della legge di gravità è vera e poi dimostrare che è falsa, con argomentazioni logiche inattaccabili, questo è un buon esercizio per aumentare la velocità di pensiero…

Intervento: prima si parlava della bomba atomica, l’utilizzo di queste proposizioni nel linguaggio comunque porta alle varie considerazioni che si sono fatte prima, ma sono considerazioni sì una fra queste che può farsi è che gli americani sono gli unici al mondo ad avere usata la bomba atomica… certo è una considerazione vera nell’abito di un gioco… ma l’unica proposizione vera e quindi necessaria è che se non ci fosse il linguaggio, può apparire paradossale, la bomba atomica non sarebbe mai esistita, né avrebbe modo di esistere sicuramente no, nessuno l’avrebbe mai costruita questo per mostrare la portata del linguaggio e di come il linguaggio costruisca l’esistenza delle cose oltre chiaramente allo stesso concetto di esistenza, ecco perché noi insistiamo a proporre il linguaggio

Sì, con sempre maggiore forza e determinazione. Va bene, allora diamo l’appuntamento al primo di giugno, farò io una conferenza, tanto per cambiare, dal titolo: Dalla noia alla depressione. Sapete come si distingue la noia dalla depressione? Comunemente la noia è quella condizione in cui non si è stimolati, non si è interessati da nulla, però c’è l’idea, la speranza che qualcosa possa accadere, nella depressione c’è la certezza che non accadrà mai niente. Va bene, grazie a ciascuno di voi e buona notte.