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17-2-2004

 

Libreria LegoLibri

 

La psicanalisi e il benessere

 

Intervento di Cesare Miorin

 

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Intervento di Luciano Faioni

 

A questa serie di incontri abbiamo dato come titolo “Nuovi orientamenti della psicanalisi”, il sottotitolo “ciò che occorre sapere della psicanalisi”, è una bella questione, in effetti Cesare ha posto la questione centrale sulla quale merita riflettere ed è esattamente proprio la psicanalisi. Ciascuno grosso modo ha un’idea di cosa sia una psicanalisi, può avere lette alcune cose, può avere anche avuto a che fare con la pratica analitica, ma ciò che generalmente non si considera è ciò che sostiene una teoria psicanalitica, qualunque essa sia. Una persona si rivolge a un analista quando ha qualche problema perlopiù, non necessariamente ma perlopiù e si aspetta che accada qualcosa e cioè si aspetta di stare meglio, aspettativa legittima e in alcuni casi avviene anche questo, naturalmente perché avvenga occorrono delle condizioni, la condizione fondamentale è che la persona che si rivolge a un analista creda le cose che gli dice l’analista. Potrebbe apparire una cosa piuttosto banale ma se ci si riflette bene in effetti non lo è, perché questo processo che avviene chiamiamolo terapeutico in realtà di cosa è fatto? Di qualcosa che è molto simile a una conversione religiosa e così come avviene in una conversione religiosa si produce un certo benessere, si può anche sapere perché non è neanche così difficile, perché in una conversione religiosa si abbraccia una nuova fede credendo a ciò che la persona dice si attribuisce alle parole di questa persona la verità, lui sa come stanno le cose, e ve le dice. Questo come dicevo ha un effetto terapeutico così come ce l’ha sempre lo scoprire una verità, o qualcosa che si ritiene tale è sempre accompagnata da una sensazione di benessere, addirittura qualche volta da qualche moto giubilatorio “finalmente so come stanno le cose” e allora la persona sta meglio, può stare meglio anche in altre occasioni ma in questa, cioè in una pratica analitica, il benessere che ne trae sorge da lì, da una conversione religiosa, ora qualcuno potrebbe dire “che male c’è? L’importante è che stia meglio”! Certo, va benissimo, l’unico problema che può sorgere è che questo benessere è vincolato strettamente, fortemente a questa verità che ha appena incontrata quindi dovrà necessariamente mantenere questa verità lì dov’è, immutata, e farà di tutto per difenderla visto che ne va della sua stessa incolumità, questo che cosa comporta? In campo religioso lo sappiamo benissimo, ma in ambito psicanalitico? Gli psicanalisti non si massacrano tra loro però comporta una suddivisione sempre netta e agguerrita tra varie scuole, dove ciascuno è costretto a difendere la sua verità, anche se non lo dirà, dirà la sua teoria, è la stessa cosa, la stessa cosa nel senso che suppone che la teoria sulla quale si fonda sia vera, perché se immaginasse che tale teoria fosse falsa cesserebbe di seguirla, e poi vedremo anche perché eventualmente. Dunque la psicanalisi come sapete l’ha inventata Freud, nel senso che è lui che ha chiamato questo tipo di percorso in questo modo, però la teoria di Freud può anche essere considerata più attentamente, qualcuno l’ha fatto però senza andare al di là di un certo punto, pensate ad alcuni concetti fondamentali della psicanalisi: inconscio, rimozione, transfert, resistenza etc. tutto questo, questa costruzione a cosa deve la sua esistenza? In buona parte come sapete all’osservazione di Freud, ha osservato per esempio in una caso chiamato isteria che avvengono certe cose, ha considerato un certo numero di persone che rispondevano a questi requisiti tali per cui la persona potesse dirsi isterica, da qui ha tratto delle considerazioni di carattere più o meno universale, come dire il discorso isterico fa questo, è caratterizzato da questo. Ma occorrerebbe forse sentire più persone prima di azzardare una conclusione del genere, quante? Dieci, mille, cinquantamilioni, sessanta miliardi? Prima di potere affermare una cosa del genere, è una questione, e avete mai provato a considerare la nozione di inconscio? Il fondamento di tutta la teoria psicanalitica, beh ciò che ne dice Freud in effetti non va molto al di là di un’ipotesi, di una supposizione, si suppone che siccome una , per esempio, si trova a commettere adesso lo dico molto rapidamente un lapsus, un atto mancato, quello che vi pare allora l’idea è che questo atto mancato abbia in realtà una motivazione che sfugge alla persona, ma interrogando opportunamente la persona è possibile recuperare quell’intenzione, quel pensiero non consapevole che agganciandosi a ciò che fa o dice lo devia dalla retta via e gli fa commettere per esempio un lapsus, è un’idea, ma se voi per esempio vi metteste a immaginare di dare una spiegazione a un atto mancato totalmente differente la vostra spiegazione sarebbe migliore o peggiore di quella che fornisce Freud? E considerate ancora la nozione per esempio di Altro in Jaques Lacan, altro che deriva poi da Freud, per Freud l’Altro è l’altra scena, eine anderer shauplatz, diceva Freud, l’altra scena, radicalmente altra, mai reperibile in quanto tale, sempre da trovare e mai trovata, però la questione se posta in questi termini è problematica perché se non si troverà mai, se non in una svista appunto dove non me ne accorgo, allora in base a che cosa io ne affermo l’esistenza? Chi mi autorizza a farlo? È ovvio che io posso affermare tutto quello che mi pare e il suo contrario, come generalmente fanno però, però in alcuni casi anzi in moltissimi casi le persone non si chiedono assolutamente nulla e tra queste persone ci metto dentro anche gli psicanalisti, su che cosa legittima ciò su cui costruiscono il loro mestiere, il mio in questo caso, visto che lo pratico da circa venticinque anni, può accadere, in genere non accade ma può accadere che qualcuno si interroghi sui fondamenti del proprio sapere, torno a dirvi non accade mai però almeno una volta è accaduto, non accade mai perché ciascuno difende strenuamente le proprie verità, le proprie teorie, come dicevo prima e quindi non lo fa, anzi se ne guarda bene ma siccome è accaduto allora ve ne dirò. Ciò che accade a questo punto è che ciò su cui è fondata una teoria psicanalitica viene messo in discussione, si interroga tale fondamento e gli si chiede di dire perché afferma quello che afferma, dal momento che, se non c’è nessuna interrogazione, di accogliere un sapere che risulta assolutamente infondato, non per questo non ha degli effetti, dicevo prima quali effetti e perché, la considerazione che sorge dopo avere considerate le varie teorie psicanalitiche, per elencare le più note quella di Freud, di Abraham, di Rapaport, della Klein, di Lacan, di Verdiglione e tutti quanti gli altri, tutte queste teorie hanno a fondamento un atto di fede, curiosa questione poiché la psicanalisi in teoria sarebbe sorta proprio per considerare i propri pensieri, considerarli attentamente e considerandoli attentamente venire a sapere su che cosa sono fondati, ma perché questa interrogazione non può essere rivolta alla stessa teoria che invita a compiere un’operazione del genere? Appare un’operazione legittima, anche se sconveniente, e allora ciò che si incontra è questo: una serie di affermazioni le quali affermazioni se interrogate fino alle estreme conseguenze mostrano a fondamento un atto di fede, cioè è così perché è così. Risposta che in ambito teorico non è tra le più entusiasmanti, intendo dire che in ambito teorico ci si aspetterebbe qualcosa di più ma tant’è, e in effetti la psicanalisi non ha mai esibito nessuna prova, né lo può fare, e allora che cosa ce ne facciamo? Perché di religioni ce ne sono già tante nonostante ciascuno psicanalista neghi di compiere un’operazione del genere, ma qualunque pensiero che muova da una premessa che in nessun modo può essere fondata, né provata, muove da un atto di fede, e l’atto di fede per definizione è religioso “credo quia absurdum” diceva il nostro amico Tertulliano, certo può essere più o meno verosimile e molte teorie psicanalitiche lo sono, sono verosimili nel senso che si adattano al luogo comune, e in questo hanno un notevole successo, penso per esempio a Jung che si attaglia perfettamente al luogo comune anzi è il luogo comune, dunque torno ancora alla questione: che cosa ce ne facciamo di una cosa del genere? Beh o si continua a praticarla facendo finta di non sapere oppure non si sa nulla del tutto, così come avviene generalmente, o pensate davvero che Lacan si sia mai chiesto perché affermava quello che stava affermando, in base a quale criterio? Ovviamente no, né lui né i suoi accoliti, meno che mai, a questo punto si impone una nuova direzione, un’altra direzione che cessa di fare finta di non sapere o cessa di non sapere, non si sa quale sia peggiore delle due ma in ogni caso non può continuare in quella direzione, però a questo punto le cose diventano molto complicate, straordinariamente complicate, perché si esige da una teoria in questo caso psicanalitica qualcosa che di fatto non si esige da nessuna teoria mai, da quando esistono gli umani, e cioè un fondamento necessario, cosa intendo con necessario? Che non può non essere, nessuna teoria è in condizioni di esibire una cosa del genere, neanche quella che si considera la più realistica come la fisica, non dico al pari della matematica, la matematica è un gioco fra i tanti, ciò che può esibire non sono nient’altro che delle regole, la questione è che una teoria siffatta non è mai stata reperita, ecco perché nessuno se occupa, ecco perché il sorgere per esempio dell’ermeneutica, in fondo era soltanto la metafisica che cercava un pensiero forte però di sicuro non può esibire nessuna certezza a fondamento, e poi, perché fare un’operazione del genere, che le cose vanno tanto bene lo stesso? Questione legittima anche questa, forse per una curiosità, una curiosità intellettuale, potete chiamarla così, può accadere a una persona di stufarsi della stupidità, può accadere, e allora non si accontenta più di tutto ciò che viene spacciato, una quantità sterminata di sciocchezze, intendo con sciocchezze quelle affermazioni imposte con forza come vere e che tali non possono essere dimostrate. Bene, detto questo allora possiamo anche dire qual è questa direzione che abbiamo intrapresa, una direzione unica, la sola che esista al mondo fondata, fondata su qualcosa di necessario, per questo abbiamo istituito una organizzazione, una associazione che si chiama “scienza della parola” che produce teoria e analisti della parola, che forse a questo punto è preferibile a psicanalista. Che vantaggio ha una teoria fondata su qualcosa di necessario? Una cosa: non vi chiede un atto di fede, solo questo, non chiedendovi un atto di fede vi sbarazza dalla necessità di difendere qualche cosa, dalla necessità soprattutto di mortificare la vostra intelligenza, che è già qualcosa, non tantissimo però è già qualcosa, a questo punto ovviamente occorre mostrare qual è il fondamento visto che è l’unica ad avere questa caratteristica, di essere fondata, e può apparire un’affermazione piuttosto forte, addirittura velleitaria, folle, cionondimeno ve la dirò lo stesso. L’unico fondamento che può darsi a una teoria consiste in quella cosa che è necessariamente e che non può non essere, vale a dire il linguaggio, il linguaggio come struttura, è ovvio qui che non intendo il linguaggio come verbalizzazione di qualcosa che linguaggio non è, intendo con linguaggio quella struttura che consente di pensare, di sentire, di esistere. Il linguaggio in effetti è quella struttura tale per cui gli umani sono in condizione di dirsi umani, di dire a se stessi che esistono, che sentono, che vedono, che ascoltano e infinite altre cose, però non basta questo perché sia qualcosa di necessario, ci vuole un elemento in più e cioè alla base di tutto questo una affermazione che non può in nessun modo essere negata, né confutata, solo a questo punto tutto ciò sarà costruito su qualcosa di assolutamente inattaccabile e fondato, la proposizione in questione è questa: qualsiasi cosa è un elemento linguistico. È una affermazione che non può essere negata, per negarla devo costruire una proposizione che nega ciò stesso che mi consente di compiere questa affermazione, questo produce un paradosso, e il paradosso impedisce di proseguire, vi sto parlando di una costrizione logica, immaginare che qualunque cosa abbia come unica condizione il linguaggio e tutto ciò che gli umani pensano, immaginano, sentono, hanno costruito in questi ultimi tremila anni da quando c’è traccia di loro sia un effetto dell’esistenza del linguaggio è esattamente ciò che vi sto dicendo, che senza il linguaggio gli umani non sarebbero mai esistiti. Mi rendo conto che sono affermazioni insolite, possono non piacere ma non possono essere negate. Per costruire una qualunque negazione occorre possedere un criterio per stabilire che cosa è vero e che cosa non lo è, quale criterio? Che cos’è che mi consente di costruire un criterio? Il mio pensiero. Di cosa è fatto? Di questo sistema che chiamiamo linguaggio, il quale consente di procedere da un elemento che chiamiamo premessa a un altro che chiamiamo conclusione. Tutto ciò che accade agli umani e che nella psicanalisi Freud ha chiamato nevrosi per esempio, non può in nessun modo essere fuori dalla struttura del linguaggio e pertanto è possibile reperire all’interno del linguaggio quelle condizioni che inducono per esempio gli umani a dire di stare male per esempio, stare bene, di stare come gli pare e di intendere che cosa sta succedendo, senza religione per la prima volta da quando esiste l’uomo, senza religione, per questo ci è capitato di abbandonare qualunque teoria psicanalitica, pur avendo una formazione psicanalitica, non abbiamo più bisogno di un atto di fede né di credere alle favole ma di confrontarci con ciò che necessariamente è e non può non essere, e cioè che ciascuno non è altro che il linguaggio di cui è fatto e trarre da questo tutte le conseguenze, e cioè che il suo funzionamento è il funzionamento del linguaggio, ciascuno funziona esattamente come funziona il linguaggio, né potrebbe fare altrimenti, non lo può fare perché per farlo dovrebbe uscire dal linguaggio e non può uscire dal linguaggio perché non ha nessuno strumento per poterlo fare, e quindi non abbiamo posto una questione estetica nel senso che ci piace così, no, non può essere altrimenti. A questo punto occorrerebbe un discorso piuttosto ampio sul funzionamento del linguaggio che corrisponde esattamente al funzionamento degli umani, al modo in cui pensano, al modo in cui si costruiscono le loro storie, le loro vicende, le loro ansie, le loro inquietudini, le loro felicità, i loro progetti qualunque cosa e il suo contrario non può non essere costruito dal linguaggio e quindi segue il suo funzionamento, né più né meno, se voi sapete come funziona il linguaggio allora sapete esattamente come funzionate, in caso contrario no. qualche questione nel frattempo?

Intervento: Scusi cosa c’entra tutto questo con la psicanalisi? Lei dice che in qualche modo il linguaggio è l’artefice di quello che siamo, va bene sono d’accordo ma non capisco la lieson…

Allora consideri la psicanalisi, si occupa degli umani, di quello che pensano, poiché i loro affanni sono una produzione dei loro pensieri, delle cose in cui credono, dei loro spaventi di tutto ciò che in definitiva nella loro esistenza hanno costruito. Quando Freud si chiede perché ad esempio una persona ha paura di una certa cosa e va a chiedersi, a domandarsi quali sono i motivi di questa paura, da dove viene, che cosa l’ha sostenuta, sta compiendo un’operazione intorno al pensiero, alle sue cause, ora occorre porsi una domanda che è complicatissima e cioè questa: di cosa è fatto il pensiero? E quale ne è la sua condizione? Questa domanda conduce inesorabilmente a una risposta, la condizione per pensare è che esista un sistema che lo consenta, quello che mi fa dire per esempio “se la mamma fa in un certo modo allora vuol dire che mi vuole bene” “se invece fa in un altro modo allora vuol dire che mi vuole male”, questo sistema si chiama sistema inferenziale, molto semplice, il pensiero funziona così, non può funzionare in una altro modo, e allora ecco che la psicanalisi, interrogando il pensiero non ha portato, né porta la sua opera alle estreme conseguenze, e cioè non soltanto interrogare le condizioni del pensiero visto che si occupa di pensiero, occorrerà pure sapere qualcosa delle sue condizioni, se no non sappiamo neppure di che cosa stiamo parlando. La psicanalisi è una teoria del pensiero insufficiente, infondata e religiosa, ciò che è possibile compiere a questo punto è un passo tenendo conto di ciò che ha detto la psicanalisi in parte, un passo che pone in termini assolutamente radicali questa indagine intorno al pensiero interrogandosi sulle sue condizioni, le condizioni del pensiero sono nel linguaggio, qualunque cosa io abbia in animo di riflettere intorno al pensiero di fatto si rivolge alla sua struttura, cioè al linguaggio, ecco la connessione tra la psicanalisi e il linguaggio, lei dirà che non è certo una novità “psicanalisi e linguaggio” da Lacan in poi è considerata quasi un luogo comune, però non è sufficiente tutto ciò che la psicanalisi ha detto e ha fatto, non basta così come non basta la fiaba di Cappuccetto Rosso a illustrare il funzionamento dell’universo, non è sufficiente. È questa la connessione: il pensiero, come gli umani pensano e perché pensano in quel modo.

Intervento:…

È una possibilità stabilire leggi universali è sempre arduo…

Intervento: Premetto che sono molto incuriosita da questa esercitazione intellettuale ma mi chiedo come rispondono in terapia o nell’analisi gli analisti… che tipi di risultati hanno?

La psicanalisi arriva fino ad un certo punto, in effetti il punto di partenza è sempre il discorso della persona, però mentre una psicanalisi riconduce ciò che avviene nel pensiero della persona alla teoria che ha imparata, e quindi se dice così allora vuole dire cosà, in questo caso no, non c’è un riporto a una teoria prestabilita ma semplicemente a ciò che inevitabilmente è, e cioè a come funziona il linguaggio e cioè a ciò che lui è costretto a costruire. Se una persona ha paura di qualche cosa è qualcosa che ha costruito, perché l’ha costruita? Certo ci sono tutta una serie di fantasie che sono intervenute ma perché queste fantasie? Da dove arrivano? Una riflessione intorno al linguaggio la induce mano a mano a considerare che tutto ciò che costruisce in verità non sono altro che proposizioni, poi a queste proposizioni è possibile attribuire in base a una serie di giochi linguistici delle caratteristiche, dei valori estetici, morali, quello che vuole, però se può giungere a considerare che in realtà ciò che ha costruito anziché essere qualcosa che è reale e quindi minaccioso per esempio, non è altro che una serie di proposizioni che hanno quel senso che lei vuole che abbiano, allora incomincia ad averne meno paura, e anche a chiedersi perché vuole che abbiano quel senso visto che non ce l’hanno per natura, ma glielo ha attribuito lei, ha fatto lei questa operazione, e assumendosi tale responsabilità ha l’occasione di compiere un passo ulteriore, e cioè domandarsi che cosa fa esattamente quando parla, quando racconta, quando ha paura, quando è angosciata, cosa avviene esattamente? Costruisce pensieri, e questi pensieri come sono fatti? Sono fatti in un certo modo, in altri termini giungere a sapere, che è poi l’obiettivo finale, come funziona esattamente il linguaggio. È la condizione, come dicevo prima, per non avere più bisogno di credere qualche cosa, di credere per esempio che sia un pericolo, una minaccia, che sia una sofferenza. Freud ha avviato questo percorso, ma tutto ciò che ha affermato nella sua teoria, e qui parliamo di teoria ovviamente, ché Freud quando riceveva le persone non faceva propriamente della teoria, cominciava ad ascoltare, vedeva di cosa si trattava, solo che la teoria che ha costruita non è fondata, ciò che afferma può essere negato in qualunque momento, da chiunque, la questione è che lui come tutti quelli che gli hanno fatto seguito interpretano, riportano comunque ciò che la persona afferma a una certa teoria, per cui se una persona si comporta in un certo modo è perché non considera l’altro nel suo discorso, e se non fosse così? Oppure un inconscio collettivo del quale deve prendere atto, e se non fosse così? E se fosse in tutt’altro modo? Che ne sa che è così? Chi glielo ha detto? È una sua idea, poi se possiamo domandargli se è così non lo può fare e allora tutto ciò che uno psicanalista le dice può avere degli effetti a condizione che lei ci creda, e allora se va da uno junghiano dice certe cose e lei crederà a queste, se va da un freudiano lei crederà quelle, ma né l’una né l’altra sono assolutamente vere, né possono esserlo, ma in questo caso invece non le si chiede nessun atto di fede, anzi, la si porrà nelle condizioni di non avere più bisogno di credere, che è una buona cosa.

Intervento: esercizio intellettuale di cui parlava la signora… il pensiero diventa estremamente mobile non avendo nulla su cui fondarsi. Nulla nel senso che qualsiasi cosa esiste all’interno di una struttura linguistica dalla quale non è possibile uscire… sapere che non è possibile uscire da questa struttura è ciò che permette l’analista della parola, quello che si interessa al suo funzionamento ovviamente all’interno di questa struttura da cui non è possibile uscire, nessuno considera questa questione del come ciascun elemento di questa struttura non possa che essere un elemento linguistico che deve la sua vita ad un altro elemento, credere di uscire da questa struttura è compiere un particolare gioco linguistico che si chiama immaginazione, immaginare che le cose siano in un certo modo ma questo è frutto di un addestramento che è avvenuto e avviene continuamente al momento in cui le persone imparano a parlare, ora considerare questo in ogni momento in cui ci si trova a parlare comporta non avere più bisogno di credere a nulla e quindi un esercizio intellettuale continuo, non è semplice per molto tempo poi il pensiero libero da inutili orpelli comincia a funzionare, questo gioco funziona escludendo tutto ciò di cui non ha più necessità…è molto tempo che lavoriamo è sappiamo che il linguaggio è fatto di regole di esclusione e di regole di formazione per cui facendo un certo gioco necessariamente escludo quegli elementi che non fanno quel gioco e al momento in cui io so che sono un elemento linguistico non mi interesserò più a tutto ciò che è dato per scontato ma che non corrisponde a tali requisiti il mio obiettivo sarà quello di continuare a giocare e quindi godere di una libertà assoluta, lo psicanalista è un gioco fra gli altri del linguaggio… occorre considerare questo… il percorso analitico dell’analista della parola non è diverso dal percorso della psicanalisi uno si trova a raccontare le sue angosce, i suoi dolori e continua a raccontare fino ad accorgersi che è lui che le sta costruendo, nel momento in cui si accorge di questo se è curioso allora può chiedersi come avviene che si trova a costruire il suo malessere…

È ovvio che abbiamo fatto un accenno molto rapido, occorrerebbe dirne molto di più, lo faremo, soprattutto nella prossima serie di interventi che faremo ad aprile e giugno, il tema generale è proprio questo: “Gli analisti della parola” lì verrà tutto ampiamente illustrato. Da ciò che ho detto emerge che qualunque teoria psicanalitica è ridicola, è assolutamente ridicola, e l’aspetto drammatico è che lo possiamo dimostrare, mentre non può avvenire il contrario. Giovedì prossimo chiudiamo questa serie di incontri con la conferenza di Sandro Degasperi: “Il gioco della psicanalisi”. Buona sera a tutti e grazie.