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Torino 20 novembre 2008

 

BIBLIOTECA CIVICA DIETRIC BONHOEFFER

 

CIRCOSCRIZIONE N. 9

 

LA SCOMMESSA DELLA PSICANALISI

 

Intervento di Luciano Faioni

 

Dopo tutte queste cose io mi limiterò semplicemente a raccontarvi una storia, una piccola storia, la storia di Freud e delle parole. Si era alla fine del XIX secolo, una fanciullina austriaca, una tale Berta Pappenheim accusa una sorta di paralisi a un braccio, i medici la vistano, è sana come un pesce, che cos’ha? In quegli anni un certo Sigmund Freud stava considerando insieme a un suo collega, tale Josef Breuer, alcuni sintomi dell’isteria ed ebbe l’occasione di iniziare a parlare con questa ragazza, Berta Pappenheim, Freud a quell’epoca non praticava la medicina così come si faceva comunemente somministrando farmaci o tagliando a destra e a manca ma rifletteva sul fatto che molti dei disturbi cosiddetti nervosi all’epoca procedevano dal fatto che la persona in questione aveva delle fantasie, si era costruita dei pensieri e la costruzione di queste fantasie di questi pensieri le provocavano dei disturbi fisici. Ora questo metodo che inventò Freud, la psicanalisi, si avviò propriamente con le parole, Freud in realtà ascoltava parole, diceva parole, non faceva nient’altro che questo. Per la prima volta dopo quasi duemila anni le parole tornavano a essere interessanti, a essere ascoltate da qualcuno, dico dopo duemila anni perché tanti ne passarono da quando i Sofisti utilizzavano le parole per potere mostrare o cancellare qualunque cosa, soltanto con le parole, con i loro discorsi, con la loro abilità. Certo Freud utilizzava le parole per uno scopo apparentemente più nobile, quello di guarire in un certo senso delle persone. Le parole, Freud ha incominciato a ascoltarle, a dare rilievo alle parole, si era accorto che le persone parlano e parlando costruiscono discorsi, costruendo discorsi accade che credano a questi discorsi, credendo a questi discorsi si comportano di conseguenza. Questi primi studi compiuti da Freud sull’isteria lo portarono a valutare che la più parte, se non la totalità dei cosiddetti disturbi nervosi avevano questa prerogativa, di essere stati costruiti dalla persona e di non essere nient’altro che discorsi che la persona si era costruiti e ai quali fermamente credeva. Fu una scoperta non da poco, per tutta la sua vita Freud ha insistito sulla portata della parola e quindi del pensiero, come ciascuno sa non è possibile pensare senza le parole, anche le immagini stesse se non fossero inserite all’interno di un discorso non significherebbero niente, dunque ha insistito per tutta la vita e ha dedicato anche molti scritti a questo, per esempio, la stessa Interpretazione dei Sogni che fu pubblicata 1900 e poi a seguire Il motto di spirito, La Psicopatologia della vita quotidiana, ponendo una grandissima attenzione al modo in cui le persone dicevano le cose. Anche attraverso i motti di spirito o i lapsus, una persona vuole dire una cosa ma accade che ne dica un’altra, Freud non lo considerò per sua fortuna un disturbo nell’accezione più prettamente medica, ma un qualche cosa che interveniva come un discorso a fianco a un altro discorso, sempre discorsi, sempre parole. Fu un gesto sicuramente innovativo e sorprendente questo di riprendere la parole, certo essendo medico questo creò qualche difficoltà nel senso che comunque andò a cercare nonostante tutto, nonostante si fosse dedicato in modo così attento alla parola, a cercare una causa originaria. Così lasciò da parte l’importanza, la portata oserei dire la priorità delle parole per cercare un origine, una causa tant’è che dopo di lui gli psicanalisti che ne hanno fatto seguito si sono mossi prevalentemente in questa direzione, cercando come Rank per esempio la causa di tutti i disturbi nel trauma della nascita o come Adler nella fantasia di onnipotenza, come la Klein nel rapporto con la madre o anche molto più recentemente cioè circa 40, 50 anni dopo la morte di Freud un tale francese Jaques Lacan il quale comunque pur riconoscendo la portata dell’attenzione dedicata da Freud alla parola andò in ogni caso a cercare la causa di tutto nelle fantasie create da quella che lui chiamava la fase dello specchio e vale a dire dai problemi che sorgono immediatamente nella relazione speculare con l’altro. Ma lo stesso Freud ha cercato la causa di tutto nella fantasia, nella scena originaria, a suo parere doveva essere accaduto qualche cosa tale per cui poi tutti i discorsi di quella persona si rivolgevano a quella scena. In base a questo che sto dicendo si può intendere perché sono sorte tante scuole di psicanalisi, perché ciascuna, abbandonando la priorità delle parole con le quali per primo Freud aveva inaugurato il suo lavoro, ciascuno, dicevo, ha cercato la causa originaria, e ciascuno naturalmente l’ha vista dove gli è parso più opportuno, ma questa stessa scena originaria di cui Freud ci parla continuamente perché si produce? Perché permane? A che cosa serve  e perché una certa scena per una persona è traumatica, drammatica, paurosa, e la stessa scena invece un’altra persona la considera con un sorriso? Perché? Come avviene una cosa del genere? Freud quando inizialmente aveva posto l’accento sulle parole, sui discorsi ha posta la questione in modo straordinariamente interessante, e il gesto più importante probabilmente che abbia compiuto è stato quello di inaugurare una pratica di ascolto, ascoltare le parole. Cosa significa ascoltare le parole? Non certamente dare a queste parole un significato, precipitarsi a dare un’interpretazione, trasformarle in qualche altra cosa, tradurle come un traduttore simultaneo cosa che fanno per esempio i kleiniani bombardano la persona di interpretazioni supponendo così in questa sorta di traduzione simultanea di ciò che la persona dice in un’altra cosa di risolvere i problemi, Freud non ha mai fatto una cosa del genere naturalmente ma lontanissimo da qualunque furore interpretativo lasciava che la persona proseguisse a parlare. Una persona quando inizia un discorso, qualunque esso sia, tende a chiuderlo, tende ad arrivare a una conclusione, questa conclusione cui giunge è una conclusione che a lui appare vera se no non l’accoglierebbe come una conclusione, la rigetterebbe e una volta stabilita questa conclusione si muove di conseguenza, se per esempio una persona decide di mettersi intorno alla vita una cintura di esplosivo e farsi saltare per aria nel bel mezzo di un affollatissimo mercato bene, ciò che la muove a compiere un’operazione del genere così nefasta sono una serie di discorsi a cui lui crede, racconti a cui ha creduto e avendo creduto a tali discorsi si muove di conseguenza. Ora qui viene la parte più interessante della storia, perché a questo punto Freud ha avuto un colpo di genio e ha pensato: se questo discorso che giunge a una conclusione e una volta che giunge alla conclusione fa tutti questi disastri, se noi troviamo il modo di impedire che questo discorso giunga alla conclusione ma continui a raccontarsi e si trasformi, questo racconto, in un racconto infinito, allora non concludendo più in modo tale che la persona poi si muova di conseguenza allora forse questa persona anziché ritenere alcune cose che gli sono passate per la mente assolutamente vere e degne della massima fiducia continuerà a cercare, continuerà a parlare e parlando troverà altre cose e queste cose produrranno ancora altre cose. Intendo dire che ciascuna volta in cui trova una conclusione questa conclusione non è presa come una verità universale, come dire “le cose stanno proprio così come dico io” questa conclusione è soltanto una premessa per un altro racconto, per un’altra storia e così via all’infinito. Vedete che a questo punto non avendo più il discorso la possibilità di concludere su qualcosa, questo impedisce alla persona di muoversi di conseguenza, faccio un esempio molto banale: se qualcuno crede che là dove c’è il buio ci sia il pericolo, se crede una cosa del genere allora farà di tutto per evitare di stare al buio, avrà paura del buio e avrà paura di tutto ciò che è oscuro, di tutto ciò che non capisce, per esempio, cercherà di eliminare qualunque cosa gli ricordi il buio, la notte, l’oscurità che poi si estende all’oscurità di pensiero, all’oscurità di gesti, all’oscurità di qualunque cosa, diventa una persona timorosa, spaventata, incapace di gestire in alcuni casi, come accade, la propria esistenza. Tutto questo ci porta a considerare che questa persona così come infinite altre sul pianeta buttano via la propria esistenza perché credono qualche cosa che di per sé non ha nessuna necessità di essere creduta, ora ho fatto un esempio molto banale è ovvio, però si può sostituire la paura del buio con qualunque credenza, qualunque certezza, il problema non è tanto che le persone credano in generale qualunque cosa gli passa per la testa ma che una volta stabilito che le cose stanno così come lui pensa da quel momento in poi si comporterà di conseguenza e come sappiamo spesso le conseguenze sono nefaste. Il lavoro che ha fatto Freud è stato impedire che un discorso giunga a concludere, che si fermi e cioè che si strutturi come quella cosa nota come superstizione cioè quella certezza assoluta di qualche cosa che non ha in realtà nessun fondamento, in questo modo Freud ha potuto dare una direzione, un’indicazione di come sia possibile eliminare tutto ciò che è conosciuto come nevrosi o come psicosi in alcuni casi perché alla base di qualunque, lo dico come lo dicevano allora ai primi del 900, disturbo mentale, c’è sempre e comunque una assoluta certezza fino al delirio. Il delirio non è fatto che di questo di una certezza assoluta e incrollabile che le cose stanno come dico io, senza avere naturalmente nessun modo di potere provare quello che dico. Freud si accorse che la struttura di buona parte delle persone ha questo andamento, chiamiamolo delirante, perché crede con assoluta certezza cose che non hanno di per sé nessuna certezza, nessun fondamento né possono averlo eppure vengono credute come cose di una certezza assoluta, indubitabile e incontrovertibile, e si è accorto Freud che sbarazzando gli umani da queste certezze assolute che si creano da sé il più delle volte, prendendo qua e la certo degli spunti ma sono produzioni proprie personali tant’è che le persone credono ciascuna cose diverse per lo più, dunque dicevo si è accorto che eliminando la possibilità di raggiungere e stabilire soprattutto queste certezze si eliminava la possibilità stessa di diventare nevrotici, cosa significa cessare di essere nevrotici? Cessare di avere bisogno di credere in qualunque cosa o il suo contrario, di dare il proprio assenso a qualche cosa che questo assenso non richiede affatto, cioè è un’operazione assolutamente gratuita e in molti casi anche molto pericolosa, anche se non comporta pericoli per il mondo esterno lo rappresentano per la persona che perde di vista la propria esistenza, non ha più nulla che la interessi se non queste sue superstizioni, queste sue credenze in cui vive continuamente giorno dopo giorno, come ho detto prima buttando via la propria esistenza per niente cosa che accade spesso più spesso di quanto si possa immaginare. La psicanalisi serve a evitare questo, è un’occasione per evitare di sprecare, di buttare via la propria esistenza continuando a credere, dunque continuando a muoversi in conseguenza di cose che non prevedono affatto l’assenso, non lo prevedono né lo esigono. Ecco perché è una bella storia quella di Freud e delle parole, racconti, storie che le persone ascoltano, che accade di ascoltare che si raccontano, il più delle volte questi racconti ad un certo punto si concludono, nel momento stesso in cui vengono conclusi questa conclusione è data per certa e come tutte le conclusioni certe impongono di comportarsi di conseguenza, mentre il messaggio di Freud è che non è necessario tutto questo, non è necessario credere a cose che non richiedono nessun assenso e allora ha mostrato che se una persona lo fa e cioè crede una cosa qualunque essa sia ne è responsabile, anche se glielo ha detto la mamma, l’autorità fra le più indiscusse cionondimeno la responsabilità di accogliere ciò che la mamma dice rimane sempre e costantemente sua, la responsabilità dei propri pensieri e di conseguenza delle cose che si credono e di conseguenza le cose che si fanno è uno dei pilastri di tutto il lavoro di Freud. Freud ci ha detto a chiare lettere che ciascuno è responsabile di quello che pensa, delle storie che si racconta, ne è responsabile, ne risponde lui nel senso che ne risponde il suo racconto, il suo discorso e ne risponde nel momento stesso in cui credendoci si comporta di conseguenza. Una delle cose più straordinarie tra quelle che Freud ci ha lasciate è questa: stare male non è necessario, è facoltativo. Detta così può apparire bizzarra la cosa perché la persona che sta male difficilmente ammette che il suo stare male sia prodotto dai propri pensieri, eppure è una conclusione cui Freud e ciascuno che si trovi a praticare la psicanalisi giunge inevitabilmente, ciascuno è responsabile e di conseguenza libero, assolutamente, totalmente, irriducibilmente libero, che lo sappia o no che lo voglia o no, può accorgersene oppure no, naturalmente se se ne accorge è meglio. Bene, abbiamo già fatto tardi possiamo lasciare lo spazio a qualcuno che desideri intervenire sulle questioni poste questa sera e

o sulle questioni poste negli incontri precedenti, se qualcuno era presente anche agli incontri passati, sono pronto e disponibile a rispondere a qualunque cosa passata, presente o futura. È una bella storia quella di Freud però bisognava riprendere il suo gesto, quello originario, e cioè prestare la massima attenzione alle parole, al modo in cui si legano fra loro alla struttura del linguaggio di conseguenza, considerato che le persone vivono di racconti e di fantasie sapere come funzionano può essere molto utile, non sapendone nulla si rischia di subire tutto ciò anziché agirlo, passare la vita a lamentarsi di subire un sacco di cose delle proprie vicende infauste …

 

Intervento: lei ha detto credente, e i valori sono cose diverse? Com’è? Cioè uno ha dei valori o anche quelli per il fatto che si è costruito dei valori anche lì … cosa si fa nella vita, se non si ha valori, non si ha credenze? Non lo so mi ha creato una certa preoccupazione in più …

 

Se l’ho disorientata un po’, questo mi dispiace molto però adesso la riorientiamo …

 

Intervento: Se siamo responsabili della costruzione dei nostri pensieri è possibile poterseli costruire positivamente anziché negativi cioè al punto in cui insorgono dice questo pensiero è negativo lo sostituisco con uno positivo è una soluzione che porta qualcosa di valido, di costruttivo?

 

Assolutamente sì, sì qualcosa del genere di quello che dice lei, se anche la signora vuole dire la sua così poi rispondo, do una risposta onnicomprensiva …

 

Intervento: questo pensiero con questa possibilità di mettersi in discussione, di aprire possibilità diverse, orizzonti diversi, di modificarsi …e quindi appunto probabilmente senza un riferimento fisso …

 

Il riferimento fisso, che è un po’ quello che la signora prima chiamava i valori, un riferimento fisso accade a ciascuno di incontrarlo e può accoglierlo oppure no naturalmente, è ovvio che questi valori cosiddetti sono differenti per le persone, sono differenti da un paese a un altro, però questo valore in che cosa consiste esattamente? È qualcosa che viene dato per certo aldilà di ogni ragionevole dubbio, mettiamola in termini processuali, viene accolto perché non si trovano argomentazioni contro, sembrano tutte a favore e quindi si accoglie come assolutamente vero, ma se si trovassero argomentazioni contro si accoglierebbe lo stesso? Oppure no? Questa è una questione, quando parlo di racconto infinito dico di un racconto che interroga anche i valori, non sono cose che non può o non deve interrogare e pertanto è libero di interrogare qualunque cosa cioè di chiedere perché, in base a quale criterio questa certa cosa si offre come vera, perché dovrebbe essere vera? E se non lo fosse? C’è sempre questa possibilità. Una operazione del genere riguarda la capacità che mano a mano si può acquisire di potere affermare quindi dimostrare, convalidare qualunque cosa oppure se si vuole di confutarla. Facciamo un’ipotesi, supponiamo che ci sia una persona capace di dimostrare con buone argomentazioni qualunque cosa e supponiamo anche che sia capace di dimostrare sempre con buone argomentazioni esattamente il contrario, ora questa persona riuscirà a credere qualche cosa? Badi bene, questa persona è in grado di dimostrare per esempio qualcosa che lei stessa crede anche meglio di lei, con argomentazioni più forti, più potenti, ma è anche capace di dimostrare che ciò che lei crede, sempre con argomentazioni molto potenti, è falso: questa persona riuscirà a credere qualche cosa? Oppure al punto in cui si trova incomincia a occuparsi di quella cosa che gli consente di provare o di confutare qualunque cosa, e che cos’è che glielo consente oltre alla sua abilità? È la struttura in cui si trova, è il linguaggio, sono le parole, come dire che le parole possono fare credere qualunque cosa e possono dimostrare che qualunque cosa è falsa indifferentemente e questo ciascuno se lo vuole può farlo, nessuno glielo proibisce, certo è una operazione che può apparire sconcertante ma non è così recente, la facevano molte migliaia di anni fa. È un’operazione, diceva bene Cesare, che non è ben vista dalle istituzioni perché una persona del genere dell’esempio che facevo prima è una persona che non crederà a niente tranne a una cosa, alla sorprendente potenza e illimitatezza del linguaggio, di questa struttura straordinaria che consente di fare qualunque cosa e il suo contrario, allora non ha più bisogno di credere, sa che qualunque credenza non è altro che un atto di fede cioè è una decisione estetica, come dire a me piace credere questo, va bene, non c’è niente di male però è una decisione in quanto nulla al mondo costringe a credere una cosa del genere. Il valore propriamente è qualcosa che è creduto, che è creduto dai più, fortemente, non solo ma un valore deve essere difeso, deve essere protetto e deve essere difeso in alcuni casi accade anche, è accaduto molto spesso e continua ad accadere, con le armi. Naturalmente ciascuno difende il suo è ovvio, ciascuna persona ha i suoi valori che in molti casi urtano contro quelli degli altri e allora deve imporli perché i valori hanno questa caratteristica fra le altre, di dovere essere imposti a chi non li ha perché essendo necessariamente veri, cioè creduti necessariamente veri, chi non si adegua a questi valori deve essere ricondotto sulla diritta via in un modo o nell’altro, cosa che si fa continuamente anche in questi giorni e da sempre. Ecco perché qualunque istituzione, qualunque stato offre un certo numero di valori che sono quelli che naturalmente sono utili al mantenimento dello stato, ma ciò non toglie che una persona possa avere la libertà di interrogarli e di sbarazzarsene all’occorrenza. Sbarazzandosi di tutte queste cose mano a mano che cosa resta? Non è che non resti niente, resta quella cosa che ha consentito di fare tutte queste cose, queste operazioni, resta quella struttura che Freud ha ripreso in mano per accorgersi che è quella che fa stare bene le persone oppure le fa stare male, le fa decidere di morire per qualcuno o le fa ammazzare per qualcuno, le fa decidere di qualunque cosa, le parole. Le parole sono molto più importanti, hanno un effetto molto più ampio di quanto comunemente si immagini, qualcuno ogni tanto se ne accorge però vengono ricacciate come strumenti per descrivere per esempio una realtà. Ma fanno molto più che questo, il fatto che descrivano una realtà eventuale è soltanto un effetto collaterale: fanno esistere tutto, le parole fanno muovere gli umani, gli umani si muovono in base a quelle cose che credono e non potrebbero crederle se non avessero le parole, se non avessero racconti, se non avessero discorsi, se non avessero i loro pensieri. Non so se ho risposto in modo soddisfacente forse sì, forse no, questo dipende da ciò che mi direte adesso, sì? Oppure potete aggiungere delle cose voi stesse se volete …

 

Intervento: ognuno può raccontarsi la propria storia pur di star bene, non sempre …

 

Non sempre però ci riesce e questo pone una domanda che è di straordinario interesse: perché una persona si racconta una storia che la farà stare male? Perché, anziché raccontarsi una storia che la farà stare bene? Eppure lo fa la e più parte delle persone lo fanno come ciascuno sa, le persone cercano la sofferenza il più delle volte e se non ce l’hanno a portata di mano si creano delle situazioni adatte, cioè con i loro pensieri vanno a dei ricordi nefasti, sgradevoli o spiacevoli, perché? Nessuno li obbliga a farlo, loro stessi dicono che vogliono stare bene eppure sembra che facciano di tutto per stare male, della qual cosa già Freud si era accorto, non solo, si era accorto anche del fatto che al momento in cui la persona incominciava ad abbandonare le cose che la facevano stare male incominciavano o a resistere all’analisi come diceva lui o addirittura abbandonavano l’analisi. Il motivo di questo lui stesso lo rilevò, e cioè una certa parte di persone e non sono così poche, vogliono soffrire tanto che alcune persone che le vedono dall’esterno se ne accorgono, è talmente evidente la cosa che non può sfuggire, ma perché lo fanno? Ecco, queste sono delle domande da cui è partito Freud e che la psicanalisi continua a porre e a riproporre fornendo la soluzione: se qualunque cosa è costruita dal discorso delle persone allora il discorso, le parole la possono risolvere, non è facile, e il motivo per cui non è facile è esattamente quello di cui vi dicevo e che Freud ha rilevato e cioè le persone non se ne vogliono sbarazzare. Appare inverosimile ma è così, la persona non vuole abbandonare la sofferenza, ci tiene alla sua sofferenza. La sofferenza diventa un valore al punto che se qualcuno non la considera così come va considerata con la stima e il dovuto rispetto e deferenza la persona se ne ha a male, si irrita. Eleonora, una considerazione anche intorno alle cose che dicevo ieri sera …

 

Intervento: la realtà per giustificare tante cose, è effettivamente difficile liberarsi da questo pregiudizio perché se non ci fosse qualcosa di stabile e di fermo cui riferirsi non ci si potrebbe giustificare di tante cose (verissimo) e il fatto che giustifichi qualcosa la rende sempre più vera per forza …

 

Questa è la struttura del delirio di cui dicevamo, qualunque cosa accada o il suo contrario conferma quello che io credo …

 

Intervento: infatti anche il fatto di non mettersi mai in discussione ma di cercare sempre qualcosa di fermo e dando sempre più forza a questi valori a queste credenze non te ne liberi perché fa paura in un certo senso non avere qualcosa di fisso perché bisogna per forza credere in qualcosa … relativo a qualcosa in cui si vuole credere si può anche credere di non voler credere … stavo pensando a questo carattere giustificatorio …

 

Sì, giustifica tutto cioè da un significato a tutto e ogni cosa a questo punto acquista un senso e se questo senso si perde le persone si smarriscono, come un bimbetto che perde la mano della mamma quando è in giro, perde la mano della mamma e per un attimo c’è il panico, non succede niente naturalmente ma lui non lo sa certo….

 

Intervento: sarebbe materia educativa fin da bambini quando si va a scuola, insegnare come analizzare, come pensare le cose, io penso che sia un po’ un’educazione …

 

Vero, però ci sono delle considerazioni che occorre fare e cioè che il primo dovere delle stato, del potere è quello di mantenere se stesso, ora l’educazione è in mano allo stato e lo stato non ha nessun interesse a fare in modo che le persone si discostino dai suoi insegnamenti cioè che cessino di credere le cose che lo stato vuole che credano, e quindi si darebbe la zappa sui piedi, e quindi non lo farà mai …

 

Intervento: diciamo che una persona che man mano che cresce nella vita riesce ad acquisire questa capacità di mettersi in discussione … avrà comunque una vita abbastanza dura proprio in seguito a questo … e dovrà pagare caro …

 

È sicuramente abbastanza intelligente da non mettersi a fare come Donchisciotte contro i mulini a vento, chiaramente terrà conto del fatto che è inserito all’interno di una struttura fatta in un certo modo così come se una persona va in mezzo alla foresta, sa che ci sono delle tigri e terrà conto di questo (dovrà valutare le questioni di vita e di morte ) in alcuni casi può anche diventarlo da noi magari no però in alcuni altri paesi può diventarlo … certo (però avrà il pensiero libero) (sì, sì certo è una cosa molto importante però …) e sarà duro in alcuni casi non sempre però sicuramente vivrà bene, sarà felice, sarà assolutamente soddisfatto di sé e di quello che fa e questo non è poco, condurrà una vita più che dignitosa.

Siccome questo è l’ultimo incontro e riprenderemo a febbraio dovremo stabilire dei temi, almeno un tema generale. C’è qualche argomento che a voi potrebbe interessare che venisse svolto durante questi incontri, se avete qualche suggerimento noi ne terremo conto ...

 

Intervento: l’amore adulto perché lo vivo attraverso le figlie adulte …perché è cambiato proprio il modo di legarsi alle persone, io sono un po’ “preoccupata” tra virgolette come mollano e lasciano, prendono …

 

Abbiamo trattato tantissime volte e lo faremo di nuovo anche perché è un tema che interroga e travolge molte persone, ne abbiamo parlato spessissimo ma ne parleremo ancora …

 

Intervento: anche perché questo prendere e lasciare mi pongo il problema di quali saranno le conseguenze … mi guardo attorno e non trovo che questi bambini dove manca una figura materna o paterna riescano …

 

Bene l’amore interverrà sicuramente nei prossimi incontri e interverrà anche questo aspetto …

 

Intervento: visto che parlate di linguaggio la comunicazione? Il lato relazione almeno nella comunicazione ..

 

Sì anche la comunicazione è uno dei temi che vuole che sia trattato (comunicazione in quanto mette in relazione due persone) infinite anche certo, certo quindi a febbraio adesso non sappiamo esattamente quando però a febbraio ci ritroveremo sicuramente. Se qualche persona fra le presenti è interessata a questo discorso che stiamo facendo, che è un discorso sempre in atto, appunto una storia come dicevo, una storia infinita, questa storia continua tutti i mercoledì sera nella sede dell’Associazione e noi siamo sempre felici di vedere persone nuove che hanno voglia di parlare con noi e di contribuire a questa storia infinita. per cui siete invitati ciascun mercoledì sera alle nove in Via Grassi 10. Per il momento non mi resta che ringraziare ciascuno di voi e augurarvi una buona serata.