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Giornata di Studi LUNIPSI

14 novembre 2015

 

Intervento di Luciano Faioni

 

Non è facile intervenire oggi intorno alle questioni che sono state poste. Si potrebbe incominciare da ciò che diceva all’inizio Rossella intorno alla follia omicida. È una delle cose più umane che si possano immaginare, anzi, è proprio ciò che definisce gli umani, visto che da quando esistono fanno prevalentemente questo, cioè uccidersi gli uni con gli altri. È una questione che sicuramente ha interrogato da sempre, interrogato anche in modo molto violento, fino alle guerre. Però, c’è da dire che questo modo di esistere degli umani, da quando esistono, da quando c’è traccia di loro, è il modo più comune di relazionarsi tra loro, anche se non si arriva a dei livelli di violenza così terribili, perché si manifesta attraverso la prevaricazione, attraverso il desiderio di imporre una verità, qualunque essa sia. Ciascuno, è questo il “problema”, quando pensa qualcosa immagina che le cose che pensa siano vere, cioè che in qualche modo descrivano uno stato di cose e se le cose stanno in quel modo è ovvio che chiunque pensi differentemente sia nell’errore e quindi vada ricondotto alla ragione, in un modo o nell’altro. Come si è situata la psicoanalisi in una cosa del genere? Ha fatto sicuramente delle considerazioni a partire già da Freud. Dopotutto, se qualcuno si chiede che cosa è la psicoanalisi si potrebbe anche rispondere che è quella teoria che è stata inventata da Freud. La psicoanalisi si è interrogata sul perché gli umani fanno questo, al punto che appare una delle proprietà, uccidersi l’un l’altro, per potere imporre qualche cosa, qualunque cosa sia; certo, uccidere è il caso estremo ma ci sono molte vie intermedie. Ma, dicevo, procede dal fatto che affermando qualche cosa si immagina di affermare qualche cosa di vero, cioè di stabilire, di definire, di descrivere uno stato di cose. È possibile ovviare a una cosa del genere? Probabilmente no. Si può, però, tenerne conto. Certo, la psicoanalisi è intervenuta in vario modo muovendo delle domande. Ecco, come dicevo tempo fa a degli amici, se proprio dovessi rispondere alla domanda “che cos’è la psicoanalisi?” direi che è una domanda, una domanda estrema, che domanda al di là dell’immaginabile, e continua a domandare. Domandando si trova di fronte a dei concetti, a delle affermazioni, a tantissime cose che vengono rimesse in discussione, in gioco, comunque interrogate. Interrogare non è sempre facilissimo, perché ciascuno immagina di avere trovato qualche cosa di stabile, di fisso, sul quale allora ci si ferma. Invece, continuare a domandare comporta l’interrogare circa la psicoanalisi stessa, non tanto che cosa sia la psicoanalisi, dire che cos’è la psicoanalisi è in sé niente, basta dare una definizione a bell’e fatto, data una definizione, la psicoanalisi da quel momento diventa quella cosa lì, qualunque cosa essa sia, però una volta stabilito qualche cosa questo qualche cosa diventa un punto fermo, qualche cosa di acquisito. Per esempio, la domanda che si è formulata prima, e cioè se la psicoanalisi sia oppure no una scienza, forse la domanda dovrebbe essere questa, “perché mai la psicoanalisi dovrebbe essere una scienza?”. A che serve dire che sia una scienza? Che se ne fa? Forse perché una scienza dice come stanno le cose? Certo che no. Anche se, se la psicoanalisi fosse una scienza avrebbe maggiore successo, almeno nei media, nel luogo comune, questo sì probabilmente.

Quindi, ecco che la psicoanalisi potrebbe continuare a interrogare, cioè continuare a puntare a ciò che le è più proprio e che forse sa fare meglio, continuare a interrogare senza smettere mai, non tanto per trovare delle risposte, anche se una risposta può intervenire ovviamente, ma come un altro modo per rilanciare la cosa. Certo, questo toglie la possibilità di affermare delle cose, di descrivere le cose in modo tale da credere che sia proprio così…

Intervento: …l’esigenza degli umani è la stabilità…

Ogni volta che si afferma qualche cosa lo si ferma in effetti, gli si dà della stabilità. Questo è inevitabile parlando, è necessario che qualcosa si fermi, diventi stabile per potere proseguire. Però, questa stabilità viene fornita da un certo elemento, linguistico per lo più, e che ha la funzione solamente per potere proseguire. È stata scambiata questa stabilità, cioè il fatto che parlando si affermi qualche cosa, con il fatto che le cose stiano proprio così, e cioè che questa stabilità sia una stabilità ontologica. Però non è un problema, nel senso che non comporta una difficoltà, semplicemente si tratta di attivare la propria curiosità, quella intellettuale nel rilanciare la domanda, la cui risposta è sempre insoddisfacente. Ma che cos’è, di fatto, insoddisfacente? È difficile a dirsi perché si tratterebbe di vedere che cos’è che una risposta dovrebbe soddisfare, l’esigenza di stabilità? Ma questa viene da sé nel momento stesso in cui si parla, parlando affermo continuamente delle cose, quindi, le stabilizzo. Ma le stabilizzo e poi si destabilizzano in un attimo, e si procede così ininterrottamente, da sempre. Certo, intervengono delle fantasie per cui si cerca una stabilità, senza avere neanche tanto chiaro che cosa si dovrebbe stabilizzare. La psicanalisi non è che fornisca stabilità, semplicemente dà l’occasione, per chi abbia voglia di farlo, di continuare a pensare, cioè a domandare, fornisce questa occasione. Non si tratta di dare risposte, anche se una qualunque risposta è utile se si pone come un avvio per un’altra domanda, propriamente è il modo, il mezzo per continuare a domandare. Di sicuro non è una chiusura, se diventa una chiusura allora diventa la verità, e la verità va difesa a tutti i costi, va imposta soprattutto. È curioso che parlando si cerchi di persuadere qualcuno di qualche cosa, appare quasi inevitabile, anzi, dicevo all’inizio che è proprio inevitabile, però è possibile saperlo, è possibile sapere che cosa si sta facendo mentre si parla. Ecco, la domanda “che cos’è la psicoanalisi?”, se uno proprio dovesse dirla tutta allora dovrebbe incominciare a chiedersi che cos’è il “che cos’è” per potere avere una risposta soddisfacente, e poi sapere che cos’è una risposta e a quali condizioni qualche cosa viene accolto come una risposta, e perché quelle condizioni e non altre. Questo è un modo di procedere che non si usa nel cosiddetto quotidiano. però in ambito teorico potrebbe essere molto utile per potere continuare, solo per questo.