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DIMOSTRARE E CONFUTARE

 

15/12/1998

 

Questo è l’ultimo incontro dell’anno, come è stato appena ricordato, però non l’ultimo in assoluto dal momento che riprenderemo dal 19 gennaio del 1999. Le conferenze si divideranno in due gruppi, l’uno riguarderà l’analista della parola e l’altro il sofista. Essendo l’ultimo incontro di quest’anno potremmo, se lo desiderate, avviare questo incontro da vostre questioni connesse con ciò che abbiamo detto. Io ho inteso negli incontri precedenti fornire alcuni strumenti, alcuni elementi della retorica, mostrare come pensare sia una questione da una parte molto semplice e dall’altra complessa. E avendo forniti alcuni strumenti è possibile che taluni fra voi abbiamo delle domande…

- Intervento: ho riflettuto su queste cose anche leggendo "Psicologia delle masse" di Le Bon e allora mi chiedo quale funzione può avere appunto la retorica…

La massa ha potere oppure non ce l’ha? È una questione controversa, taluni sostengono di sì altri di no…

- Intervento: mi sono chiesta se questa sera avrei capito un po’ di più.

Come persuadére le masse? Nobile ambizione (come fare… poi eventualmente si vedrà il da farsi) sì. Bene e allora glielo dirò. Un aspetto della retorica è sicuramente quello dell’arte del persuadére, un aspetto, non l’unico, da moltissimi anni taluni si cimentano per trovare il modo di persuadére, poiché persuadére è anche trovare il modo di provare ciò che si dice o comunque provarlo in modo sufficiente perché altri lo credano. Difficilmente una qualunque cosa viene sostenuta se non è sostenuta da qualche prova, a meno che queste prove siano già acquisite, se per esempio io voglio far credere a qualcuno che se si dà una martellata sul dito, si fa male, non ho bisogno di tante operazioni perché sa già una cosa del genere, è già acquisita, il problema sta nell’imporre qualche cosa che non è ancora acquisito e allora il sistema è quello comunque sempre di disporre le cose in modo tale per cui risulti come se io cercassi di convincere qualcuno che se si dà una martellata sul dito si farà male, cioè persuaderlo di qualche cosa che sa già o che ritiene di sapere già. Buona parte dell’abilità del retore consiste in questo, costruire una argomentazione in modo tale che le cose che deve imporre risultino già acquisite mentre non lo sono affatto, come si fa ad ottenere una cosa del genere? Come lei sa la persuasione poggia soprattutto su una figura che è nota come captatio benevolentiæ, cioè si cerca di catturare la benevolenza dell’interlocutore, perché se capta la sua malevolenza sarà difficile persuaderlo, come dire occorre farsene un amico anziché un nemico, se lo si vuole persuadére. E questo può ottenersi riuscendo ad intendere quali sono le cose per lui importanti, i suoi valori per esempio, le cose in cui crede, quelle a cui tiene di più. Sapute queste, la cosa da farsi è quella di non opporre mai nessun discorso alle cose cui crede, perché immediatamente si insospettirà, quindi anziché la benevolenza ecco che ci sarà la malevolenza, sarà sospettoso, diffidente e quindi poco disponibile ad accogliere le cose che andrà a dire, dunque accogliere tutto ciò che per lui è importante, dopodiché mostrare che a partire da queste stesse cose che per lui sono fondamentali, è possibile logicamente concludere non soltanto le cose in cui lui crede ma anche quell’altra cosa. Faccio un esempio: supponiamo che lui muova da un certo assioma che chiamiamo A, dal suo assioma lui giunge a un altro elemento che chiamiamo B e dal quale ancora a un altro elemento che chiamiamo C, tutto ciò retoricamente deve essere accolto, ma non soltanto, gli si fa notare che sempre muovendo da A, arrivando a B e poi a C è possibile concludere anche D, cosa a cui lui forse non aveva ancora pensato e cioè dalle stesse sue premesse è possibile giungere a una conclusione che non è opposta alla sua anzi, retoricamente occorre che non sia opposta alla sua, ma a fianco, adiacente, a questo punto se crede fermamente in A, B, C sarà costretto a credere anche in D, cioè nell’elemento che lei inserisce. Buona parte delle arringhe che si tengono nei fori di tutto il mondo da sempre funzionano così, se è vero questo allora necessariamente è vero quest’altro allora segue che è vero necessariamente questo terzo elemento (e lui non potrà obiettare nulla) e verrà inserito nel suo sistema di pensiero come elemento necessario, perché segue necessariamente alle cose in cui crede, quindi se crede le prime dovrà credere anche le altre. Questa operazione dispone le cose in modo tale per cui il suo interlocutore avrà a questo punto accolto un elemento che lei ha imposto, e che prima non esisteva nel suo discorso, non ci aveva pensato per un infinità di motivi, adesso non ha importanza quali, ma l’essenziale è che incominci a funzionare nel suo sistema di pensiero anche questo ultimo elemento, a questo punto dipende ovviamente dall’obiettivo che si prefigge, può o iniziare una operazione di scardinamento di tutto ciò in cui il suo interlocutore crede, però questo se lo vuole è persuadére è pericoloso, oppure continua con la captatio benevolentiæ e allora a fianco all’elemento D che ha già inserito aggiunge "ma se D perché allora non anche E che segue naturalmente? Perché il giorno in cui lei avrà acquisiti gli elementi e gli strumenti e sarà diventata sufficientemente abile, lei sarà sempre in condizioni di potere dedurre da una elemento un qualunque altro elemento, è soltanto una questione di numero di giri che dovrà fare, possono occorrerne di più o di meno, a seconda dei casi, della difficoltà della questione e della sua abilità, ma in ogni caso avrà la certezza che da un qualunque assioma potrà dedurre una qualunque altra conclusione, per cui non le sarà difficile aggiungere a ciò che il suo interlocutore dice un elemento che risulta assolutamente compatibile con le sue credenze e che si pone a fianco, dicevo adiacente alle cose in cui crede. In questo modo (e qui dipende dalla sua abilità oratoria) lei avrà ottenuto due risultati che sono importantissimi, il primo avrà consolidato le sue superstizioni, cioè le superstizioni del suo interlocutore, e questa è sempre cosa gradita all’interlocutore, dirà: visto che avevo ragione? Secondo, gli ha fatto notare un elemento a cui non aveva pensato e che immagina che lo arricchisca: questo è assolutamente falso naturalmente, però questo lei non glielo dice, poiché questo elemento lui immagina che lo arricchisca ma non lo arricchisce affatto, è soltanto un elemento che lei gli ha imposto e glielo ha imposto perché serve a lei per ottenere il suo obiettivo. Dunque, come suole dirsi, se lo sarà fatto amico, questa persona sarà consapevole del fatto di avere trovata un’altra persona che pensa come lui, non soltanto ma che è anche molto intelligente perché ha trovato un altro elemento che al suo interlocutore era sfuggito. A questo punto può anche corroborare il suo operato, diciamo che se riesce ad arrivare a questo punto è già a metà dell’opera, resta ancora un certo lavoro da fare, perché c’è sempre l’eventualità che il suo interlocutore possa porsi delle domande rispetto a questi elementi: i vari D, E che lei ha aggiunti, e allora deve fare in modo che questo non avvenga, perché se comincia a porsi delle domande potrebbe trovare delle controargomentazioni, per esempio, perché questi due elementi che lei ha aggiunti non sono del tutto legittimi, e allora lei glielo impedirà attraverso una dimostrazione, una dimostrazione che come ciascuna dimostrazione è retorica, però in questo caso utilizzerà delle argomentazioni che appaiono logiche, cioè gli proverà l’ineluttabilità di questa conclusione e soprattutto, questa dovrà fare, quella che gli antichi chiamavano reductio ad absurdum e cioè prendere la tesi contraria e provarla falsa, a questo punto il suo interlocutore si trova il lavoro bell’e pronto, non si chiederà più se ciò che afferma è vero perché il contrario saprà essere falso, e se il contrario è falso allora quello che pensa è necessariamente vero. Così generalmente pensano le persone, dunque gli avrà sbarrato il passo a ogni possibile tentativo di ripensamento, perché il ripensamento comporterebbe soffermarsi sulla tesi contraria che lei ha preventivamente provato essere falsa, a questo punto non le resta che indicare all’interlocutore quali sono le conseguenze necessarie di ciò che lui stesso crede, che è esattamente ciò che lei gli ha imposto di credere, come dire "se credi questo allora non puoi non fare questo, se vuoi essere coerente con te stesso. Ora lei utilizza un luogo comune che è quello per cui gli umani generalmente preferiscono essere coerenti e cioè non autocontraddirsi, non si sa bene perché ma di fatto avviene così, e quindi non si chiede perché, per il momento, semplicemente lo utilizza, e allora utilizzando sistemi analoghi mostrerà che una condotta che non tenga necessariamente conto di ciò che lei ha imposto di credere è autocontraddittoria, è incoerente, e di nuovo proverà che la tesi contraria è falsa cioè che se non si comporta in questo modo allora è un uomo dappoco, personaggio inutile perché non è coerente con le sue stesse idee, ché lei gli ha mostrate che sono le sue e quindi se ha fatto molto esercizio e appresi molti strumenti costringerà questa persona a fare esattamente ciò che lei vuole che faccia, facendo in modo che la persona non solo lo faccia di buon grado ma sia assolutamente convinta che ciò che sta per fare è l’unica cosa che può fare, l’unica degna di essere fatta, e se ha fatto un buon lavoro allora il suo interlocutore si farà anche ammazzare per questa idea, quella che lei gli ha imposto. Va bene così? Adesso deve metterlo in pratica naturalmente, trovare qualcuno su cui esercitarsi, occorre fare molto esercizio. Di che cosa vorrebbe persuadére qualcuno per esempio?

- Intervento: ma per adesso…

Per adesso non vogliamo persuadére di nulla nessuno, lasciamo tutti come stanno…

- Intervento: no, per il momento non mi viene in mente niente…

Cosa vorrebbe che facessero gli umani anziché fare ciò che fanno? A suo parere cosa occorrerebbe che facessero per essere degni di essere tali e cioè umani? "uomini siate e non pecore matte" diceva il nostro amico Dante Alighieri… (fare tante cose migliori) cose migliori, ciascuno già a modo suo potrebbe dirle che le sta facendo, anche chi compie esecuzioni in massa, dal suo punto di vista sta facendo la cosa migliore che possa farsi. Lei è mai riuscita a persuadére qualcuno di qualche cosa?

- Intervento: sì.

È stato facile o difficile? (difficile) in cosa è consistita questa difficoltà, questa persona è tuttora persuasa oppure si è dissuasa nel frattempo?

- Intervento: bisogna conoscere molto bene l’interlocutore.

Certo, occorre avere il maggior numero di informazioni su di lui, più si hanno informazioni e più si controlla, occorre conoscere le cose in cui crede, i suoi desideri, i suoi hobby, i suoi tic, le cose che ama, quelle che detesta, che lo infastidiscono, tutto, occorre fare un listaggio completo, è un lavoro utile, se vuole fare un buon lavoro, deve essere fatto per bene, e di cosa lo ha persuaso se non sono indiscreto? Magari sono indiscreto? Dell’immortalità dell’anima?

- Intervento: no, ma dirlo è una cosa complessa, ma si, sono riuscita…

E ha usato un sistema analogo a quello che ho descritto o è andata più per le spicce? Perché si può persuadére anche con un paio di ceffoni, però, adesso io indicavo un altro sistema… sì ha usato anche la reductio ad absurdum o quella l’ha lasciata in disparte? Cioè ha provato falsa la tesi contraria?

- Intervento: Cioè?

Lei ha una tesi che deve provare, e anziché provare vera la prima dimostra che è falsa la contraria. Se io per esempio volessi sostenere che lei è italiana allora anziché fare questo proverei che affermare che non lo è, è falso… lei sa come si fa a confutare una qualunque tesi? Magari è bravissima (…) deve fare esercizio certo, va bene. (…) Sì l’informazione è essenziale, quando Cicerone preparava le sue arringhe e doveva difendere o accusare qualcuno, assumeva una quantità enorme di informazioni circa la persona di cui si occupava, pro o contro che fosse, perché qualunque elemento poteva essergli utile, qualunque, quindi non tralasciava nulla, allo stesso modo quando vuole dimostrare o confutare qualunque cosa occorre non tralasciare nulla, cioè nessun possibilità, se lei vuole confutare una tesi occorre che la confuti in modo tale che all’avversario non rimanga nulla da aggiungere, né alcuna obiezione da fare, cioè la confutazione deve essere totale, assoluta, che poi non lo è naturalmente ma occorre che appaia così. Uno dei sistemi più efficaci è quello di dimostrare che se si continua a sostenere quella tesi si è ridicoli, si è stupidi, perché soltanto una persona stupida può sostenere una cosa del genere, se riesce a fare questo ha fatto tutto, ché generalmente gli umani non tollerano di passare per stupidi e quindi se riesce a persuaderlo che fare in un certo modo è stupido allora non lo farà. Il ridicolo è un arma retorica formidabile. Per utilizzare questa arma retorica è preferibile che ci sia un pubblico. A tu per tu funziona male, l’altro magari se la prende e si scatena la rissa, invece di fronte a un pubblico è difficile che una persona si alzi in piedi e vada dall’oratore e lo picchi, non soltanto ma il ridicolo è efficacissimo perché comporta la partecipazione del pubblico, è come se lei riuscisse, con una battuta, a coinvolgere tutto il pubblico contro l’interlocutore, allora non è più uno contro uno, ma cento contro uno o quanti siano, e il pubblico viene coinvolto perché è riuscita a trovare qualche cosa che ridicolizza il suo interlocutore e gli umani sono sempre pronti a ridicolizzare l’altro, se lei gli fornisce il destro rideranno di lui, dopodiché, una volta riso dell’interlocutore, qualunque cosa lui dirà non sarà più credibile perché ormai è come se lei avesse insinuato che tutto ciò che potrà dire sarà comunque il conseguente di ciò che ha affermato e ciò che ha affermato è ridicolo e pertanto qualunque cosa dirà sarà ridicola. Risollevarsi dal ridicolo è sempre molto difficile, c’è la possibilità chiaramente, ma non a tutti riesce e non è sempre facile. Comunque se riesce, il ridicolo è un arma molto potente, non è il modo migliore per farsi degli amici, ma in quella circostanza…

- Intervento:…

Riuscendo in una operazione del genere a questo punto è chiaro che non deve infierire, ché se no poi diventa cattiva, deve magnanimamente lasciare cadere la questione, il pubblico farà il resto. Sono strumenti poco leali, usiamo questo termine, ma molto efficaci, e un retore non è una persona leale per definizione, è una persona che cercherà di ottenere il suo scopo attraverso tutti i sistemi, soprattutto quelli sleali, e di questo, in un agone dialetti per esempio, occorre tenere conto. Ci sono delle avvertenze, se ne discuteva qualche giorno fa con gli amici, per esempio: se lei dice qualche cosa che disorienta l’interlocutore non deve in nessun modo lasciargli il tempo per riflettere, tutto il tempo che gli lascerà per riflettere il suo interlocutore lo userà contro di lei e quindi appena l’interlocutore è smarrito, deve immediatamente spostare l’attenzione su un'altra questione, ciò che rimarrà è il suo smarrimento, che di fronte a una giuria ha un peso non indifferente, la giuria penserà che di fronte a questa questione si è smarrito e quindi o ha la coscienza sporca oppure se è in un agone dialettico non sa come obiettare e quindi non ha elementi sufficienti, in ogni caso avrà perso. Un agone dialettico è un po’ come una gara di scherma, deve cogliere la minima disattenzione dell’avversario, appena si distrae lei insinuerà un elemento a cui il suo interlocutore non ha pensato e quindi lo colpirà dialetticamente. Come sa una volta, e se non lo sa glielo racconto, i gesuiti, la Compagnia di Gesù fondata da Ignazio di Lojola, addestrava i ragazzini agli agoni dialettici, che si svolgeva, come Roberto sa bene, fra due persone più un giudice, una persona doveva sostenere una tesi e l’altra confutarla; perché facevano questo esercizio? Perché i gesuiti, allora come adesso, addestravano i futuri capi dello stato o dell’industria (i quali siccome avrebbero dovuto governare sarebbero dovuti essere abilissimi nel fare apparire con il loro discorso qualunque cosa, se occorre che appaia il pericolo si deve fare vedere il pericolo, se occorre che appaia la pace, si deve far vedere la pace, indipendentemente da tutto ciò che circonda) e quindi non affermare delle cose ma essere in condizioni di sostenerle di fronte a un contraddittorio. Il contraddittorio è una circostanza in cui una persona afferma una cosa e l’altra cerca di contraddirla, di farla cadere in. Questo esercizio ha avuto dei buoni risultati, almeno per le persone che si sono formate con i gesuiti, come il sottoscritto, almeno in parte poi fui cacciato… adesso non sto a raccontarvi aneddoti sgradevoli ma, dicevo, ha ottenuti notevoli risultati perché un esercizio del genere mostra come qualunque cosa possa essere provata e possa essere confutata. Il buon retore è sempre in assoluta malafede, questo per un buon motivo: essendo sempre in malafede, cioè non avendo nulla in cui credere, nulla da difendere né da proteggere non si distrae mai dal suo obiettivo, è sempre molto attento a ciò che il discorso va facendo, va producendo, a quale piega sta prendendo il discorso; se lei invece è mossa da un furor sanandi oppure da un furor persuadendi, cioè deve persuadére l’altra persona perché convinta di essere dalla parte della ragione, questo furore le impedirà di essere assolutamente lucida e questa lucidità le serve per potere reperire nel minor tempo possibile tutta quella quantità di elementi, di argomenti indispensabili per abbattere il suo interlocutore, se è questo l’obiettivo ovviamente, visto che lei voleva sapere come si fa, dunque sempre in assoluta malafede e mai distrarsi dall’obiettivo che è quello di giungere a provare che la tesi dell’interlocutore è falsa, è necessariamente falsa, e siccome lei sostiene il contrario andrà da sé che quello che sostiene lei sarà necessariamente vero.

Tutto questo che vi sto riassumendo in poche parole, chiaramente è stato descritto in questi ultimi duemilacinquecento anni da coloro che si sono occupati di retorica, certo lo trovate frammentato nella sterminata letteratura intorno alla retorica e all’oratoria. Un buon esercizio è anche leggere l’oratoria sacra, esistono dei testi interessanti: l’abate Bossuet è rimasto celebre per i suoi sermoni, lungo i quali riusciva ad ottenere risultati eccelsi fra i suoi parrocchiani al punto che buona parte delle sue prediche sono state utilizzate da alcuni manuali di retorica per la ricchezza, la mobilità e la persuasività del suo discorso. Buon esercizio sono anche i testi dei gesuiti, come vi dicevo, stavo per dire tutti coloro che si muovono in malafede ma adesso non voglio passare per una persona blasfema, non timorata da dio… dunque grosso modo queste sono le tecniche, almeno quelle principali, per persuadére e quindi vincere un agone dialettico. A lei non deve importare, se intraprende questa via, non deve importare minimamente che cosa sia vero o falso, ma soltanto quali sono i modi, quali sono gli argomenti e quindi le argomentazioni più utili per giungere all’obiettivo a cui lei vuole giungere e nient’altro che questo. In questo senso dicevo malafede, questo almeno in buona parte della retorica chiaramente. È chiaro che mettere in pratica tutto questo può non essere facilissimo, una delle parti meno semplici è quella di essere in malafede, parrebbe la più semplice e invece no, è una delle più difficili, perché sicuramente lei crederà alcune cose e quando vorrà provare che le cose in cui lei crede sono vere, lei sarà distratta da questo compito, cioè dal fatto che essendo le cose in cui lei crede vere dovrebbero quasi magicamente mostrarsi da sé, e quindi cercherà soltanto di convogliare l’interlocutore a riconoscere qualcosa che ritiene essere vero di per sé. Questa è una operazione da non fare mai se ci si trova in un agone dialettico, mai cercare di persuadére l’interlocutore di qualche cosa, perché occorre distinguere fra cercare di persuadére qualcuno dalla situazione differente che è quella di un agone dialettico, sono due situazioni totalmente differenti. La prima è quella che ho descritto, cioè del come persuadére altri a fare ciò che io intendo che facciano, la seconda invece è come abbattere una qualunque obiezione, che è diverso: se lei abbatte l’obiezione dell’interlocutore non lo avrà persuaso, lo avrà soltanto ridotto al silenzio, quindi dipende dall’obiettivo che lei intende raggiungere utilizzare l’una cosa oppure l’altra, cioè metterlo, nel secondo caso, nell’impossibilità di replicare alcunché, in questo caso occorre che sia in malafede, nel primo lo è già di per sé e quindi non si pone il problema. Il primo cioè il caso in cui intende persuadére qualcuno a fare ciò che lei vuole che faccia, allora in questo caso non deve creargli dei problemi ma anzi fargli credere che glieli elimina, che rende la vita più facile, rende tutto più scorrevole. Come dire: "tu credi questo, certo che credi questo, è l’unica cosa degna di essere creduta, ma non soltanto questo visto che entrambi crediamo questa cosa, non possiamo non credere anche a quest’altra", che è quella che lei vuol fargli credere ovviamente, qualunque sia. Tutte queste operazioni sono note da duemilacinquecento anni, non soltanto i retori ma i sofisti erano molto abili, avevano raggiunto una notevole abilità in questa disciplina che non è più neanche retorica, poi è sempre difficile stabilire dei parametri, chiamare retorica una certa cosa, oratoria o eristica un’altra. I sofisti erano noti per praticare l’eristica, eristica è quell’arte che consiste nel provare una tesi vera e provare altrettanto vera la contraria. Creavano un po’ di smarrimento, però anche loro insegnavano ai giovani rampolli di nobili e ricche famiglie quest’arte che poi è passata di mano ai gesuiti. L’eristica, mai sentito parlare dell’eristica? L’eristica è l’agone dialettico più sfrontato, portato alle estreme conseguenze, come se per esempio lei sostenesse una certa cosa e io sostenessi che la cosa che sostiene è falsa e allora crede vera un’altra cosa e allora comincio a dimostrare che anche quest’altra cosa in cui crede è altrettanto falsa. Un po’ così come ho fatto ultimamente. Ma dove conduce questo? Ivana, dunque a suo parere dove conducono tutte queste cose? A una catastrofe generale? Oppure no, come si diceva negli anni 60, a un mondo migliore? Non conducono alla catastrofe? Perché no? Sì quale per esempio? (…) e ritiene che sia provvisto di tale istinto? (….) come lo ha saputo? Lo ha saputo da qualcuno che glielo ha spiegato, o è una sua conclusione di un ragionamento che ha fatto? Secondo lei perché una persona vuole distruggere qualcun altro? Lasciamo momentaneamente da parte l’istinto che è una questione un po’ ardua a sostenersi, deve avere dei buoni motivi per farlo, no? Per esempio gli americani hanno dei buoni motivi per distruggere Saddam Hussein, Saddam Hussein ha dei buoni motivi per distruggere gli americani e così via, come dire che c’è un buon motivo per distruggere qualcuno o qualcosa, possono essere infiniti ovviamente, e questi buoni motivi da dove vengono se non da considerazioni che sono state fatte, considerazioni che possono anche non farsi in modo articolato, però uno può essere infastidito da una certa cosa anche se non sa perché, ma il fatto che una determinata cosa lo infastidisca non è del tutto casuale, è come se il suo discorso fosse costruito in modo tale per cui un certo elemento, se interviene, deve essere immediatamente eliminato. Le faccio un esempio banalissimo, un fervente cattolico deve eliminare immediatamente qualunque dubbio circa la sua fede, se è un vero credente, qualunque dubbio gli passi per la mente, perché mina la sua fede e va contro il volere di dio. La struttura è la stessa, qualunque elemento che mini in qualche modo un certo sistema viene eliminato, se questo elemento è una persona subisce la stessa sorte, viene eliminata. Pensi alla mafia, come dice Andreotti non esiste, però secondo la tradizione antica invece… ma facciamo finta che ci sia, è una struttura organizzata come lo stato, dove qualunque elemento che intervenga a minacciare l’incolumità dei componenti di questa organizzazione e la stabilità dello stato o comunque di questa organizzazione deve essere eliminata, in che modo? Prima con l’avvertimento poi c’è la corruzione e poi come ultima ratio c’è l’eliminazione fisica che è sempre efficace d’altra parte: l’elemento che minaccia il sistema deve essere eliminato. Immagini il suo pensiero come un sistema costruito con delle regole, le cose in cui crede, i suoi valori ecc. la stessa tolleranza può essere un valore per cui non sopporta gli intolleranti ed è assolutamente intollerante nei confronti degli intolleranti, come dire "non ci sono più assassini, abbiamo ammazzato l’ultimo questa mattina" paradossi un po’ ridicoli, però funzionano, ecco quindi immagini il suo pensiero come un sistema più o meno chiuso fatto di regole e di convenzioni, i suoi valori, le cose in cui crede, questo sistema ha una sua coerenza grosso modo all’interno di sé, se tale coerenza viene minacciata è come se tutto ciò in cui crede, tutto ciò che per lei è importante rischiasse di perdere il suo valore, accade allora che lei si trovi a difendere questo sistema, la mafia fa esattamente la stessa cosa. Magari utilizza la doppietta a canne mozze mentre lei utilizza la persuasione, più nobile e pulita, però la struttura non è molto dissimile, quindi c’è l’eventualità che la persuasione possa portare anche a effetti catastrofici. Lei ha letto per esempio il Giulio Cesare di Shakespeare, ci sono due discorsi, quello di Bruto e poi quello di Antonio. Il discorso di Bruto mira a giustificare l’atto dell’assassinio di Cesare: "abbiamo ucciso Cesare non perché contro di lui ma perché Cesare era un tiranno" e dimostra per quali motivi era un tiranno, che inseguiva la sua sfrenata ambizione e non l’interesse di Roma, "perché fu ambizioso l’ho ucciso" e quindi "lo amavo, ma amo Roma di più". Un discorso nobile quello di Bruto. Antonio, da buon oratore, che cosa deve fare a questo punto? Deve porre le condizioni per dimostrare che l’affermazione di Bruto che ha ucciso non per odio personale ma per salvare Roma e quindi tutti i cittadini è assolutamente falsa, e cioè Bruto ha ucciso per motivi personali, di rancore e invidia. Per potere fare questo ha dovuto compiere un’operazione complessa perché a quel punto era in minoranza, anzi qualcuno cominciava già a rumoreggiare tra la folla e minacciare di non volerlo nemmeno farlo parlare, però lui usa quella figura di cui parlavo prima nota come captatio benevolentiæ e dice mestamente e umilmente che non è venuto lì per difendere Cesare, ma soltanto per seppellire un amico. Chi rifiuterebbe a qualcuno di seppellire un amico? Nessuno, e quindi utilizzando questa captatio benevolentiæ ottiene l’attenzione dell’uditorio e così lo fanno parlare, dopodiché incomincia a riprendere i vari punti del discorso di Bruto, ovviamente quelli che gli servono, non tutti, solo quelli che gli servono e giunge a concludere, con vari passaggi, che Bruto ha ucciso un uomo il quale aveva fatto grande Roma, il quale prima di morire ha scritto un testamento in cui lascia una quantità enorme di beni ai cittadini, ha arricchito le casse dello stato sollevando la popolazione da infinite tasse (un discorso che funziona sempre a tutt’oggi) e che in definitiva ha reso Roma grande e se esiste l’impero di Roma è perché Cesare lo ha fatto ma, dice Antonio, che Bruto sostiene che Cesare era ambizioso, Cesare vi ha fatto grandi, fu ambizione questa? Ma Bruto è uomo d’onore… insomma giunge mano a mano al suo obiettivo e cioè a scatenare la guerra civile e conclude "malanno ormai sei scatenato, segui il corso che vuoi" ha acceso gli animi, le persone correvano per le strade ad inseguire Bruto, Cassio e tutti quegli altri autori del complotto per ucciderli, loro si rifugiarono poi fuori Roma, organizzarono un esercito e scoppiò la guerra civile. Come accade. Chiaramente è una ricostruzione di Shakespeare, molto bella, testimoni oculari non ce ne sono più ma rimane la considerazione che la parola può avere un notevole potere, anche perché tutto ciò che lei crede, immagina, pensa, opina, tutto ciò di cui lei è fatta in definitiva, tutto ciò che lei è, è costruito dalle parole, né più né meno…

- Intervento: Pensavo che spesso in televisione ridicolizzano l’uomo politico concedendogli però tutto l’assenso quando si suppone possa fare il proprio interesse…

Sì certo, la televisione, non sapevo che la usassero per fare queste cose perché io non posseggo un televisore e quindi non so cosa dire, però di fatto da tempo la televisione utilizza la quinta parte della retorica e praticamente solo quella, quella che era nota come ypocrisis o actio per i latini e cioè l’agire o l’azione, i retori la usavano per mimare il loro discorso e per rendere con l’azione più efficace il loro discorso, adesso il discorso in quanto tale è ridotto a poco, c’è soltanto l’agitarsi di telecamere che inquadrano ora questo ora quello; se si vuole per esempio ridicolizzare qualcuno lo si prende e lo si fotografa in un momento particolare, quando si gratta la testa, quando fa qualche malanno, come dire questo è il simbolo, l’emblema della persona… cosa che viene utilizzata continuamente. Ciò che viene messo in atto è che ridicolizzando qualcuno non è sempre necessariamente il volere distruggerlo, può in alcuni casi essere fatto differentemente e cioè per mettere in luce un aspetto umano più tenero, per esempio, una sorta di benevola presa in giro, la quale favorisce il personaggio perché lo rende più vicino ai telespettatori. Come dire: guarda, anche lui è uno di noi, è come noi anche lui si gratta il naso quando gli prude, anche lui fa queste cose. La retorica oggi avvale sicuramente del mezzo televisivo, prendete per esempio il telegiornale, viene montato come si monta un film, il montaggio può inquadrare degli elementi dando quindi risalto a un particolare aspetto, esattamente così come si costruisce un discorso, dando risalto a un dettaglio, mettendolo in gran luce e sorvolando su altri, anziché con la parola lo si fa con la telecamera e cioè quella che i greci chiamavano la ypocrisis, l’azione. Dopo avere per esempio montato una scena dove i bambini muoiono di fame e straziati dalle bombe a mano, mostro un personaggio che devo demolire, il quale si abbuffa al ristorante assieme con gli altri a spese del governo, e il telespettatore dice "guarda, questi muoiono di fame, straziati dalle bombe e lui se ne sta lì al ristorante, dove si paga trecentomila lire a testa a farsi le sue abbuffate, maledetto tu e tutta la tua specie, se aspetti che ti rivoti, te lo scordi". Naturalmente montare il telegiornale comporta una intenzione, esattamente come una argomentazione retorica, se deve demolire un avversario farà in un certo modo, se vuole metterlo in buona luce allora non lo farà vedere che si abbuffa dopo lo spezzone filmato dei bambinetti straziati dalle bombe, ma lo inserirà in un altro momento, dopo una ripresa di un terremoto lo riprenderà mentre accorre e si precipita a porgere i primi aiuti ai terremotati o mentre pilota lui stesso una colonna di aiuti a questa gente, e il telespettatore dirà: "Guarda, però è uno dei pochi che si muove e fa qualcosa di concreto, tutti gli altri fanno solo un sacco di chiacchiere, almeno lui si alza dalla poltrona e fa qualcosa per qualcuno, merita di essere votato. C’è tutta una organizzazione che si occupa di fare questo, persone che studiano come organizzare, come montare un telegiornale, cioè hanno una infinità di pezzi, che poi si tratta di utilizzare; così come il reperimento del materiale, quella che nella Grecia antica era nota come la prima parte della retorica, la eúresis, o inventio in latino: trovare le cose da dire, una volta che si hanno occorre disporle in un certo modo, una volta disposte in un certo modo, vanno dette in un certo modo, e una volta occorreva mandarle a mente, adesso non serve più perché ci sono le telecamere. Dunque avere a disposizione materiale e poi disporlo in un certo modo, taxis dei greci, la dispositio, come lo disponiamo? A seconda di cosa si vuole ottenere, se invece, a proposito di un certo popolo, anziché mostrare i bambinetti affamati e straziati dalle bombe a mano faccio vedere invece maschi adulti che tagliano la testa a dei bianchi (supponiamo che loro non lo siano) allora non sono più povera gente che ha bisogno di un aiuto, anziché medicinali e viveri gli si manderanno i carri armati, nel senso che una operazione del genere, per esempio se si ha in mente una operazione militare favorisce questa operazione, la favorisce nel senso che si cerca di diminuire almeno l’eventuale opposizione, uno si oppone però dice "ti opponi però la più parte della gente è con noi, tutti vogliono andare là e distruggere questi disgraziati" oppure "tu vuoi andare là e dargli una mano" (a seconda dell’intenzione del momento") e quindi sono operazioni retoriche, certo! Utilizzando lo strumento della telecamera viene montato… adesso facevo l’esempio del telegiornale, ma così come ogni altra cosa, così come gli antichi greci o latini, insomma gli oratori montavano e montano a tutt’oggi un discorso retorico, con la stessa attenzione, con gli stessi criteri, a seconda dell’obiettivo che si vuole raggiungere, se Antonio e Bruto avessero avuto a disposizione la televisione avrebbero fatto differentemente.

- Intervento:…

Nel discorso occidentale, almeno dopo la riforma, il denaro ha assunto un’importanza notevole, come se fosse caro a dio. Soprattutto da parte calvinista, però non in tutto il mondo è così, è difficile per esempio fermare degli integralisti islamici offrendo loro del denaro, se ci prova rischia moltissimo, una raffica di mitra nello stomaco potrebbe essere fastidiosa, perché lì i valori sono differenti, anche se chiaramente nel mondo islamico gira una quantità enorme di quattrini, ma una quantità di persone non sono sensibili né si fermano di fronte ai quattrini e una argomentazione costruita su questo avrebbe poco effetto. Certo, se un’argomentazione del genere è posta nella borghesia inglese allora sì, per esempio: "guardate che se fate così lo stato si impoverisce e noi vi carichiamo di tasse…"

- Intervento: mi domandavo se la retorica del denaro può fare a meno della parola…

Comunque trasmette un’informazione e se una persona dà del denaro ad altri ha sempre un buon motivo per farlo, e se uno cerca del denaro ha dei buoni motivi per cercarlo e andrà da chi glielo offre e ci sono sempre comunque a fondamento delle argomentazioni che muovono e a cercare denaro e quell’altro a darglielo eventualmente. Il denaro di per sé, se non c’è qualcuno che lo fa funzionare, che gli attribuisce un senso, può essere nulla. È sempre comunque qualche cosa che è inserito all’interno di una struttura, di un sistema linguistico, per cui assume di volta in volta varie funzioni…

- Intervento:…

Ritiene che la retorica sia uno strumento utile o totalmente inutile? (…) se usato è generalmente per un motivo e quindi per chi lo usa, almeno per lui sarà utile, dal momento che nessuno cerca di persuadére qualcuno se non ha un motivo per farlo, qualunque esso sia, anche solo per divertirsi…

- Intervento: Un motivo può essere la libido docendi.

"Libido docendi"? Sì, può essere qualunque cosa, però è sempre qualcosa che muove così come c’è sempre qualcosa che muove a parlare, a dire qualunque cosa sia. "Libido", è un termine che Freud ha utilizzato per indicare una spinta che non sapeva descrivere altrimenti, che a suo parere era mossa comunque dalla sessualità. Ritiene sostenibile ciò che afferma Freud? (….) Saprebbe provare che è necessariamente falso? Non ci prova proprio, cioè starebbe male se ci riuscisse, ho capito, va bene allora lasciamolo così…

Mostrare questi aspetti all’interno del proprio discorso è ciò che ha in animo di fare questo nuovo personaggio che si delinea all’orizzonte, cioè l’analista della parola, mostrare come è costruito il proprio discorso, su che cosa e per quale motivo, quali proposizioni, quali assiomi, quali principi sostengono il proprio discorso e cioè che cosa muove a credere le cose in cui si crede e a fare le cose che si fanno, un’operazione che più che al retore è prossima al sofista, in modo da consentire a ciascuno che abbia voglia di farlo di non essere costretto dalle proprie argomentazioni a fare cose che magari non hanno nessun interesse, così come accade di essere costretti da quelle di altri, come dire che se io credo questo allora se credo questo è necessario che faccia questo. Ma perché credo questo? Ci credo perché fa parte del sistema che devo difendere, ma perché difenderlo, da chi se non da me? C’è l’eventualità di accorgersi che magari questo operazione complicatissima e molto dispendiosa non è necessaria. Questa operazione di difesa delle proprie credenze e delle proprie superstizioni, dei propri tic è ciò che Freud, per evocare l’amico che mentovava prima una amica, indicava prima come nevrosi, già… e quindi martedì 19 gennaio 1999 d.C. il titolo sarà questo: Il nuovo mestiere: l’analista della parola. Parlerò in dettaglio di questo nuovo personaggio che si profila all’orizzonte…

 

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