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Torino, 16 febbraio 2012

  

Libreria LegoLibri

 

LA PAURA, L’INSICUREZZA LA FRAGILITÀ

 

Luciano Faioni

 

 

 

Il tema di questa sera “La paura, l’insicurezza la fragilità”, riprende in parte ciò che avevamo detto la volta scorsa. Sono sensazioni che accade spesso di provare alle persone, naturalmente non parlo della paura come quella sensazione che si prova là dove una situazione di pericolo è incombente nei confronti della propria incolumità, come quando un camion vi viene addosso, o scoppia un incendio o vi trovate di fronte al plotone d’esecuzione, situazione abbastanza improbabile, però sono situazioni in cui generalmente le persone dicono di avere provato paura. Non è di questo tipo di paura che ci occuperemo propriamente, ma di quelle paure che non procedono da un pericolo reale, concreto, come si suole dire, ma di quelle paure che una persona più o meno consapevolmente si costruisce, quelle paure che muovono dai propri pensieri. Sono spesso paure che non si riesce a definire con precisione, non si riesce a individuare, ciò non di meno non fanno meno paura anzi, il più delle volte ne fanno ancora di più, e sono quelle paure dalle quali è molto più difficile uscire perché dovunque si vada ce le si porta appresso. Sono queste paure quelle di cui si occupa la psicanalisi, le paure di cui si occupa sono quelle più difficili da eliminare, questo già Freud l’aveva inteso, perché se una persona si costruisce una scena che gli fa paura, per qualunque motivo, se la costruisce allora ci sarà un motivo, e finché permane questo motivo la paura continua a esserci. Tuttavia ciò che ha inteso Freud ha aperto una strada, una strada importante che possiamo riassumere molto brevemente in questo modo: se dei pensieri per qualche motivo hanno costruito una paura allora se questo motivo diventa manifesto per la persona, diventa consapevole non ha più ragione d’essere, allora cessando il motivo per cui deve avere paura, cessa anche la paura. Questo in linea di massima, anche se detto così potrebbe apparire semplice, ma non è semplice, e il motivo per cui non è semplice, sempre lo stesso Freud l’ha individuato molto bene, e cioè a un certo punto si è accorto che le persone di fatto non hanno intenzione di abbandonare una paura, pur dicendo di volerlo fare, anche iniziando un percorso analitico per questo motivo, però è come se la paura avesse una funzione, Freud lo chiamava il tornaconto, al quale la persona non intende rinunciare. Questo è uno dei motivi per cui spesso un’analisi richiede molto tempo, rinunciare a qualche cosa che si è costruito per dei buoni motivi non è facile, e soprattutto comporta molto spesso l’idea che abbandonando per esempio una paura, così come può accadere lungo un percorso analitico, insieme con la paura si abbandonino anche cose che appaiono essere piacevoli, per esempio provare emozioni, sensazioni. Dopotutto la paura è una forte emozione e, tanto più forte è la paura, tanto più forte l’emozione. Non è un caso che ci sia da sempre un notevole giro di affari collegato con la paura, dai tempi della tragedia, da Aristotele in poi fino ai film dell’orrore o ai film tragici che attraggono da sempre il pubblico, così come una qualunque scena di tragedia che avviene anche realmente comunque attrae il pubblico. Aristotele aveva una sua idea: tutto questo attrae il pubblico perché può rivivere economicamente una situazione che altrimenti non saprebbe gestire, guardandola invece sullo schermo o assistendo a una rappresentazione teatrale può facilmente gestirla in quanto ne è al di fuori. Abbiamo posta adesso una questione importante, connessa con la paura sempre nell’accezione che ho indicato prima, cioè paure costruite dai propri pensieri: l’idea di gestire una situazione, controllarla, questo è un aspetto notevole che con la psicanalisi si è manifestato in modo molto evidente, la paura, sempre nell’accezione che vi ho indicato, sorge là dove c’è l’idea, in alcuni casi la certezza, di trovarsi in una situazione che non si può gestire in nessun modo. Alcune persone che manifestano quelli che oggi sono noti come attacchi di panico raccontano proprio questo: l’attacco di panico è connesso con la sensazione di non avere nessun potere sulla situazione che sta accadendo o che si suppone accadrà, e cioè nessuna gestione, l’idea è di trovarsi in totale e assoluta balia degli eventi, dei fatti, di altri. Avere il controllo della situazione è ciò che d’altra parte gli umani cercano da sempre, le scienze, la tecnologia, in buona parte vengono proprio da lì, progettare e costruire cose che rendano le situazioni gestibili, familiari, conosciute. La volta scorsa facevamo l’esempio del bambino piccolissimo che ha paura del buio, paura che scompare quando la luce si accende, quando la luce si accende vede cosa c’è intorno a lui, la situazione è gestibile, vede tutto, la controlla, per gli umani c’è questo aspetto del vedere, gli umani hanno un orientamento prevalentemente visivo, altri animali no, i cani hanno un orientamento prevalentemente olfattivo e quindi si orientano con gli odori ma sia, come sia rimane il fatto che quando la luce si spegne ecco che torna la paura e cioè torna quella sensazione di trovarsi all’interno di un ambiente che non è gestibile, non è controllabile. Questo è uno degli aspetti più importanti per quanto riguarda la paura, la paura è quasi sempre la paura dei propri pensieri, di ciò che i propri pensieri possono costruire e ciò che costruiscono apparentemente sembra gestibile, perché se l’ho costruito io quel pensiero posso anche gestirlo, ma non è esattamente così: posso anche costruire una scena ma questa scena io l’ho costruita apposta in modo tale da essere configurata nel modo in cui io non la controllo, per esempio immagino di trovarmi così come accade alle persone che soffrono di attacchi di panico, in una situazione in mezzo alla strada dove tutte le persone si accorgono che io sono in difetto, sono inadeguato, sono brutto, l’idea di trovarsi di fronte a un sacco di persone che in quel momento mi giudica così male, ecco che provoca la paura, in quel caso un attacco di panico, per cui assolutamente non deve uscire. Adesso ho fatto un esempio naturalmente, ma potrebbe essere qualunque altra cosa, gestire dunque le cose, renderle familiari, domestiche, c’è un saggio di Freud interessante che si chiama “Lo straniante” dove descrive quelle situazioni particolari dove una cosa che apparentemente è domestica e familiare, conosciuta, di nessun rilievo potemmo dire, all’improvviso si manifesta come qualcosa di minaccioso, di sinistro, qualcosa di assolutamente inatteso. Questo è ciò che lui chiama straniante, un pensiero che per esempio è piacevole e ameno all’improvviso diventa un incubo. Questa modalità è stata trasformata in una tecnica per esempio nei film dell’orrore, è una delle tecniche più diffuse, mostrare un qualche cosa che è domestico, che è dolce, che è tenero eccetera quindi piacevole e tutt’altro che minaccioso in qualcosa di spaventoso, vi faccio un esempio tratto da un vecchissimo film dell’orrore che nessuno di voi avrà visto perché avrà mille anni: una bambina, una bambina dolcissima, tenera che gioca con la pallina, gioca in giardino con la pallina, tutta contenta eccetera, che cosa c’è di straniante, di spaventoso in una scena del genere? Nulla. Anzi è una scena molto bella, molto dolce, la questione è che quella bambina era morta quattrocento anni prima. Ecco l’elemento straniante, l’elemento che rende una scena, un’immagine piacevole, carezzevole, familiare eccetera in qualcosa di terribile. Con i pensieri avviene una cosa del genere, a un certo punto un pensiero che è assolutamente innocuo, per un interferenza si trasforma in qualcosa di intollerabile così come avviene nei confronti, talvolta, di una persona. Si considera una persona molto piacevole, molto interessane e degna di stima e di affetto, interviene un dettaglio e quella persona si trasforma in un mostro, questo è il modo in cui spesso funzionano i pensieri. È ciò che Freud lungo il suo lavoro si è impegnato a intendere, cioè come avvenga una cosa del genere, come è possibile. Che sia possibile nessuno ha dei dubbi, perché sono cose che accadono, basta un dettaglio, una qualunque cosa perché una persona che si vede in un certo modo, dal quell’istante la si vede in tutt’altro, non è più la persona di prima. Ma qual è la struttura che rende possibile tutto questo? Questo è uno degli aspetti su cui Freud ha lavorato, perché la paura ha degli effetti, il titolo parlava di paura e di insicurezza, una persona che ha paura è insicura, perché è sempre in attesa che succeda ciò di cui ha paura, quindi è allarmata, quindi questa sua paura occupa tutti i suoi pensieri e può diventare la cosa più importante di tutto, e quindi la sua sicurezza del presente vacilla, per via della sua fortissima insicurezza per ciò che potrebbe accadere di lì a pochi minuti, e questo naturalmente la rende fragile e cioè suscettibile di repentini, apparentemente inspiegabili cambiamenti di umore, facile a credere a tutto ciò che va in una certa direzione, per esempio tutto ciò che conferma quello che lei pensa e cioè che c’è una minaccia incombente. Perché una persona che ha paura di una certa cosa dovrebbe credere immediatamente a tutte le cose che in qualche modo confermano la sua paura anziché credere in quelle cose che eventualmente potrebbero distoglierla dalla sua paura? A queste non crede ma a quella che la confermano sì, a questo punto la domanda è questa: come si crea una paura? E perché, visto che non è necessaria? Quando Freud ha incominciato a porsi queste domande già si era accorto di un fatto importantissimo, anche se è noto a chiunque, e cioè del fatto che gli umani sono esseri parlanti. È una banalità, però il fatto che siano esseri parlanti li pone in una condizione che è assolutamente particolare rispetto a qualunque essere vivente che abiti questo pianeta, cosa significa essere parlanti? Significa potere trarre dei giudizi, delle considerazioni, costruire delle cose, inventarne altre, tutto ciò che gli umani hanno fatto di bello o di brutto da quando c’è traccia di loro è stato possibile proprio perché sono esseri parlanti e questo ha consentito loro di costruire la scienza, di costruire la tecnica, l’arte, la filosofia, la musica e tutto quanto, questa cosa consente anche di costruire le paure? Indubbiamente sì, perché per avere paura di qualche cosa devo sapere che questa cosa fa paura, e cioè è pericolosa, che poi lo sia realmente o sia una mia idea questo per il momento è irrilevante, però devo saperlo; un bimbetto può mettersi a giocare tranquillamente con una bomba a mano, non ha nessuna paura perché non sa che cos’è e anche la mamma che lo vede giocare con qualche cosa e non sa nemmeno lei che cos’è la prende per un sasso, per una pigna secca e non si spaventa minimamente, incomincia a spaventarsi quando sa che cos’è, ed è a questo punto che inizia la paura e soprattutto inizia la possibilità di costruire delle paure, anche là dove non c’è di fatto nessun pericolo reale. A questo punto potremmo dire che gli umani possono avere paura perché parlano, ora mi rendo conto che per alcuni di voi potrà essere una cosa piuttosto singolare. Qualcuno potrebbe pensare che una cane possa avere paura anche lui, e quindi non dipende dal fatto che gli umani siano essere parlanti, perché la paura è diffusa fra tutti gli esseri viventi. Ma c’è una discriminate importante, certo un cane reagisce a uno stimolo, per esempio un forte impulso sonoro, un botto, lo fa sobbalzare certo, così come reagisce ad altre cose, può ritrarsi di fronte a qualcosa che per lui costituisce una minaccia. Ora immaginatevi una reazione che non ha nessuna connessione con dei pensieri, con delle situazioni, delle immagini, cioè in definitiva con delle costruzioni: occorre distinguere fra ciò che costituisce una reazione a qualche cosa e ciò che invece costituisce un discorso. Una paura che una persona si costruisce è un discorso che si è costruito e che fa paura, altro invece è una reazione a qualche cosa, gli esseri viventi generalmente reagiscono a degli stimoli, anche gli esseri inanimati reagiscono a degli stimoli, per esempio un termometro messo dentro a un frigorifero subisce degli stimoli, il mercurio si restringe, la colonnina si abbassa, anche una lampadina reagisce a degli stimoli, se la buttate per terra si spacca. Occorre distinguere fra ciò che provano gli umani in quanto esseri parlanti e ciò che noi vediamo come reazione a qualche cosa, possiamo anche vedere che un cane reagisce a delle cose certo, ma una cosa che occorre sempre tenere presente è che siamo noi che attribuiamo a quel cane quello che, in definitiva, ci pare. Talvolta accade di sentire delle persone che dicono “il mio cane ha delle sensazioni, prova, delle emozioni”, ma questo lo dice la persona. Potremmo dire che il giorno in cui quel cane ci dirà quello che pensa e perché lo pensa allora lo staremo a sentire con estrema attenzione, ma fino ad allora possiamo soltanto attribuirgli quelle cose che sono i nostri pensieri, non i suoi. Ho fatto questa digressione per mostrarvi quanto sia rilevante il fatto che gli umani siano parlanti, perché a questo punto si tratta di intendere che cosa avviene nei loro pensieri, in ciò che costruiscono e, torniamo alla questione iniziale, perché si costruisce una paura? Qualcuno ha qualche idea sul perché si costruisce una paura, così dal nulla?

 

Intervento: per il controllo, per esempio un genitore fa paura al bambino dice “non andare di là che c’è il bau” …

 

Sì questa è la paura indotta, certo, questa è una forma di ricatto, se non fai così allora arriva l’uomo nero, è una paura indotta. Questo è importante perché rileva, primo, il fatto che sia perfettamente noto quanto una persona spaventata sia più facilmente gestibile, che sia un bambino o sia una nazione non cambia niente e, secondo, il fatto della potenza della paura …

 

Intervento: dicevo dei telegiornali …

 

Quelli sono degli strumenti per indurre la paura, più i cittadini sono spaventati meglio sono gestibili, però in questo caso ci sono due aspetti che meritano di essere considerati: primo, perché questa paura può essere indotta, cioè perché l’altra persona ci crede? Ovviamente se non ci credesse non succederebbe niente, e poi l’altro caso, è la persona stessa che crea la paura senza che nessuno gliela abbia indotta e anche questo è un altro bel fenomeno, perché dovrebbe creare qualche cosa della quale cosa per altro dice di volersi sbarazzare dopo averla creata? C’è un motivo in effetti per cui le persone creano queste situazioni, ed è lo stesso per il quale vanno a vedere i film dell’orrore o sono attratti da scene tragiche, o assistono alle tragedie, rappresentate o no. È vero in parte quello che diceva Aristotele, vedete la paura è una sensazione molto forte e che cosa induce a fare la paura?

 

Intervento: a bloccarti …

 

In alcuni casi sì, in altri invece la paura mette in moto, perché una persona può anche agitarsi invece, mettendo in moto una quantità di pensieri e quindi di parole, di discorsi, di scene anche se sul momento può paralizzare, è vero, in alcuni casi accade questo, la persona è paralizzata, è come se non potesse più neanche pensare, ma questo è l’effetto, la conseguenza di una serie di discorsi che l’hanno condotta a quella conclusione. Tutto questo è stato preparato da ciò che ha costruito in precedenza, e cioè una scena di panico tale da non potere più reagire in nessun modo, non avere, come succede in alcuni casi, la forza di reagire. Ciò che sappiamo è che l’ha costruito lui comunque, tutto questo che avviene l’ha costruito lui o lei. Una delle cose più importanti per gli umani, è la necessità di avere sempre qualcosa da fare perché se no si annoiano, un cane non si annoia, se non ha niente da fare si mette lì e dorme, non diventa agitato, come mai? Perché gli umani, proprio perché parlano, vedremo magari di spiegarlo meglio dopo, hanno necessità di parlare o pensare, che per alcuni aspetti è la stessa cosa, ininterrottamente. Dal momento in cui un bambino incomincia a parlare, da quel momento non smette più, finché non smette di esistere. Come sapete parlano ininterrottamente, parlano o pensano, anche il pensiero è una di quelle attività che non cessa mai, è attivo 24 ore su 24, non ha requie mai per nessun motivo, ed è la cosa che più di ogni altra desiderano, e cioè avere qualcosa da fare, se è possibile qualcosa di importante, e quando non hanno niente da fare è un problema. Può essere piacevole per qualche minuto, poi, e c’è anche Leopardi che ne parlava, voi che siete freschi di studi “Sabato del villaggio”: “diman tristezza e noia recheran l’ore …” cioè la domenica, giorno in cui non c’è niente da fare è una tragedia, e da qui sorge il business del divertimento, il modo per ingannare il tempo, per avere qualcosa da fare sempre e continuamente. Lo diceva anche mia nonna: “l’ozio è il padre dei vizi”, che significa che se una persona è in ozio ecco che incomincia ad avere dei pensieri che dovrebbe non avere, che sarebbe meglio non avesse; le persone possono incominciare a pensare, per esempio a chi li governa, o avere altri pensieri nefasti per cui è opportuno che abbiano sempre qualche cosa da fare, e il da fare glielo si trova. Ma perché debbono sempre avere qualche cosa da fare? Avere qualcosa da fare è avere qualcosa da dire, da pensare, da congetturare, da “godere” proprio nel senso giuridico del termine, come se fosse impossibile arrestare questa catena di pensieri, di parole che è un fiume ininterrotto. Ebbene ci sono situazioni che danno da pensare e da fare molto più di altre, vi faccio un esempio banalissimo, voi incontrate una persona e chiedete a questa persona: “come stai?” e lui risponde: “benissimo”. Ecco, chiuso il discorso. Cosa che raramente accade perché il più delle volte invece chiedete alla persona come sta, e dopo vi pentite di averglielo chiesto perché vi inchioda lì per un’ora e mezza con una serie infinita di malanni, suoi e di tutti i parenti. Ora, che cosa ha dato da fare e quindi da dire, da pensare di più? L’una cosa o l’altra? Quest’ultima ovviamente, è una situazione che si ritrova spesso anche nelle coppie, quando per esempio un fanciullino vede che la sua fanciulla è di cattivo umore e allora le chiede, perché è gentile “che cos’hai?” e lei risponde “niente”. Questo “niente” è carico di miliardi di cose, invece il fanciullino prende la cosa alla lettera: non c’è niente e quindi va bene, come dire che non c’è altro da aggiungere, è come quello che risponde alla domanda “come stai?” “benissimo”, ah ecco. Bene. E così il fanciullino chiede alla fanciullina “c’è qualcosa che non va?” che cos’hai? Niente. Se non hai niente, va bene così. E invece non va bene proprio per niente anzi, da lì si scatena l’ira di dio. Perché questo “niente” sta dicendo che c’è una quantità enorme di cose da dire, di cose che non vanno affatto, poi sul motivo perché la fanciullina dica “niente”, su questo si potrebbe anche riflettere, perché vuole che sia lui a capire cosa c’è che non va e non doverglielo dire, spiegare magari per iscritto in settuplice copia, no, deve arrivarci da solo. Questa è una frase emblematica e naturalmente non ci arriva mai da solo, a meno che non abbia un addestramento specifico se no, no, per lui il “niente” è niente e basta. Qui si potrebbe aprire una parentesi, magari lo faremo in un’altra occasione, ma questo per dirvi che ciò che più attrae è qualcosa che dà da fare, dà da pensare, da muoversi, risolvere un problema, perché si fanno le parole crociate? Se uno proprio dovesse riempire le caselline bianche guarderebbe le soluzioni, ma non è questo, è per lo stesso motivo per cui i giochi devono sempre essere più difficili e sempre più complessi per divertire, tant’è che i bimbetti a un certo punto smettono di giocare con i soldatini, le bimbette smettono di giocare con le barbie, almeno in genere, e trovano giochi più interessanti, più difficili, più pericolosi. C’è una famosa frase di Nietzsche che dice: gli uomini amano il pericolo e il gioco, per questo cercano la donna, come il giocattolo più pericoloso. Così diceva. Il pericolo e il gioco certo, ma anche le fanciulle naturalmente cercano la stessa cosa, infatti cercano molto spesso quello che ritengono per qualche motivo inaccessibile, quello che sanno già che le farà soffrire, che le abbandonerà e che le farà stare male eccetera perché è il gioco più difficile, non cercano quello che si butta ai loro piedi dichiarando il suo amore eterno generalmente, ma invece proprio l’esatto contrario, perché lì il gioco è impegnativo, perché da più da fare, impegna, dà da pensare. La sofferenza è una di queste cose, perché dà più da pensare, dà più da fare della felicità assoluta, che per altro è anche caduca, dura un attimo. È difficile che una felicità, assoluta, estrema, duri per anni, mentre la sofferenza sì, può durare anche all’infinito e questo è un vantaggio rispetto alla felicità, un grosso vantaggio, infatti le persone cercano di più la sofferenza della felicità. Pensate all’esempio della fanciullina, il fanciullino che si getta ai suoi piedi dichiarando amore eterno, teoricamente dovrebbe essere ciò che desiderano, teoricamente, ma non è così perché non è questo che vuole, vuole qualcuno che la faccia giocare. Quando finisce una relazione? Quando uno dei due smette di giocare, allora diventa una tragedia, si perde la leggerezza, diventa una cosa pesante, diventa una sofferenza, un martirio che, proprio perché sofferenza e martirio, delle volte può anche durare a lungo. Anche nel gioco c’è sofferenza, non la esclude affatto, solo che è messa in gioco, può rinnovarsi, può cambiare, può modificarsi, mostrare altri aspetti. Generalmente un fanciullo vuole cambiare il mondo, la sua idea è quella di cambiare il mondo e di diventarne il re, non è facile, però questa è la sua ambizione, mentre per la fanciullina non si tratta di dominare il mondo, non gliene importa assolutamente niente, ma di dominare il fanciullo che ha dominato il mondo, questa è la sua ambizione. Adesso ho fatto il caso estremo, non è che i fanciulli dominino il mondo in linea di massima, sono più i vecchi, per una serie di buoni motivi o di pessimi motivi a seconda del punto di vista, ma buoni motivi nel senso che hanno effettivamente il potere. Dunque ciò che dà più da fare, dà più da pensare è ciò che è più ricercato, è per questo motivo che gli umani cercano, anche se a parole vorrebbero allontanarla, cercano la sofferenza, è il motivo per cui sono sempre attratti da qualcosa che può farli soffrire cioè può metterli nella condizione di dovere fare tantissime cose, intanto cessare di soffrire per esempio, è un po’ come nelle parole crociate, perché fare quella cosa difficile? Semplicemente per il gusto di farlo, per arrivare alla fine, alla soluzione, che tra l’altro è già lì nella pagina dopo però no, deve essere fatto attraverso il sacrificio in alcuni casi, anche la sofferenza, come se la sofferenza, questa è una cosa che viene per lo più dal cristianesimo, rendesse più degna e più nobile la soluzione o il raggiungimento di un obiettivo. Ma al di là di questo, la paura dà un sacco di cose da fare, tantissime. È questo il motivo per cui gli umani si creano le paure? Sì, non ce ne sono altri, se no potrebbero benissimo farne a meno, non solo, ma pone la persona nella condizione di sentirsi importante, importante per altri o alcuni altri che magari cercano di confortarlo, di stargli vicino, di dirgli che non deve avere paura, di dirgli tutte quelle cose che la persona sa già perfettamente da sé, però se qualcun altro gliele dice ecco che in quel momento qualcuno si occupa di lui, si interessa a lui o a lei che è ciò che gli umani vogliono … …

 

Intervento: ho letto che dentro le nostre paure ci sono i nostri più grandi desideri …

 

Sì, era quello che diceva Freud, indirettamente certo, e in effetti nella paura c’è qualche cosa che voglio se no non avrei paura, se no non costruirei questa cosa, non avrei nessun motivo per farlo. Perché nessuno di voi ha paura che un asteroide colpisca il pianeta e lo spacchi in due? Eppure è una possibilità, non è impossibile, ma nessuno se ne preoccupa o molto più semplicemente il fatto che ciascuno essendo mortale prima o poi cesserà di esistere “tutti gli animali sono mortali, l’uomo è un animale l’uomo è mortale”, ecco, da quel momento gli umani sono diventati mortali, tutti quanti, Aristotele ha deciso così, ma nessuno se ne preoccupa, così come nessuno organizza la sua giornata tenendo conto che domani un asteroide come dicevo prima potrebbe spaccare il pianeta in due, eppure non è impossibile che un asteroide colpisca il pianeta, ogni tanto ne passa uno abbastanza vicino. Questa eventualità magari ha un grado di probabilità superiore a quella che uno si inventa eppure questo non viene presa in considerazione, perché la paura che si crea, si crea a partire da qualcosa che già si sa, da qualcosa che alla persona interessa. Tant’è che una delle paure più comuni, più diffuse è la paura di essere abbandonati. Una persona che non ha nessun motivo di pensarlo, pensa che comunque sarà sempre abbandonata da tutti i suoi partner, da tutti gli amici, da tutto il mondo in generale, potremmo dire che non ha maggiori probabilità di essere abbandonato di chiunque altro, ma per la persona questa possibilità è reale, è possibilissima, anzi, direi che è inevitabile. Questa fantasia, questa paura di abbandono ovviamente viene dai suoi pensieri, come se dovesse mantenere l’idea di essere, diciamola così “abbandonabile”, e questo per motivi che abbiamo illustrato la volta scorsa. Nella paura c’è sempre qualche cosa che interessa, l’oggetto della paura è qualche cosa che è importante per la persona se no non costruirebbe nessuna paura, così come nessuno costruisce la paura che un asteroide colpisca il pianeta, non gliene importa niente, costruisce una paura su qualche cosa che per la persona è importante, e il fatto che una certa cosa sia importante non viene da sé, anche questa si è costruita col tempo, magari con gli anni a partire da qualcosa che si è sentito, da qualcosa che comunque è stato considerato essere vero. In definitiva sono quelli che socialmente si chiamano i valori, i valori di una società, di una nazione, di un popolo, sono quelle cose che appunto valgono perché sono credute importanti, sono credute vere, sono le cose più autentiche, più importanti. Per la persona è esattamente la stessa cosa, non cambia niente, sono quelle cose che per la persona sono state importanti e continuano a esserlo, per una persona, magari per un’altra no, così come le emozioni. Anche le emozioni sono costruite, nel senso che l’emozione è sempre la sensazione di qualche cosa di importante che ci si attende e che si verifica, tant’è che una persona si emoziona per una certa cosa e un’altra no, e ciò che emoziona quest’altra lascia la prima totalmente indifferente, perché? Perché queste persone si trovano a pensare cose differenti, per queste persone sono differenti i valori, e come si costruiscono questi valori? Come dicevo prima a partire da cose che si sono sentite, dal fatto che chi l’ha detto era attendibile o era una persona importante, oppure questa cosa rende importanti, sono infinite le cose che possono intervenire, però ciò che ci interessa è che comunque qualunque emozione si provi questa emozione procede, ed è questa la sua condizione, dalle cose a cui la persona crede e cioè dai suoi valori. Si suppone che i valori siano cose utili, importanti ovviamente, e che siano indispensabili, si può insinuare qualche perplessità a questo riguardo, infatti molti lamentano per esempio l’assenza di valori, quante volte l’avete sentito? “Non ci sono più i valori” “non c’è più religione”, i valori sono quelle cose che la persona crede fortemente e che pilotano la sua esistenza, che creano letteralmente il modo in cui vive e che la persona deve difendere, deve proteggere, sono le cose su cui ha costruita la sua esistenza al punto in alcuni casi di sacrificare la sua propria vita per difenderli. Questi valori sono quelli che le persone o le nazioni, gli stati, i popoli difendono contro chi ha valori differenti, le guerre il più delle volte sorgono per questo, anche, non soltanto, ma in buona parte sì, per la difesa dei propri valori, e che cosa sono i valori? Credenze, superstizioni, più o meno antiche, più o meno condivise, ma sono cose in cui la persona crede e il motivo perché una persona crede le cose in cui crede questa è una delle operazioni che ha messo in atto Freud inventando la psicanalisi. L’obiettivo della psicanalisi è questo: mostrare, fare intendere alla persona perché pensa le cose che pensa, cosa che generalmente in tutta la sua esistenza non sa mai, non sa perché pensa che le cose che pensa o più propriamente immagina di pensare quello che pensa perché le cose sono così, e il suo pensiero non è altro che un modo di esprimerle, di descriverle a seconda dei casi, di definirle. Ciò che ha considerato Freud è che non è affatto così, ma che ciascuna persona crea le cose che pensa per una serie di motivi che sono quelli che ho appena accennati prima, e cioè perché qualcosa è stato detto da qualcuno, che ha fatto piacere e quindi si vuole mantenere o si vuole ripetere o cose del genere, ma c’è sempre un motivo che non ha nulla a che fare con il fatto che le cose stiano così, le cose non stanno né così né in altro modo; le cose sono esattamente così come ciascuno pensa che siano, per lui naturalmente, compresa quella cosa nota come realtà, cosa che già i sofisti avevano visto bene e ci sono voluti quasi tremila anni per ritornare a quel punto utilizzando altri sistemi, altri criteri, per esempio la meccanica dei quanti. Uno dei messaggi di Freud potremmo descriverlo così “il mondo che mi circonda è esattamente come io credo che sia, cioè è quello che è perché io credo sia così”, non perché sia così dunque, dire che è così non significa niente. Questo è il gesto iniziale, poi da lì occorre incominciare a trarre tutte le conseguenze, le implicazioni, detta così può essere semplice, banale e condivisibile, è quando si incominciano a trarre tutte le implicazioni che la cosa si fa molto complessa, come dire che ciò che io penso, ciò che ho sempre creduto sono fantasie, è questo che sto dicendo, fantasie che valgono quanto qualunque altra, quanto la sua contraria per esempio, e tutto ciò che io credo, che desidero, che spero, che temo eccetera, tutto questo procede da fantasie. Fantasie, cioè pensieri, cioè discorsi che la persona si è costruiti man mano negli anni o anche immediatamente in alcuni casi. Ecco che questo sposta completamente la questione: tutto appare in altro modo, tutto appare come una costruzione, non è che sia meglio o peggio, d’altra parte è sempre stato così, non c’è un altro modo di porre le cose, la differenza può consistere nel saperlo oppure no, e quindi agire i propri pensieri e quindi anche quella cosa che comunemente si chiama realtà oppure subirla, questa è l’unica differenza. È l’alternativa che Freud propose ai tempi suoi, agire i propri pensieri o subirli, come la stessa paura: agirla o subirla. Agirla significa sapere di che cosa è fatta, è fatta dei miei pensieri, quindi significa sapere anche perché mi sono costruito quella strana cosa oppure subirla e cioè crederla reale, crederla quindi qualcosa che è fuori di me. Come la persona che immagina che quando uscirà di casa tutti guarderanno come è spettinata o spettinato, cosa che non importa assolutamente niente a nessuno ma per la persona è una cosa reale, davvero le persone faranno questo quando lei uscirà di casa; in questo caso subisce i suoi pensieri, non le persone alle quali il fatto che sia pettinato oppure no importa assolutamente niente …

 

Intervento: è sufficiente la consapevolezza? Per cambiare veramente?

 

Dipende da cosa si intende con consapevolezza naturalmente. Consapevolezza è sapere che per esempio ciò che io temo è ciò che io ho costruito per potere godere di quella scena. La consapevolezza, sì certo, facevamo proprio l’esempio la volta scorsa, se io credo che mi abbiano rubato la macchina mi agito, mi preoccupo eccetera, se invece esco fuori di casa, vedo che è ancora lì mi tranquillizzo, non ho più paura, in questo caso ho la consapevolezza che la mia macchina è ancora lì e che non è stata rubata. La struttura è questa, poi ovviamente per quanto riguarda i pensieri, le fantasie, la cosa è più complicata, ed è più complicata perché la persona l’ha costruita per un motivo e finché non cessa questo motivo non cesserà neanche la fantasia, continuerà ad avere paura, o angoscia, depressione, e tutti i vari acciacchi che vanno di moda adesso, quelli che vanno più di moda sono depressione e attacchi di panico, una volta c’era il ballo di San Vito, ma adesso è passato di moda. La cosa curiosa è che alcuni di questi malanni sono “contagiosi”, e adesso ne precisiamo i termini. Vi sarà capitato di notare che quando su un quotidiano compare la notizia di una madre che ha ammazzato suo figlio, da lì a poco accadono altri eventi del genere, due, tre, quattro eventi, dopodiché la cosa scema. Questa sorta di contagio, che non è un contagio ovviamente, è un pensiero, come dire “se qualcuno ha il coraggio di fare questo allora posso farlo anch’io”, è come quando parcheggiate la macchina sul marciapiede, quando tornate ne trovate venticinque dietro la vostra, “se l’ha fatto lui allora posso farlo anch’io”. Avviene qualcosa del genere, non è che possiamo parlare di contagio se un parcheggia sul marciapiede, ovviamente no, anche se ultimamente la psicologia tenta di fare esattamente questo, di trasformare qualunque pensiero che si allontana dalla norma che è stata stabilita, in una malattia. Ho letto da qualche parte che anche il desiderio sessuale, se va oltre il livello stabilito diventa una malattia, poi diventerà un crimine naturalmente. Qualunque cosa può essere una devianza, una malattia, qualunque cosa, basta deciderlo e allora lo diventerà, cioè la persona crederà di avere quella patologia e si precipiterà dal terapeuta a dire “ho fatto sesso tre volte di più di quanto è dovuto, mi guarisca”. Le persone possono credere a qualunque cosa o al suo contrario, cosa che i governi sanno molto bene da sempre, da quando esistono, da quando Platone notò la necessità di compiere quella “nobile” menzogna …

 

Intervento: pensavo alla capacità di catalogare tutto quanto nel DSL e avanti. Il diagnostico delle malattie mentali …

 

Tutto da diagnosticare, da catalogare, un elenco di malattie che si aggiorna continuamente, anche chi tiene in mano un orologio per più di quindici minuti potrebbe essere malato, oppure qualunque altra cosa. Anche portare una cravatta a righe potrebbe essere segno di chissà quale terribile e terrificante cosa che si svilupperà con gli anni; un bambinetto che sta giocando tranquillo, che chiaramente sta giocando e quindi si agita, strilla, urla “è troppo agitato” bisogna dargli il Ritalin. Qui ci sarebbe da aprire tutto un discorso sulle droghe che lasceremo perdere, ché sarebbe molto ampio da farsi …

 

Intervento: lei prima ha fatto un esempio di ciò che avviene per “contagio” in occasioni di certi fatti, per esempio quando la madre uccide il bambino ecco succede come per i “sassi” che buttavano sulle automobili dai cavalcavia … a me interessava l’esempio della madre che uccide il bambino e allora altre madri possono manifestare il loro desiderio, e questa è una questione che è difficile da accogliere, da accettare e cioè che la madre possa avere questi desideri, in fondo la madre è uno dei più grandi valori e anche il figlio è un valore e quindi si può essere autorizzati soltanto dal fatto che altri abbiano fatto questo gesto, quello che sta succedendo ora in cui tutto quanto viene idealizzato, viene catalogato, viene inserito in una malattia serve soprattutto a togliere la responsabilità agli umani, gli umani non hanno più la responsabilità di quello che fanno e quindi possono uccidere i figli, potrebbe anche avvenire una cosa di questo genere …

 

Possono se sono malati, se no no …

 

Intervento: deve essere malata la madre (lo diceva già Pirandello) ecco perché gli umani non possono accogliere queste fantasie così come avviene in una psicanalisi? perché solo in una psicanalisi può avvenire che una donna si interroghi su queste questioni e giunga ad accogliere quelli che sono i suoi pensieri, pensieri che costruiscono quel desiderio di morte nei confronti dei figli certo non è facile ed è la cosa più densa di sofferenza in molti casi …

 

Accoglierli come pensieri, perché non sono altro che pensieri …

 

Intervento: accoglierli come pensieri e quindi non avere più la necessità di rappresentare questa scena, diceva Freud che le cose che non si elaborano, che non diventano parola, si compiono, si mettono in scena, si fanno ( il più delle volte accade così) questo dovrebbe essere un messaggio per le persone per qualsiasi cosa di importante abbiano nella vita e cioè che dei propri pensieri che sono le cose che spaventano di più non occorre avere paura, sono pensieri anzi una volta che si accolgono nella parola, nel gioco linguistico e quindi intesi ecco che non hanno più la necessità di farsi misfatti, crimini …

 

Per la persona non hanno più nessun interesse. Ma diceva una cosa interessante dei bambini come valore. Sì, hanno un valore economico in effetti, un valore economico anche da piccolissimi perché c’è un mercato intorno ai bambini piccolissimi, che diventeranno da grandi dei consumatori. Vi siete mai chiesti perché i bambini sono diventati così importanti? Sembrano essere al centro dell’universo, da trenta o quaranta anni più o meno. C’è un motivo: sono diventati dei consumatori. Non loro in quanto tali perché un bambino di tre anni non ha un reddito generalmente, ma i suoi genitori sì, ecco che allora sono diventati importantissimi, tutto ciò che produce profitto è importante, questo è il principio fondamentale, ciò che non produce ricchezza non lo è. Queste cose Freud le diceva già cento anni fa in effetti, non è che sia stato molto ascoltato anzi, ultimante c’è una sorta di regressione rispetto a questa, come la chiamava Heidegger “dissennata furia della tecnica”, cioè tradurre tutto in qualcosa che sia possibile gestire, controllare. Alla necessità, nel caso degli umani, di controllarli e di gestirli si è trovata questa soluzione: farli sentire in difetto, farli sentire malati, mancanti e quindi necessitanti di un aiuto, quindi necessitanti dello stato, e così sta accadendo. Tra i giovanissimi la psicanalisi è considerata, almeno da quelli che fanno le scuole di psicologia, come una delle tante teorie psicologiche, ormai desueta e abbandonata a se stessa, senza avere inteso assolutamente nulla di che cosa dica la psicanalisi, il cui messaggio, dicevo all’inizio è mostrare alle persone perché pensano quello che pensano, in modo da potere giocare con i propri pensieri e quindi con le proprie fantasie, anche con le proprie paure anziché subire tutto quanto ed esserne letteralmente travolti, senza sapere né come né perché. Una persona che è spaventata può anche essere pericolosa tra l’altro, si agita, è come un animale spaventato, può diventare pericoloso. Anche le persone spaventate possono fare qualunque cosa, basta dire alla persone che c’è il pericolo di un attentato imminente e allora per evitare questa possibilità le persone sono disposte ad accettare qualunque limitazione alla propria libertà, questa non è un’ipotesi, è stato fatto negli Stati Uniti per ottenere l’appoggio della popolazione per la guerra contro Saddam prima e contro quell’altro dopo. Sono tecniche antichissime, si usavano già ai tempi di Cicerone. Si sa che per potere portare la guerra per conquistare un certo paese perché serve economicamente, occorre che la popolazione sia d’accordo, perché se nessuno vuole farlo è un problema e quindi occorre persuadere le persone, quindi bisogna fargli balenare l’idea di un pericolo incombente, e cioè che questi altri vogliono dominarci, sottometterci, violentare le donne, mangiare i bambini e fare tutte queste cose. È una cosa vecchia come il mondo ma funziona sempre, infatti è sempre in atto, continuamente, è una delle cose più efficaci: indurre la paura. A quel punto si può fare qualunque cosa, si può giustificare qualunque cosa. Per esempio volete giustificare il coprifuoco oggi, qui a Torino? Il coprifuoco, un occupazione militare, è facile: assoldate qualcuno che vada in giro per le strade a sparare alle persone, senza nessun motivo, sparare alle persone, alla vecchietta che sta aspettando il tranvai, alla mamma con il bambino in braccio, così, per niente. Tempo una settimana e sarà la popolazione intera a gridare a gran voce che vuole il coprifuoco, il regime militare, e il gioco è fatto. Naturalmente queste persone che sparavano dovranno essere eliminate, ma questo fa parte del gioco. Che c’è di più facile? Come si chiama signorina, se posso permettermi? Bene, cosa dice Valentina di tutte queste cose?

 

Intervento: la paura come mezzo per dominare più facilmente?

 

Lo fanno anche le fanciulline. Non sottovaluti le fanciulline. Se lei avesse il timore che il suo ragazzo possa essere attratto da qualcun'altra che cosa fa? Lo fa ingelosire, e cioè gli mette la paura che lei possa andarsene con un altro e in questo modo c’è la possibilità che lui resti con lei. Non è così automatico, può anche succedere esattamente il contrario, però è un sistema che funziona. La mamma che minaccia il bambino “se mangi la marmellata” cosa tremenda che dicono certe volte “allora la mamma muore”, sfugge la connessione però è efficacissima …

 

Intervento: io vedevo un discorso più politico, lo applicavo alla politica e tramite tutti i mezzi comunicativi si realizzano ...

 

Oggi è più facilmente raggiungibile un maggior numero di persone, una volta si mandava un messo in giro per le città, oggi con la televisione si è raggiunta ogni casa. La chiesa cattolica aveva messo un chiesa in ogni paesello, ne aveva anche nei paeselli più sperduti, però con la televisione si è raggiunta ogni casa, ogni singolo appartamento è stata una cosa straordinaria per quanto riguarda la capacità, la possibilità di raggiungere il grande pubblico. Certo, molti che guardano i giornali, guardano la televisione, sanno perfettamente che un telegiornale è come uno spot pubblicitario, serve a reclamizzare una certa opinione, ma molti non lo sanno e sono la maggior parte, e sono la maggior parte delle persone che andranno a votare. E se anche c’è qualcuno che non ci casca in queste stupidaggini è irrilevante, perché di poche persone non gliene importa niente a nessuno, possono anche continuare a pensare e a sapere esattamente come stanno le cose, ci saranno altri milioni che invece vanno pilotate e credono davvero a ciò che lo dice lo psicologo. Spesso nei giornali si dice di qualcosa che è stato dimostrato scientificamente, che è una balla colossale, che una certa cosa è male. Ricordo una volta una persona che veniva in analisi tantissimi anni e che fa lavorava in un ospedale dove si occupava di leucemie, e mi spiegava come venivano fatte le statistiche: nella migliore delle ipotesi diceva sono pilotate, cioè si modificano a seconda di ciò che si vuole dimostrare per compiacere a una casa farmaceutica o per potere avere una pubblicazione e quindi andare avanti con la carriera, in molti altri casi queste statistiche invece sono inventate, non sono mai esistite. Questo è ciò che sta dietro la famosa frase “è stato scientificamente dimostrato”. Non è stato dimostrato niente, assolutamente niente, nemmeno che il fumo faccia male, nemmeno quello è stato scientificamente dimostrato, d’altra parte come si sa la medicina non è in condizioni di curare nemmeno un raffreddore …

 

Intervento: io a cinquant’anni ho cambiato opinione, io faccio l’ortopedico, adesso superato cinquant’anni ho capito che se è la tua ora vai, in questo senso è la stessa cosa che se l’amianto crea un mesotelioma tutte le persone che sono state a contatto per dieci anni oppure per vent’anni devono avere il mesotelioma in realtà non è così ci sono persone che sono state in contatto per venticinque anni non l’hanno mai avuto altre in contatti per pochissimi anni l’hanno avuto allora il concetto che mi sono fatto è “ok, l’amianto un agente patogeno che può creare il mesotelioma però chi differenzia il mio stato fisico da quello di un altro? Se io curo solo il fisico sono destinato a fallire perché non sono fatto di fegato o di ossa e quindi agire e lavorare solo sulla fisicità …

 

Sì esatto, è proprio questo che Freud ha interrogato: il pensiero degli umani. Il pensiero può fare ammalare, fare guarire. Ci sono alcune cose che si sa per tradizione che sono mortali: una pallottola in testa per esempio, o esporre il corpo a una temperatura superiore a cinquantamila gradi, anche questo appare essere mortale …

 

Intervento: a me capita di pensare, non lo dico mai però capita un errore, un altro vicino a te fa lo stesso errore, l’altro fa lo stesso errore e arrivi alla fatalità e non c’è nessuno che interrompe questa catena se arriva uno che per qualche motivo taglia questa catena … solo che dirlo alla gente …

 

 

Bisogna trovare il modo è proprio così un pensiero che interviene all’improvviso e cambia tutto ...

 

Intervento: io chiedo di esprimere dal punto di vista emozionale come sentono il dolore, e in base a quello che mi dicono cerco di riuscire a capire qual è la parola che può creare questo dolore …. se riesco ad intuire quella parola che chiamo “chiave” praticamente il paziente cambia ma c’è il paziente che dice “ma tu sei fuori, vengo qua per un motivo e tu mi dici queste fandonie qua” oppure qualcun altro che comincia a sudare e a dire “sto male” un altro che quando torna è lui che si fa tutti i discorsi e ti dice “si effettivamente concatena tutte le cose” …

 

Purtroppo è tardissimo. Mi permetto di invitarvi mercoledì prossimo alle nove presso la sede della nostra associazione dove potremmo, se volete, proseguire tutte queste conversazioni approfondendole e riprendendole, elaborandole ulteriormente. Mi permetto di invitare ciascuno di voi in via Grassi 10. Grazie a tutti quanti.