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LIMINARI ALLA TECNICA PSICANALITICA

 

16/9/1997

 

Abbiamo deciso di iniziare dalla questione fondamentale e cioè dalla tecnica psicanalitica. Come sapete intorno alla tecnica psicanalitica esiste una letteratura vastissima, praticamente tutti hanno scritto qualche cosa intorno alla tecnica, cioè sul come fare a condurre una analisi, così come viene detto generalmente. Potete leggerle, già lo stesso Freud ha scritto alcune cose intorno alla tecnica e poi ciascun altro ha fatto seguito, e ciascuno a modo suo, intendendo la tecnica comunque come un insieme di proposizioni adatte per ottenere un certo scopo che ci si è prefissato, generalmente, con tecnica si intende questo. Ora però bisogna tenere conto di un elemento fondamentale e cioè che ciò di cui si dispone in una conversazione psicanalitica è come sapete la parola, dal momento che la persona che si rivolge ad un analista generalmente parla e parlando dice di sé, la parola è ciò di cui si tratta in una psicanalisi, anche perché come viene detto spesso anche le emozioni, gli atteggiamenti, gli atti mancati ecc. di tutto questo ovviamente l’analista tiene conto ma ne tiene conto nella misura in cui la persona ne parla, questo nella migliore delle ipotesi a meno che non decida, l’analista, di interpretare questi gesti, queste azioni. In quel caso avviene un fenomeno di cui abbiamo parlato in moltissime circostanze e cioè una sorta di traduzione, ma ci siamo domandati, in base a quale criterio una persona, sia pure uno psicanalista, possa decidere che un certo atteggiamento, una certa condotta, un certo gesto debbano significare una certa cosa, ovviamente se questo avviene è perché possiede un codice di traduzione, però abbiamo messo in discussione, nel senso che abbiamo parlato a lungo, l’opportunità di possedere un codice di traduzione, più o meno simultanea, e abbiamo considerato che qualunque codice di traduzione risulta arbitrario, tant’è che ciascuno psicanalista secondo la scuola, cosiddetta, a cui appartiene, utilizza un codice differente, si tratta allora per quanto riguarda la tecnica psicanalitica non tanto di avvalersi di un codice di traduzione, che consente di tradurre, letteralmente di volgere un enunciato in un altro che è immaginato essere più corretto, più adeguato, più consono agli obiettivi che ci si è prefissati, dicevo dunque dell’eventualità di rinunciare a questo codice di traduzione tenendo conto anche di un’altra considerazione e cioè che un’operazione di questo tipo rientra in un ambito molto religioso, è una sorta di esegesi, qualunque forma di interpretazione, ermeneutica compresa, ha un notevole debito con l’esegesi che è biblica per definizione e cioè l’interpretazione come la corretta interpretazione del testo sacro. Come sapete da quando esiste la bibbia ci si è dati un gran daffare per interpretarla in un modo corretto, anche perché dal tipo di interpretazione che veniva fornita si decideva se una certa persona fosse amica o nemica, così come avviene un po’ nelle scuole psicanalitiche dove gli psicanalisti si riconoscono subito dalla teoria che seguono e cioè in definitiva dal codice che adottano, ma se un analista non traduce né interpreta, dal momento che abbiamo considerato l’assoluta arbitrarietà di questa interpretazione, qualunque interpretazione non è né più né meno legittima di qualunque altra, dunque che cosa fa? Come opera? Dal momento che qualcosa deve pure fare, dicevamo prima che la questione centrale nella tecnica analitica è la parola, l’analista ascolta un discorso di qualunque tipo che si svolge e che riguarda ovviamente la persona che sta facendo questo discorso, cosa se ne fa di questo discorso che ascolta (dal momento che, torno a dire, non lo interpreta né lo traduce in un’altra cosa)? Fa una cosa che può esser più interessante, lo ascolta, cogliendo in questo discorso quali sono i pilastri, i principi, gli assiomi su cui si sostiene. Ciascun discorso che si fa, dal più banale al più elaborato, al più serioso, ciascun discorso dunque muove da un certo numero di principi, di postulati su cui si regge e da cui muove per compiere una serie di deduzioni. Adesso vi faccio un esempio molto banale, se una persona è fortemente superstiziosa per esempio allora uno dei principi fondamentali su cui si reggerà sarà quello per cui esiste la fortuna ed esiste la fortuna, ed esistono strumenti per ingraziarsi la fortuna e strumenti per allontanare la sfortuna, conosce quali sono le cose da evitare, per esempio se un gatto nero attraversa la strada allora succederà un malanno. Ecco questo è un principio a cui si attiene, per esempio che esistono dei segni, degli elementi che portano sfortuna, questo è un postulato fondamentale, attenendosi a questo principio fondamentale a cui crede fortemente molte delle sue considerazioni, decisioni che prenderà, terranno inesorabilmente conto di questo principio, di questo postulato. Dicevo in questo esempio molto rozzo che vi ho fatto, che buona parte dei discorsi che si fanno hanno come punto di partenza uno o più principi, di postulati che vengono creduti, vengono fortemente e saldamente creduti, così allo stesso modo per esempio un fondamentalista islamico terrà come principio saldo e inalienabile che Allah esista con tutti i suoi attributi e a partire da questa certezza condurrà la sua esistenza.

Provate a pensare che ciascun discorso che si costruisce muova allo stesso modo, forse in un modo meno marcato, meno evidente ma da principi altrettanto saldi e inalienabili e che quindi tutto ciò che ne segue sia il risultato di una serie di inferenze che muovono da questo principio, allora in questo caso il discorso che si costruisce, che ciascuno fa e di cui ciascuno è fatto ha, per dirla così, un fondamento, tant’è che vi sono alcuni casi in cui una persona si trova per una serie di circostanze a dovere, volente o nolente, mettere in gioco questi fondamenti e può avvenire che si trovi nella mala parata, perché senza punti di riferimento, senza nessun appoggio, solo in mezzo all’universo sconfinato, e questo può talvolta generare qualche smarrimento e allora immediatamente corre ai ripari trovando altri elementi altrettanto saldi e inalienabili. Le religioni hanno la funzione di ovviare a questo inconveniente che è l’eventuale assenza di punti saldi. Ché se da una parte consentono a molti di procedere in modo più o meno soddisfacente, dall’altro invece possono procurare qua e là qualche contraccolpo. Pensate ad esempio ad un disagio fra i più attuali, noto come depressione, una volta la chiamavano accidia, akedia i greci, la depressione per potere esistere necessita di alcuni elementi fondamentali, se no non potrebbe darsi in nessun modo, cosa dice dunque uno che ritiene di sé di essere depresso? Dice alcune cose che generalmente si ripetono, dice che nulla ha senso e quindi nulla interessa. Ora riprendendo la questione di prima possiamo immediatamente considerare che è necessaria l’esistenza di un principio senza il quale queste affermazioni non potrebbero farsi, e il principio è quello che afferma che necessariamente le cose hanno un senso. Solo a questa condizione è possibile lamentarne l’assenza. Questa dunque è già una delle condizioni perché esista la depressione, e cioè che si creda fortemente che le cose abbiano o debbano avere un senso. Ora generalmente non è che una persona cosiddetta depressa compia una ricerca e una analisi approfondita intorno alla nozione di senso, chissà, forse se lo facesse potrebbe trarne qualche vantaggio ma sia come sia, ciò che interessa qui è intendere che cosa fa uno psicanalista, cosa occorre che faccia, o cosa sarebbe preferibile che facesse.

Dunque un principio, un caposaldo a cui una persona si attiene (adesso vi ho fatto l’esempio della depressione perché va di moda, ma potrebbe essere qualunque altra cosa), un principio che risulta necessario, la condizione perché ci sia per esempio la nevrosi, la psicosi, a seconda dei casi come dire, per farla breve, perché si dia una di queste condizioni è necessario che uno o più elementi siano fortemente e saldamente creduti. Questione tutt’altro che semplice da affrontare perché tutto il discorso occidentale si regge in buona parte su questo e cioè sulla necessità che ciascuno creda (non importa che cosa, questo è marginale, ma importa che creda), che creda in definitiva che in un modo o nell’altro da qualche parte ci sia la verità, la verità intesa nell’accezione più ampia possibile, per esempio la proposizione che afferma uno stato di cose. Questo è necessario al discorso occidentale per reggersi e quindi, riprendendo la questione accennata intorno alla verità, che le cose necessariamente abbiano un senso. Così come ciascuna religione mette un dio come il senso ultimo delle cose sapendo benissimo, perché almeno quella cattolica ha avuto personaggi piuttosto raffinati, sapendo benissimo che se non si pone un argine alla ricerca del senso, dio all’occorrenza, questa ricerca rischia, anzi sicuramente si mostra inarrestabile e quindi questo senso non si trova, non trovandosi questo senso diventa non credibile, diventando non credibile ciascuna istituzione ne è minacciata, fortemente minacciata. In questo potremmo dire che ciò che fa uno psicanalista non va necessariamente nella direzione delle istituzioni, potremmo addirittura azzardare che il più delle volte va nella direzione opposta in quanto è costretto (mettendo in discussione il discorso che ascolta) ciascuna volta a mettere in discussione ciò stesso che questo discorso lo supporta e quindi in definitiva i fondamenti del discorso occidentale. Come molti di voi sanno generalmente la psicanalisi non fa questo, ma si limita come ho detto all’inizio, traducendo una serie di proposizioni, a fornire la versione corretta, in modo di consentire alla persona di adattarsi in un modo più o meno soddisfacente al discorso occidentale. In prima istanza la psicanalisi americana il cui obiettivo è, una volta che una persona accusa dei disturbi, fare in modo che questi disturbi non impediscano che questa persona lavori e produca, questo è l’obiettivo. Si può anche discutere di questo, ma diciamo che non è esattamente questo ciò che a noi interessa, riciclare le persone. Non è che non si possa fare, si può anche fare, e in parte anche l’operazione riesce, riesce perché le persone sono addestrate a credere e quindi credono generalmente qualunque cosa, anche questo, per questo può risultare facile. Credono soprattutto che sia necessario credere e questo è più che sufficiente per manovrarle, fino ad un certo punto ovviamente. Ma facciamo un passo indietro e considerate, rispetto alla tecnica psicanalitica, questa tecnica come una sorte di arte che consente di volta in volta di reperire qual è il principio fondamentale, inalienabile del discorso e incominciare a giocarci con questo principio inalienabile, metterlo in gioco se preferite o ancora, confutarlo. Un buon esercizio, più che andare a leggersi noiosissimi manuali di tecnica psicanalitica dai quali apprendereste pochissimo, quasi nulla, leggetevi le orazioni di Cicerone. Adesso vi spiego perché, Cicerone come sapete era un abile oratore, un buon retore, era in condizione di vincere generalmente le cause che gli venivano affidate, proprio grazie alla sua abilità e in che cosa consisteva questa sua abilità? Nel confutare le tesi avversarie. Prendete il vostro discorso, quello in cui vi trovate e immaginate che il principio su cui si regge questo vostro discorso (che non sono altro che le cose che voi credete più o meno fermamente) e ponetele come se fossero le tesi avversarie, e confutatele. Potreste voi, una volta confutato quello che ritenete più solido e incrollabile e indubitabile e inalienabile, potreste dunque ancora credere queste cose? Potete credere vero ciò che sapete essere falso? No, per una questione che è prettamente oltre che prevalentemente grammaticale, la struttura del linguaggio ve lo vieta, voi non potete credere vero ciò che sapete essere falso. Ora l’obiezione che immediatamente si para innanzi a queste argomentazioni è che la più parte delle cose che vengono credute non sono confutabili né dimostrabili. In prima istanza porrei fra queste cose l’esistenza di dio, come ciascuno di voi sa non può né essere confutata né essere dimostrata. Tertulliano, antico, diceva appunto Credo quia absurdum, e più è assurdo e più ci credo, e quindi questo parrebbe rendere vana ogni operazione di cui dicevo prima, ma non è proprio esattamente così, per due motivi: primo (poi forse sono due aspetti della stessa questione) una persona che crede in dio, o in qualunque altra cosa non ha importanza, sa benissimo se è un po’ raffinato, attento, sa benissimo che ciò in cui crede non è provabile, tuttavia per potere dire queste cose, per pensarle quindi è costretto a utilizzare una struttura che è fatta in un modo molto particolare, per struttura intendo qui il linguaggio, che dicevo è fatto in un modo molto particolare e cioè vieta di compiere alcune operazioni. Per esempio non posso affermare e negare simultaneamente la stessa cosa, non che non lo possa fare perché qualcuno me lo proibisca, lo vieta la struttura perché facendolo non vado da nessuna parte, mi arresto, mi fermo come se a una persona che mi chiedesse dove sta un certo paese indicassi simultaneamente le due direzioni opposte, non saprebbe da quale parte andare, non potrebbe farsene nulla di questa indicazione. Dunque il linguaggio è fatto in modo tale per cui alcune operazioni sono vietate, vietate in quanto non c’è nessun utilizzo di queste proposizioni, allora nonostante io creda qualche cosa proprio perché è assurdo, per fare questa operazione occorre pure che parli, anche se parlo fra me e me, cioè che articoli un discorso e questo discorso necessita di un criterio di verità, ciò che sto dicendo, cioè che credo perché è assurdo, è vero? Oppure sto dicendo una fesseria? Naturalmente la persona mi dirà che è vero, che è proprio così cioè che crede perché è assurdo, dunque necessita di un criterio di verità per affermare una proposizione che in definitiva nega, dicendo che non importa se è vero che dio esiste oppure no ma che ci crede lo stesso. Ora considerate questo, che parlando, che lo voglia o no che lo sappia o no, utilizza una struttura che è molto precisa e anche molto rigorosa che è quella del linguaggio, che non gli consente di fare qualunque cosa, alcune gliele vieta se intende proseguire a parlare. Accorgersi dell’esistenza di questa struttura può avere degli effetti tutt’altro che marginali. Intanto da questa struttura, cioè il linguaggio, è possibile uscire oppure no? Questione che potrebbe apparire oziosa ma se proseguita fino alle estreme conseguenze può avere effetti devastanti, perché se non c’è in nessun modo uscita dal linguaggio allora qualunque elemento è vincolato alla struttura, cioè il linguaggio che lo produce e soltanto da questa trae la sua esistenza, la sua portata, la sua validità e il senso, cioè dall’essere inserito all’interno di una struttura linguistica. Qualunque affermazione dunque, qualunque elemento se non esiste fuori dalla parola l’unico senso che trae è quello che trae dall’essere inserito in una combinatoria linguistica, in una stringa di significanti, come dicono i linguisti, e nient’altro che questo. Questa è la considerazione inesorabile alla quale si giunge considerando che non ci sia uscita dal linguaggio, ma consideriamo che ci sia invece uscita dal linguaggio e quindi che alcune cose abbiano un senso di per sé e che questo senso non sia soggetto alla struttura che le produce, ma che invece lo traggano da qualcosa di più nobile e soprattutto di più saldo, il linguaggio si sa, è duttile, evanescente e sfugge di mano continuamente, dunque qualcosa esiste, qualcosa si dà fuori dal linguaggio, come lo so? E come faccio ad affermarlo se non necessariamente attraverso il linguaggio? Qualunque tentativo io faccia per uscirne questo tentativo sarà compiuto attraverso quello stesso strumento dal quale io voglio uscire, l’inesorabilità di queste considerazioni mi inducono a riflettere sull’eventualità che non ci sia uscita dal linguaggio e che pertanto il senso che ciascuno incontra non viene dalle cose, o meglio viene dalle cose in quanto altre parole, e così tutto ciò che ciascuno incontra, che vede, che prova, che avverte, che considera, che pensa, che immagina, ricorda ecc. è letteralmente costruito da una struttura che generalmente è nota come linguaggio. Senza questa struttura tutto ciò non è che non esisterebbe, cioè tutte le cose che vi circondano, che pensate, che immaginate, che vi ricordate, su cui riflettete ecc., non è che non esisterebbero è che non sarebbero mai esistite. Se non esistesse il linguaggio gli umani non sarebbero mai esistiti, in nessun modo. Questa è una delle considerazioni inesorabili che seguono a ciò che andiamo considerando, ma dicevo della necessità di riflettere intorno a queste cose per potere muoversi, anche in una seduta analitica, in un modo tale che sia qualcosa di più di quello che fa un sacrestano, o un devoto uomo di chiesa. Ci siamo accorti ad un certo punto che questa posizione non ci interessava più e allora abbiamo pensato che forse era il caso di fare un passo ulteriore, considerando con maggiore attenzione ciò con cui ci stavamo confrontando, e cioè il linguaggio, dal momento che un itinerario analitico occorre che giunga almeno a questo e cioè alla considerazione che non essendo alcunché fuori dalla parola ciascun elemento che interviene, ciascuna mia sensazione, ciascuna cosa che provo che penso, ecc, procede dal mio discorso e quindi ne ho la totale assoluta e irreversibile responsabilità. Non descrivo uno stato di fatto, uno stato di cose, costruisco delle proposizioni. Anche una sensazione, qualunque sensazione è tale in quanto procede da tutto ciò che il linguaggio costruisce, perché una qualunque sensazione che voi provate è tale perché procede da inferenze, da proposizioni, da deduzioni, induzioni in modo molto rigoroso, ma che cosa succede a questo punto provando a considerare le cose in questi termini? Intanto per esempio, questione che potrebbe apparire marginale ma potrebbe anche non esserlo, la paura potrebbe cessare. Perché a quali condizioni io ho paura di qualche cosa? Devo sapere, devo muovere da un qualche elemento che è creduto e che sostiene questa paura. Se per esempio una persona ha paura di uscire in strada, questione nota come agorafobia, evidentemente nel suo discorso qualcosa si è costruito e viene mantenuto saldamente in quanto principio e a partire da questo principio tutta una serie di considerazioni e di inferenze da cui giunge alla conclusione inesorabile che non può uscire di casa che se no succederà questo, questo, e quest’altro. L’importanza della struttura del linguaggio che abbiamo mano a mano rilevata è tale da costringerci a continuare a riflettere in questa direzione dal momento che la migliore conoscenza della struttura del linguaggio consente di muoversi con maggiore rapidità, pensare più rapidamente, più efficacemente. Perché più rapidamente? Perché nulla vi arresta, nulla vi ferma, ciascuna superstizione, ciascuna struttura religiosa, la nevrosi ne è un esempio, è come se dicesse che oltre questo non è possibile andare perché le cose sono così, se sono così quindi non c’è più niente da fare. Qualunque affermazione circa la verità delle cose ha sempre una connotazione terroristica, cioè vi dice che le cose stanno così e quindi a questo dovete attenervi. Il cosiddetto nevrotico di cui parla Freud compie esattamente la stessa operazione e lo psicotico in modo molto più deciso, cioè si attiene scrupolosamente a quelli che immagina essere dei limiti oltre ai quali non può andare, oltre i quali non può pensare. Potrei pensare che le cose non hanno un senso? No, come è possibile, se le cose esistono devono avere un senso e magari qualcuno deve averle fatte. Non è casuale che sempre dopo un periodo di grande sviluppo del discorso scientifico ci sia un ritorno ancora più forte e più tenace della religione. Come sapete infatti ultimamente non c’è nessuno che non renda omaggio al Papa o chi per lui, o annunci al mondo o la sua conversione o la sua crisi mistica, c’era proprio sulla Stampa di oggi la notizia che, per attendibile che sia, ma adesso non ci interessa se è proprio così, che Fidel Castro abbandonato Marx si inginocchierà davanti al Papa e chiederà la sua benedizione. Adesso io forse esagero un po’, ma che sia così oppure no adesso ci interessa poco, ciò che ci interessa è una struttura che attraversa tanto il discorso scientifico quanto religioso e che è fatta dello stesso materiale. Sapete che il discorso scientifico e il discorso religioso muovono da uno stesso ceppo, si sono separati soltanto dopo un certo punto, quando la religione ha considerato che la verità fosse già data mentre il discorso scientifico che la verità fosse da trovare, una biforcazione che ad un certo punto li ha apparentemente separati, molto apparentemente, di fatto rimane la stessa struttura. Una struttura dove ci si muove tenendo conto di un principio saldissimo, come quello che afferma che le cose necessariamente hanno un senso e Galilei affermava che la scienza, è scritta in caratteri matematici, si tratta di trovare il codice di accesso, la password dopo di che tutte le leggi della natura vi si schiuderanno davanti agli occhi. Questione molto gnostica, dicevano gli gnostici: eritis sicut dei, sarete come dei. Promessa che ogni tanto si fa e che ha sempre dei buoni effetti. Lo gnosticismo ha avuto sempre una certa fortuna, perché questa promessa di diventare come dei ha sempre molto attratto gli umani, che considerano la loro condizione precaria e vacillante oltre che molto spesso miseranda, mentre quella attribuita a dio è per definizione bellissima. In definitiva una buona parte del discorso psicanalitico ha un impianto gnostico molto forte, soprattutto poi alcune frange, quelle che dicono che occorre che vi realizziate. Uno si realizza, cioè si sbarazza di tutte le cose che gli impediscono di salire al cielo e finalmente, una volta libero, sarà come dio. Si sono fatti un sacco di soldi con questo sistema, ma insomma, questo è un altro aspetto. Ponendo le questioni così come vi stavo accennando prima è ovvio che risulta molto difficile credere una qualunque cosa, perché come vi dicevo ciascuno di voi di fronte a una qualunque affermazione, qualunque essa sia, dalla più banale alla più religiosa, alla più scientifica saprebbe metterla in discussione, se non addirittura confutarla e quindi diventa non più credibile, così come non diventa credibile la promessa che afferma che sarete come dei… ma intanto sentiamo se qualcuno vuole intervenire, magari aggiungo altre cose visto che la questione della tecnica poi in definitiva non è altro che questo, cioè considerare con molta attenzione come funziona la struttura del linguaggio e fare in modo che altri se ne accorga, che cioè possano trovarsi nel linguaggio senza dovere necessariamente pensare che sia possibile uscire, che esista dio in definitiva, che è l’unico elemento che per definizione è fuori dal linguaggio in quanto ne sarebbe il creatore, apposta è stato inventato. Perché creduta una cosa del genere, a seguire se ne credono una infinità di altre, ora non c’è nulla di male in tutto questo, uno può credere tutto quello che vuole, però se una persona viene da me con delle questioni non posso non tenere conto che questi "problemi" chiamiamoli così che enuncia esistono a condizione che ci siano certi elementi, e quindi non posso fare altro che operare in modo che si accorga della struttura del suo linguaggio, di che cosa lo sostiene poi, come dicevo, ciascuno può credere tutto quello che ritiene più opportuno, non è proibito. In effetti tutto quello che stiamo facendo è assolutamente effimero oltre che aleatorio, anche se sembrano sinonimi, è un gioco. Forse quello che può distinguerlo da altri giochi è che muove da ciò che costituisce la condizione per l’esistenza di qualunque gioco, forse questo, ma niente di più. Potete leggere la letteratura intorno alla tecnica psicanalitica, a partire dagli scritti di Freud ovviamente, fra questi Ricordare ripetere e rielaborare che è stato preso malamente da alcuni, come se si trattasse di andare a recuperare qualcosa per poi farsene una ragione. Ciascun elemento è tale, dicevo prima, perché inserito in una certa combinatoria, ciascuno di voi sa d’altra parte che qualunque parola inserita in una diversa combinatoria acquisisce un senso differente. Così come accade per esempio di arrabbiarsi moltissimo perché il proprio discorso ha preso una certa piega, come se si fosse trascinati da queste cose che si dicono quasi da sole, e allora ci si arrabbia perché il discorso è andato così. Adesso non è che questa sia una legge, ma appena per fare un esempio, potrebbe anche dirsi che si tratta semplicemente di consentire che un certo elemento possa essere inserito in un’altra combinatoria e inserito in un’altra combinatoria acquista un senso totalmente differente e quindi per esempio non spaventa più, non fa paura. Se in una qualunque favola un personaggio lo sostituite con un altro cambia tutto. Se il lupo della favoletta lo sostituite con un cardellino magari non è più la stessa cosa. Potremmo anche dire che cosa distingue una favola da una affermazione scientifica, e dire anche se c’è una differenza, ché non è così sicuro. Dunque la tecnica psicanalitica non è altro che un modo, prevalentemente retorico, per far sì che in un discorso si inserisca un elemento tale per cui questo discorso cambi di senso, senso anche nell’accezione di direzione, perché cambia la direzione. Perché il cosiddetto nevrotico come amava dire Freud è una persona che ha un unico senso, perché ogni volta che si trova in una certa situazione si comporta sempre nello stesso modo. Se potesse prendere un’altra direzione, cosa che lui stesso chiede di fare e che allo stesso tempo non vuole fare potrebbe magari vivere meglio, perché no? Non è che sia necessario, però può essere più piacevole.

Intervento: …

Più che dimostrazione è un’affermazione che non è negabile, non è dimostrabile né confutabile, però non è negabile

Intervento: Lei diceva dell’atto di fede…

Io posso pensare che esista qualcosa fuori dalla parola, posso pensare qualunque cosa, qualunque cosa e il suo contrario altrettanto legittimamente, posso pensare che questo aggeggio che ho davanti, il registratore, sia dio e nessuno di voi può confutare questa affermazione, ovviamente io non posso dimostrarla, ma nessuno di voi potrebbe confutarla. Ora io posso pensare come dicevo qualunque cosa, nessuno me lo vieta, però a questo punto mi trovo di fronte qualcosa di assolutamente arbitrario. Posso pensare che esista dio e posso pensare che non esista, posso pensare che sia uno e trino, e posso pensare sia settuplo o singolo a piacere, in definitiva posso pensare a piacere qualunque cosa. Posso anche pensare che esista qualcosa fuori dalla parola, tuttavia con che cosa penso questo? Esiste una struttura che mi consente di pensare che esiste qualcosa fuori dalla parola, qualunque cosa sia? Se io fossi fuori dalla parola potrei pensare una cosa del genere? E se sì con che cosa? Questa è una questione su cui può meritare di riflettere, in effetti ciò che io affermavo e che Lei ha evocato è una affermazione che non è né dimostrabile né confutabile ma è molto più semplicemente non negabile, perché negandola io nego la possibilità stessa di negare alcunché, di negare o affermare alcunché, perché fuori dal linguaggio non posso compiere nessuna di queste operazioni, ecco allora perché ci siamo avvalsi di questo elemento da cui muovere, non perché sia più interessante o più degno di qualunque altro, vale quanto qualunque altro, semplicemente ha questa prerogativa che in quel momento ci è parsa di qualche interesse, è cioè che non necessita di un atto di fede, non perché siamo contrari agli atti di fede, non ce ne importa assolutamente nulla ma perché ciascun atto di fede ci risulta assolutamente gratuito, e allora perché questa anziché qualunque altra cosa? E di fronte alla possibilità di muoversi in tutte le direzioni altrettanto legittimamente ci siamo fermati e ci siamo chiesti se fosse possibile trovare qualche cosa da cui muovere che non necessiti di un dio che ce lo sostenga. Abbiamo trovato questo, questa affermazione, talmente banale, talmente semplice che abbiamo deciso di utilizzarla, e cioè che gli umani in quanto parlanti parlano, o se preferite che non c’è uscita dal linguaggio, che è la stessa cosa. Va bene che uno faccia un atto di fede, perché no? Non abbiamo nulla contro e nulla a favore, ciascuno come dicevamo è libero di muoversi nella direzione che ritiene più opportuna. Ci siamo avvalsi anche di questa considerazione rispetto alla elaborazione di una "tecnica" psicanalitica, ci siamo avvalsi di alcune riflessioni che ci hanno condotti a non utilizzare atti di fede, possiamo metterla così, se io credessi fermamente che l’inconscio, per esempio, come afferma Lacan è strutturato come il linguaggio, potrebbe essere un atto di fede, io credo questo, e c’è un modo per sapere subito se una cosa si crede oppure no, e cioè domandarsi se è così oppure ciò se ciò che sto dicendo è una fesseria, allora ci si accorge che ciò che si pensava che fosse assolutamente necessario è assolutamente arbitrario. Necessario, come sapete è ciò che non può non essere. Che cosa non può non essere se non ciò che è la condizione per cui io posso affermare una cosa del genere? E dunque potremmo affermare che l’unica cosa che è necessaria è il linguaggio perché senza di questo io non posso affermare che vi sia qualcosa di necessario. Ma è soltanto un gioco, niente più di questo, non sto affatto affermando come stanno le cose né sto proponendo una nuova religione, sto soltanto dicendo che ciascuno esiste perché è preso in una struttura, e di questo può tenere conto, tenendone conto magari può trovarsi meglio, solo questo, niente più di questo.

Intervento: Mi sono chiesta cosa pensano le persone che non sentono, le persone sorde.

E continuerà a domandarselo per tutta la vita. Così come domandarsi cosa pensa un animale o cosa prova, può rispondere qualunque cosa o il suo contrario ma non lo saprà mai, per cui può rivolgere i suoi sforzi in un’altra direzione. Cioè qualunque cosa penserà sarà comunque un suo pensiero che lei attribuisce. Ha delle altre curiosità ?

Intervento: Cosa uno deve fare per scegliere un analista

L’unica cosa che potrei dire riguarda il criterio cui mi sono attenuto io, niente più di questo e cioè una persona che si accorgesse che sta parlando intanto e che non si limitasse a rinviare le cose che io dicevo riviste e corrette, certo una persona che inizia una analisi o ha questa intenzione non ha ovviamente, non essendo uno psicanalista, gli strumenti per valutare e quindi si sceglie come si scelgono buona parte delle cose, rischiando…

Intervento: Come si impara a parlare

Sì, infatti questa domanda conduce inesorabilmente a un’aporia. È una domanda che, potremmo dire così, è vietata dal linguaggio, è vietata nel senso che se non l’ho imparato allora sono fuori dal linguaggio ma se sono fuori dal linguaggio non ho modo di accorgermene, se l’ho imparato ormai sono nel linguaggio e non c’è modo che ne esca. E in effetti la questione è esattamente questa: come si impara il linguaggio? Occorre avere uno strumento per poterlo acquisire, la questione che si poneva Wittgenstein, in effetti anche lui si è trovato di fronte a questa aporia: imparo il linguaggio ma con che cosa lo imparo? E adesso come facciamo? È un po’ come quando si domandava: come so che questa è la mia mano? È una domanda che non può farsi perché non conduce da nessuna parte.

Intervento:…

No perché in ogni caso è sempre presente e queste considerazioni le sta facendo attraverso il linguaggio. Tiene conto che il linguaggio può produrre delle proposizioni, anche le più strampalate ma in ogni caso non può non considerare continuamente che tutto ciò che sta avvenendo avviene perché esiste una struttura che consente di fare queste operazioni. Chiedersi come si impara il linguaggio è una formulazione che è molto prossima a quella che chiede da dove venga il linguaggio. Anche questa è una proposizione che è proibita in un certo senso dal linguaggio, perché occorrerebbe uscirne fuori per trovare quell’elemento che ne è fuori e che lo produce, a questo problema si è ovviato inventando dio il quale ha inventato il linguaggio insieme con tutte le cose. In principio era il verbo, recita il libro dei libri, sono domande che il nostro amico Wittgenstein direbbe non sensi. Cioè sono quelle che non consentono di andare da nessuna parte, sapere dov’è l’origine del linguaggio, sì, può indaffararsi in questa direzione non verrà a capo di niente.

Intervento:…

Ciascuna volta in cui parla la porta in una direzione che non è altro che il senso di ciò che lei va dicendo. È ciò che dicevo prima rispetto al produrre del linguaggio, che continuamente produce altre proposizioni in una corsa inarrestabile…

Intervento: Ma il linguaggio non è solo verbale, c’è il linguaggio del corpo… ci sono messaggi…

Come sa che sono messaggi anziché essere niente?…(….) attraverso che cosa verranno interpretati? (attraverso dei codici) E cosa consente l’esistenza di un codice? (consente che abbiano un senso) Sì certo che abbiano un senso, e cioè siano un segno, un segno per qualcuno. Sì ovviamente. Ma qual è la domanda?

Intervento: perché si era sempre parlato di un linguaggio verbale

Non necessariamente, uno può anche parlare fra sé e sé senza verbalizzare, però…i gesti? I gesti perché siano tali occorre che ci sia qualcuno per cui lo siano, e questo qualcuno che li ascolta essendo un umano li coglierà attraverso una struttura dalla quale non può uscire. Ora non è tanto che ci interessi delle scuole che danno interpretazioni di questi segni, possono interpretarsi in centinaia di modi, senza problemi, anzi possono inventarsene anche di più ma il fatto è che se io considero l’esistenza di segni è perché esiste una struttura che mi consente di pensarci, e cioè di dire che questo è un segno e quindi essendo un segno di questo tipo, essendo una persona fatta in un certo modo allora vuol dire che ecc.., ma tutta questa serie di operazioni avvengono attraverso una serie di inferenze, di deduzioni, questa domanda che lei fa e cioè se è il caso di tenere in considerazione anche elementi segnici non prevalentemente verbali, questa considerazione che lei fa avviene attraverso il linguaggio che glielo consente, ed è esattamente quello che dicevo all’inizio, che generalmente molti operano proprio in questo modo e cioè decodificano dei segni o anche delle parole immaginate come segni e le traducono. Noi abbiamo posto qualche obiezione circa la validità di un qualunque metodo di traduzione perché se ne possono inventare a bizzeffe, e allora abbiamo deciso di non avvalerci di nessuno di questi perché qualunque è altrettanto legittimato di qualunque altro, cioè occorreva che credessimo che un tale gesto significasse una certa cosa. Ma è interessante l’aspetto retorico e cioè quello che indica l’utilizzo di luoghi comuni. È possibile grosso modo sapere come una persona si muoverà sapendo quali sono le cose in cui crede, quali sono i suoi luoghi comuni, quali sono le credenze a cui si attiene, le sue superstizioni. Se so che una persona è una fervente cattolica posso presumere con una buona approssimazione che la domenica vada a messa per esempio. Ho fatto un esempio molto banale ma conoscendo molto bene le superstizioni di una persona lei può con una buona approssimazione sapere quello che farà appunto attenendosi a dei luoghi comuni. Ce ne sono molti, già Aristotele li aveva individuati, a cui perlopiù le persone si attengono, la pubblicità lavora molto su questo, sapere che cosa le persone perlopiù credono, cosa è creduto perlopiù dai più, cerca di fare questo. Qualche volta riesce, qualche volta no, quindi è sempre molto aleatorio, è il sogno di sempre potere stabilire un criterio tale per cui sia possibile persuadere chiunque in qualunque momento, però non avviene, il più delle volte avviene per motivi non immaginati, non voluti o comunque imponderabili. Insomma ciò che andavo dicendo in effetti è molto più semplice di ciò che Lei mi attribuisce e cioè è una considerazione molto banale che afferma che non c’è uscita dal linguaggio e che questa proposizione non è negabile, perché negandola nego di avere gli strumenti per farlo. Sulla questione dei segni se Lei è interessata a questo aspetto può leggere Peirce che si è occupato moltissimo di questo aspetto, Charles Sanders Santiago Peirce, filosofo americano, vissuto malissimo pur avendo scritto cose molto interessanti e straordinarie… sì saliva in una soffitta e poi toglieva la scala per non essere raggiunto dai creditori, però nonostante questo è riuscito a fare cose che a tutt’oggi sono notevoli... Vi do l’appuntamento fra due settimane, buona notte a tutti, grazie.