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I NUOVI SOFISTI

2/3/1999

 

Come sapete il tema è i Nuovi Sofisti, abbiamo accennato qualcosa negli incontri precedenti, dunque vediamo chi sono in prima istanza… I nuovi sofisti muovono dal discorso che già alcuni antichi hanno avviato, Gorgia e Protagora in prima istanza. Che cosa caratterizzava il loro discorso? Essenzialmente la capacità di porsi nei confronti di qualunque cosa in modo assolutamente non religioso, in modo cioè tale per cui qualunque cosa potesse affrontarsi senza dovere necessariamente essere vincolati a qualcosa in cui si crede. Ora, certamente, riprendere il gesto dei sofisti comporta tenere conto anche di ciò che hanno fatto, di ciò che hanno detto, ma non soltanto. I "nuovi sofisti" portano il gesto degli antichi sofisti alle estreme conseguenze, intendo con estreme conseguenze il considerare qualunque atto, qualunque gesto in quanto atto linguistico e nient’altro che questo. Certo, ponendo la questione in questi termini è ovvio che è possibile provare e confutare qualunque cosa e il suo contrario, ma queste operazioni che erano note come controversie dialettiche o più propriamente antilogie conducono oggi a considerazioni che spingono ulteriormente la posizione dei sofisti verso qualcosa di più estremo, come dire che le antilogie, di cui facevano largo uso, possono essere applicate con estrema facilità a tutto ciò che si dice, a tutto ciò che ciascuno dice e soprattutto a ciò che "si" dice fra sé e sé. In effetti, la cosa più importante di tutto ciò che abbiamo detto in questa prima serie di incontri non è altro che questo, la possibilità e la disponibilità a compiere questa operazione rispetto al proprio discorso e di conseguenza a qualunque altro discorso, potere provare e confutare qualunque cosa con estrema facilità porta, ovviamente e immediatamente, all’impossibilità di credere, di credere qualunque cosa. Paradossalmente questo comporta anche l’impossibilità di credere di potere dimostrare e confutare qualunque cosa. Dunque, un gioco linguistico portato alle estreme conseguenze, dove tutto ciò di cui si dispone non è altro che la struttura del linguaggio e le infinite possibilità che il linguaggio pone in atto, possibilità di accostamenti, di variazioni, di cambiamenti di senso, tutto ciò che la struttura linguistica mette a disposizione, tutto questo viene utilizzato. I nuovi sofisti, dunque, si avvalgono di alcuni strumenti che nel frattempo sono stati messi a punto, mi riferisco in particolare alla linguistica, alla semiotica, anche se l’apporto fornito da queste più recenti discipline non è decisivo, semplicemente affina alcuni aspetti ma non ne cambia la sostanza. Anche le posizioni più recenti delle logica, come la logica modale, la logica paraconsistente, si appoggiano comunque all’impianto logico degli antichi, quello aristotelico tanto per intenderci. Ma perché sorgono ad un certo punto i "nuovi "sofisti", da dove vengono fuori? Sorgono curiosamente da una disciplina che è apparentemente lontana dalla sofistica e cioè da quella disciplina che Freud ha inventato e che ha chiamato psicanalisi. Qual è il passo che conduce dalla psicanalisi alla sofistica? Il passo essenziale è questo il volgere sul proprio discorso tutto ciò che i sofisti hanno inventato e quindi le antilogie, volgerle sul proprio discorso. Freud per primo ha compiuto questa operazione ma con qualche limite e qualche intoppo, soprattutto teorico; il limite nel lavoro di Freud è consistito soprattutto nel porre come necessarie alcune considerazioni che intese nei termini più forti della sofistica sono assolutamente arbitrarie. Questa arbitrarietà è tale per cui non è necessario credere assolutamente nulla di ciò che dice, non soltanto ma è possibile costruire proposizioni quanto le sue e diametralmente opposte. Un limite teorico alla psicanalisi, come da molti è stato accennato, un limite metafisico in quanto dà per acquisite cose, oppure provate, cose che non lo sono affatto, ma se questa, chiamiamola pure tecnica di cui parla Freud e cioè, tecnica consiste nel volgere verso il proprio discorso la capacità di eliminare ……

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ciò che ne ottenete è uno strumento straordinariamente potente che impedisce la costruzione e l’accoglimento all’interno della struttura del proprio discorso di proposizioni immaginate assolutamente vere, dal momento che in qualunque circostanza questo strumento consente alla persona di provare che tali proposizioni sono false o, se lo preferisce, che sono vere. Da qui ovviamente sorge un problema circa questi significanti "vero" o "falso", il problema che ha afflitto tutto il pensiero occidentale, cioè il potere stabilire con certezza cosa è vero e cosa è falso. È possibile farlo? Sì, è possibile farlo ma il fare questo rientra in un gioco e come tale non ha nessun referente fuori di sé, può soltanto mostrare che all’interno della struttura del linguaggio, utilizzando il linguaggio stesso - visto che non possiamo utilizzare nient’altro - posso costruire delle proposizioni che non posso in nessun modo non ammettere, non accogliere. Questo lo posso fare attraverso un sistema famoso e noto reductio ab absurdum, che è un sistema, un procedimento che consiste unicamente, di fronte a due corni del dilemma, nel provare che l’uno è vero negando che sia vero il contrario; quindi, se ho due proposizioni identiche A e non-A, se l’una è vera, l’altra è necessariamente falsa. Ora, questo consente di porre una proposizione che risulti non negabile e con non negabile intendo che negandola nego la possibilità di costruire qualunque cosa, nient’altro che questo. È ovvio che è un gioco linguistico, nient’altro che questo. È una questione fondamentale: in quanto gioco linguistico non ha nessun referente, nessuna verità fuori di sé, nulla che possa sostenerlo all’infuori della struttura del gioco linguistico, ma tant’è che non è dato possedere nessun altro strumento e quindi di questo dobbiamo tenere conto. I "nuovi sofisti" operando in questo modo, cioè operando unicamente attraverso la struttura del linguaggio e non tenendo conto di null’altro al mondo, chiaramente si pongono in una posizione che è differente da quella di ciascun altro. Ciascun altro, in effetti, considera che non tutto sia linguaggio, mentre il nuovo sofista no, considera che qualunque cosa si dia, questa è necessariamente un atto linguistico. Posizione ovviamente singolare, bizzarra e anche non semplicissima da porre in atto, da praticare in quanto urta contro tutto ciò che il discorso occidentale ha costruito in questi ultimi millenni e cioè l’idea che si dia una realtà fuori dalla parola, è questo il principio fondamentale su cui si regge il pensiero occidentale. È una questione che può essere messa in gioco ovviamente, così come è avvenuto buona parte presso i sofisti, giocando a provare o a confutare qualunque affermazione. È ovvio che si può provare o confutare qualunque affermazione, come per esempio la nozione di "realtà", per cui questa nozione perde tanto la sua necessità quanto la sua cogenza, diventa un significante al pari di qualunque altro il cui senso è esattamente quello che io voglio che abbia, nient’altro che questo. Ora, che cosa fa propriamente un personaggio come questo? Abbiamo detto all’inizio che sorge casualmente, tuttavia occorre pure tenere conto della sua origine. Sorge da una riflessione che muove dalla psicanalisi, dalla logica, dalla linguistica, e dopo avere considerato i limiti di ciascuna di queste discipline, limiti che constano unicamente nel fatto di considerare che qualcosa è fuori dal linguaggio, dopo dunque avere considerato queste varie discipline, tiene conto di ciò che lo ha prodotto e soprattutto l’aspetto psicanalitico nei confronti del quale può compiere anche ma non soltanto un passo notevole e cioè va a varcare quel limite contro il quale si scontra la psicanalisi cosiddetta, quella tradizionale quella che è stata praticata fino a qualche tempo fa. Qual è il limite? È affiorato fra le righe prima, ma lo riprendiamo in termini più espliciti. Il limite della psicanalisi tradizionale consta nell’essere costretta a imporre alla persona che si rivolge a tale psicanalisi la propria teoria e cioè il proprio criterio di traduzione di proposizioni in altre. Come sapete questo varia a secondo delle scuole dai freudiani, ai kleiniani, ai lacaniani, junghiani ecc. e pertanto l’imposizione di questo criterio di traduzione delle proposizioni che mano a mano vengono enunciate, come dicevo, impone un limite, al di là del quale non è possibile andare. Pertanto la "conoscenza di sé", usiamo pure questi termini, della persona rimane vincolata alla teoria alla quale lo psicanalista presso cui si rivolge si attiene, come dire è una conoscenza di sé filtrata dalla teoria, per esempio, di Jung, Freud, Lacan, Reich, posso indicarvene una trentina… Ecco, questo è un limite molto pratico, poi ovviamente ci sono i limiti teorici, alcuni dei quali li ho accennati ma possiamo anche riprenderli…. il fatto, per esempio, di dare per acquisito l’esistenza di istanze, in termini metafisici, quali la rimozione, la resistenza, il transfert, ecc., impone che di questi elementi ci sia una sorta di tacito accoglimento tanto da parte dell’analista quanto da parte dell’analizzante, cioè di colui che si trova ad analizzare il proprio discorso. Sono termini che in buona parte hanno un uso piuttosto bizzarro, cioè una sorta di uso passe-partout, una sorta, in molti casi, di "deus ex macchina" che risolve una questione complessa e molto difficilmente risolvibile se ci si limita a tradurre una proposizione in un’altra, assolutamente arbitraria, ovviamente. Come invece, l’analista della parola o il nuovo sofista, che sono esattamente la stessa cosa, varca questo limite? È semplice, ciascuna proposizione, ciascun elemento del discorso di una persona non viene ricondotto a nessuna griglia interpretativa, non viene tradotto in un’altra cosa, non gli si dice che il suo discorso, se è un lacaniano, è il discorso dell’Altro, se un freudiano che il suo discorso è il discorso dell’inconscio, se è un junghiano che il suo discorso procede da una memoria collettiva ecc., ciò che gli si dice è soltanto di considerare le proposizioni che enuncia e intendere che cosa le sostiene, quali assiomi, quali principi, che cosa in altri termini gli permette di affermare quello che afferma, che cosa sta sostenendo il suo discorso, su quali elementi si fonda, in altri termini ancora che cosa è necessario che creda, perché possa affermare le cosa che sta affermando. Come vedete a questo punto non si inserisce nessun elemento di nessuna teoria, semplicemente si pone una domanda: io ho affermato una certa cosa, a quali condizioni è possibile affermare questa cosa come vera per esempio? Che cosa è necessario credere per poterlo fare? Proseguendo lungo questa via ci si incontra con una serie di assiomi, di principi, di fondamenti del proprio discorso, con tutto ciò che consente alla persona di costruire tutte le cose che dice, comprese ovviamente quelle che producono del disagio. Con disagio intendo qualunque cosa che induca una sorta di paralisi del discorso, paralisi del fare, qualunque cosa che la persona enuncia come ciò di cui si vuole sbarazzare, qualunque cosa sia, non ha nessuna importanza, se dice che di una certa cosa vuole sbarazzarsi evidentemente c’è una qualche questione intorno a questa cosa, perché questa questione sorge da alcuni elementi a cui crede, se no non potrebbero provocare dei problemi. Un nuovo sofista non fa altro che costringere direttamente o indirettamente, inventando di volta in volta i modi o i termini, costringere dunque la persona a ingaggiare una sorta di antilogia con ciò che ritiene essere il suo problema, che potremmo anche dire "portarlo alle estreme conseguenze", vedere di cosa è fatto, interrogarlo fino al punto in cui questo problema non è più in condizioni di rispondere, cioè non ha più nulla su cui si sostiene. Che vantaggio ha una operazione del genere rispetto a ciò che è inteso come psicanalisi? Ha un vantaggio non indifferente, anche più di uno ma il principale è che è un percorso irreversibile, una volta che si è acquisita questa chiamiamola tecnica antilogica non è possibile tornare indietro, cioè non è possibile più in nessun modo, neanche impegnandosi, credere come assolutamente vera una certa proposizione e se c’era un problema questo problema non ha più nulla che lo sostenga, nulla su cui appoggiare, nulla di solido su cui appoggiare i piedi. Questo dicevo è un vantaggio ma non soltanto. Vedete, una qualunque psicanalisi voi iniziate… junghiana, freudiana, lacaniana, ecc. - adesso non sto a farvi tutta la lista - vi arresta al punto in cui voi di fronte a una certa situazione la interpretate nei termini e nei modi che l’analista vi ha insegnato e quindi se è junghiano ovviamente di fronte a una qualunque cosa il limite che incontrerete è sempre quello della teoria junghiana, oltre il quale non potrete andare, esattamente così come un fervente cattolico non può andare oltre ad un certo limite…(...) Ora, dicevo che questo limite imposto dalla dottrina della psicanalisi impedisce al pari per esempio di un cattolico di andare al di là della proposizione che enuncia per esempio la necessità dell’esistenza di dio, come dire c’è un limite che non può varcare in nessun modo. Ciò che invece propone un analista della parola o un nuovo sofista è qualcosa che non ha nessun limite perché non è vincolato a nessuna teoria, non è vincolato a nessun codice di interpretazione, a nessun ermeneutica, a nessuna semantica particolare, semplicemente insegna, dicevo forse la volta scorsa, un gioco, insegna il gioco del linguaggio, il gioco più formidabile che si possa giocare: primo, perché inesauribile, cioè può produrre, comporre una serie infinita di proposizioni di cui non c’è mai l’ultima; secondo, perché imparando a giocare questo gioco, imparate che qualunque cosa è fatta di questo materiale e soprattutto di nessun altro. È un elemento tutt’altro che marginale, in quanto avendo acquisiti i termini e i modi di tale struttura e potendo, come dicevo prima, costruire e demolire qualunque cosa, siete liberi dal pensarla vera e quindi dal doverci credere e pertanto dal dovere muovervi di conseguenza, ma potete giocare con questa cosa, quanto con ciascun altra, allo stesso modo e con lo stesso criterio. Ecco, si tratta di giocare con qualunque cosa, in quanto qualunque cosa è inesorabilmente costruita da questa struttura che stiamo chiamando linguaggio. Giocando sottolineo anche l’aspetto ludico, divertente della cosa, e cioè del trovarsi continuamente presi in costruzioni che possono sorprendere per la loro ingegnosità, per la loro bellezza, per la loro amenità o per la loro tragicità ma è una tragicità intesa in modo estetico, al pari di una tragedia greca magari, che può divertire ma senza esserne travolti. Il travolgimento avviene laddove un codice interpretativo di un certo fatto è limitato, cioè non può andare oltre un certo punto, non può considerare se stesso un gioco linguistico, se questo non può avvenire allora può essere anche, diciamola così, tragicamente tragico, se no questo non si verifica, non si verifica perché non ci sono più le condizioni perché possa verificarsi. Ma questo aspetto della psicanalisi è solo uno dei vari aspetti, che altro può fare il nuovo sofista? Può insegnare a giocare anche a persone che non hanno interesse particolare per la psicanalisi ma si occupano di altro, può insegnare i trucchi del mestiere per persuadere, per dissuadere, può mostrare come reperire in una qualunque questione, in una qualunque discussione, quali ne siano i punti deboli, quali quelli più forti, può essere utilizzata in moltissimi campi, in moltissimi settori, che vanno dalla pubblicità, alla formazione, a infinite cose, cioè qualunque attività che abbia bisogno di conoscere al meglio gli strumenti che utilizza, gli strumenti linguistici, quindi direi infinite possibilità. Sarebbe anche divertente oggi riproporre una scuola di sofisti in cui si mostrano e si insegnano soprattutto le antilogie, si insegna l’antica e nobile arte dell’eristica. Certo, il modo più efficace più rapido e più potente per acquisire questi strumenti rimane molto probabilmente il confronto o la messa in atto nel proprio discorso di questi strumenti, lì effettivamente si acquisisce una estrema libertà che la semplice acquisizione del gioco eristico potrebbe forse non concedere, perché questo? Perché per quanto una persona possa essere abile nel gioco eristico, il gioco eristico non è altro che il gioco che consente di provare e confutare qualunque cosa, si troverà sempre o potrà eventualmente trovarsi sempre di fronte a una sorta di sbarramento e lo sbarramento è costituito da ciò in cui lui crede, il quale non è messo in discussione, non tanto per cattiva volontà o per malafede nella peggiore accezione del termine ma perché ed è lo stesso motivo per cui un’autoanalisi fallisce, perché gli strumenti che ha per reperire l’elemento, diciamo religioso, nella sua struttura sono gli stessi di cui è fatto questo elemento, e c’è l’eventualità che giri in tondo, senza accorgersene. Possiamo dire forse in termini più appropriati che l’analisi del proprio discorso rende questa operazione straordinariamente più veloce, anziché rischiare di dovere girare in tondo per tutta la vita senza riuscire nell’impresa. In questo modo c’è l’eventualità di accorciare fortissimamente i tempi e quindi potere sbarazzarsi di tutto ciò che costituisce un peso, un impedimento, un limite come dicevo prima, nella stessa accezione, sbarazzarsene dicevo e pertanto trovarsi nella posizione di abile giocoliere del linguaggio, con maggiore rapidità ed efficacia. In effetti è un giocoliere del linguaggio, con la consapevolezza tuttavia che di fatto è l’unico gioco che si pratica incessantemente anche se non ci si accorge magari. Qualunque cosa viene costruita dal linguaggio e questa struttura particolare che funziona in un modo particolare, la nozione di verità, realtà, bene o male sono tali perché una struttura consente di costruirla; in assenza di tale struttura, come diceva un amico, non solo non esisterebbe ma non sarebbe mai esistita. Come si forma oggi un nuovo sofista? Al pari di quelli antichi, con lo stesso sistema almeno in prima istanza, con l’agone dialettico, con un gioco eristico di antilogie portate come dicevo alle estreme conseguenze; in altri termini, con il confronto continuo, con il dibattito continuo, incessante e poi lungo questo dibattito con il reperimento di elementi e di strumenti che sono necessari per affinare le armi. Intendo dire che una persona che conta di formare i nuovi sofisti muove inizialmente dall’agone dialettico, dall’eristica e ciascuna volta suggerisce o impone, a seconda dei casi, la lettura dei testi che in quella precisa circostanza si rivelano essenziali per proseguire. In questo modo c’è l’eventualità di rendere la propria istruzione oltre che più rapida anche più efficace. Più rapida perché mano a mano si vanno a reperire quelle informazioni direttamente e immediatamente necessarie per proseguire il dibattito, il confronto. Chiaramente si può fare anche una sorta di elenco dei testi che possiamo considerare essenziali, che occorre avere acquisiti ma questi tutto sommato non sono tantissimi la più parte dei testi viene inserita man mano lungo il confronto, lungo l’agone dialettico, là dove ci si accorge che è necessario conoscere una certa cosa, che se no il confronto non può proseguire…un confronto prosegue a condizione che ci siano degli strumenti retorici, dialettici, logici, così come gli antichi sofisti, non è necessario ovviamente per intervenire in una disquisizione intorno alla fisica avere acquisiti tutti i termini della fisica, per la fisica o così come per la medicina o per qualunque altra cosa, non è questa la questione non è sulla tecnica in quanto tale che il sofista muove il suo discorso, non sul come fare una certa cosa, ma su ciò che la sostiene, ma su ciò che gli consente di esistere, in definitiva su tutto ciò che questa tecnica pone in atto. Bene, se nel frattempo c’è qualche considerazione, sennò io proseguo le considerazioni intorno, anche magari da parte di Sandro intorno alla formazione del Nuovo Sofista, è una questione che ci sta interessando da vicino, visto che abbiamo in animo di costituire una sorta di scuola, dove addestrare le persone a divenire analista, Sandro?

Intervento: la lettura dei testi che consentono la formazione….

Abbiamo detto tante volte Freud rimane di qualche interesse per le fantasie che enuncia, i luoghi comuni (……….) Per una persona che desidera formarsi in questo senso proporre per esempio una dozzina di testi mica tutti (…..) Si potrebbe anche differenziare gli obiettivi per esempio chi intende formarsi come analista della parola o invece chi semplicemente vuole acquisire una tecnica eristica per .…qualunque scopo poi, per esempio per un pubblicitario, per esempio per un avvocato… (l’analisi del proprio discorso rimane la via) Sì, infatti da martedì prossimo inizieremo le controversie dialettiche, vale a dire la messa in atto, in pratica di tutto ciò che abbiamo acquisito e quindi proveremo in modo assolutamente ineccepibile una tesi e poi proveremo in modo assolutamente ineccepibile e inattaccabile la tesi contraria, esattamente come facevano i sofisti, (...) agone dialettico con il proprio discorso, una continua antilogia….questo chiaramente per chi intende formarsi come analista della parola, però se una persona vuole soltanto acquisire strumenti eristici…..

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(...) certo semplicemente può avere bisogno di possedere strumenti retorici più robusti, per esempio può essere questo e noi possiamo fornirli (...). Altri che vogliano aggiungere qualche elemento alle cose dette o a questo progetto che stiamo costruendo continuamente, poi per mostrare in atto sempre la cosa migliore, sarebbe una sorta di dimostrazione ostensiva, un conto è spiegare in termini teorici altro è fare un esempio, infatti il primo incontro (controversie dialettiche) sarà Verità vs Scetticismo e cercherà di sostenere in modo fortemente retorico e quindi persuasivo l’una cosa e l’altra. Sì, lei quale sosterrebbe così istintivamente ?

Intervento: lo scetticismo.

Per quale motivo? (...) È stata delusa da qualche questione circa la verità? Talvolta (…) altri che vogliano aggiungere altri elementi intorno a questo nuovo mestiere di cui stiamo parlando che si differenzia da qualunque altro per ciò che lo sostiene?….sì qualche domanda…lei opterebbe per la verità o per lo scetticismo?

Intervento:

Tutti scettici, siete qui in questa sala pochi credenti con solida fede….

Intervento: che sono poi la stessa cosa….non credere o credere sono poi lo stesso tipo di espressione. Sia essere scettici o fissarsi a una credenza è lo stesso tipo di operazione….

Sì, però in parte perché in effetti è sempre una fede….(…….) La domanda è questa, se esiste una verità oppure no. È questa verte su questo, se è possibile provare che esiste una verità oppure è possibile provare che non si da nessuna verità. È chiaro che è una antilogia una controversia dialettica, bisogna trovare i modi tali per persuadere ciascuno che la verità non solo c’è ma è necessario che sia e poi il contrario. Ecco. Roberto qualche considerazione?

Intervento: il secondo aspetto di un analisi perché l’uomo in quanto parlante parla….reperire…

Sì, non ho messo in luce sufficiente questo aspetto, certo, certo…puoi sottolinearlo tu (inserire elementi perché possano variare le regole del gioco linguistico…) Sì, questo sarebbe l’insegnare a giocare con il pensiero, certo. Cosa sosterrebbe a favore delle scetticismo?

Intervento:

Sì, però in questo caso si affida ad altri che hanno detta una cosa del genere. Lei è disposta a sottoscrivere questa affermazione? le piacerebbe confutarla? O provarla falsa? Magari ci riesce (come esercizio) Sì, come esercizio, proprio così, esatto.

Intervento: Stavo pensando a quello che ha detto Roberto a proposito degli umani che in quanto parlanti parlano, sembra un parente del "cogito ergo sum".

No, è proprio un’altra questione, non muove da nessun pensare e quindi sono…no perché quello che ha enunciato Roberto è una tautologia, quella di Cartesio no, è una considerazione, un arbitrio. Invece, ho preferito muovere da una tautologia cioè da qualcosa che in nessun modo può negarsi, come dire "se parlo allora sto parlando" non dice niente apparentemente però invece dice l’essenziale "se parlo ma non posso non farlo" e quindi comunque parlo in ogni caso, non posso non farlo nel senso che con parlo non intendo soltanto la manifestazione vocale di qualche cosa, intendo l’atto linguistico cioè qualunque atto che riguardi gli umani in toto e comunque strutturato attraverso il linguaggio, attraverso una serie di procedure e di regole di formazione certo... Il cogito ergo sum è confutabile ma soprattutto è negabile; invece il dire che "gli umani in quanto parlanti parlano" non è negabile, non tutto ciò e unicamente tutto ciò che si riferisce a enunciazioni intorno alle regole del linguaggio, a ciò che lo fanno esistere, per questo non è negabile perché negandolo già utilizzo questa stessa regola che sto negando che esista, tutto il resto è negabile, cioè per tutto il resto è possibile costruire proposizioni che fanno quello che si vuole. Però vedremo se nel corso di questi anni a venire il gioco antilogico riserverà altre sorprese…. Possiamo fermarci qui così ci prepareremo per i due corni del dilemma Verità/Scetticismo.