Torino, 21 aprile 2009
Libreria Legolibri
PSICANALISI CLINICA
CESARE MIORIN
LA PSICANALISI COME STRUMENTO O PROGETTO DI VITA?
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Intervento di Luciano Faioni
Effettivamente il criterio di verità non interessa a nessuno, nessuno si chiede se quello che afferma è vero oppure no se non in casi di una straordinaria rarità, se no è sufficiente che una qualunque cosa passi per la mente perché sia creduta vera e come tale naturalmente esposta. In ciò che diceva Cesare appariva che gli umani nella loro esistenza non fanno altro che affermare qualcosa, affermare appunto ciò che passa per la mente e naturalmente se io per esempio volessi negare questa cosa che ha affermata Cesare, tra le righe dovrei dargli ragione perché negando che ciò che lui ha affermato è vero pongo che sia vera qualche altra cosa, per esempio quella che dico io. È una situazione dalla quale gli umani non escono mai e cioè dalla necessità di dovere affermare, come diceva anche Daniela consolidare, confortare le cose che pensano in modo tale che risultino vere agli occhi del mondo, oltreché ai propri. Ora questa considerazione è talmente banale che nessuno ci ha mai pensato, nessuno perché è una cosa che sembra evidente cioè non è neanche evidente, gli umani semplicemente affermano quello che pensano ma non c’è nessuna possibilità in generale che confrontino ciò che pensano con qualche cosa per verificare se è vero tranne come ho detto prima alcuni casi rarissimi, se no non c’è nessuna necessità, il solo fatto che venga pensato rende ciò che si pensa automaticamente vero, e quindi è una verità. Perché è importante che una persona possa manifestare le cose che ritiene essere vere? Perché la verità rende importanti, se una persona detiene la verità per quanto piccola possa essere, comunque per quella piccola verità si ritiene importante e immagina di esserlo anche per gli altri che generalmente pensano come lui e quindi questo gioco funziona all’infinito, ha sempre funzionato. Qualcuno si è posto la domanda su che cosa si debba intendere per verità, ma sono stati casi molto rari e in ogni caso le persone comunque non si chiedono mai una cosa del genere, quindi porre la questione della verità è una questione di una complessità inverosimile non solo perché nessuno si è mai posta la questione ma perché porsela significa mettere in discussione, mettere in gioco ciò che una persona pensa perché per la prima volta magari in vita sua ha l’opportunità di domandarsi cos’è che gli fa affermare le cose che afferma, perché sta affermando questo oppure sta negando qualche altra cosa, perché? Ma a questo punto c’è il rischio di avviare un processo che potrebbe essere senza ritorno perché una cosa del genere innesca, mette in moto una serie di pensieri che una volta avviati non tornano più indietro: se io mi chiedo perché sto affermando le cose che affermo questo a cascata mi costringerà a interrogare una serie di altre cose alle quali io credo senza sapere perché, come accade nella quasi totalità delle volte, nessuno sa perché crede le cose che crede, non lo sa, semplicemente le afferma e basta è come una macchina che esegue un programma. Gli umani vengono addestrati come programmi né più né meno, e infatti si comportano di conseguenza, vengono programmati per credere certe cose e quelle cose credono senza assolutamente chiedersi perché, esattamente come fa una macchina, per moltissimi aspetti non c’è nessuna differenza. Ma come dicevo c’è questa opportunità di incominciare un percorso dove invece c’è la possibilità di porre questa domanda fatidica: “perché credo qualche cosa?” e questo già pone una distanza infinita fra una persona che si pone domande del genere e il resto del mondo, poiché come ho detto prima nessuno si chiede perché crede le cose che crede. Il solo fatto che le creda le rende automaticamente vere, ma sapere perché siano vere questo non è dato saperlo. Dunque la questione della verità è da una parte fondamentale, importantissima per gli umani e dall’altra è totalmente ignorata. È importantissima perché qualunque persona se ascolta qualcosa che non collima esattamente con quello che pensa è sicuro che interverrà per dire che non è così, per affermare una propria verità naturalmente, e perché lo fa? Avverte questa esigenza di precipitarsi a dire che non è così perché invece le cose sono come dice lui, questo da una parte sottolinea quanto la questione della verità sia automaticamente, perché funziona così, importante per la persona, d’altra parte è invece totalmente ignorata perché nessuno sa cosa sia né sa praticarla cioè non sa domandarsi neppure in quali termini, perché qualche cosa è vera oppure no, qualcuno gli ha spiegato che una cosa grosso modo è vera se esiste, cioè se la vede, ma questo è un criterio da Pinocchio, è una cosa banale e stupidissima e non si va oltre questo in linea di massima, a meno che come ho accennato prima qualcuno abbia l’opportunità, la fortuna in alcuni casi di incominciare a riflettere su una cosa del genere, e questo porta a un percorso che conduce a una sorta di punto di non ritorno: una persona che ha incominciato a interrogare i pensieri, a interrogare le cose, a non essere soddisfatta di una risposta che sia la prima cosa che gli passa per la mente, e se non è più soddisfatta da una cosa del genere comincerà a pretendere sempre di più da sé, dai propri pensieri, dal proprio discorso e quindi vorrà sapere sempre di più ma non tanto sapere cosa accade o sapere come funzionano gli elettroni, se girano a sinistra o a destra, che è irrilevante ma sapere di più intorno al perché si trova ad affermare o a dire o a pensare le cose che pensa, quindi non sarà più soddisfatto e cioè continuerà a interrogare sempre, pur avendo acquisita una quantità sterminata di informazioni, questo non sarà mai sufficiente perché il suo discorso continuerà a produrre necessariamente altre cose e queste altre cose verranno interrogate in un modo tale che diventerà automatico, una sorta di automatismo, come dire che la persona non potrà più non sapere perché pensa le cose che pensa e naturalmente acquisirà lungo questo percorso anche gli strumenti per trarre una cosa del genere. Questi strumenti non è che siano così facili da reperire, occorre una sorta di addestramento a pensare, una sorta di educazione al pensiero e intanto avere un certo rispetto per il pensiero, non considerarlo una cosa tra le tante, una banalità, ma come la cosa per la quale e attraverso la quale gli umani esistono, vivono, e senza la quale cosa di fatto cesserebbero di esistere, non avrebbero nessuna possibilità di accorgersi di esistere per esempio, quindi a quel punto chiedersi se esisterebbero lo stesso oppure no non significa niente, ché non ci sarebbe più nessuno per cui qualcosa significherebbe. Ecco perché è importante questo percorso, questo percorso che si chiama psicanalisi, naturalmente posta in questi termini ovviamente, se no è una fesseria ma posta in questi termini conduce effettivamente a un progetto di vita e il progetto di vita non è nient’altro che una pratica continua, quotidiana, incessante, perché a quel punto non è più possibile fare a meno di interrogare e compulsare continuamente il proprio pensiero, le cose che si ascoltano, qualunque cosa, in questa continua non soddisfazione nel senso che non basta mai, come se la pratica del proprio pensiero a questo punto non bastasse mai e dovesse essere perseguita fino alle estreme conseguenze, per questo vi dicevo che c’è un punto di non ritorno, perché una persona non si accontenta più e ha bisogno e pretende sempre di più da sé in prima istanza, dal proprio pensiero, dalla propria capacità di pensare, dalla propria intelligenza per dirla in una sola parola, e a questo punto mi fermo per sentire altri …
Intervento: …
Non è difficile, in realtà è la cosa più semplice del mondo è solo l’accorgersene che comporta qualche difficoltà ma in realtà è facilissimo, tutto questo è di una facilità straordinaria, facile da praticare, facile da acquisire, si tratta soltanto di volerlo fare chiunque può farlo, chiunque, non c’è nessun impedimento. Per esempio la formazione come psicanalista, la formazione come analista non è una formazione di seconda istanza, non è secondaria a nulla, non è che segua a un altro tipo di formazione, la formazione come analista è primaria, è una formazione di prima istanza ed è la più importante e la più necessaria, tant’è che non esiste nessun corso di nessun tipo che prepari e formi a praticare come analista, che uno abbia seguito un corso di laurea in ingegneria mineraria o in psicologia o in ingegneria genetica è totalmente indifferente perché la formazione dello psicanalista è primaria, non è secondaria a niente, ciascuno deve formarsi come analista in base a questa sua intenzione, a questo suo desiderio e chiunque può farlo, basta che abbia voglia di farlo naturalmente e facendolo si trova a percorrere questa via, questa via straordinaria che è la psicanalisi, certo inventata da Freud, almeno ha inventato questo termine, ma a questo punto ci sono strumenti ancora più potenti che hanno individuato che cosa fa funzionare i pensieri e quindi che cosa li produce e sapendo che cosa li produce sapere anche perché produce certe catene anziché altre per esempio e demolire cose che sono inutili, così come credere a babbo natale oppure avere paura del buio o tante cose che una persona crescendo abbandona, alcune le abbandona e altre le conserva invece, e altre se ne produce da sé e che hanno lo stesso fondamento della paura del buio o di babbo natale e sono tutte cose che limitano la sua libertà, le paure, le fobie, le angosce etc. La psicanalisi è ciò che consente di intendere non soltanto perché si sono costruite ma anche che cosa le costruisce, a quali condizioni è possibile costruirle e quindi mettere la persona nelle condizioni di non avere più bisogno di avere paura per esempio, di avere bisogno di credere perché per avere paura bisogna pur credere qualcosa, se non si crede niente allora anche la paura non ha più possibilità di esistenza, credere niente ma interrogare qualunque cosa, apposta ho detto non avere più bisogno di credere niente, una delle superstizioni del discorso occidentale è che le persone debbano “naturalmente” credere qualcosa, è una sciocchezza colossale che serve soltanto ai governi, allo stato, alla chiesa per avere dei credenti, avere delle persone pie, devote e soprattutto obbedienti come, si diceva una volta: obbedienza pronta, cieca e assoluta, e si aggiungeva anche: “credere, obbedire, combattere”, era una conseguenza abbastanza inevitabile. Cessare di credere dunque, cessare di avere bisogno di credere, nonostante tutto ciò che circonda la persona la porti a questo, a credere qualunque cosa e il suo contrario non importa, basta che creda, che quindi sia persuadibile che quindi sia ricattabile e quindi gestibile. Si potrebbe fare un esempio a proposito della psichiatria e delle cosiddette malattie mentali, in base a che cosa si stabilisce che una persona è malata di mente? In base a quello che dice, in base a quello che crede, se dice cose che non stanno né in cielo né in terra allora si considera che è matto e di conseguenza lo si ricovera, ora però quante persone ci sono sul pianeta che per esempio credono in dio? Anche questa potrebbe essere considerata una malattia, una malattia che provoca una disfunzione al pensiero tale per cui una persona crede assolutamente vero qualcosa che, torno a dire come ho detto prima, non sta né in cielo né in terra e quindi per lo stesso motivo e allo stesso modo una persona che crede in un dio o a qualunque cosa dovrebbe essere considerata malata di mente e dunque guarita attraverso lobotomie, elettrochoc o la fucilazione a seconda dei casi. Questo è un esempio, un modo per interrogarsi, un caso molto semplice, molto banale uno si chiede: malato di mente, perché? Perché dice cose strane? Sì, supponiamo che sia così, sono cose strane, e allora? Sono cose strane rispetto a che cosa? Perché non hanno un fondamento? Ma allora quanti miliardi di persone ci sono che credono a qualche cosa e quindi anche queste persone per lo stesso motivo dovrebbero essere considerate malate e quindi curate, invece così non è e se così non è, è perché sono la più parte delle persone e quindi è la più parte delle persone che stabilisce che cos’è sano e che cos’è malato, ma è una decisione al pari di qualunque altra e uno può anche stabilire che sia sano chi è ariano, malato chi è ebreo e curarlo con il gas. Incominciare a porsi queste banali, semplici domande che poi si espandono a macchia d’olio e la persona incomincia a interrogare tutto, tutto ciò che ha creduto da sempre e incomincia ad accorgersi che forse le cose non sono proprio così e che magari riconsiderandole si colgono aspetti più interessanti, aspetti differenti che neanche magari si è immaginato che potessero esistere …
Intervento: la valutazione di atti concreti per esempio se una persona agisce secondo il suo concetto di verità “posso ucciderti e io ho ragione e tu non mi puoi …” nel senso che il mio concetto di verità porta a un atto concreto …
L’hanno fatto, proprio l’altro giorno, un caccia americano ha ammazzato un certo numero di afgani, è stato un atto concreto …
Intervento: sì e in questo caso cosa è stato una verità contro un’altra?
Assolutamente sì, per gli americani è stata una cosa assolutamente sacra e giusta, per gli afgani no Intervento: allora non credere in nulla …
Se uno non crede in nulla non ha più la necessità di dovere difendere per esempio l’american way of life, oppure difendere Allah, a seconda dei casi, e quindi non ha più bisogno di ammazzare qualcuno perché questo qualcuno non pensa come lui, per esempio, cioè si perde la necessità di dovere difendere i sacri confini della patria con il proprio sangue, perché non c’è più nulla da salvare, nulla da proteggere, non essendoci nessuna verità da salvare, da proteggere non c’è bisogno di ammazzare nessuno, cosa che è assolutamente inutile e priva di senso anzi, chiunque può essere un interlocutore di qualche interesse quindi anziché ammazzarlo eventualmente fornirgli degli strumenti perché possa diventare un interlocutore interessante, ma era solo un esempio …
Intervento: agganciandomi a quello che diceva appunto la ragazza ma facendo un altro esempio concreto se io uscendo di qua incontro una persona che mi riempie di botte … cosa …
Gliele restituisca. Ma se questa persona non avesse paura di niente, se non avesse bisogno di difendere niente, se non avesse bisogno di proteggere nulla non avrebbe da aggredire nessuno, questa persona aggredisce esattamente come gli americani aggrediscono gli afgani, e gli afgani aggrediscono gli americani, per lo stesso motivo perché devono difendere la loro verità, il loro stato psichico, le loro credenze, qualunque cosa sia non importa, ma devono comunque difendere qualcosa, proteggere qualcosa. È ovvio che se qualcuno la aggredisce lei si difende, questo lo fa anche un topo, ma aldilà di questo occorre interrogarsi sul perché una persona sente il bisogno di scatenare una guerra mondiale oppure di scatenare una rissa, che è una cosa più in piccolo ma è la stessa cosa, e quindi a questo punto la questione si sposta non tanto su cosa faccio se uno mi viene addosso con un camion, perché mi scanso naturalmente, ma sul perché una persona arriva a decidere di investirmi per esempio con fredda e lucida determinazione, come se eliminando me eliminasse chissà quale minaccia e cioè vede pericoli da per tutto, vede nemici da per tutto, minacce, ma se avesse l’opportunità di cessare di avere paura di tutto e di tutti cesserebbe anche la necessità di aggredire chiunque …
Intervento: allora si annoia …
Perfetto.