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LA PERSUASIONE E LA RETORICA

 

17/11/1998

 

Questa sera l’argomento è “la persuasione e la retorica”, considerato che la retorica ha almeno in parte questa funzione: persuadére. Che cosa persuade soprattutto? Ciascuno può, riflettendo su di sé, verificare di che cosa sia assolutamente persuaso, se c’è una cosa di cui è assolutamente persuaso allora in questo caso l’operazione retorica che ha consentito questa persuasione è perfettamente riuscita. Non è che riesca sempre, però in alcuni casi riesce perfettamente; soprattutto se ci sono degli elementi che affiancano tale persuasione, per esempio il fatto che tutti pensino in un certo modo e che si sia stati addestrati fin da piccoli a pensare in un certo modo, sono elementi fondamentali alla persuasione, come direbbero alcuni, di massa. Persuadére le masse, come ciascuno di voi sa è fondamentale, se non sono persuase diventa difficile governarle e quindi devono essere persuase di una serie di cose che adesso vedremo. Uno degli elementi fondamentali su cui si appunta la persuasione, non da oggi sicuramente ma da moltissimo tempo, è per esempio il fatto che sia dia una realtà, questo è un elemento che persuade tutti, la realtà e quindi la percezione, soprattutto quella visiva: “ho visto e quindi è così” ma soprattutto l’esistenza della realtà, questo è uno degli elementi cardine su cui si fonda tutto il pensiero occidentale ma non soltanto, e cioè la necessità che debba esisterne una. La volta scorsa abbiamo detto della verità, di come gli umani da sempre, almeno dagli ultimi tremila anni, si siano adoperati per stabilire con assoluta certezza che cosa sia la verità, poi non ci sono riusciti perché sono partiti male, mentre come abbiamo mostrato la volta scorsa è possibile fornire una nozione di verità assolutamente certa e innegabile, poi ciascuno può utilizzarla come preferisce, e cioè una nozione di verità che non può essere confutata, in altri termini ancora, necessariamente la verità è quello e nient’altro; fatto questo, cioè risolto questo problema passiamo alla questione della realtà, visto che, come dicevo, è uno degli elementi fondamentali su cui poggia tutta la persuasione che è necessaria per il mantenimento dello stato, per esempio, o di qualunque altra cosa che funzioni allo stesso modo. La realtà, la realtà delle cose, la realtà dei fatti, è una sorta di artificio retorico, artificio retorico che muove o che ha come condizione un altro elemento persuasivo. Perché possa credersi alla realtà, alla sua necessità, occorre che almeno un elemento sia considerato fuori dalla parola, fuori dal linguaggio, solo a questa condizione è possibile insinuare l’idea che ne esista una o che debba esisterne una, quindi la prima cosa da farsi per persuadére è stabilire che non tutto è nel linguaggio, se si riesce a stabilire questo tutto il resto viene da sé, compresa la religione ovviamente, dio e tutto il resto. La nozione di realtà come sapete è molto antica ed è qualcosa che serve laddove si sia abbandonato il pensiero che qualunque cosa necessariamente è nella parola e che quindi occorra un elemento esterno a garantire il tutto, la realtà ha questa funzione, poi si è aggiunto dio, se ne sono aggiunte altre di cose, ma la realtà in prima istanza. La realtà è considerata qualcosa di immutabile, così com’è, e che necessariamente deve darsi; nella vulgata sarebbe ciò che necessariamente è quindi in definitiva la verità, che è poi un altro nome per indicarla. La realtà dunque come l’elemento necessario per mantenere in piedi tutta una costruzione e la realtà, come dicevo, è rappresentata da ciò che è necessariamente, cioè dal come stanno le cose, poi che sia una cosa, come talvolta suole dirsi, relativa, soggettiva, questo non ha nessuna importanza, così come pensare che la verità sia soggettiva, relativa ecc. non cambia di una virgola, perché l’essenziale è che ci sia, e che come la verità se ne dia una che necessariamente sia uguale per tutti se no perde il valore della sua connotazione. Come si fa a persuadére che la realtà necessariamente esiste? Supponiamo che ci si trovi di fronte ad un uditorio che invece nega questo fatto, allora si utilizzano vari sistemi e sono quelli che vengono utilizzati in buona parte per addestrare i bambini grosso modo, e cioè mostrando un qualche cosa gli si dice che questo è quello. Sistema molto semplice il quale viene creduto soprattutto perché tutti coloro che lo circondano pensano esattamente la stessa cosa e questo è uno degli elementi più potenti nella retorica (per persuadére qualcuno), il fatto che tutti siano persuasi della stessa cosa: se tutti pensano così allora è così. La nozione di realtà così come è pensata generalmente ha una struttura che, come avveniva per la nozione di verità, è piuttosto terroristica, come dire: la realtà è questa, o si accoglie questo oppure si è nell’errore o si è in mala fede a seconda dei casi, in entrambi i casi la persona che non riconosce una cosa del genere deve essere accudita. Vi parlo della realtà a proposito della persuasione perché è l’elemento che persuade quasi tutti, difficilmente troverete qualcuno che immagina che la realtà sia soltanto un significante e nient’altro, e con tutto ciò che questo comporta ovviamente e cioè il fatto che non sia altro che un atto linguistico, che come referente ha un altro atto linguistico e nient’altro, in questo modo perde il carattere costrittivo e terroristico. La più parte delle persone con cui avete a che fare immagina invece che la realtà ci sia, poi se eventualmente richiesto di spiegare che cosa esattamente sia può anche trovarsi in difficoltà e spiegare la realtà con una serie di sinonimi. Tutto ciò che cade sotto i sensi potrebbe essere, però anche questa definizione presta il fianco ad alcune obiezioni, in linea di massima ciò che è ritenuto realtà è ciò che i più pensano che sia, perché se la realtà non fosse più ciò che necessariamente è perderebbe buona parte della sua capacità di persuadére. Supponete che io immagini o indichi con “realtà” un significante il cui senso non è altro che una regola di un gioco particolare e cioè se io parlo di realtà delle cose, per esempio se affermo “ma in realtà non sembra così” allora questo significante realtà assume una connotazione particolare, perché non significa nulla al di fuori della catena linguistica del discorso che sto facendo, non ha una sua esistenza fuori dal discorso in cui io lo situo e fuori dal senso che gli si attribuisce di volta in volta. Questo potrebbe rendere le cose più semplici per un verso e più complesse per un altro. Più semplici perché tutto sommato ciascuno saprebbe che parlando di realtà sto usando un modo di dire e nulla più di questo, che non sto affermando nessuna cosa necessaria, sto affermano in ultima analisi unicamente qualcosa di estetico cioè: a me piace che sia così, e quindi sostituire la proposizione che afferma che la realtà è questa con un’altra che afferma invece che a me piace che sia così, o pensare così e allora in effetti non c’è nessuna obiezione che possa farsi. Che cosa c’è di necessario in questa nozione di realtà, che cosa necessariamente è? Nulla, assolutamente nulla, qualunque cosa si attribuisca a questo significante è negabile cioè è possibile costruire una proposizione che lo neghi o che addirittura provi il contrario, se si vuole provarne la sua esistenza, eppure è un elemento fondamentale a cui ciascuno si aggrappa continuamente, si aggrappa per un riferimento, per potere stabilire come stanno le cose, però non è necessario, può essere utile come sono utili una infinità di altre cose e qui occorre forse dire qualcosa in più intorno ai giochi linguistici. Di cosa si tratta in un gioco linguistico? Di una combinatoria di elementi linguistici evidentemente, questi elementi si combinano in un modo che non è casuale in quanto si attiene a delle regole, sapete che per giocare un qualunque gioco occorrono delle regole, senza regole non si può giocare, provate a giocare a poker, senza regole sarebbe difficilissimo. Una regola del gioco non è altro che un insieme di informazioni che vi dicono quali mosse all’interno di quel gioco sono consentite e quali no, una regola fa questo, vieta certe mosse. Mi vieta per esempio, se gioco a poker e se ho due sette, di prendere tutto se l’altro ha per esempio quattro assi, me lo proibisce, anche l’altro tizio me lo proibirà, ma in ogni caso c’è questa regola che me lo vieta. Parlando di realtà io faccio un gioco, mi trovo all’interno di un gioco dove questo significante realtà si attiene a certe regole, per esempio può indicare il mondo che mi circonda, tutto ciò che mi circonda, è soltanto la regola di un gioco, se io faccio questo gioco allora è necessario che faccia questo, se no no, dicendo che la realtà non è nient’altro che un significante possiamo sbarazzare questo elemento di tutto ciò che gli è stato appiccicato, tutto ciò che di costrittivo, dicevo prima di terroristico viene utilizzato insieme con questo significante. Immaginare o sostenere che la realtà è qualcosa fuori dalla parola è un discorso che, come mostravo la volta scorsa, è necessariamente falso, muovere da una posizione del genere comporta costruire tutti discorsi tutti necessariamente falsi, non che per questo non siano utilizzabili, sono utilizzabili come la più parte dei discorsi falsi, non sono utilizzabili se ci si aspetta che questo discorso sia vero, allora non lo sono più, ma fino a quel punto tutto funziona regolarmente. Posso costruire moltissimi discorsi che so essere assolutamente falsi e utilizzarli in vario modo, come dicevo l’unico intoppo sorge laddove ho la necessità, per esempio teorica, di costruirne uno vero, uno che sia necessariamente vero, necessariamente vero intendo che non possa non essere altrimenti, non possa non essere che in quel modo, allora tutta questa serie di discorsi mi è assolutamente inutile, perché risultano falsi e cioè negabili, tutti i discorsi che vengono fatti in qualunque posto non sono altro che giochi linguistici, i quali sono veri all’interno delle regole che stanno eseguendo, esattamente così come è vero che se io ho quattro assi vinco quello che ha due sette, il criterio di verità è esattamente lo stesso, e cioè attenendomi a delle regole, seguendo queste regole muovo in un certo modo, nient’altro che questo. Certo a questo punto non sarebbe nemmeno possibile affermare che le regole del poker siano vere o siano false, non avrebbe nessun senso, sono così e tanto basta, la stessa questione può applicarsi anche ai giochi linguistici. C’è l’eventualità che non abbia nessun senso chiedersi se sono veri o se sono falsi a meno che non pretendano di imporsi come veri, allora sì, allora il discorso cambia se no, no non c’è nessuna utilità, dicevo cerchino di imporsi come veri oppure siano creduti tali, creduti veri fuori dalle regole del gioco che li rende tali. Certo se io gioco a poker è chiaro che implicitamente ne accolgo e ne accetto le regole, se no non potrei giocare, sapendo perfettamente che fuori da questo gioco che sto facendo, affermare che quattro re battono due sette non significa assolutamente niente, ciascun discorso che voi fate ha esattamente la stessa struttura, cioè fuori dalle regole del gioco in cui vi trovate non significa assolutamente niente, cioè non potrebbe nemmeno, né può di fatto, essere sottoposto a un criterio vero funzionale, cioè non potete sapere se è vero o falso quello che dite e che la domanda che vi fate non ha nessun senso. Chiedersi se un discorso è vero o falso non è questione semplice dal momento che comporta che ciò che è vero occorre che lo sia necessariamente e cioè che non possa essere provato che essere falso, sarebbe un enunciato, per dirla con Popper, non scientifico, e cioè non sarebbe possibile costruire nessuna proposizione tale che lo provi essere falso. Ora una proposizione simile non è difficile costruirla, una proposizione non scientifica cioè che escluda l’eventualità che possa costruirsene una che lo falsifichi, chiaramente a quel punto vi trovate, come vi dicevo all’inizio, di fronte ad una nozione di verità che in nessun modo potete eliminare, e questo può essere utile laddove ci si ponga come obiettivo una elaborazione teorica, se no non ha nessun interesse, elaborazione teorica intendo dire incominciare a pensare in termini precisi per esempio, o cominciare a pensare tout court: uno incomincia a pensare e si chiede da dove incominciare e cioè quale assiomi accogliere prima di muovere il primo passo, perché se uno muove da una sciocchezza, per esempio, c’è l’eventualità che ciò che segue sia qualcosa di simile e dunque cercherà un elemento il più sicuro possibile; possiamo fornirne uno che non soltanto è sicuro, ma è necessario che sia, ma una cosa del genere, a proposito di persuasione, non persuade, può convincere e mi rifaccio qui alla distinzione che faceva Perelman tra convinzione e persuasione. La convinzione è l’accogliere una proposizione che non si riesce a negare in nessun modo, allora convince dice Perelman, la persuasione invece è qualcosa che punta al cuore, non convince ma persuade, infatti uno può essere convinto ma non persuaso come in questo caso o come nel caso di un qualsiasi discorso religioso: può essere persuaso ma non convinto. Il “credo quia absurdum” di Tertulliano è un caso limite di persuasione senza convinzione, ma tornando alla questione da cui siamo partiti e cioè quella della persuasione, occorre dire che ciò che persuade non ha nulla a che fare con qualcosa di logico, qualcuno potrebbe obiettare che la logica tutto sommato non ha una grande utilità, e in effetti appare così, che non abbia nessuna utilità salvo per quei quattro o cinque che se ne occupano, logici perlopiù, se no nella vita pratica non serve assolutamente a niente, il che è vero solo in parte. Di fatto quando ciascuno di voi compie una qualunque inferenza di qualunque tipo cioè deduce da una cosa un’altra: se questo allora quest’altro, utilizza un procedimento che è logico e parlando con delle persone, volendo per esempio fare valere le proprie ragioni utilizzerà strumenti in parte anche logici, anzi cercherà di utilizzare soprattutto la logica, perché la logica ha questo potere costrittivo, se affermo che se A allora B e se B allora C, l’interlocutore sarà costretto ad acconsentire a questo tipo di inferenza. Cercherete, utilizzando una certa struttura, di trovare un elemento solido da cui muovere per poi dedurre, se vi riesce, una conclusione altrettanto certa che l’altro non possa non accogliere. Si tratta in questo caso di piegare l’altro a qualche cosa che voi intendete e cioè metterlo nella condizione di non potere più obiettare niente, senza tenere conto che una qualunque proposizione di quelle utilizzate generalmente è comunque confutabile, cioè sarà sempre possibile costruire un discorso che la falsifichi. Per questo vi dicevo che non ha nessun senso chiedersi se una cosa è vera o è falsa, perché non potrà mai essere né l’una cosa né l’altra, sarà soltanto una decisione, quindi di nuovo una questione estetica nella migliore delle ipotesi, cioè a me piace che sia così, quindi non è così perché le cose stanno così o perché deve essere così, no, è così perché mi piace che sia così, ed è quanto di meglio voi possiate raggiungere in ogni caso. Perché il discorso occidentale, quello che si pratica generalmente, è costruito in un modo tale da escludere che qualunque cosa che si affermi o si faccia o non si faccia o non si affermi comunque, è nel linguaggio, escludendo una cosa del genere qualunque proposizione si faccia sarà comunque sempre necessariamente nel linguaggio, sarà comunque sempre negabile. Indirettamente se ne sono accorti alcuni, soprattutto alla fine del secolo sia con Gödel e la cosiddetta crisi dei fondamenti, che con Cantor, ma già molto prima di loro un tal Gorgia aveva inteso perfettamente tutta la questione. Potremmo, parafrasando Gorgia, affermare che nulla è fuori dalla parola, se qualcosa fosse non sarebbe conoscibile, e se fosse conoscibile non sarebbe trasmissibile. Con questa modifica che abbiamo fatta al famoso adagio di Gorgia abbiamo reso questa proposizione assolutamente non negabile e quindi necessaria, potremmo affermare che questa proposizione è la verità e non ci sarebbe nessuno al mondo in condizioni di negare quanto abbiamo affermato. Cosa ce ne facciamo? Possiamo costruire un modo di pensare per esempio, che muova da qualche cosa che non sia, così come è accaduto sempre, assolutamente risibile, ma costruire un discorso che poggi su qualcosa di necessario, c’è l’eventualità che venga meglio, non è sicuro però ci si può provare, in ogni caso ciò che seguirà necessariamente da questa premessa risulterà assolutamente e inesorabilmente vero. Potrebbe essere un elemento marginale questo, non lo è tuttavia, e soprattutto nel discorso occidentale ma non soltanto nel discorso occidentale il quale si picca da sempre di essere un discorso logico, da Aristotele in poi, ma se pure sono corrette le inferenze che vengono mosse dall’assioma o dalla maggiore o comunque dai principi da cui si parte, in ogni caso il punto di partenza rimarrà sempre assolutamente opinabile e quindi lo sarà tutto ciò che ne seguirà, tutto ciò che il discorso in questi ultimi tremila anni ha prodotto è negabile, tutto, tranne questa proposizione che afferma che non si dà alcunché fuori dalla parola. Potrebbe essere un vantaggio, potrebbe anche non esserlo, però così è. Roberto, qualche obiezione? Nulla, nessuna obiezione? Allora possiamo proseguire per il momento, ma come vi dicevo un discorso del genere non persuade, ciascuno di voi è molto perplesso di fronte alle cose che ha ascoltato, pur non avendo nulla da obiettare, nulla che abbia un senso ovviamente, però non persuade, perché? Perché una cosa assolutamente certa, assolutamente indubitabile non persuade affatto, mentre qualunque religione che si fonda su cose assolutamente risibili ha un potere persuasivo formidabile, sapete che su sei miliardi di persone che abitano questo pianeta i nove decimi appartengono a qualche religione, il che non è poco, allora merita riflettere su che cosa persuade più che su che cosa convinca. In effetti come diceva giustamente Perelman la persuasione punta al cuore, mira, come dicono alcuni o come alcuni hanno sostenuto, all’irrazionale, curiosa questione questa dell’irrazionale, taluni dividono il mondo in razionale e irrazionale in modo assolutamente curioso, immaginando che l’irrazionale sia tutto ciò che non segue a un ragionamento, tutto ciò che è escluso dalla ratio. La ratio è intesa generalmente come quel sistema logico inferenziale per cui da una premessa si giunge a conclusioni, come se ciò che è inteso come irrazionale non seguisse la stessa via, e come potrebbe? Quale via seguirebbe mai? Gli umani si trovano all’interno di una struttura che è quella del linguaggio, e non possono uscirne, qualunque conclusione io raggiunga rimane comunque una struttura inferenziale, se incontro per strada una persona e ne sono immediatamente attratto, questo non significa affatto che non ci sia stata una serie di inferenze che io posso non avere colto ovviamente, ma è necessario che ci sia, passaggi molto rapide molto veloci, così com’è la prerogativa del linguaggio, di funzionare utilizzando passaggi molto veloci, per cui se qualcuno mi chiede che ore sono non ho bisogno di chiedermi cos’è un orologio, com’è fatto e se esiste, gli posso rispondere immediatamente, questo non significa affatto che sia un procedimento non razionale, cioè che non segue una serie di passaggi, questi passaggi sono la struttura stessa del linguaggio, senza questa struttura il linguaggio non funziona, senza cioè la struttura inferenziale, quella che dice se A allora B. Il fatto che io salti un certo numero di passaggi non significa che non ci siano, potremmo dire che non possono non esserci. Ora generalmente la persuasione utilizza una struttura simile a questa, che cosa funzioni esattamente con la persuasione è molto difficile stabilirsi anche perché occorrerebbe valutare ciascun caso, però ne faremo uno questa sera, uno emblematico, pensate a un proverbio, i proverbi hanno una notevole capacità persuasiva, il proverbio generalmente funziona come una sorta di sillogismo tronco, un entimema dove manca la premessa maggiore che è data come implicita, ciò che ne segue viene affermato dal proverbio con molta determinazione e lascia intendere che la premessa maggiore sia assolutamente vera in modo tale che non ci sia la necessità di metterla in discussione, è chiaro che se la premessa maggiore venisse messa in gioco crollerebbe anche il proverbio. Come sapete talvolta i proverbi si contraddicono tra loro, però questo sembra non creare nessun problema e in effetti non lo crea, ma pensate alla struttura del proverbio, vi sbarazza della premessa maggiore cioè quella su cui si regge tutto, lasciandovi intendere che la premessa maggiore è già stata data per acquisita da chi vi ha preceduti e comunque tutta l’umanità la dà per buona, a questo punto siete alleggeriti di un compito non indifferente che è quello di andare a verificare se le cose stanno proprio così. Alleggerendovi di questo compito vi pone nella condizione di raggiungere immediatamente qualcosa che appare certo, appare assolutamente credibile, verosimile, fornisce una certezza senza la necessità e quindi lo sforzo di dovere verificarla. Provate a pensare al proverbio e pensate a una qualunque dimostrazione scientifica e provate a chiedervi se hanno esattamente la stessa struttura oppure no, perché c’è l’eventualità che abbiano esattamente la stessa struttura, la premessa maggiore, nel caso della scienza, l’assioma fondamentale da cui muove non viene fornito o viene fornito in modo talmente vago da non essere verificabile, generalmente sono due le cose su cui si fonda: la vox populi oppure l’esperienza, queste due, non ce ne sono altre, entrambe le cose sono assolutamente negabili, devono essere date per buone perché tutto il resto possa essere sostenuto, se no, no esattamente come il proverbio, occorre dare per buona la premessa maggiore, quella che non viene fornita e quindi il discorso scientifico, il discorso religioso, il discorso di ciascuno funziona esattamente allo stesso modo, una costruzione che è costruita su niente, assolutamente nulla, ma questo nulla ha un forte potere persuasivo, come dire “le cose stanno così, non ti preoccupare”. È così che funziona e ha sempre funzionato e funziona, occorre dire in un modo straordinariamente efficace, funziona così in ambito scientifico, in ambito politico, religioso, sociale ovunque. Il fatto curioso è che funzioni così straordinariamente bene, ogni tanto c’è qualche intoppo però nel complesso possiamo dire che ha un ottimo funzionamento, quindi non si vede perché si dovrebbe eliminare una cosa che funziona benissimo, come già Platone aveva detto a chiare lettere, le cose non stanno così però facciamolo credere e vedrete che andrà tutto bene, e infatti è andato benissimo per i duemila e cinquecento anni che hanno fatto seguito. Così come che qua e là occorre mentire, è necessario farlo, è assolutamente e tassativamente necessario farlo, tutta la civiltà è costruita su questo, bene o male che sia adesso non sto facendo valutazioni morali che non mi riguardano e non mi interessano, sono solo considerazioni, né sto tessendo l’elogio della menzogna ovviamente, non mi importa minimamente né della menzogna né della verità, sto solo considerando così come è costruito il discorso occidentale, e quindi anche quello orientale, la menzogna è tassativa, non è possibile andare avanti senza, cioè si deve mentire sul fatto che in definitiva la realtà esiste, in qualche modo, da qualche parte c’è. D’altra parte è andata benissimo per tutti questi anni, fino a qualche anno fa, poi ci siamo stancati di questo sistema e abbiamo pensato di inventarne un altro, che non necessitasse della menzogna come assioma. Cos’è la menzogna? L’affermazione di una proposizione che si enuncia come vera sapendo perfettamente di non poterla provare, possiamo utilizzare questa proposizione. Così abbiamo cominciato a pensare a un discorso che non dovesse necessariamente sostenersi su una menzogna e quindi occorreva che la premessa fosse necessaria e non una qualunque, ecco perché abbiamo ripreso l’antico adagio di Gorgia, con una modifica, senza questa modifica non funziona, ma con questa modifica sì, funziona come una proposizione che è necessaria, necessariamente vera, una verità come direbbero i medioevali sub specie æternitate, che è stata sempre valida, lo è adesso e lo sarà sempre necessariamente, meglio di così?

Intervento: questo concetto di necessarietà… io sono vissuto ventisette anni senza sapere chi fosse Gorgia…

Con necessario intendo ciò che non può non essere. Laddove lei cerchi qualcosa che occorre che sia, incomincia a sfrondare, dice: “questo è necessario che sia? No, potrebbe anche non essere” e si trova di fronte ad un certo punto a qualcosa che è necessario che sia e non può non essere in nessun modo, i filosofi che amano perdersi dietro queste storie hanno indicato di volta in volta con l’ente, con l’essere, varie cose a seconda dei casi o con la verità, cioè ciò che è necessario che sia, assolutamente. È certo che uno possa vivere benissimo senza saperlo, non c’è nessun problema, però in effetti è una questione che ha occupato molto il pensiero degli umani da sempre, trovare una qualche cosa che necessariamente sia, però come dice lei giustamente si può vivere benissimo senza (e lo scopo, a cosa serve?) lo scopo noi lo abbiamo avuto, perché ci siamo prefissati di costruire un discorso che a differenza di quello esistente non comportasse un atto di fede al posto dell’assioma, cioè una premessa che risulta comunque negabile. Per esempio se dicessi che qualunque discorso lei faccia, in qualunque circostanza e per qualunque motivo è sempre necessariamente falso, lei potrebbe magari esserne infastidito, oppure negare quello che io dico. Tuttavia affermare che tutto ciò che lei dice è necessariamente falso può farsi e può anche provarsi, e una volta provato lei si troverà ad affermare cose che sa essere necessariamente e assolutamente false e le afferma come vere, mentendo. Questo non è insolito perché lo fa ciascuno, non è che debba preoccuparsene, è una cosa assolutamente normale, forse la cosa più normale, più praticata. Lei immagini per esempio una persona che ha dei timori, delle paure, che è insicuro eccetera, tutte queste paure, questi timori, queste insicurezze, questi affanni, qualunque cosa lo disturbi immagini che questo disagio, questo malessere, non siano altro che la conclusione di una serie di passi inferenziali che ha compiuti, di cui buona parte se ne è dimenticato, i quali hanno come premessa generale una affermazione che ritiene vera e invece è falsa, allora a questo punto più facilmente è intuibile anche un vantaggio immediato di una operazione del genere, e cioè il fatto che io non posso più credere vera una cosa che so essere falsa. Se mi si comunica una notizia per me gravissima, io magari mi preoccupo, ma se subito dopo mi si dice che è stato uno scherzo, a parte inquietarmi leggermente con la persona che lo ha fatto, mi tranquillizzo subito, cioè cesso di essere preoccupato. Avviene così generalmente, quando ci si accorge che il pericolo non esiste più uno cessa di essere allarmato, supponga che lo stesso discorso possa farsi per qualunque cosa, contrariamente al discorso occidentale che invece è costretto a mantenere un pericolo, vi dice che dovete essere sempre attenti, perché se non ci fossimo noi… in genere è lo stato oppure la religione a fare questa operazione, “se non ci fossimo noi sarebbe un disastro… siete minacciati da continui pericoli e quindi ci vuole qualcuno che vi accudisca”. Proviamo a fare il discorso inverso e cioè “non c’è nessun pericolo” ciò che poteva essere un pericolo non lo è più, cessa di esserlo, potrebbe essere un vantaggio, perché no? Se io temessi di essere assassinato ogni cinque secondi, andrei in giro con la guardia del corpo, giubbetto antiproiettile e armi da per tutto, un fardello enorme e non andrei da nessuna parte, starei chiuso blindato in casa, con i vetri a prova di proiettile e invece no, giro tranquillo perché so che non c’è nessun pericolo, che è molto più agevole, e questo perché so che non c’è nessuno in giro che mi vuole ammazzare. Ho fatto un caso limite però se sapessi che ci sono persone che hanno queste intenzioni certo, magari prenderei delle misure, però se venissi a sapere che mi sono ingannato, che non c’è nessuna minaccia allora è inutile che stia qui a proteggermi chissà da che. Ora pensi a una qualunque paura, a un qualunque timore, ansia, insicurezza, c’è l’eventualità che abbiano la stessa struttura e cioè che a fondamento di un disagio di questo tipo ci sia un elemento creduto vero e invece non lo è, e quindi costringe una persona a vivere malissimo a trincerarsi per tutta la vita senza nessun motivo, potrebbe stare meglio senza tutta questa bardatura, potrebbe…

Intervento: la questione del vero o falso in realtà…

Tu devi tenere conto delle premesse che ho fatte, e cioè che al di fuori di alcune proposizioni che sono non negabili tutte le altre non potrebbero in teoria nemmeno essere sottoponibili a un criterio verofunzionale. Era questo il punto?

Intervento: in realtà se no parlare di vero e falso…

Esattamente, in realtà proprio lì volevo arrivare, io ho parlato di menzogna perché retoricamente ha un senso più forte, però è vero, bisogna parlare di non senso o forse in un altro modo ancora, sicuramente comunque nessun discorso che ritenga un elemento vero o falso è sottoponibile a un criterio del genere perché non ha senso questa operazione, è soltanto una questione, nella migliore delle ipotesi estetica, anzi callistica come diceva Hegel, cioè a me piace così e bell’è fatto.

Intervento:…

Sì Göbbels: qualunque cosa ripetuta un numero sufficiente di volte sarà creduta vera, certo! Ha funzionato occorre dire, ha creato qualche problema in Europa mezzo secolo fa. Sì certo questo è un elemento, la ripetizione incessante sì, è un elemento che va considerato, buona parte della pubblicità gioca su questo, anche l’addestramento funziona così, anche i bambini si addestrano così, insistendo… perché una cosa ripetuta ha questo potere?

Intervento:…

La pigrizia dici? Sì anche però forse non è solo questo, è come se la ripetizione in qualche modo avvalorasse l’idea che una certa cosa è vera, però in effetti si sa molto poco di come funzioni nonostante tutti gli studi che si fanno, perché intorno alla pubblicità come sapete girano miliardi e quindi è una cosa che non lascia indifferenti generalmente, però può esserci una connessione, se una cosa è ripetuta molte volte vuol dire che molti la sostengono, c’è questa eventualità…: tutti quanti devono usare il caffè Lavazza, se lo sente ripetere e alla fine pensa che tutti quanti lo usino, in questo senso forse la connessione con la vox populi, certo non è soltanto questo, stavo considerando un aspetto. La questione è che in effetti in ambito retorico è molto difficile potere stabilire alcunché se fosse semplice si sarebbe già messo in atto un meccanismo persuasivo molto potente, ciascuno lo cerca, la questione è connessa con la quantità sterminata di variabili che intervengono in ciascuno, si tratterebbe di potere controllare tutte le variabili che intervengono nel pensiero di ciascuno e questo è almeno per il momento molto difficile, in teoria posso cambiare idea per un nonnulla per cui la quantità di variabili è assolutamente fuori controllo. Questo rende la nobile e antica arte della retorica ardua a praticarsi, certo si ha buon gioco conoscendo le cose che la più parte delle persone credono, come dicevo tempo fa agli amici, se so che una certa persona è fervente cattolica posso, con buona probabilità, sapere che alla domenica andrà a messa, prevedere che non bestemmierà dio e i santi, prevedere che farà una serie di altre cose ecc. quindi maggiori sono le informazioni su quello che la persona crede e più c’è la possibilità di prevederne delle mosse, se uno è fervente cattolico sarà quasi escluso che bestemmierà dio e i santi… quasi. La volta prossima “La retorica della prova” già in effetti qualunque prova voi immaginiate di addurre alle vostre argomentazioni sarà sempre e comunque un’argomentazione retorica non logica cioè non necessaria, è sempre opinabile. Che cosa comporta una cosa del genere? Comporta che ciascuna volta si fa una affermazione si sa con assoluta certezza che l’affermazione che si è fatta è un’affermazione retorica, e cioè assolutamente arbitraria e di cui sarebbe il caso di assumersi la responsabilità. Ma di questo parleremo martedì.