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LUCIANO FAIONI

 

PSICANALISI

 

17-10-2002

 

Questo è il primo incontro di una serie di appuntamenti intorno alla Psicanalisi e alla sua clinica promossi dall’Associazione Culturale Scienza della Parola, che si occupa di psicanalisi ma non soltanto, anche di linguistica, di logica, di retorica, ma principalmente di proseguire l’elaborazione teorica intorno alla psicanalisi. E anche di formare psicanalisti. Il sottotitolo è “Ciò che occorre sapere della psicanalisi” per averne un’idea un po’ più precisa. So che ciascuno di voi, essendo qui, in linea di massima sa di che cosa si tratta parlando di psicanalisi, vedremo di precisare alcuni elementi. Come ciascuno di voi sa la psicanalisi si occupa di storie, della storia che ciascuno racconta di sé e accade che le occasioni per parlare, per raccontare questa storia, non siano moltissime, poche persone hanno voglia di stare ad ascoltare la storia. Ecco, lo psicanalista è colui che non si stanca mai di ascoltare una storia, anzi, chiedi di raccontarla ancora e poi ancora. Storia cosiddetta personale, fatta di ricordi, di sensazioni, di emozioni, di eventi e di problemi, da risolvere o risolti malamente. Dunque una storia, di cosa è fatta questa storia che ciascuno racconta? Che poi in definitiva non è altro che la sua vita, tutto ciò che ha incontrato e che per un modo o per l’altro gli ha dato da pensare; dicevo che l’analista ascolta questa storia, ma non si limita a questo ovviamente, vuole sapere di tale storia da dove viene, cosa la sostiene, come si è costruita perché vedete, è una storia, e come tutte le storie di questo mondo muove da un antefatto qualunque, procede per argomentazioni più o meno coerenti fra loro dopodiché giunge a una conclusione o, come talora si dice, alla morale della storia. Accade molto spesso che la conclusione, la morale di questa storia comporti qualche problema, qualche problema che è più o meno fatto in questo modo, come una possibilità. Una persona considera che c’è la possibilità che accada una certa cosa, sgradevole per lo più, e siccome c’è questa possibilità allora si astiene dall’andare in quella direzione, vi faccio un esempio molto semplice: supponete che io tema che uscendo di qui un mezzo possa investirmi, c’è questa possibilità, essendo una possibilità può accadere oppure no, ma sapere questo non mi impedirà di uscire, di fare una quantità sterminata di cose, se invece questa possibilità acquista una priorità su qualunque altra cosa allora io sono perfettamente legittimato dalla mia argomentazione perché è possibile che succeda e pertanto mi chiuderò in casa, ora questo avviene raramente ma è molto più frequente per esempio che una persona abbia avuto delle storie sentimentali con esito nefando, non una, ma due, tre, quattro, cinque volte, allora qual è il pensiero? Siccome è avvenuto sempre così, allora è possibile che anche la prossima volta sarà così. Facendo di questa possibilità qualcosa di più di un evento che può oppure non può accadere, ma una certezza, diventa una cosa sicura. Come dire che ha la certezza che alla prossima occasione sarà come tutte le altre. È una storia piuttosto comune, nulla di particolare, ma qui ecco si incomincia ad ascoltare con più attenzione la storia: perché questa persona è così certa, è così sicura che succederà esattamente ciò che è sempre accaduto, come lo sa? Ha eseguito un calcolo delle probabilità? Poco probabile, anche perché sarebbe a suo svantaggio, ma cionondimeno mostra una assoluta certezza e in effetti se voi chiedete a questa persona come fa a saperlo, le sue argomentazioni non saranno molto solide, potrà dirvi che è sempre stato così, ma questo non significa niente, infinite cose accadono un certo numero di volto ma non per questo si cessa di proseguirle, di tentare ancora. Dunque la domanda è questa: come lo sa? Ma soffermaci sulla storia, dicevo che la storia ha un antefatto come tutte le storie che si rispettino, ora questo antecedente questo evento, questo fatto, o questa fantasia, questo ricordo, questa immagine o qualunque cosa non ha importanza, per la persona che racconta tale storia ha una caratteristica particolare e cioè ha un significato e uno soltanto, né può averne differenti. Avendo un solo significato o una sola interpretazione come preferite, questa persona è costretta a considerare quell’evento o quella fantasia sempre esattamente allo stesso modo, come se non fosse possibile accedere a questo ricordo, a questa storia, a questo evento in un modo differente ma sempre esattamente nello stesso modo, quello è successo e non c’è niente da fare. è un luogo comune affermare che il passato non è possibile modificarlo, può darsi, adesso verifichiamo se è esattamente così. Dunque vi dicevo questo antefatto, un antefatto che se alcuni fra voi hanno letto Freud può essere accostato a ciò che lui indicava come scena originaria, almeno in parte, dunque questo antefatto anche lui è preso in una storia, tant’è che se la persona si mette a raccontarlo lo inserirà in una storia; cosa avviene quando si racconta una storia? Avviene che si cerca di raccontarla sempre esattamente nello stesso modo. Come sapete i bambino per esempio sono particolarmente attratti da un racconto, da storie le quali siano sempre esattamente uguali, si accorgono se sostituite una virgola o un punto, ma vi dicevo questa persona racconta la sua storia e lungo il racconto l’analista domanda, domanda delle cose, domanda delle cose che non sono chiarissime, domanda, chiede conto di alcuni passaggi molto rapidi, molto veloci, talvolta troppo veloci per non essere sospetti, come se lì la storia per potere proseguire in quel modo dovesse sorvolare su un dettaglio, su un aspetto, se voi vi soffermate invece su tale dettaglio avviene che inserite, o meglio, la persona stessa che racconta la sua storia inserisce degli elementi magari nuovi a cui non aveva pensato, a cui forse non aveva pensato proprio in quel modo, se voi considerate questo modo di procedere vi accorgerete che in una qualunque storia, inserendo nuovi elementi questa storia tende mano a mano a modificarsi, non è più esattamente la stessa. Modificandosi, la storia connessa in questo caso con l’antefatto, può accadere un fenomeno sorprendente, e cioè che l’antefatto di tutta la storia cambia: lo si vede, lo si considera, lo si legge in modo diverso, non è più esattamente come prima, l’effetto può essere di un certo smarrimento, se per esempio questo è connesso con una persona la sorpresa è di accorgersi che quella persona che si credeva esattamente in quel modo magari non è proprio esattamente così come si pensava che fosse, c’è magari un piccolo aspetto che non si era considerato, però considerandolo cambia qualcosa. Tutte le storie che si rispettino devono sempre essere identiche a sé, se voi modificate qualcosa nelle premesse o nell’antefatto la storia si modifica e non è più la stessa, cosa avviene a questo punto? Avviene un fenomeno bizzarro e cioè la persona si accorge che quella storia sulla quale ha fondato la sua stessa esistenza può essere modificata, cosa bizzarra perché a questo punto si impone alla persona una domanda che non si era mai posta prima, e cioè perché mai ha sempre considerato quella certa cosa, ricordo, persona, immagine, quello che vi pare sempre esattamente in quel modo, perché? Dal momento che, come abbiamo appena detto, c’erano altri modi per leggerla, per vederla, per intenderla, per riconsiderarla, e invece no, sempre un solo modo, quello e torno a porvi la domanda più che legittima: perché? Perché in quell’unico modo anziché in 70 modi differenti? A questo punto questa persona, nostra amica, incomincia ad accorgersi che c’è l’eventualità che questa storia che sta raccontando, talvolta una bellissima storia, non sia affatto la descrizione o il risultato di una serie di eventi ma sia, incredibile a dirsi, ciò che ha pilotato gli eventi. Cambia tutto, ma proprio tutto, già! Perché ciò di cui si accorge appunto questa nostra amica è che la storia che racconta e della quale ha sempre pensato che non fosse altro che una descrizione di una serie di eventi, di circostanze, in realtà non è proprio così, ma così come ha potuto costruire storie differenti a partire dagli stessi elementi, immagina che avrebbe potuto farlo anche in un’altra circostanza, molto prima, anziché credere con fermezza e determinazione che quella storia fosse l’unica possibile da raccontare. In altri termini comincia a considerare l’eventualità che questa storia, la sua storia, sia stata costruita, non da qualcun altro ovviamente, ma da lei, solo a questa condizione poteva essere creduta con tale fermezza e sicurezza, ma quand’è che si crede con tanta determinazione a una storia? E la si mantiene e la si cerca? Quand’è che ci si racconta una storia o si legge uno stesso libro più volte o si va a rivedere un vecchio film una, due, tre volte? Forse perché piace? C’è questa eventualità. In effetti se voi pensate bene ci sono molti film, molti romanzi, molte commedie, tragedie che provocano o inducono a sensazioni ed emozioni molto forti di tristezza, di paura in alcuni casi, sapete, quei film che sono noti come strappalacrime? Hanno un grandissimo successo, questo potrebbe indurci a pensare che piacciano, potrebbe indurci a fare questo, e perché piacciono, dal momento che riproducono quelle stesse vicende che talvolta sono così simili alle storie che vengono raccontate, però quel film piace, la propria storia no. È curioso questo fenomeno, certo una persona vi dirà immediatamente che il film non lo vive in prima persona, non è lei che sta vivendo queste cose, ma cionondimeno, per provare quelle emozioni così forti che prova occorre che quanto meno si immedesimi in ciò che vede, perché se sta a vedere questo film in modo assolutamente distaccato, freddo, calcolatore non proverà nessuna emozione, non si commuoverà, non piangerà ecc. Vi sarà capitato mille volte di ascoltare una persona che dice: “quel film mi è piaciuto tantissimo, ho pianto tutto lo spettacolo”. A questo punto la nostra amica ha a disposizione un certo numero di elementi che riguardano la sua storia, e incomincia a pensare che la storia che ha costruita non sia proprio del tutto casuale o, più propriamente, non sia l’effetto o la descrizione di eventi che sono accaduti a sua insaputa, contro di lei, ma che questa storia sia stata costruita ad hoc per produrre certi effetti. Alcune storie sono anche molto belle e meriterebbero di essere trasposte in un film per esempio, avrebbero sicuramente molto successo, perché sono storie molto tristi che coinvolgono gli spettatori, i quali si immedesimano e cercano di provare le stesse emozioni dei vari personaggi. La cosa più sorprendente che finora la nostra amica ha incontrato è che questa cosa che produceva questa sua storia triste, che produceva emozioni e cose sgradevoli, spiacevoli, in realtà non è soltanto così, c’è anche un altro aspetto che non aveva mai considerato: se questa storia l’ha costruita avrà avuto dei buoni motivi per farlo, non solo ma questa storia ha dei requisiti: è una storia che piace. E questo per la nostra amica sicuramente è stato arduo da mandare giù, cionondimeno gli elementi di cui dispone sono tali e inequivocabili. Può modificare la sua storia, e pertanto può modificare il suo passato perché uno stesso “evento” letto in modo differente comporta che quell’evento sia stata un’altra cosa, non quella che pensava che fosse, o quantomeno non soltanto. Dunque si accorge di avere costruito una storia e se l’ha fatto, perché? Visto che nessuno al mondo l’ha costretta, qual è stato il movente per costruire una storia? Perché uno si costruisce una storia? O perché va a vederle già confezionate, se non ha tempo da perdere a star lì a costruirsela, perché? Forse perché le piace? Forse. Diciamo che incomincia a porsi quantomeno questa eventualità e, posta questa eventualità, si tratta di proseguire a raccontare la nostra storia, perché ha ancora dei risvolti interessanti da mostrare. Quand’è che piace una storia? È una domanda a cui non è difficilissimo rispondere: quando produce delle emozioni, molto spesso i bambini, ma anche gli adulti, chiedono che si racconti una storia, perché? Cosa se ne fanno? Una storia ma non una qualunque storia, perché occorre che questa storia dia delle sensazioni, delle emozioni, qualunque esse siano, belle, brutte, tristi, gioiose non importa, l’importante è che diano delle emozioni. Per questo si preferisce una storia dove si intrecciano vicende e sentimenti, e affetti e cioè tutti quegli elementi che concorrono a produrre emozioni. Difficilmente ci si emoziona leggendo una lista delle autofficine Fiat per esempio, Eugenia per esempio non si emozionerebbe… occorre qualche cos’altro, qualcosa cioè con cui sia possibile immedesimarsi, potere fare come se “accadesse a me”, ma se fosse una storia così brutta non mi ci dedicherei affatto, occorre che in qualche modo mi attragga questa storia, e in effetti è così. Spesso i film, i romanzi di grande successo sono quelli che producono queste emozioni, ma se alla nostra amica tutto questo piace così tanto c’è qualche motivo per cui non dovrebbe crearsi una storia simile, e viverla? Perché no? Di fatto nulla glielo impedisce, tant’è che è esattamente quello fa, costruirsi questa storia. Ora è ovvio che a questo punto si trova di fronte qualche cosa che è un po’ cambiato, di fronte a sé ha una storia che non solo è mutata, ma che può mutare. Il compito dell’analista dicevo non è soltanto ascoltare la storia e domandare intorno a questa storia, ma insegnare, per così dire, a costruirne infinite altre. Porre la persona nelle condizioni di poterne costruire quante ne vuole, sapendo perfettamente di esserne l’autore o l’autrice in questo caso, in modo di poterne disporre, di tali storie, a piacimento, ma la nostra amica si ribella a una cosa del genere e non ha tutti i torti, perché sapendo che tale storia l’ha costruita lei non è uguale, è come se perdesse di mordente, di pathos, e allora giunge, la nostra amica, a una considerazione: per potere essere così piena di emozioni, di sentimento, questa storia occorre che sia pensata, creduta soprattutto non costruita da lei; è questa la condizione per poterne usufruire appieno, ed è questa praticamente l’unica difficoltà che si incontra in una analisi, non ce ne sono altre. Vedete, provare forti emozioni, sensazioni, è ciò che gli umani cercano da sempre, ciascuno a modo suo, come dicevo agli amici tempo fa dal tre sette fino alla roulette russa, passando per tutta una serie di gradazioni possibili e immaginabili, mano a mano che aumenta la posta in gioco aumentano le emozioni connesse con il rischio, possibile o scampato, per questo non sorprende che una persona costruisca ad hoc una storia piena di disastri per così dire al solo scopo di soffrire. Potete pensare che una cosa del genere sia una follia, certo lo si può pensare, ma è una follia straordinariamente praticata. Inventare altri giochi, certo è possibile, e non è nemmeno difficile, la cosa più difficile è potere rinunciare a provare delle forti emozioni, rinunciare a questo è una cosa di una difficoltà inverosimile, però è esattamente questa la scommessa dell’analisi, e senza analisi, senza questo curiosissimo percorso, dove si pongono quelle domande considerate inverosimili, se non addirittura sconvenienti, se dunque non ci si accorge di ciò che si sta facendo mentre si racconta la storia allora la persona non ha nessun modo per accorgersi di ciò che sta accadendo, non ha nessun modo perché a sua stessa insaputa è esattamente ciò che non vuole fare, e pertanto non lo fa. Occorre inserire questo piccolo elemento che comporta un percorso di un certo tipo. Un piccolo elemento tale per cui risulti impossibile non sapere questa storia che ho costruita, e così come l’ho costruita posso modificarla o posso costruirne altre, in ogni caso posso cessare di credere che sia necessariamente così come penso che sia. Ecco perché è necessario il lavoro psicanalitico. Posta così la questione potrebbe anche apparire semplice, e potrebbe anche esserlo, in effetti stiamo lavorando anche per questo. Dicevo che l’Associazione si occupa della teoria psicanalitica, di elaborare una teoria psicanalitica, e cioè costruire una sequenza di elementi tali per cui tutto ciò che ho descritto stasera possa compiersi sempre più rapidamente e cioè restituire alla persona la possibilità di considerare la sua storia, di ascoltarsi, di ascoltare ciò che sta dicendo, la storia di cui è fatta. Una persona è costruita su alcune certezze, cose che ritiene assolutamente sicure, oppure, come accade talvolta, sulla certezza che ci sia qualcosa di sicuro ma ancora non è stato reperito, non si sa da quale parte cercarlo… un po’ come la differenza fra la scienza e la religione, la prima suppone che la verità sia da cercare, la seconda che sia già stata trovata. È l’unica cosa che le distingue. Una storia dunque fatta di cose credute, credute vere, certi eventi sono così e non c’è niente da fare, il fatto che uscendo di qui sia possibile che qualcuno mi investa è vero, e sfido chiunque di voi a negarlo, pertanto ciò che io sto affermando è assolutamente vero, è possibile che accada e quindi sono perfettamente legittimato a rimanere rinchiuso in casa, non fa una grinza! Così come non fa una grinza, almeno apparentemente, la storia di ciascuno, in alcuni casi è una storia costruita molto bene, anche perché deve essere persuasiva, soprattutto per la persona che la racconta e uno non si racconta storie. Se si muove in una certa direzione è perché è sicuro che le cose stanno così e alla domanda “come lo sa” c’è solo una risposta possibile in questo caso: perché è così, perché lo so. È questa risposta che la persona si dà che non soddisfa l’analista e che mette in movimento o rimette in movimento tutta la storia. L’analista è colui che non si accontenta soltanto della storia che è raccontata ma vuole saperne di più, e allora, come vi dicevo, fa domande inconsuete, inusuali e soprattutto talvolta sconvenienti. Sconvenienti perché chiede quelle risposte che la persona ha sempre preferito tacere, per esempio su questa cosa banalissima, che siccome è accaduto per cinque o sei volte che qualcuno mi abbia lasciato allora mi lascerà anche la settima, perché? Generalmente la spiegazione che ci si dà è questa: siccome ho sofferto un numero imprecisato di volte allora non voglio soffrire più; in questo caso si ha la certezza che si soffrirà e non si ha torto, se sono certo che soffrirò le probabilità che questo accada sono altissime perché accorgendomene oppure no, farò in modo che accada esattamente ciò che temo che accada. Non è che ci sia nulla di magico in tutto questo, assolutamente, è anche tutto molto prevedibile: se io ho paura che accada una certa cosa, questa certa cosa, proprio perché ne ho paura, è sempre nei miei pensieri, ci penso continuamente e tanto ci penserò che la farò accadere. Ma ormai la nostra amica è avvertita di questo e sa benissimo che se accade, allora lei ha dato un contributo perché accadesse. A ciascuno di voi sarà accaduto chissà quante volte di ascoltare una persona che lamenta che ogni volta che fa una certa cosa accade quell’altra, e non c’è verso, sì certo, è proprio così è impossibile darle torto perché si verifica esattamente ciò che lei descrive, ogni volta che prova quella certa cosa o tenta di avere una relazione, riprendo l’esempio di prima, va a finire sempre esattamente allo stesso modo: assolutamente vero! Come dire che tutte le volte che io prendo questo aggeggio e lo lascio andare lui cade, ha la stessa struttura. Ora può addirittura accadere, pensate, che le cose non vadano come io temo che vadano, può addirittura accadere questo, per un lapsus, per un incidente di percorso io non riesco a costruire questa scena che da sempre costruisco, scena di catastrofi, ma se non accadrà abbandonerò immediatamente la cosa, perché non mi interesserà. Talvolta accade che la persona abbia di fronte a sé degli elementi della propria storia così evidenti che sembra strano che non se ne accorga, non è perché questa persona non abbia l’intelletto sufficiente, o meno di voi, che magari ve ne accorgete benissimo e allora glielo dite e l’altro vi risponderà anche che lo sa ma che non può fare niente perché ogni volta accade così, dicevo, non è che sia più stupida, lo sa benissimo anche quest’altra persona, ciò che non sa è che vuole che sia così, se lo sapesse sarebbe tutto differente, ed è per questo che non può vederlo, non deve vederlo per nessun motivo. Tant’è che è difficilissimo fare in modo che lo veda. Ci sono anche un sacco di detti “ciascuno vede la pagliuzza nell’occhio dell’altro e non la trave nel proprio”, ma non è che non la vede, è che non la deve vedere, perché se la vedesse non potrebbe proseguire così come sta proseguendo, che è esattamente l’obiettivo di tutta la sua vita. Questa scena di cui vi sto dicendo e che ciascuno a modo suo si costruisce, questa sua storia, è ciò attorno alla quale ciascuno ha costruito la sua esistenza, e pensa in relazione a questa storia come se fosse una sorta di codice di interpretazione, tutto ciò che collima con questa storia, che la conferma, interessa, tutto ciò che esula da tale storia non c’è, non interessa, non si vede. La Psicanalisi è questo percorso che ruota intorno alla vostra storia, la racconta, la racconta ancora e poi ancora, come vi ho detto all’inizio l’analista è colui che non si stanca mai di ascoltare le storie anzi, fa in modo che voi stessi possiate apprezzare la vostra storia perché non è così brutta, è costruita in modo tale da apparirlo, ma non lo è, può essere ricostruita in tutt’altro modo muovendo dagli stessi (mettete questi stessi fra virgolette perché di fatto non sono più gli stessi) elementi. Quando tempo fa parlavamo di libertà, libertà assoluta, alludevamo a qualcosa del genere, e cioè essere liberi dalla costrizione della propria storia, non essere cioè costretti a leggere, a interpretare sempre esattamente nello stesso modo e in base a questo decodificare tutto l’universo. In genere una analisi si incomincia proprio per questo in molti casi, perché è l’unica occasione in cui è possibile parlare, non è così semplice trovare un interlocutore, non soltanto che ascolti ma che sappia farlo, sappia intendere cosa sta accadendo in ciò che voi raccontate, e soprattutto sappia farlo intendere a voi, che è la cosa fondamentale perché finché la intende solo lui non succede niente, questo è il compito dell’analista. Come potete notare io questa sera do soltanto qualche traccia, perché in realtà immaginavo di dire tutt’altre cose e cioè di esporvi in termini teorici molto rigorosi la teoria psicanalitica, in termini molto rigorosi, inattaccabili ma magari anche inaccessibili in alcuni casi. Ci eravamo chiesti tempo fa con gli amici se fosse possibile costruire una teoria che non muovesse necessariamente da un atto di fede, e cioè non fosse un discorso religioso, allora le abbiamo considerate tutte, è stato un lavoraccio, teorie filosofiche, linguistiche, logiche, psicanalitiche e al termine di questo lavoro abbiamo considerato che ciascuna di queste muoveva da una posizione assolutamente arbitraria, e pertanto tutto ciò che seguiva era altrettanto inesorabilmente arbitrario, da qui il tentativo di cercare qualcosa di più solido. Però non voglio anticipare nulla di ciò che gli amici diranno negli incontri successivi, ho voluto soltanto raccontarvi una storia. Quante volte qualcuno vi avrà chiesto: “parlami”… una volta Freud, da qualche parte raccontò di un bimbetto che era in camera sua e non voleva dormire, faceva i capricci, come talvolta accade ai bimbetti, e allora voleva la luce accesa, la mamma era convinta che non dovesse dormire con la luce accesa e allora il bambino gli chiese di rimanere lì ma la mamma disse: “anche se sto qui, però è buio lo stesso” “sì” disse il bambino “ma se mi parli allora è come se ci fosse la luce”. “Parlami”. Questa richiesta, come vi dicevo sicuramente vi sarà capitato di ascoltare, “raccontami una storia” “raccontami la mia storia”, è questo che si chiede ad un analista: raccontami la mia storia, in modo che la veda anch’io. Siccome abbiamo un po’ di tempo, se qualcuno ha delle questioni, delle domande, delle obiezioni o delle storie io sono a vostra disposizione, qualunque cosa vogliate chiedermi. Io posso continuare a parlare fino alle quattro di domani mattina, ammesso che alcuni di voi siano così tenaci. Curioso che gli umani comincino proprio così, con le storie, le fiabe, le favole, le storie della mamma, della nonna ecc. Tutti i bambini vogliono che si racconti loro delle storie, delle storie in cui in qualche modo immedesimarsi ovviamente, finché cominciano a raccontarla loro. Nessuno ha qualche storia, o qualche obiezione?

Intervento: comunque questo discorso fatto da lei pare comunque una tendenza generale…la psicanalisi pare occuparsi in modo più specifico di nevrosi, di psicosi al di là di quello è una storia comune e condivisa di tutta l’umanità…la domanda che mi pongo è perché si verifichino…è una storia universale.

Possiamo dire che esiste ed è sempre esistita da quando c’è traccia degli umani

Intervento: viene da chiedersi perché è così diffusa da sempre…

Sì, potrebbe essere considerata la ricerca di emozioni, forti o deboli che siano, la domanda potrebbe essere posta in questi termini: “perché gli umani cercano le emozioni?” però adesso non posso dire tutto io, lascio svolgere agli amici nei prossimi incontri questo tema, però in effetti, dal tre sette fino alla roulette russa gli umani non fanno altro che questo, cercare forti emozioni, ed è per questo che compiono nella vita, una operazione che può apparire bizzarra: hanno un problema e allora si danno un gran da fare per risolvere questo problema, una volta che hanno risolto questo problema e non c’è più problema allora cominciano a crearsene un altro, o lo trovano e sono a posto oppure viene creato questo problema, in modo da avere qualcosa di cui occuparsi e passano la vita generalmente in questa occupazione, come dice il mio amico Gabriele: “potrebbero fare di meglio”. Forse, non sappiamo, comunque fanno questo e continuano a farlo. Certo, ci sono anche dei buoni motivi per farlo ma per il momento ci interessa soltanto questo, e cioè il fatto di trovarsi continuamente presi in una storia dove c’è, deve accadere qualche cosa che mi costringe a risolvere il problema, le storie sono fatte di problemi come dicevo prima, risolti o mal risolti…

Intervento: creare il problema per poterlo risolvere e funziona sempre tutto finché coesistono entrambi, è estremamente contraddittorio…

È vero, la coerenza non è sempre una virtù praticata dagli umani…

Intervento: c’è questo aspetto estremamente contraddittorio…

Fino a che non viene accolto, non vengono accolti questi due elementi, queste due istanze, ciascuna vive di vita propria, fin quando c’è il problema allora c’è il problema da risolvere e ci si adopera per questo, poi tante volte le persone dicono: “vorrei vivere una vita tranquilla senza fare niente ecc…” dopo un quarto d’ora sono già depressi o innervositi e sicuramente troveranno un problema, da qualche parte, è matematico. Sentiamo qualche altro amico presente in sala…

Intervento: a proposito di libertà… in che modo si fa il passo successivo in modo da scoprire la nostra verità…

Una volta che una storia può essere messa in gioco, e cioè per esempio le varie premesse possono essere modificate, e io posso, dalle stesse premesse giungere a conclusioni diametralmente opposte a quella cui sono giunto per tutta la vita, ecco che a questo punto il gioco è fatto, per così dire, e cioè posso effettivamente ricostruire questa storia e costruirne altre totalmente differenti, a partire da altri o dagli stessi elementi, ma non sono più vincolato a ripetere sempre unicamente quella, perché non mi diverte più. Sa perché cessa una nevrosi ad un certo punto? Per lo stesso motivo per cui io, per esempio, ho smesso di giocare con i soldatini, adesso sono vecchio, ma da bambino ci giocavo e mi divertivo pure, almeno così mi sembra di ricordare, ma oggi non più, perché? Che cosa è successo nel frattempo? Questo gioco non è più sufficiente, non basta più, così come molte fanciulle da giovani giocavano con le bambole e poi forse hanno smesso, perché? Perché si cercano giochi più impegnativi, che abbiano una posta in gioco più alta, ecco perché, per esempio, le relazioni sentimentali si prestano molto bene a una cosa del genere, perché hanno una posta in gioco alta nella propria vita o meglio il benessere, vivere bene, la posta in gioco più alta è sempre considerata la propria vita, in quanto tale, infatti i giochi che la mettono a repentaglio sono quelli, dicono, più emozionanti, danno una sensazione più forte…

Intervento:…

Possiamo anche chiamarla così se vogliamo, però non si è più soddisfatti da un gioco semplice, di cui si sa già come va a finire, occorrono giochi più complessi, più complicati, più elaborati, allora si passa dalle bambole a giocare con le amiche, e poi si passa a trovarsi un marito, poi si passa al divorzio… insomma si fanno tutti questi giochi. In modo da potere provare vari giochi, il gioco più emozionante è quello che mette in gioco più cose, le tira in causa, cose ritenute più importanti: il proprio benessere, la propria felicità, affettiva, sentimentale è considerata una di queste, e quindi se chiamo in causa uno di questi elementi è chiaro che la posta in gioco è più alta e quindi il gioco è più emozionante. Lei ha mai provato a giocare alla roulette russa? Dicono che sia fortemente emozionante, se non c’è la pallottola, se c’è no. Questa è la via, lei chiedeva: potere da un singolo elemento, potere modificarlo, perché questo elemento non è qualcosa che esiste di per sé, isolato, abbandonato al suo destino, ma è qualcosa che fa parte della sua storia, del suo discorso e lei con il suo discorso può modificarlo quando e come vuole, questo è il miracolo, miracolo per così dire, per così dire nel senso che questo è un miracolo vero, quelli che faceva quel tale sono bazzecole. È ovvio che per giungere a considerare una cosa del genere occorre poterla affermare con assoluta certezza, e cioè che tutto ciò che io ho affermato sia sostenuto da una teoria ineccepibile. Come fate a sapere che tutto ciò che io vi sto dicendo è vero? E se fosse tutto falso? Ma come fate a saperlo, quale criterio utilizzerete? La vostra esperienza? Non è sicuramente un criterio attendibile, le vostre conoscenze? Quali? E queste conoscenze come le garantite? Appena per accennare la questione di cui vi parlerà Sandro giovedì prossimo, non voglio entrare nel merito per il momento, però sono questioni che si pongono, talvolta anche in modo molto spiccio: come faccio a sapere se lui è così o cosà? Gabriele direbbe: basta considerare attentamente la cosa. Come faccio a sapere se mi vuole bene oppure no? Un altro potrebbe dire: basta chiederglielo. E se mente? Come faccio a sapere se mente oppure no? E se è sincero? Lo è adesso, ma fra trenta secondi lo sarà ancora? Ciascuno è legittimato e libero di cambiare opinione, e già! E quindi come posso costruire una certezza? Questo per dire che se io ho la determinazione di rovinarmi la giornata per esempio, di motivi per farlo posso trovarne quanti ne voglio e in alcuni casi lo faccio, molto legittimamente perché effettivamente se io mi domando se quella persona mi vuole bene oppure no io sono assolutamente legittimato a pensare che primo potrebbe non farlo, secondo può mentire, terzo anche se dice la verità può cambiare idea e quindi ci sono un sacco di buoni motivi per essere preoccupatissimo, angosciato, abbattuto, demoralizzato, sentirmi solo e abbandonato… se ho voglia di farlo, se no, no, ovviamente. Qualche altra questione? Sì possiamo sfruttare questi minuti che ci rimangono per delle vostre domande di qualunque tipo che riguardino grosso modo quello che abbiamo detto.

Intervento: sto riflettendo un po’ di più sulla questione della sofferenza e del piacere. Noi molte volte ci siamo trovati a riflettere su questa questione e soprattutto sulla costruzione della sofferenza e della non responsabilità del discorso in cui ciascuno si trova a giocare e cioè l’affermazione che la rende differente dal piacere perché è qualcosa che non voglio…

E sì, perché se uno dicesse: questa cosa la voglio, allora si chiama piacere, non si chiama più sofferenza, il masochista per esempio…

Intervento:è curioso che non ci si possa svincolare da una cosa del genere…

Non è che non si possa, si può, occorre volerlo fare…

Intervento: potere considerare che sono “io” attratto da quegli elementi… sono “io” che costruisco le scene catastrofiche delle quali godo…

In alcuni casi la persona giunge anche a porsi la questione “ma allora sono io che me le vado a cercare” è vero, verissimo…

Intervento: si questo è il godimento del discorso fintanto che non può giocare altri giochi, questa storia può essere intesa soltanto in quel modo, al momento in cui la posso costruire in 70 modi differenti a quel punto posso accorgermi che sono l’artefice di ciò che vado dicendo…

Sì, anche per riprendere la questione posta dal ragazzo là in fondo e che intravedo, e cioè della libertà. La libertà in moltissimi casi, in quasi tutti i casi, dato un certo evento, un certo input la persona reagirà sempre esattamente allo stesso modo, pur magari accorgendosene, però ciò che dice è di non potere fare altrimenti. Di fronte a una certa cosa, a un certo comportamento di una persona, alla sua condotta, certe volte basta anche niente, il modo di guardare, ogni volta che questo modo collima con un tratto della sua storia, questa persona reagirà sempre esattamente nello stesso modo. In alcuni casi malissimo. E quindi non ha la libertà, cioè non può muoversi differentemente, non lo può fare, pur sapendolo non lo può fare, è come costretta, e cioè non ha la libertà e è proprio questa libertà che si tratta di praticare. E lo si può fare quando non si è più costretti a reagire in questo modo, cioè dire di fronte a un certo input la reazione sarà sempre la stessa. Questa persona si muove come se fosse un computer programmato per muoversi in un certo modo. Tale input, tale risposta. E magari se ne lamenta anche, anzi il più delle volte sì, però effettivamente è una costrizione perché finché la sua storia rimane in quel modo allora è proprio così, non può fare altrimenti, è vincolato. Ancora qualche minuto a vostra disposizione dopodiché suonerà la tromba del silenzio. Sì? Potremmo dire che è necessario che l’analista abbia compiuto la sua storia in questo percorso, perché ciò che ascolta non sia necessariamente filtrato dalla sua storia cioè non si precipiti a dare spiegazioni, a dire come invece stanno le cose. Cose che non si sopportano generalmente: uno racconta una cosa e l’altro immediatamente tappa la bocca per dire la sua. Per questo che occorre abbia compiuto questo percorso, per essere meno ingenuo nei confronti del pensiero per dirla in termini più spicci, e occorre che sappia pensare, perché non è semplicissimo, ma anche in questo mi astengo per il momento perché Sandro dirà giovedì prossimo, voi che sarete qui insieme con me, sul tema: “I fondamenti della Psicanalisi, su che cosa si basa il percorso psicanalitico”. Ci sono questioni? Cosa pensate della psicanalisi in generale? Cosa si dice in generale, per sentito dire?

Intervento: la paura della psicanalisi…

Non è la cosa peggiore che possa capitare, c’è di peggio, lei per esempio ne ha paura? Però ha sentito di altri che ne hanno e come hanno motivato?

Intervento: paura…tempo perso…

Questa non è una paura, è una considerazione, ma se non vuole fare analisi va bene, non è obbligatorio, ma la paura sembra alludere a qualcosa di differente, cioè il timore che possa accadere qualcosa di terribile. Nessun altro?

Intervento: la questione della psicanalisi è per tutti?

Per chiunque voglia farlo, chiunque voglia iniziare un percorso analitico lo può fare, non ci sono pregiudizi né pregiudiziali di sorta, non è altro che il racconto della propria storia e un modo per ascoltarla, non ci sono controindicazioni, chiunque può farlo, chiunque lo desideri, se non lo desidera non lo fa, però forse lei immaginava qualche restrizione?

Intervento: mi sembra che Freud ponesse queste restrizioni… diciamo che i medici sono difficilmente sono in condizione di sragionare come lo psicanalista…

L’unico limite che Freud pose a suo tempo erano le psicosi, queste a suo parere erano in analizzabili in quanto non si produceva il transfert, che a suo avviso era indispensabile per il procedimento analitico, ma in linea di massima, come dicevo, non c’è nessuna controindicazione, chiunque può considerare la propria storia che è poi quello che ciascuno fa a modo suo; la psicanalisi fornisce degli strumenti più raffinati, più sofisticati per giungere a conclusioni più precise. A molti accade di considerare la propria storia, il più delle volte però, una volta che l’hanno considerata la cosa si ferma lì, è così e quindi non posso fare niente, mentre invece è possibile modificare la storia. Lei diceva degli psicanalisti che sragionano, ho sentito bene? Cosa intende?

Intervento: delirare…

In quale accezione?

Intervento: in accezione etimologica…

Si, uscire dal solco, sì certo, in questo senso è possibile, stabilendo un solco è possibile delirare, se invece non c’è il solco allora non si può delirare, letteralmente è impossibile. Ragionare, pensare, praticare quella che gli antichi chiamavano la Ratio, la capacità di pensare, di muovere da una premessa certa a una conclusione necessaria, passando attraverso passaggi coerenti tra loro, non è sempre così facile, trovare una premessa certa; come si può fare? Lo farà Sandro. Bene, allora io ringrazio ciascuno di voi di avermi ascoltato e vi do appuntamento, e spero di trovarvi qui, giovedì prossimo, sempre alle 21, il mio amico Sandro e vi darà un apporto più teorico alle amenità che vi ho raccontate questa sera, in ogni caso io sarò presente, per cui se qualcuno vorrà porre delle questioni anche a me sarò sempre disponibile. Grazie e buona notte.