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PSICANALISI O PSICOTERAPIA?

 

Il titolo di questo incontro: "Psicanalisi o psicoterapia", riguarda una bizzarra questione, in effetti, posta come se si trattasse di una scelta, e in effetti in alcuni casi è posta in questi termini, alcune persone chiedono se conviene più una psicanalisi o una psicoterapia. Allora precisiamo questi due termini: per sapere di che cosa si tratta, per quanto riguarda la psicoterapia, occorre andare a leggere varie cose, da Freud in poi, e cioè tutto ciò che è stato detto intorno ai vari disturbi psichici e delle loro eventuali supposte cause, etc.. È un lavoro che richiede molto tempo e molta pazienza, ma che tuttavia occorre fare per potere considerare che il discorso della psicoterapia ha un fondamento, e questo fondamento consiste propriamente in un atto di fede, cioè " Io credo che sia così". Perché è necessario questo? Perché ciascuna di queste teorie, dottrine della psicoterapia, muove necessariamente da un assunto che è posto come auto evidente; questo assunto consiste propriamente nel considerare che, nella migliore delle ipotesi, la psiche esiste e può ammalarsi cioè può alterare la propria percezione. Questo, nella migliore delle ipotesi, perché nella peggiore, si tratta, così come nella psicoterapia di stampo americano, di riciclare alcune persone. Su che cosa si basa la psicoterapia? Su credenze, superstizioni molto antiche; i Greci avevano già individuate moltissime cose, in modo molto preciso, su come funziona il pensiero, individuando una cosa che, agli psicoterapeuti attuali sfugge, e cioè che il pensiero avviene attraverso il linguaggio. Il fatto che questo dettaglio sfugga agli psicoterapeuti, li costringe a cercare in cause più o meno fantasiose e comunque inventate, l’origine dei vari malanni; voi sapete, in effetti che esistono moltissime scuole di psicoterapia, di psicanalisi; ciascuna attribuisce a ciascun malanno una causa, a seconda che ritiene più opportuno, in effetti, ciascuno può attribuire ad un qualunque malanno una qualunque causa, tutto sommato va’ sempre bene. Va’ sempre bene se, la persona in questione che si rivolge ad una psicoterapeuta, ci crede e funziona, cioè ha degli effetti. In questo c’è un strettissima prossimità con il discorso religioso, in cui come è noto è necessario un atto di fede; nessuno, anche se da moltissimo tempo ci sta’ provando, è riuscito a provare l’esistenza di Dio, ecco perché è necessario un atto di fede, è fondamentale. Questo per dire che ciò di cui si tratta in una psicoterapia, non è altro che il trasformare, il vostro discorso, qualunque esso sia, in un altro che allo psicoterapeuta pare più opportuno, voi ci mettete il resto e cioè ci credete. E allora, come dicevo prima, funziona, cioè ci sono effetti di guarigione, come a Lourdes, come si diceva tempo fa: " La fede fa miracoli". Ora, in questo la psicoterapia funziona, anche il cattolicesimo funziona; in effetti se vi capita di parlare con un persona che da poco tempo ha avviata una psicoterapia, qualunque sia non è importante, riscontrerete in questa persona degli atteggiamenti, dei modi di fare tipici di chi ha abbracciato una nuova fede e con tutto l’ardore e la seriosità del neofita che ha abbracciato una nuova religione, vi racconterà di come sta’ bene: non ha torto, non mente, è verissimo. Poche cose come abbracciare una nuova religione hanno effetti così fortemente terapeutici; abbracciare una nuova religione che è intesa in modo molto ampio, come anche un innamoramento, ha effetti terapeutici prodigiosi. Ma, nonostante questo e cioè tutte queste meraviglie della psicoterapia, sorse qualche tempo fa una curiosità, dicemmo: "È vero che la psicoterapia così combinata produce degli effetti, così come qualsiasi religione?" Ma compie questo miracolo, semplicemente perché sposta da una religione ad un’altra, come per altro è sempre accaduto (da 2500 anni a questa parte), e ci siamo domandati se fosse possibile compiere invece un’altra operazione, e se lo fosse stato, vedere che fosse mai avvenuto. Cioè, anziché togliere una religione e metterne un’altra, toglierle definitivamente; operazione questa tra le più blasfeme e intollerabili; nessuno tollera una cosa del genere e per nessun motivo al mondo, la considera non soltanto un oltraggio personale, ma la considera un’operazione che va’ contro la morale, il buon senso comune e in definitiva contro gli interessi stessi della società. Non del tutto a torto considera questo, perché il potere cessare di pensare in modo religioso, e intendo qui pensare in modo religioso esattamente in questo modo cioè il supporre che esista almeno una cosa fuori dal linguaggio. Questa è la struttura, è la condizione di qualunque pensiero religioso, quindi evidentemente non il pensare di chi crede necessariamente all’esistenza di un dio, uno qualunque, ma per esempio che esista un’entità superiore con poteri superiori, ma che esista una qualunque cosa della quale possa dirsi con assoluta certezza che è fuori dal linguaggio. Muoversi in questa direzione, cioè in una direzione non religiosa, è di conseguenza straordinariamente difficile, perché va’ contro tutte queste cose che abbiamo elencate prima. Però, siccome ci è risultato un po’ insoddisfacente questo pensiero religioso, in quanto abbiamo considerato che il pensare di potere uscire dal linguaggio è un’affermazione paradossale, anzi è il paradosso per antonomasia, allora abbiamo provato a fare altrimenti. Naturalmente ci si trovava a praticare come analisti e cioè a fare tutte quelle cose che generalmente si fanno come psicoterapeuti, e cioè spostare da una religione ad un’altra, cosa che è abbastanza semplice, non offre molte difficoltà, proprio perché la persona che si rivolge a voi, è disposta a compiere questa operazione, anzi viene lì per questo: quindi non c’è in linea di massima nessun problema. Eppure questo pensiero ha insistito, al punto che ciascuna teoria psicoanalitica, dopo essere stata opportunamente, debitamente vagliata, è stata abbandonata come un sistema fondato su presupposti religiosi e in quanto tale di nessun interesse. Dunque un altro sistema, ma per procedere lungo questa via, si tratta di compiere un passo che è tutt’altro che indifferente, un passo che è straordinariamente complicato, difficile, inopportuno e anche sospetto: incominciare a pensare, una persona che pensa è generalmente sospetta. Che cosa intendo qui per pensare, "Che cos’è pensare", come diceva Martin Heidegger. Pensare intendo questo, in questa circostanza: considerare ciascun elemento che interviene e interrogarlo fino alle estreme conseguenze, e con estreme conseguenze intendo l’eventualità oltre che la possibilità intendo spingere l’interrogazione al di la di quanto comunemente si ritenga opportuno fare. Pensare in questo modo impedisce ovviamente l’eventualità’ di potere arrestare su una qualunque cosa perché nessuna è meglio legittimata di qualunque altra per costituire il punto di arresto, cioè quell’elemento che deve essere creduto. Una ricerca, un’elaborazione senza fine, incessante; ma provate a pensare per un istante un pensiero che non è vincolato a nessun elemento che deve essere necessariamente creduto, allora non ci sarà nessun elemento stabile, fisso, nessun elemento da difendere, da proteggere; ma ciascun elemento essendo un elemento linguistico, una figura retorica, tutto ciò che farà sarà indurvi a produrre altri elementi per il solo piacere di farli. Ovviamente ci sono dei corollari, uno tra questi è, per esempio, il trovarsi a non avere più la necessità di avere paura, di avere angoscia e tutta un’infinità di altri malanni e che scompaiono perché scompare la necessità di credere, ed è difficile avere paura se non si crede in quella cosa di cui si dice di avere paura, può diventare impossibile. E se qualcuno cessa di avere paura che cosa succede? Nulla, ma soltanto non ha da difendersi e quindi non ha da aggredire. Tante cose che appaiono necessarie, scontate, inevitabili, diventano assolutamente gratuite. Accostando la psicoterapia necessariamente alla struttura del pensiero religioso, accade di accostare molte altre cose, poco belle. Molti di voi forse sanno come funziona la psicologia, da dove provengono quelli che sono chiamati test che oggi vengono utilizzati ovunque, sono stati inventati per potere stabilire chi poteva andare al fronte ad ammazzare meglio di altri, e la psicologia continua ad utilizzare, magari non esattamente per questo, ma per stabilire chi è normale, chi deve essere modificato per adattarsi ad un certo criterio. Risulta sempre curioso verificare come in queste dottrine, ma non soltanto, ci sia comunque la necessità di stabilire un parametro di comportamento al quale ciascuno occorre si attenga, quasi la ricerca di una sorta di normalità, ora vi rendete immediatamente conto di quanto una cosa del genere sia problematica. "Chi è normale"? Potrei affermare che è normale unicamente chi appartiene alla razza ariana e tutti gli altri vanno eliminanti, è una considerazione che è già stata fatta qualche tempo fa, ma se ci riflettete bene vale qualunque altro criterio; se si accetta un certo modo di pensare, può accadere di accettare delle implicazione delle conseguenza che appaiono assolutamente ovvie, accettabili. Parlavamo prima della razza ariana; si diceva un po’ di tempo fa che uno dei più formidabili testi di sociologia mai stati scritti, è uno che è intitolato: Mein Kampf. Perché è uno dei migliori testi di sociologia? Perché, in effetti prende quanto ci sia di tutte le credenze, le superstizioni più radicate, più fortemente e fortemente installate in ciascuno e le utilizza per stabilire che cosa una società perfette occorre che sia. Può essere interessante leggere alcune di queste cose perché può accadere di verificarne la straordinaria e insospettata attualità. Ci siamo dunque resi conto che ciò che supporta e ha sempre supportato ogni pensiero religioso e quindi quello psicoterapeutico, è fondamentalmente e direi quasi inesorabilmente terroristico; questo ci è apparso poco interessante e per questo lo abbiamo abbandonato anche se c’erano ottimi motivi per non abbandonarlo in quanto funziona. L’unico motivo era la curiosità, che ci ha spinti in una direzione diciamo meno popolare e ci ha costretti a pensare (pensare nell’accezione detta prima) e cioè un pensiero che non si arresta, che continua a domandare. Sapete che verità è uno di quei termini ardui da definire; c’è una sola definizione accettabile, possibile di verità ed è questa: verità è esattamente ciò che ciascuno pensa che sia. Qualunque altra definizione risulta assolutamente negabile, confutabile e può essere demolita molto facilmente; questa no, ha questa prerogativa. Dunque, la questione della verità è risultata e risulta da sempre, soprattutto in ambito psicologico, psicanalitico, fondamentale come ciò che ciascuno occorre che raggiunga, la sua verità, ma che cosa si intende dicendo questo? Che cos’è la verità di una persona? Ciò che quella persona realmente è. Che cosa vuole dire questo? Ciò che una persona pensa che sia la stessa persona, ma può cambiare idea quando vuole, o altri possono stabilirlo e poi anche questo altri possono cambiare idea con altrettanta rapidità. E poi in definitiva chi stabilisce che sia esattamente così, in base a quale criterio possiamo affermare che una persona è esattamente quello. Potremmo sempre stabilire un proposizione che nega quella che stiamo affermando. Dunque, cercare di sapere che cosa o come una persona esattamente è, non porta da nessuna parte tranne che rafforzare altre superstizioni altre credenza, altre fantasie. E allora forse questa operazione non ha molto interesse, non ha nessuno sbocco, alcuna chance, perché l’operazione che noi vogliamo fare è un po’ differente. Si tratta in definitiva a questo punto non di spostare e fare una sorta di traslazione, da una religione ad un’altra, ma di incominciare a riflettere sulla struttura del proprio discorso, di come accade, di come avviene che ciascuno si trovi a pensare le cose che pensa o a credere le cose che crede. Come questo sia possibile, ma non tanto come sia possibile credere una certa cosa, ma come sia possibile credere in assoluto. Ecco allora che psicanalisi? Se è posta in questi termini, sì, possiamo anche chiamarla psicanalisi, però è un termine piuttosto inflazionato: le peggiori sciocchezze sono state dette adducendo come giustificazione che si trattava di psicanalisi. Una volta, tantissimi anni fa, esistevano dei tali chiamati sofisti i quali per primi hanno compiuto questo gesto, di incominciare ad interrogare le cose senza fermarsi, senza fermarsi mai; è un’operazione molto impopolare, tant’è che ad un certo punto venivano espulsi dalle varie città, divenivano indesiderabili. Provate a pensare nell’accezione che indicavo prima, il primo impatto sarà quello di non riuscire a trovare nessuna risposta, però a questo punto forse avrete gli elementi per cominciare a riflettere che cosa sia una risposta, cosa si debba intendere con questo termine e allora forse vi apparirà differente tutta la questione e allora vi accorgerete che la ricerca della risposta non è affatto lontana da quell’itinerario dell’anima a Dio. In definitiva, la invocazione che Anselmo rivolgeva a Dio era l’invocazione che ciascuno rivolge, a seconda dei casi, al terapeuta, all’istituzione, all’amico: "Aiutami a trovare la verità, trovando la verità, a conoscermi, e conoscendomi a conoscerti", così diceva Anselmo. L’itinerario di ciascuna psicoterapia è, è rimasto e rimarrà un itinerario dell’anima a Dio; noi abbiamo preferito un altro itinerario, che non è detto che sia meglio o peggio, ma è diverso. Il discorso religioso è quello che immagina che esiste un elemento fuori dalla parola. E perché si è partiti dalla parola? Perché non se ne può fare a meno. Era già così all’inizio: "In principio era il verbo" e, in effetti, di nuovo non c’è nulla tranne un dettaglio, cioè che prendendo questa affermazione in termini precisi e cioè che nulla è fuori dalla parola, affermare che in principio era il verbo, di per sé, non significa niente, è una figura retorica che non ha nessun referente fuori dal linguaggio. Qualunque cosa si dica si affermi, è una figura retorica e non può non esserlo; la differenza, che può essere marginale, consiste in questo: nel potere considerare in ciascun atto di parola , che ciò che si afferma è e non può non essere nient’altro che una figura retorica. E questo ha portato ad una serie di considerazioni di qualche interesse, tenendo conto che buona parte del discorso occidentale considera esattamente il contrario e cioè che esistano le cose, la realtà fuori dalla parola; le parole sono una cosa e la realtà un'altra. Si è partiti da questo, cercando di sapere, per curiosità, se fosse mai possibile muovere da qualche cosa che non fosse inesorabilmente negabile. Quando uno inizia ad elaborare una qualunque cosa, muove da un elemento, quale? Questo è il problema, cioè quale elemento si offre così certo, così sicuro da essere al riparo da qualunque obbiezione, da qualunque possibilità di essere confutato; abbiamo vagliato, verificato molte cose e nessuna ha retto di fronte alla demolizione, ciascuna era assolutamente negabile; ma allora ci siamo chiesti: "C’è una affermazione che non è negabile?" All’inizio è stato difficile, poi ad un certo punto abbiamo detto sì, una c’è, una che non può negarsi, salvo negare la possibilità stessa di negare alcunché e l’affermazione è questa: "che gli umani in quanto parlanti parlano", che è una variante di quella che afferma che non c’è uscita dal linguaggio. Questa affermazione non è ne dimostrabile, ne confutabile, semplicemente non è negabile, se si nega di parlare, si nega la possibilità stessa di parlare. Ecco che abbiamo preso le mosse dunque da questa proposizione per fare, tutto sommato un gioco linguistico. Da qui, poi la necessità di muovere dalla parola come l’unico elemento reperito che non potesse essere negato; come l’unico elemento da cui muovere senza che questo assunto di partenza potesse essere negato. Perché fare una cosa del genere? Per niente, un gioco che considera, man mano che procede, alcuni aspetti che ci hanno indotti poi a proseguire in questa direzione invece di abbandonarla e cioè alla considerazione che ciascuna affermazione è necessariamente una figura retorica, dalla affermazione più certa, più sicura che non è necessaria, è una figura, e come tale non può costringere all’assenso, in questo senso non è terroristica, non costringe a nulla. Eventualmente il linguaggio può costringere a proseguire a parlare eventualmente, ma non una verità in questo senso, posta la questione in questi termini, la verità così come comunemente è intesa non è pensabile, non è proponibile e dunque non è credibile. Ecco perché questo ci ha mano a mano condotti a trovarci a credere una quantità sempre minore di cose e cioè dare il nostro assenso incondizionato; non siamo più riusciti a causa di ciò a credere che un qualche cosa fosse necessario, quindi credibile necessariamente. Ciò che ci ha indotti a compiere questa cosa è una curiosità e cioè quella di sapere se fosse mai possibile costruire un sistema di pensiero che non necessitasse, necessariamente al suo fondamento un atto di fede, questa è la scommessa che ci ha indotti a proseguire in questa direzione, per gioco. Tutto questo ci ha interessati e divertiti e abbiamo proseguito, trovando qua e la delle implicazioni, talvolta non indifferenti. Insomma questa è la scommessa, ambiziosa: costruire un sistema di pensiero che possa reggere per 50000 anni, considerando che il sistema con cui funziona il pensiero occidentale ed orientale da 2500 anni ha in un certo modo con un certo, con alcune premesse, con alcune strutture che non sono variate da allora; abbiamo deciso di inventare un nuovo sistema di pensiero.