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Torino, 17 maggio 2007

 

Libreria LegoLibri

 

Freud Internet, l’intelligenza artificiale e la verità

 

Intervento di Nadia Cuscela

 

Prima di iniziare a leggere il mio testo vorrei porvi una domanda che lascerò in sospeso. Cos’è la verità?

Da sempre e non solo nel secolo trascorso l’umano ha cercato la verità, la vera unica assoluta ragione dell’esistere e da sempre ha cercato di rintracciare quel qualcosa che ci distinguesse dagli animali e dal resto della materia. Perché tra tutti gli esseri dotati di materia vivente solo gli esseri umani pensano? O meglio per alcuni studiosi si parla di coscienza e dicono “coscienza di esistere” perché c’è differenza tra essere vivi ed essere senzienti.

Anche se, come diceva Wittgenstein parlare di stadi di coscienza può essere fuorviante perché fa pensare ad un rimando spazio-temporale cioè ad un luogo

A questo non trovando una risposta logica, si è risposto in modo differente ricorrendo alla religione eleggendo dio creatore dell’uomo e di tutte le cose e l’anima per trovare quel punto di contatto tra le cose spirituali e le cose materiali ora più che mai si ricorre al cervello e alle reti neurali e via dicendo.

Da sempre, già prima di Cristo, aleggiava il desiderio di creare un automa simile all’umano o all’animale almeno nei comportamenti forse proprio per rispondere alla stessa domanda: spiegare l’origine della vita e forse per questo, per questo desiderio di verità per l’incessante desiderio di sapere si è tentato e si è anche riuscito a realizzare oggi esseri artificiali dotati d’intelligenza ma privi di consapevolezza.

Con l’A.I. si è arrivati ad un limite che riguarda proprio il concetto di intelligenza poiché è possibile creare programmi intelligenti che sappiano fare operazioni molto rapide ma tale concetto non sembra potere soddisfare i requisiti che rendono l’umano “cosciente” Ad esempio il famoso programma Deep Blue che ha battuto il campione russo di scacchi Gary Kasparov non ha consapevolezza può solo manipolare simboli senza comprenderli cioè senza farsi delle domande.

La definizione che si dà attualmente di coscienza secondo alcuni studiosi evidenzia il superamento del dualismo cartesiano -mente e corpo- laddove i pensieri, le emozioni, le percezioni sono delle caratteristiche della mente e provengono dalle reti neurali che formano il nostro cervello.

Freud la considerava una realtà psichica nell’ambito dell’apparato psichico: essa è solo una delle altre istanze; mentre Heidegger parlava di voce della coscienza: viene intesa come un sentire possibile, come qualcosa che accade in uno spazio neutro, fuori da ogni idea di spazio-tempo

Ma non si riesce a capire a tutt’oggi di cosa si tratta: la scienza non ha dimostrato né verificato come una struttura fisica possa produrre sensazioni, emozioni, percezioni, immagini e tutti questi aspetti considerati “coscienza”.

Vorrei soffermarmi su questa indimostrabilità dal momento che un organo seppur complesso come il cervello non può non solo non dimostrare l’esistenza della coscienza ma neanche cosa siano le emozioni e le sensazioni né le immagini e le percezioni. Alcuni studiosi hanno evidenziato come secondo la scienza noi dovremmo essere il nostro cervello perché per loro è il cervello che ci consente di esperire qualcosa quindi seguendo questo discorso il cervello dovrebbe divenire rosso nel momento in cui osserviamo una penna rossa ma ciò ovviamente non accade in quanto esso non riproduce le proprietà che osserva: il cervello è un qualcosa di distinto dalla penna perché ci si ostina a credere alle magiche potenzialità del cervello di creare delle sensazioni ? Le sensazioni le immagini le percezioni non sono oggetti, è curioso che vi siano scienziati che, quasi per magia credano che i segnali nervosi diventino immagini e sensazioni. Ecco la superstizione che funziona che a tutt’oggi la scienza ci propina sapendo che non è stato dimostrato nulla, la superstizione cioè un discorso fondato fuori dalla parola ponendosi come magicamente necessario, essa comporta la credenza perché non ci può essere senza credere in qualcosa e ciò ovviamente non può essere messo in discussione perché ci credo, è implicito nella sua grammatica nel suo uso.

Dicevo del desiderio degli umani di scoprire il “mistero della vita”, l’A.I. ha come scopo quello di simulare la mente -o meglio il pensiero -cioè usare la macchina come strumento per capire il funzionamento della stessa mente per rispondere a quell’arcaico desiderio di conoscere se stesso e comprendere il mondo esterno. A tutt’oggi l’A.I. non può che simulare alcune fasi della mente e oggi si tende a parlare di coscienza artificiale. Il computer e i programmi manipolano solo simboli senza interpretarli e senza prendere decisioni. Dicevo già dall’antichità si è cercato di creare automi cioè macchine dotate di movimento allora non si parlava di intelligenza artificiale in quanto esseri dotati di intelletto ma si cercava di costruire macchine per finalità sociali con scopi ben definiti ma anche per imitare gli esseri.

Il precursore di tutte le macchine da calcolo è l’abaco una sorta di pallottoliere che ha la stessa funzione del calcolatore ma si ritiene che già Archimede nel 287 A.C. avesse progettato diverse marchingegni la coclea e il planetario tra quelli conosciuti ma i primi veri automi laddove per automa s’intenda una macchina che simula i gesti delle persone o degli animali sono stati gli orologi. Leonardo da Vinci nel 1495 progettava un cavaliere in grado di fare piccoli movimenti e lo progettò facendo ricorso ai suoi vasti studi. Una delle prime invenzioni che hanno permesso la comparsa del pc sono i logaritmi di Napir e Burgi che consentirono di rivoluzionare il calcolatore scientifico e tecnico e poi il regolo calcolatore, una sorta di calcolatore analogico usato sino alla fine degli anni 70. Ma fu Leibniz che nel 1700 ideando l’aritmetica binaria pose le basi a quel sistema che permette ai computer di manipolare l’informazione 0/1 0 si ferma 1 va avanti tale idea gli venne dalla corrispondenza con un tale Buovet che trovandosi in Cina aveva avuto a che fare con il libro dei mutamenti: i Ching naturalmente i cinesi non avevano certo capito ciò che invece intuì Leibniz che creò la tavola dei numeri binari.

Ma ritorniamo alla questione della verità nel campo prettamente matematico: Hilbert fu un matematico e grande inventore di domande e quindi propose un enunciato che avrebbe dovuto rivoluzionare le certezze della scienza ed era: “Esiste sempre un modo rigoroso per stabilire se un enunciato matematico è vero o falso? Al di là della dimostrazione matematica Turing fece ricorso ad una macchina automatica ideale per risolvere il quesito: la risposta ovviamente fu di no non esiste. Lo stesso Kurt Gödel rispose con la sua teoria dell’incompletezza che non è possibile stabilire in maniera certa la verità o la falsità di tutti gli enunciati matematici ciò vuol dire che è qualcosa di arbitrario cioè non necessario e che quindi si tratta di un opinione.

Turing nel 1950 propose il famoso test per riconoscere le intelligenze artificiali, il gioco dell’imitazione: una macchina per essere considerata intelligente deve avere ragionamento, comprensione del linguaggio umano e dialogo corretto. Un interrrogante che conduce una conversazione con un altro essere umano e un pc si scambiano solo messaggi tramite videoterminale la macchina supera il test se l’interrogante dopo un certo lasso di tempo non riesce a capire chi è l’uno e chi è l’altro. Un altro approccio fu quello dei connessionisti che si prefiggeva di simulare reti neurali per duplicare l’intelligenza umana mentre per i cognitivisti l’uomo è un elaboratore di informazione così come il computer: dispositivo d’ingresso input, uscita del dato output da qui l’idea dei sistemi esperti o esperti di conoscenza come Mycin utilizzato dai medici: esso è costituito da una base di conoscenza, da un motore inferenziale e dalle regole di produzione: ogni regola di produzione ha questa forma if “condizione” then “conclusione/azione” ha come obiettivo l’individuare eventuali infezioni ecc… L’A.I. si basa fondamentalmente su due concetti che sono il simbolismo universale e la definizione di un calcolo del ragionamento basato sulla logica e l’ipotesi da cui parte è che esiste una logica della mente che corrisponde a quella formale. Renè Descartes dice qualcosa di molto interessante, lui stesso aveva ipotizzato la costruzione di un automa allo scopo di indagare l’uomo, nel suo Discorso sul metodo dice che prima di cercare la verità è necessario identificare il metodo in se stessi con il quale scoprirla: l’analisi interiore prima di ogni cosa mentre il numero come qualsiasi altra idea è l’espressione del pensiero non vi è nulla fuori. È comunque grazie allo sviluppo dei calcolatori e degli automi che si è potuto arrivare a pensare ad un essere dotato di intelligenza artificiale. Anche la storia della letteratura e del cinema fantascientifico ha fantasticato sul sogno di creare un uomo artificialmente come”L’uomo bicentenario” nel quale un robot amato e istruito arriva alla consapevolezza di sé ma miglior rappresentate dell’A.I. è senz’altro Hall di “2001 Odissea nello spazio” Oggi l’evoluzione dell’A.I. non è andata propriamente nella direzione sperata ma la creazione della rete con Internet ha consentito di arrivare ad un grande cambiamento sociale e culturale certo non sembra che la collettività abbia saputo veramente cogliere le possibilità creative di questo strumento: tant’è che c’è una perdita di contatto in quanto l’utilizzo del sapere così diffuso allarga a dismisura i comportamenti ripetitivi, strano in un momento di grande cambiamento vi è un bassissimo livello d’immaginazione e di creatività. È stato coniato a tal proposito il termine addiction per indicare l’addizione di stimoli che porta poi alla dipendenza. La posta elettronica, i newsgroup, le liste di discussione sono luoghi virtuali e di scambio fra persone che condividono interessi comuni ma sembra che l’aspetto creativo di Internet venga coperto da una sorta di banalizzazione dell’informazione ma forse questo ha una spiegazione intanto modifica qualcosa? Apparentemente sì ma in sostanza gli umani continuano a dire e a fare le stesse cose. Migliora la velocità di scambio dell’informazione e il concetto di vicinanza/distanza assume un carattere relativo ma la struttura che consente ciò e di cui non si è consapevoli è il linguaggio che costringe a dire a raggiungere la verità. Tutto ciò che gli umani hanno pensato costruito immaginato procede dalle domande che si sono fatte. Perché queste domande? L’Istituto Scienza della Parola il cui presidente è Luciano Faioni ha consentito di arrivare ad una svolta del pensiero così come è stato concepito fino ad ora. È necessario comprendere come funziona il linguaggio: questa struttura intesa non come semplice verbalizzazione ma come sistema operativo che produce proposizioni e quindi pensiero e quindi comportamenti. Un sistema inferenziale, quel qualcosa che consente di muovere da una premessa e giungere ad una conclusione, quel qualcosa che tutti i grandi pensatori e non solo hanno cercato: la verità, che ci spinge tutti a cercare la verità ultima senza mai renderci conto che è lì a portata di mano ma ancora troppo presi dalla nobile menzogna di Platone, la realtà è fuori ma cosa è un fuori e cosa un dentro? Se non si conosce come funziona il linguaggio diventa arduo potersi svegliare dalle invenzioni che da migliaia di anni si protraggono senza arrivare a capire nulla. Intendere questa struttura ci permette di capire come a qualunque proposizione ne segue un’altra e questa a sua volta segue ad una precedente è questo che rende conto del fatto che gli umani da quando c’è traccia di loro stiano cercando la verità quindi se facciamo il gioco dei perché arriviamo a questa struttura che è la stessa che ci consente di fare queste operazioni ma se non ci si accorge di questo che si tratta di una procedura linguistica si continuerà a vivere in una sorta di bolla di sapone. La psicanalisi di Freud ha consentito di iniziare ad ascoltare le nostre storie, ognuno di noi si è creato una bella favola anzi a volte purtroppo o per piacere è una tragedia che consente di produrre più linguaggio e quindi dà anche più emozioni. La parola è l’atto attraverso cui il linguaggio esiste in quanto esecuzione e nulla è fuori dalla parola perché se qualcosa lo fosse non sarebbe conoscibile. Qualunque discorso che si ritenga fondato su qualcosa che non sia parola è necessariamente falso. Ora ritornando alla questione della verità credere non significa altro che pensare una certa cosa come vera senza averla mai provata. È possibile costruire una macchina che sia in grado di pensare? È necessario dare delle informazioni partendo da ciò che vuol dire pensare e quindi sapendo che si tratta di giungere a delle conclusioni e soprattutto accorgersi di essere giunti ad una conclusione per continuare a creare conclusioni; il computer potrà pensare quando avrà acquisito tutto il linguaggio e la possibilità di potersi domandare. Se ad una macchina forniamo delle informazioni cioè la programmiamo che se c’è un antecedente allora necessariamente c’è un conseguente e se c’è un conseguente allora necessariamente c’è un antecedente cosa accadrà? Che la macchina comincia a pensare a chiedersi il perché delle cose ma anche il perché se lo domanda. Ma cos’è un perché? Esso non è altro che la verifica dell’esistenza di una proposizione che segue non è un caso che i pc si basano sullo 0/1 0 falso mi fermo 1 vero vado avanti quindi è il linguaggio che ci costringe a cercare la verità vero vado avanti, falso mi fermo cambio direzione. Ma cosa ci permette di parlare, di sentire,di vedere, di esistere?

L’autoreferenzialità del linguaggio: si è cercato di trovare la verità simulandola ma il fatto di poter simulare la coscienza artificialmente necessità di per sé la nostra “coscienza” intesa come autoreferenzialità del linguaggio cioè noi stessi siamo un atto linguistico. Cosa vuol dire essere coscienti? Cioè se non diveniamo noi stessi coscienti dell’essere linguaggio non potremmo mai simularla. Cos’è in fondo la simulazione della coscienza se non il desiderio di avere la prova di ciò che siamo o meglio di tutto ciò che fa funzionare? Come è possibile delegare agli ingegneri la simulazione della coscienza artificiale? Fino a quando non ci renderemo conto che costruiamo le cose che pensiamo a partire da un’interrogazione, a partire da una struttura che produce conclusioni le quali saranno sempre opinioni. Sono vere o sono false?

La risposta dipenderà dalla nostra realtà: Internet per esempio mostra come in fondo ognuno costruisca la sua realtà a partire dalle sue fantasie e dalle sue credenze.Lo spazio virtuale generato dalla rete nel quale milioni di utenti ogni giorno navigano può forse consentire di iniziare a capire o meglio di iniziare a porsi delle domande sulla realtà data per scontata di per sé. Infatti si cercano le persone o i siti che confermino le proprie opinioni e ci si scontra con chi non la pensa come lui. In certi blog dove si dice la propria è facile osservare come troppo spesso ci si arriva ad insultare pur d’imporre il proprio potere e quindi la propria verità; ecco la questione di avere potere perché si ha la verità vale la pena per molti lottare e far di tutto pur di dimostrare di essere dalla parte del giusto quindi della verità anche magari in discussioni abbastanza banali come possono avvenire sia sul web sia in televisione è possibile accorgersi di questo del desiderio di imporre il proprio pensiero, certo se mi applaudono sarò più contento perché vorrà dire che avrò capito come stanno le cose e quindi ho la verità se mi fischiano forse no… ma sia in un caso che nell’altro sarà sempre un’opinione, cioè qualcosa di arbitrario può essere giusto per quel discorso per quella situazione per quel momento per quel gioco linguistico laddove per gioco linguistico noi intendiamo regole linguistiche che funzionano all’interno di un solo gioco il problema sorge quando si cerca di applicare quelle di un gioco ad un altro avete mai provato a giocare a ping pong con le regole della pallavolo? Cosa si cerca in Internet? A volte qualcuno a volte qualcosa ma sempre l’idea di trovare fuori di sé, dal proprio pensiero il cambiamento, la svolta oppure la conferma della sventura dell’esistenza o semplicemente un luogo(la piazza virtuale) dove poter dire la propria verità/opinione: adesso va di moda poter dire la propria opinione sul blog come se dicendolo cambiasse qualcosa certo ci fa sentire più importanti ma non è solo un’illusione?

Ma fino a quando non si raggiungerà la consapevolezza di essere linguaggio capendo che il nostro discorso viene costruito letteralmente da ognuno di noi a partire dall’infanzia cercando via via di avere conferme a seconda di ciò che si vuole ottenere poiché noi siamo responsabili di ciò che viene chiamato destino e che abbiamo la possibilità di continuare in una certa direzione se lo vogliamo o cambiarla ma fino a quando si navigherà senza questa conoscenza del linguaggio e non parlo dei linguaggi di programmazione nulla cambierà. Ecco l’importanza del linguaggio, con la sua forza costrittiva e vincolante, ecco l’importanza della psicanalisi l’unica in grado di svelare il mistero della direzione del proprio discorso. Una volta afferrato questo, forse non sarà più importante simulare il pensiero magari resterà un gioco linguistico più elaborato ed appassionante di altri. Gli studiosi che giustamente cercano la verità sapranno perché la cercano, perché è il linguaggio che li costringe a cercarla a cercare la conclusione di un’inferenza ma è necessario praticare il linguaggio per uscire da questa illusione chiamata realtà.

Citando Wittgenstein: “Però è strano che la scienza e la matematica facciano uso di proposizioni ma non parlino di capirle”. Per Wittgenstein non esiste un luogo del pensiero, andare a cercare fuori ciò che si dice vuol dire non rendersi conto del gioco che si sta giocando in ciò che si dice.

Come ha detto Faioni durante l’ultimo corso l’analisi è ciò che consente di giungere a capire perché si pensa in un certo modo e all’impossibilità di credere vero qualunque cosa passi per la testa e scoprire tante altre cose “È proprio un modo diverso di pensare”.

 

 

 

Intervento di Luciano Faioni

 

Bene, ci sono tantissimi elementi, se qualcuno ha già qualche questione da porre da interrogare può farlo, domande da porre a Nadia è l’occasione buona, tutto chiarissimo quello che ha detto?

Anche sulla questione della verità e del linguaggio?

Intervento: io pensavo come l’obiettivo degli umani, come diceva Nadia per molto tempo…abbiano avuto questi pensieri: di costruire un automa, per intendere anche l’intelligenza dell’umano costruire automi per intendere come l’umano pensa, mi incuriosisce una cosa di questo genere questa fantasia di immaginare l’umano tutto sommato un automa, tra l’altro difficile per l’umano considerare il proprio desiderio in qualche modo considerare così come può fare una psicanalisi… costruire un computer per intendere qualcosa di più sul pensiero dell’umano questa è la questione

I primi automi venivano costruiti nel 600 e nel 700 per divertire i principi e i re, Internet come sapete è nato per scopi militari così come un sacco di altre cose sono state inventate per scopi militari e poi utilizzati anche per altro. Però rimane sempre la questione di cui si parlava, del fatto che gli umani cerchino la verità; in fondo la filosofia non è altro che la ricerca della verità, è sempre stata considerata come quanto di meglio gli umani siano riusciti a pensare; però dove cercarla la verità e soprattutto che cos’è? Per cercare qualcosa bisogna prima sapere che cosa si stia cercando perché ci sia qualche possibilità di trovarla, se no è improbabile che si trovi qualcosa e quindi bisognava fornire una definizione di verità, ma come sapete sorge subito un problema: come so che questa definizione è vera se ancora non ho nessun concetto di vero, se ancora devo definirlo? Questo è il primo problema, e allora si è immaginato che esistesse qualche cosa al di sopra degli umani e delle loro possibilità di pensare, qualcuno che fosse assolutamente vero, che esistesse da sempre cioè che non fosse soggetto a corruzione e quindi modificarsi ma fosse sempre identico a sé così come occorre che sia la verità, occorre che sia sempre identica a sé, se muta continuamente non possiamo chiamarla la verità, possiamo chiamarla una opinione nelle migliori delle ipotesi, ma la verità occorre che sia identica a sé eterna indubitabile incorruttibile e sempre necessariamente vera che in fondo è la definizione più corrente che si dà a ciò che comunemente è noto come dio; infatti si è ricorso a questa idea: gli umani non sono in condizioni di trovare questa cosa così perfetta così assoluta però da qualche parte deve esserci, è un’idea tutto sommato ancora presente anche perché molti filosofi della scienza continuano a pensare in questi termini, Popper per esempio è uno di questi, che comunque debba esserci anche se non la si trova anche perché ogni volta che la si trova risulta confutabile e quindi non è più la verità, non ha più le caratteristiche che occorre che abbia. Queste caratteristiche che appaiono inumane, e per questo sono state attribuite ad un’entità superiore, a un dio, per cui gli umani ad un certo punto hanno abbandonato l’idea che fosse possibile trovare tale verità. Abbandonando questa idea ovviamente hanno dato corso a ciò che gli sta intorno, da qui l’ermeneutica, che non è nient’altro che la ricerca di qualcosa che si approssima alla verità ma senza raggiungerla perché non la può raggiungere, tant’è che sorse come critica letteraria in origine, ma perché è importante per gli umani cercare la verità, e deve esserlo stato visto che le migliori menti da quando c’è traccia degli umani si sono cimentate con questa questione, perché l’hanno cercata? Questa è già una domanda insolita, nei manuali di filosofia trovate molto poco a questo riguardo se non la famosa affermazione di Aristotele il quale dice che tutti gli umani per natura tendono al sapere quindi alla verità, da qui è partita praticamente una ricerca di duemila e cinquecento anni intorno alla verità, però di fatto non ci dice perché hanno bisogno della verità così tanto da essere disposti in molti casi a morire per difenderla. Dicevamo prima che spesso la definizione di verità comporta dei problemi, se esiste qualche cosa che la definisce, qualche cosa che sta prima della verità allora questa cosa sarà ancora più vera delle verità perché è ciò che la definisce, ma questa cosa che definisce avrà un’altra cosa a sua volta che la definisce e così via all’infinito. Come risolvere questo problema, è risolvibile?

Intervento: per me non è risolvibile…

Saprebbe dirci anche perché, se afferma una cosa con tale sicurezza sicuramente…

Intervento: non sono così sicura…

Dunque è una possibilità, è possibile che non sia risolvibile e in effetti si parte da questo fatto, che è possibile che non sia risolvibile e poi si vede se è proprio così oppure no. E in effetti se la questione è posta nei termini in cui l’ho posta prima e cioè di una ricerca di qualcosa che è sempre al di sopra è chiaro che non è risolvibile perché è un processo ad infinitum, prova sempre a cercare qualcosa che è al di sopra così come può sempre trovare un numero superiore a quello che ha immaginato, per definizione sappiamo che esiste sempre un successore di un numero quindi effettivamente posta in questi termini non è risolvibile e in effetti la filosofia fino ad un certo punto ha considerato che fosse proprio così e quindi ha abbandonato la ricerca della verità, non se ne è più occupata: tanto non la troveremo mai cioè non troveremo mai quella cosa che risponde ai requisiti di cui dicevo prima cioè sempre identica a sé, incorruttibile, indistruttibile, inamovibile, perfetta e assoluta, naturalmente si può porre un ulteriore problema e cioè domandarsi perché la verità dovrebbe essere questo, chi l’ha stabilito? È una mia decisione in fondo perché dovrebbe essere questo anziché un gelato alla fragola, io decido che il gelato alla fragola è la verità e allora se c’è un gelato alla fragola è vero se non c’è è falso, è una regola semplice, può apparire squinternata però, ce ne sono di altre inventate dai filosofi che non sono meno squinternate potremmo anche fare una lista magari in altre occasioni. Però si può uscire da questo inghippo, volendo si può e Nadia prima ha già indicata la soluzione, l’ha indicata in modo preciso sì: è sufficiente che lei si ponga una domanda molto semplice: cosa mi consente di farmi questa domanda cioè che cos’è la verità per esempio, c’è qualche cosa che mi consente di chiedermi questo? Parrebbe di sì visto che me lo sto chiedendo, qualche cosa ci sarà poi possiamo anche formulare anche altre questioni alle quali l’umano risponderebbe; una volta che ho stabilito che la verità è una certa cosa che cosa ho fatto esattamente? Oltre ad avere passato magari un pomeriggio a riflettere allegramente su queste cose oltre a questo cosa avrò fatto esattamente, cosa ho raggiunto? Quale criterio utilizzerò per stabilire se ciò che ho raggiunto è vero oppure è falso? Ma partiamo dalla prima: esiste una condizione perché se c’è una condizione questa è precedente alla nozione stessa di verità quindi è al di sopra se è la condizione ne è la causa potremmo dire principio primo, mettiamola in un modo semplice, le faccio una domanda: se non esistesse la possibilità di pensare quindi di farsi domande potremmo chiederci che cosa è la verità?

Intervento: no…

Esattamente, non potremmo chiederci né questa cosa né nessun’altra, saremmo al pari di questo cartoncino può chiedersi se qualcosa è vero? Se quello che c’è scritto qui su questo cartoncino è vero o falso? No, cosa gli manca a questo cartoncino per poter dire se quello che c’è scritto è vero o falso? Uno strumento che gli consenta di pensare, e per pensare deve, come ciascuno fa, muovere da un elemento noto come premessa che si dà per buono per vero, poi attraverso una serie di considerazioni cioè di passaggi si giunge alla conclusione: il metodo è quello inventato agli antichi e formalizzato da Aristotele: premessa, medio, conclusione. Tutti gli animali sono mortali, Socrate è un animale, Socrate è mortale, questo è il modo più banale e semplice di ragionamento ma è sufficiente per dare una traccia di come funzioni il pensiero: premessa, medio, conclusione, funziona sempre così non è possibile pensare altrimenti, qualunque conclusione uno voglia trarre, si tratti di decidere se uscire la sera con una fanciullina oppure di scatenare una guerra nucleare il sistema di pensiero è sempre lo stesso, le conclusioni sono diverse ma la struttura è la stessa quindi siamo già ad un buon punto e cioè sappiamo che per pensare la verità, per poterci chiedere della verità occorre una struttura, un sistema che è quello che noi chiamiamo pensiero generalmente e a questo punto sappiamo almeno in parte come funziona, funziona attraverso sillogismi. Poi c’è un altro elemento che è importante perché funzioni il linguaggio e cioè occorre che ciascun elemento del linguaggio sia possibile distinguerlo da ciascun altro. Immagini una lingua dove ciascuna parola significa simultaneamente tutte le altre, sarebbe un grosso problema parlare e farsi capire; quindi abbiamo questo principio di identità, chiamiamolo: è necessario che un elemento sia identico a sé per poterlo distinguere e poi abbiamo visto questa sistema fatto di sillogismi, comunemente si chiama sistema inferenziale, dopodiché con solo queste due strutture possiamo pensare, bastano questi due cioè un elemento che sia individuabile cioè distinguibile da ciascun altro e che sia possibile metterlo in una relazione consequenziale rispetto a ciascun altro a partire da questo è possibile stabilire qualunque cosa e incominciare a pensare, i computer funzionano così, i computer ripetono pari pari il modo in cui pensano gli umani; ora questa struttura che funziona in questo modo è quella che chiamiamo linguaggio, il linguaggio non è soltanto la verbalizzazione di qualche cosa è un sistema, quella cosa che consente di pensare quando uno pensa sta mettendo in atto il linguaggio, a questo punto sappiamo che cosa? Che il linguaggio è la condizione per formulare qualunque teoria compresa una sulla verità, non soltanto ma sarà anche lui a dirci che cosa la verità deve essere perché non andrà a cercarla all’infuori di sé, ma la verità non sarà niente altro che ciò che si attiene al funzionamento del linguaggio e non lo nega, visto che è lui che la costruisce, il linguaggio è lui che decide che cosa è vero e cosa no, cioè fornisce il criterio per stabilire cosa è vero e cosa no e quindi cosa potremmo dire della verità a questo punto visto che il linguaggio è la condizione del pensiero e il pensiero è la condizione di una qualunque cosa, potremmo dire anche che qualsiasi cosa è un elemento linguistico possiamo affermare che questa affermazione è la verità? Sì, possiamo farlo, lo possiamo fare perché in effetti in questo modo abbiamo posto come unico criterio per potere stabilire cosa è vero e cosa è falso il linguaggio, cioè la condizione stessa per potere pensare cosa è vero e cosa è falso e inoltre non la possiamo nemmeno confutare perché per confutarla dobbiamo utilizzare ciò stesso che dobbiamo confutare e cioè il linguaggio e quindi a questo punto la verità, possiamo anche aggiungerci assoluta, è stata trovata e corrisponde a questa affermazione: qualsiasi cosa è un elemento linguistico e cioè appartiene al linguaggio e di conseguenza il linguaggio è la condizione per qualunque cosa, senza linguaggio come diceva giustamente non c’è pensiero senza pensiero esiste qualcosa? Se non posso neppure pormi neppure l’esistenza di qualche cosa? Esisterebbe questo foglietto senza linguaggio? No. Nel senso che questa domanda al di fuori del linguaggio non ha nessuna possibile risposta, come direbbe Wittgenstein è un non senso, non significa niente, una domanda che non ha nessuna possibilità né adesso né prima né mai di avere una risposta non ha nessun utilizzo, non significa niente, certo si può chiedere se questo aggeggio esisterebbe senza linguaggio ma non potremmo mai non soltanto dare una risposta sensata ma soprattutto qualunque risposta daremo non la potremo provare e in ambito teorico è importante potere provare ciò che si afferma, se no uno afferma quello che gli pare e andiamo poco lontani. Quindi il suo dubbio a questo punto dovrebbe essere fugato, se sia possibile o no trovare la verità abbiamo risposto sì e l’abbiamo fatto, e adesso che facciamo? Come la utilizziamo, perché non basta trovare la verità, una volta trovata una cosa del genere il minimo che ci si possa aspettare è di poterla utilizzare. Dunque come utilizzare la verità? Ha un utilizzo notevole: in tutto ciò che si pensa c’è sempre un riferimento a ciò che è vero generalmente, sotto altra forma si considera ciò che è importante ciò che è bene o ciò che è interessante, ciò che è utile, a seconda dei casi, per esempio pensi alle religioni, le religioni sono delle costruzioni teoriche imponenti che offrono una verità, una verità chiaramente non provabile e non essendo provabile deve essere difesa da tutti i detrattori, una verità che si impone da sé come necessità logica ineluttabile non ha bisogno di essere difesa perché si difende da sola, lei per esempio non ha bisogno di difendere che due più due facciano quattro perché suppone che tutti siano d’accordo e in effetti quasi tutti lo sono tranne alcuni matematici che hanno qualche obiezione però in linea di massima non ha da difenderla perché suppone che sia immediatamente vera, autoevidente, una verità come direbbero i filosofi apodittica, appunto autoevidente. Se invece non è autoevidente deve essere difesa, come sa a tutt’oggi ci sono molte persone che difendono la loro religione ed è ovvio che se io penso che una certa cosa sia vera e sono sicuro di questo chiunque pensa in modo diverso è nell’errore, è ovvio, perché se la verità ce l’ho io e l’altro pensa in modo diverso o mente o comunque è nell’errore e quindi deve essere ravveduto o eliminato, quindi l’utilizzo più immediato e più pratico di questa nozione di verità è il non avere più bisogno di difendere alcunché, non avere nessuna religione da proteggere, nessuna opinione da salvaguardare, come dire che non c’è più bisogno di scatenare guerre per esempio come effetto immediato, questo in ambito più vasto, in ambito personale ciascuno non è più costretto a credere in un sacco di cose, sa che queste cose che magari prima riteneva assolutamente vere in realtà di per sé non sono né vere né false, sono vere all’interno di un certo gioco particolare ma non assolutamente vere; se una persona crede che il bene sia una certa cosa tende ad universalizzare questa sua opinione cioè a pensare che il bene sia proprio quella certa cosa assolutamente, senza pensare che è solo lui che lo pensa quindi è particolare, come vi spiegherebbe Eleonora, non è inseribile all’interno di un quantificatore universale ma all’interno di un quantificatore esistenziale: esiste un caso in cui il bene è una certa cosa per esempio quello che penso io, ma lo penso io e del fatto che lo pensi devo assumermi la responsabilità; se invece immagino che sia una cosa universale non devo assumermi la responsabilità perché è così, è necessariamente così e non dipende da me, se invece sono io che lo penso allora sì sono tenuto ad assumermi la responsabilità e quindi diventa un fatto estetico, come dire: a me piace così, non è giusto perché è giusto in assoluto perché il giusto è quello che io credo ma a me piace pensare che sia giusto così e nient’altro che questo e a quel punto posso anche chiedermi perché mi piace pensare che sia giusto così eventualmente; come dire che questa nozione di verità posta in questi termini sbarazza del dovere credere in un sacco di cose che invece non richiedono affatto di essere credute perché sono assolutamente arbitrarie, cioè non necessarie, mentre ciò che è necessario costringe per esempio se io dicessi, esponessi questa sequenza: se A allora B e se B allora C allora se A allora C, questa forma è costrittiva, non può essere altrimenti, come dire che non è una mia opinione non è un fatto personale e non lo è perché rappresenta quella logica di cui diceva prima Nadia che i matematici danno come naturale ma in realtà non è altro che il modo in cui funziona il linguaggio, funziona così per cui gli umani pensano così ma al di là di ciò che fa funzionare il linguaggio, questo è necessario perché se non ci fosse il linguaggio cesserebbe di funzionare e di conseguenza noi cesseremo di pensare ma non si verifica, al d là di questo qualunque altra affermazione è arbitraria cioè non è necessaria e quindi non richiede necessariamente un assenso…

Intervento. Stavo riflettendo su quanto appena detto sulla verità, la verità si possono avere tante opinioni sulla verità però c’è una domanda che è particolarmente legata perché? domanda che ci porta a cercare di capire perché quella cosa è veramente vera se può essere una mia opinione una cosa che mi ha detto un’altra persona o una cosa che letta sul libro è una mia opinione se invece uno mi dice perché quella pallina rimbalza io vedo che torna indietro rimbalzando e allora ragionavo intorno a questi concetti…

Sì certo è quella cosa che i fisici, i filosofi chiamano dimostrazione ostensiva nel senso che mostra ciò stesso che deve dimostrare, se io affermo che questo oggetto se lo lascio andare allora cade e poi ve lo mostro ecco che ho eseguito un’operazione corretta dunque è proprio così, e per lo più si è considerato proprio questo essere la verità, cioè l’adeguamento del concetto al fenomeno, il fenomeno accade, il concetto lo descrive, se lo descrive in modo corretto il concetto è vero perché è vero il fenomeno. Tuttavia si potrebbero anche sollevare delle obiezioni in fondo ciò che ho appena mostrato questo aggeggio che cade, che sta sul tavolo, che cosa mostra esattamente se consideriamo molto bene la questione in realtà da una parte si mostra sì una cosa che abbiamo dedotta da tutta una serie di osservazioni cioè la legge di gravità questa legge di gravità che è pure molto utile per esempio viene utilizzata da ciascuno quotidianamente però lei in quanto tale è necessaria che sia oppure no oppure non è necessaria potremmo dire che esiste di per sé in quanto ciascun corpo grande attrae quello più piccolo e questo è frutto dell’osservazione no? Già ciò non di meno quando io osservo qualcosa cosa faccio esattamente? Dico di verificare un evento o osservare un evento cioè in seguito a una cosa che osservo stabilisco delle concordanze. Per esempio nella scienza si considera che una prova è scientificamente valida se questo esperimento è riproducibile da chiunque in qualunque modo in qualunque tempo in qualunque città e qualunque siano le sue condizioni fisiche è sempre comunque riproducibile allo stesso modo e chiunque può osservarlo, a queste condizioni è una prova scientifica. Infatti i risultati della psicanalisi non sono stati considerati delle prove scientifiche perché non sono osservabili, non si riproducono sempre allo stesso modo mentre questo foglio, in qualunque parte del mondo sia cadrà sempre necessariamente. Posso stabilire che questo evento in corrispondenza con ciò che dico di questo evento sia la verità, posso farlo, nessuno me lo proibisce: è vero il fatto che cade, ma è caduto quindi è vero, non fa una grinza. Dicevamo che chiamiamo verità questo evento, la verità è la sua caduta ma il fatto di chiamare questo verità da dove viene? In fondo è un concetto, una definizione che noi diamo di verità in questo caso ma questa definizione che diamo è necessaria o arbitraria? Qui le cose si complicano perché io sì osservo questo fenomeno certo e qualunque altro può osservarlo ma il fatto di attribuire la verità a questo fenomeno è necessario? Sicuramente no, certo si potrebbe obiettare che in qualunque modo la chiami comunque il foglietto cadrà e quindi potremmo chiamare verità un qualche cosa che avviene comunque necessariamente e ineluttabilmente a certe condizioni, però questo dimostra soltanto la gravità di un corpo più grosso che ne attrae uno più piccolo però vi dicevo che le cose si complicano perché il criterio di verifica che utilizzo e cioè l’osservazione in questo caso, la pura osservazione, posso anche usare il calcolo naturalmente a secondo dei casi, i fisici utilizzano entrambe le cose, ma questo criterio che utilizzo è necessario? Perché utilizzo l’osservazione? Possiamo utilizzare altre cose? Tecnicamente sì, nessuno me lo impedisce, per molti secoli è stato fatto, anziché l’osservazione viene utilizzata la volontà di dio: questo foglio cade perché dio lo vuole, ancora oggi molti musulmani lo pensano, non cade perché esiste la gravità cade perché dio vuole che cada. Anche quello è un criterio, ma questo criterio dell’osservazione è fondabile? Cioè l’osservazione è fondabile? L’osservazione stessa è fondabile? Perché dovrebbe essere un criterio migliore di un altro? Questa è una domanda che i logici stessi si sono posti: dovremmo attenerci a questo criterio solo perché funziona? Non è un criterio sufficiente il fatto che si verifichi in molti casi perché può sempre darsi un caso in cui non si verifica, in fondo per il logico l’induzione non è la prova definitiva, il fatto che una cosa sia sempre avvenuta non implica che avverrà anche in seguito. Il fatto che tutte le mattine il sole sorga in base a questo lei e tutti noi organizza la sua giornata, ma logicamente non significa affatto che il sole sorgerà anche domani, è un’ipotesi, un’ipotesi compiuta per induzione: si è verificato ieri l’altro, avanti ieri, si verificherà anche domani, ma di fatto non c’è alcuna prova, non può essere provato un evento che ancora non esiste per cui logicamente viene scartata come prova. Gli antichi chiamavano empiria la prova empirica, non aveva una grande attendibilità, un giorno uno prova una cosa poi un giorno un’altra, per cui ci si è avvalse della deduzione che ha portato alla matematica che si è considerata fino a poco tempo fa la cosa più certa, più incrollabile e più indubitabile; qualcuno ebbe la malaugurata idea, prima Nadia lo ha ricordato, di domandarsi se la matematica sia fondabile oppure no, la risposta è stata no, non è fondabile, questo non significa che non sia utilizzabile semplicemente non è fondabile cioè non è possibile costruire una prova che dimostri che è sempre necessariamente vera cioè che tutte le sue formulazioni sono sempre vere e allora se l’esperienza e l’osservazione non costituiscono una prova certa e persino l’aritmetica ci ha tradito, allora su cosa si fonda tutto quanto, qual è quello che Aristotele chiamava il motore immoto, ciò che muove tutto e che da nulla è mosso? Diventava sempre più difficile rispondere a questa domanda, per questo la filosofia a un certo punto ha abbandonato la ricerca della verità e per questo motivo io invece l’ho ripresa reperendola nella condizione stessa per costruire qualunque criterio di verità, che sia l’osservazione che sia l’aritmetica o qualunque altra cosa comunque tutto ciò è sempre costruito ed ha come condizione ciò che chiamiamo linguaggio, senza il quale non è possibile costruire nessun criterio di verità quindi nessuna definizione di verità, non è possibile neppure domandarsi se esiste la verità. Logicamente che io chiami verità il fatto che questo aggeggio cade o qualunque altra cosa è totalmente indifferente, deve essere provabile perché l’osservazione non costituisce un criterio logicamente valido perché non posso garantire che su cento milioni di miliardi di volte in cui è caduto la prossima resterà su, non lo posso garantire in nessun modo; i logici lo sanno i matematici lo sanno anche i fisici lo sanno, cionondimeno non gli impedisce di fare il loro lavoro, un ingegnere sapere che l’aritmetica non è fondabile non gli importa assolutamente nulla costruirà il suo ponte e il ponte resterà su però si può andare oltre la semplice empiria cioè l’esperienza risalendo nelle cause sempre più in alto si trova ciò che in effetti costituisce la condizione la causa di ogni cosa. In fondo è stato risolto un problema che gli umani si sono posti da sempre…

Intervento:…

Il grosso impulso l’hanno date le sacre scritture: i vangeli, la parola scritta con i padri della chiesa nel periodo noto come patristica, ha cominciato ad avere l’importanza fondamentale perché allora diventava lo scritto il testo con cui confrontarsi non più la parola perché la parola muta e cambia continuamente cangia mentre lo scritto sempre identico a sé e se è parola di dio non deve mutare al punto che a tutt’oggi per un musulmano il corano deve essere letto in arabo perché dio ha scritto in arabo e quindi deve essere letto in arabo e non in milanese perché allah non parlava in milanese e quindi deve essere letto in arabo, la parola scritta è diventata la pietra miliare, il monolite con cui tutto si confronta, per i greci non era così, ha incominciato a esserlo con i padri della chiesa per salvaguardare la parola scritta che non doveva essere letta tra l’altro se non dagli addetti ai lavori, la stessa bibbia è stata all’indice fino ad alcuni decenni fa, non si poteva leggere la bibbia …

Intervento: …mi chiedevo una cosa la questione di Internet collegandomi a prima al discorso fatto da Nadia pensavo alle varie…che la mutazione di quello che è forse l’aspetto essenziale dello scambio che è quello della comunicazione, la comunicazione stradale fatta dai romani fino all’invenzione… l’elettricità ha molto cambiato il sistema di comunicazione…

La rivoluzione industriale ha avuto modo di essere proprio grazie alla moltiplicazione dei mezzi di trasporto, la possibilità di trasportare le merci si diceva Sandro?

Intervento: la questione interessante…la questione della verità ha una certa rilevanza in tutto questo perché Internet è riuscita a favorire..la comunicazione da consentirla ovunque…

Intervento: nei paesi industrializzati perché nei paesi del terzo mondo…

Intervento: Ma anche nei paesi del terzo mondo…

Ma se lei ha il computer e io no non comunichiamo per niente…

Intervento: …alla fine tutti si conoscono sto pensando anche a Severino in questo caso, fa una critica a tutti i vari modi di porsi di pensiero, lui afferma che la religione che rimane al di là di tutto quanto è la tecnica no, la tecnica ha sconfittoli comunismo, ha sconfitto in qualche modo la religione perché la gente non rinuncia al telefonino ma rinuncia ad andare a messa…e quindi la questione della verità è interessante perché in effetti stiamo assistendo al declino della verità metafisica, della verità forte delle religioni dell’ideologia politica ecc..e sembra che rimanga nulla mentre invece non è proprio così perché la tecnica è quasi una sorta di sostituto di questo dio

Sì infatti gli si attribuisce un potere infinito…

Intervento: E in effetti la questione di Internet mi fa riflettere sulla questione della verità sì proprio nell’era in cui la verità metafisica non esiste più, la tecnica si è sostituita a questa verità metafisica

Ne è comparsa un’altra…

Intervento: quello in cui sbaglia il Papa non deve combattere il relativismo ma deve combattere una verità che è forte quanto la sua…

Sì, non è l’unica cosa discutibile.

 

Bibliografia:

 

-http://www.privacy.it/tagliasco-dursi-manzotti.html  "Macchine che pensano:
dalla cibernetica alla coscienza artificiale"
-Intelligenza artificiale: dagli automi ai robot "intelligenti" / Pippo Battaglia