L'INQUISIZIONE È SEMPRE SANTA
12 aprile 1996
Sulla stampa di oggi hanno messo, come titolo dell'intervento di questa sera, solo "Inquisizione", va bene. L'Inquisizione è un aspetto importantissimo nel discorso occidentale, direi essenziale, perché si occupa di fare ravvedere chi è nell'errore. L'Inquisizione fa questo, nient'altro che questo. D'altra parte cosa fa per lo più ciascuno quando cerca di persuadere il prossimo della propria ragione? Compie un'operazione che punta a costringere l'altro alla ragione, perché quello che io credo, necessariamente lo penso vero, o può darsi che ciò che io credo, questo sappia anche essere totalmente falso? Non lo crederei, quindi è necessariamente vero. Essendo necessariamente vero è logicamente impossibile che se qualcuno sostiene un'altra tesi, questa possa essere altrettanto vera. E fin qui, come suole dirsi, non fa una grinza. La questione che si tratta di affrontare è questa, e cioè come ciascuno si trovi a pensare che ciò che crede sia vero, non tanto come faccia, perché tutto sommato è una cosa che avviene perlopiù, ma a immaginare che ciò che dice corrisponda al vero senza che questa corrispondenza in nessun modo possa stabilirsi. Sembra quasi un atto di autorità, anche se poi di fatto non è pensata in questi termini, ciascuno cerca di persuadere o convincere il prossimo perché le proprie tesi le immagina giuste, corrette, vere, come preferite. Dicevamo dell'Inquisizione, fa la stessa cosa, e cioè persuade colui che è in errore mostrandogli la retta via e deve purificarlo dall'errore, va emendato.
Sto riflettendo in effetti sulla straordinaria prossimità tra la struttura dell'Inquisizione e il discorso di ciascuno, in ciascuna circostanza, che cerca di persuadere il prossimo, o anche semplicemente confortare le proprie opinioni, c'è l'eventualità che avvenga un processo molto simile, se non addirittura identico. Perché ciò da cui si muove è questo: e cioè io ho ragione, il vero corrisponde a ciò che io dico. Poi ultimamente si è aggiunta una variante che prima non c'era, ma è una variante marginale. La variante consiste in questo, che nell'ammissione dell'eventualità che la mia stessa opinione possa non essere corretta, questo sia soltanto per un errore di valutazione, posso in effetti non avere valutato correttamente i fatti, ma una volta valutati correttamente, i fatti parlano da soli. Si usa dire così, e parlando da soli dicono come stanno le cose. Questo effettivamente nell'Inquisizione non c'era, non c'era la possibilità che l'inquisitore avesse torto, non c'era perché mossa direttamente da dio, e come sappiamo dio non può mentire, per definizione. Però se voi riflettete bene, effettivamente anche questa eventualità, e cioè che ciò che io credo possa non essere vero, è sempre una sorta di sospensione momentanea, perché non appena io mi rendo conto di come stanno le cose, ecco che allora io dico il vero, a quel punto non posso più ingannarmi. Ed è a quel punto infatti che la questione si pone, potremmo dirla così, in termini terroristici, nella supposizione che se io potessi conoscere esattamente i fatti allora questi parlerebbero da soli, mi farei cioè soltanto portavoce delle cose così come stanno. Le cose stanno così, io posso soltanto dirlo, quasi sottraendomi e cioè sbarazzandomi di qualunque responsabilità rispetto a ciò che dico, se i fatti sono questi, che posso fare io? Soltanto esporli, esporli innocentemente, così come sono. Ora, per l'Inquisizione i fatti sono la parola di dio, ciò che dio ha stabilito, e per me? Cosa sono esattamente i fatti? Posso dire: le cose come stanno, con questo non è che abbia detto moltissimo, sono esattamente al punto di partenza, e come stanno? Così, come io dico che stiano, o come altri confermano che sono? Ma se è l'appoggio o l'approvazione altrui che mi serve posso trovarla. Anche gli inquisitori avevano l'appoggio di una quantità notevolissima di persone, non avrebbero potuto fare nulla da soli.
I fatti sono considerati quelli che non mentono, per definizione, il fatto è quello che è, posso interpretarlo male, abbiamo detto prima, però se rettamente interpretato non può mentire, come dio, non può mentire per definizione. Questo è curioso, molto curioso che si pensi che le cose si diano così, da sole, quasi per una loro volontà, ma quali cose? Quelle che sono tali, quelle che io dico che sono tali. Una volta stabilito che le cose stanno così ecco che esattamente come per l'Inquisizione, si tratta di fare in modo che altri le accolgano, non le accettino, badate bene, non si tratta di accettare qualcosa ma di accoglierla come necessaria. Provate a considerare l'eventualità che i fatti così, come si chiamano, potete intendere come fatti qualunque cosa, il fatto di trovarvi qui in questa sala, il fatto che un grave lasciato libero cade puntando dritto verso il centro della terra, più o meno, o qualunque altra cosa. Faccio questi esempi perché sono quelli più radicati nel pensiero occidentale attuale, qualche tempo fa era molto più accreditato e sicuro il fatto che dio esistesse, nessuno avrebbe mai ucciso qualcuno perché negava la legge di gravità, mentre veniva ucciso se negava l'esistenza di dio, per esempio. Con questo stiamo dicendo che ci sono delle, o meglio, esiste una struttura nel discorso molto particolare che è una struttura molto potente, che dice che le cose che si dicono, che si vedono, esistono, In tutto questo si penserebbe di non aver detto un granché e in effetti non si è detto un granché, si è detto che esistono, e dicendo questo non si è andati molto lontani. La nozione di esistenza, come abbiamo già accennato anche in questa sede, è un significante e, dicevamo qualche tempo fa, non so se ricordate, a proposito di una qualunque cosa, l'affermazione che qualche cosa esiste, comporta necessariamente che l'esistenza esista oppure no? Allora provate a considerare i fatti, qualunque fatto, a un certo punto sarete indotti a arrestare le vostre ricerche dicendo che è così perché è così. E in effetti non ci saranno molti altri motivi, se non il timore di andare contro il buon senso, e cioè vale a dire andare contro tutto ciò che è creduto dai più o per lo più. Come se andando oltre un certo punto ci fosse il nulla, il vuoto, la pazzia, cioè in definitiva qualcosa di non tollerabile, di non ammissibile, di non sostenibile. Ecco, di non sostenibile, non è possibile sostenere qualcosa che neghi tutto, già gli Scettici erano criticati per questo, se nulla esiste allora neanche questa affermazione esiste. Questo già duemila anni fa avevano individuato perfettamente, ma di nuovo, dire che nulla esiste è, in prima istanza, una proposizione, una proposizione che afferma qualcosa. Ma questo qualcosa ha un referente da qualche parte oppure no? Perché c'è l'eventualità, così come alcuni intravedono, che non abbia nessun referente. Ma allora le cose che esistono, che vedo e che incontro? Da dove viene questa domanda? Da una struttura che la rende possibile e per la quale è previsto che io possa farmi questa domanda. Come una sorta, dicevo l'altro giorno agli amici, come una sorta di gioco linguistico. Immaginate tutta questa serie di domande, di proposizioni, come giochi linguistici che prevedono delle regole, delle procedure, ma rimangono dei giochi, anche questo che stiamo facendo è un gioco linguistico e si attiene a delle regole, a delle procedure, non è possibile giocare senza regole. Le regole sono quelle proposizioni che limitano la possibilità di muovere, e così ciascun discorso è mosso da regole. Per esempio una di queste è quella che vieta di affermare e negare la stessa cosa, se non dando questa cosa come già affermata e allora diventa una variante, una figura retorica, però come è noto anche una figura retorica necessita di un elemento che non sia variante ma sia invariante, se no rispetto a che cosa varia? Ora possiamo anche riflettere intorno a questo, ma ciò che ci interessa è intendere su che cosa, o meglio ancora qual è la struttura che consente di porsi alcune domande e di non porsene delle altre, per esempio, non porsene perché, come dicevo prima, senza senso, oppure vanno contro il senso comune.
Tempo fa facevamo questa operazione di provare e confutare delle affermazioni, qualunque fossero, perché questo è possibile? È possibile semplicemente perché nell'un caso si fa un gioco, nell'altro se ne fa un altro. Ma esiste una terza possibilità per cui si dia l'eventualità che qualcosa non sia un gioco? No. Non dandosi questa possibilità, non dandosi cioè l'eventualità che qualcosa possa essere fuori dalla parola, ciascuno ha l'occasione di incontrare in ciascun passo e di confrontarsi con il gioco, chiamiamolo così, un po' sulla scorta di Wittgenstein, il gioco che sta giocando in quel momento. L'Inquisizione non gioca o, potremmo dire che gioca in questa accezione, che non sa di giocare, pensa di fare sul serio, cioè di fare qualcosa che è fuori gioco, ma di fatto sta facendo un gioco che ha delle regole precise, anzi precisissime. E se noi ci chiedessimo se il gioco che fa l'Inquisizione sia migliore o peggiore di quello che fa una qualunque altra cosa? Ponendoci questa domanda noi stiamo facendo un altro gioco che prevede che ci si faccia questa domanda e così via all'infinito. È una questione bizzarra questa, perché in effetti o cogliamo l'eventualità che ciascun atto linguistico sia inevitabilmente un gioco linguistico, che ha delle regole, ciascun gioco le sue, oppure siamo inevitabilmente indotti e condotti a pensare che ci sia almeno una cosa che non sia un gioco, e rispetto alla quale tutti quanti siano giochi, e così generalmente si immagina. Potremmo, anziché chiamarlo gioco linguistico, chiamarlo semplicemente atto linguistico, in effetti è la stessa cosa, indichiamo impropriamente con gioco, proprio per sottolineare un aspetto che nel discorso occidentale è tenuto in considerazione particolare, e cioè l'aspetto ludico che è considerato sempre qualcosa di differente da quello reale, cioè come quello che non finge. È una questione complessa, tutt'altro che semplice, va da sé che, come dicevo prima, il discorso che sto facendo sia un gioco linguistico con delle regole, per esempio questo gioco che abbiamo chiamato Sofistica ha delle regole e delle procedure. La regola che abbiamo accolta è quella che dice che accoglieremo soltanto proposizioni che non possono essere negate, tutto qui. Non è una scelta né migliore né peggiore di qualunque altra, forse consente soltanto una maggiore mobilità del discorso, ma anche questo fatto, che sia maggiormente mobile, di per sé non è né meglio né peggio di qualunque altra cosa. Rinunciare a questo pensiero che ci sia un elemento extralinguistico... Constato da tempo che è straordinariamente difficile, talvolta sembra quasi impossibile, e non senza sorpresa, perché in effetti potrebbe risultare molto più sorprendente credere una cosa del genere, visto che tutto sommato, per lo stesso gioco in cui si trova questa credenza, il dimostrarla, sostenerla o provarla non è possibile, e quindi darebbe da pensare che sia una cosa incredibilmente bizzarra che siano pensabili cose che questo stesso discorso che le immagina pensabili, in nessun modo può stabilirle, direi quasi per definizione eppure... E` un discorso che avevamo fatto anche tempo fa, rispetto al discorso occidentale, che per la sua stessa struttura esige che qualunque sua affermazione sia provata e simultaneamente, sempre per la stessa struttura, rende questa operazione impossibile. Dicevamo che è una struttura ben bizzarra questa, ciononostante è quella in cui ciascuno si trova, in un modo o nell'altro, perché se fosse preso effettivamente alla lettera, questo tipo di gioco, nessuno mai, in nessun modo e per nessun motivo potrebbe chiedere conto né chiedere ad altri di provare le proprie ragioni, le proprie affermazioni, sarebbe una follia, una domanda senza senso e invece... Sembra invece che questa struttura, che di fatto è una struttura linguistica, si inserisca in ciascun aspetto del discorso occidentale, e cioè l'esigenza, la necessità, la pretesa di qualche cosa che in nessun modo può essere dato.
Ci sono alcune strutture di discorso di cui parla Freud, che fanno il verso a questa, chiamiamola bizzarria, come il cosiddetto discorso ossessivo, che per una serie di fantasie fa di tutto per costringere altri a fare qualcosa che, appena avranno fatta, verrà critica, demolita, distrutta, per una serie di passaggi che adesso non vi illustro, ma c'è l'eventualità che anche i discorsi di cui parla Freud, questa nosografia che ha inventata, i vari discorsi, isterico, ossessivo, schizofrenico, paranoico, alcuni ci mettono anche quello autistico, poi ciascuno ci mette quello che vuole, siano una sorta di prodotto inevitabile di una struttura di discorso, che è inevitabilmente e strutturalmente paradossale. Ma quando il paradosso crea qualche problema? I logici si sono trovati di fronte alla questione e taluni hanno anche intravisto il modo di dissolverla, il paradosso sorge quando una questione mostra due aspetti che sono tanto inevitabili quanto incompatibili fra loro, se no non c'è nessun paradosso. Ma per vero che cosa si deve intendere a questo punto? Qualcosa che è considerata fuori dal gioco, fuori dal gioco linguistico, e qui torniamo alla nozione di dio, che è l'unico che in effetti sia posto in questa posizione legittimamente rispetto a una serie di discorsi, ma di fatto tutto ciò che è pensato essere fuori dal gioco è pensato essere necessariamente identico a sé, ma identico a sé non per una sorta di regola del gioco, ma una identità a sé che è così e basta. Posso costruire un gioco dove non posso negare l'identità di un termine per esempio, così come è fatto, per esempio il discorso di cui mi sto avvalendo, in questo linguaggio in cui mi trovo devo necessariamente accogliere l'identità dei termini che uso, cioè ciascun elemento che interviene nel mio discorso è quello e non un altro, se fosse un altro il discorso sarebbe un altro e quindi è necessariamente quello che è, ma questo non è un dato di fatto o un'ipostasi, è soltanto una regola del linguaggio, posso cambiare la regola e stabilire che non c'è nessuna possibilità che vi sia un solo elemento identico a sé, cambio le regole del gioco e dico a questo punto che perché vi sia un elemento identico a sé, occorre che questo elemento sia ripetibile allo stesso modo, ma c'è qualcosa su questo pianeta che possa dimostrarmi che questo elemento che ripeto è esattamente quello di prima? No. Non soltanto ma il fatto di ripeterlo, già pone questo elemento come un altro elemento, un'altra cosa, non è più quella di prima, quella di prima non c'è più. Non c'è non soltanto modo di potere stabilire che un elemento è identico a sé, ma nemmeno la questione può porsi. E allora? Allora abbiamo fatto soltanto due giochi, con regole differenti. Ma allora è vero che gli elementi sono identici a sé oppure è vero che differiscono da sé? Dipende da quale gioco si sta giocando, ma c'è la possibilità che una delle due sia necessariamente vera? No, non c'è. Non c'è perché anche questo discorso che si pone questa domanda si trova inesorabilmente preso in gioco che ha delle regole, le quali prevedono che io possa chiedere questa domanda, cioè se esista l'eventualità che una delle due sia vera.
Parrebbe non esserci uscita da questa struttura e probabilmente non c'è, è un modo per radicalizzare ciò che già altri, come Wittgenstein, come dicevamo l'altra volta, avevano avanzato. Ora si tratta a questo punto di fare un passo rispetto all'Inquisizione. L'Inquisizione è quel discorso che intende, desidera, pretende, di accertare come stanno le cose. Ora non si tratta di stabilire che questo è male o è bene, non è niente, è soltanto un altro modo di pensare, un altro gioco che si può fare, la questione è che, posta in questi termini, la cosa diventa terribile e impensabile. Tuttavia con gli amici ci troviamo a riflettere invece proprio su questi aspetti, certamente giungendo a considerazioni molto lontane dal luogo comune, molto lontane da tutto ciò che è generalmente pensato o pensabile. Voglio dire questo, che è possibile in questo modo costruire qualunque linguaggio, la questione è che qualunque linguaggio io costruisca non ha nessuna migliore o peggiore legittimità di qualunque altro, e che il trovarsi e chiedersi se il discorso ha oppure no una certa legittimità, già di nuovo è inserito in una struttura che potremmo indicare, come facevamo prima, un gioco linguistico che prevede queste regole, tali per cui io mi posso chiedere se questo discorso ha questa legittimità oppure no. Vedete che è una struttura che non offre via di uscita, ma questo può risultare assolutamente insopportabile, intendo dire che può essere insopportabile il considerare o constatare che non ha senso la domanda che si chiede se ciò che sto facendo abbia un senso oppure no. Dove conduce tutto ciò? Se volete dirla proprio tutta, da nessuna parte, conduce eventualmente, nella migliore delle ipotesi, a riflettere su questa domanda. Va da sé che questa domanda, riferita a qualunque altra cosa, dà sempre comunque la stessa risposta, e dove conduce? Da nessuna parte, qualunque sia il discorso, anche quello più utilitaristico per che si continui a discutere sulla nozione di verità, come dicevo prima può sembrare assolutamente bizzarro, perché si discute su che cosa esattamente? In questi giorni c'è un gran darsi da fare proprio rispetto a questo, in clima di elezioni politiche, ciascuno è costretto, per così dire, a provare che il suo discorso, il suo programma è più vero, più saggio, più utile, più importante, più interessante, in una parola il migliore di quello di ciascun altro. Va bene, ma si tratta, come spesso ci accade in queste circostanze, di trovarsi a portare le cose alle estreme conseguenze, e portando le cose alle estreme conseguenze dobbiamo abbandonare una serie infinita di luoghi comuni o di atti di fede, come dicevamo fin dall'inizio.
Che questo sia, come dicevo prima, di una difficoltà estrema, questo è un altro discorso. Difficoltà estrema perché in effetti si tratta di rinunciare al discorso religioso, e questo sembra non possa farsi, almeno in un certo senso, rinunciare cioè all'idea che ci sia qualche cosa di fermo, di stabile, di sicuro, su cui commisurare tutto quanto, anziché costatare che questo elemento che immagino fermo, rispetto a cui misuro tutto, sia inserito in un gioco linguistico che prevede queste operazioni. Trovarsi a pensare nei termini che sto illustrando, così, anche se molto rapidamente, comporta il trovarsi a muoversi e a dire e a fare in un modo molto differente da quello a cui si è generalmente abituati, in modo per cui ciascuna cosa, ciascun elemento è linguistico, anche se è pleonastico chiamarlo linguistico, perché non può darsi un elemento che non sia linguistico. Ciascun elemento si pone come una domanda, mettiamola pure così, questiona e rilancia le cose. Rilanciandole appunto le rimette in gioco. Se io credo fermamente in dio, mi attengo a un gioco che ha delle regole ben precise, una di queste è quella che mi vieta di negare l'esistenza di dio, per esempio, insieme a molte altre, se io cesso di essere religioso in questo senso, e per esempio credo alla scienza, allora cambiano le regole del gioco, ci sono altre regole che debbo osservare, ma ho soltanto cambiato gioco oppure ho fatto qualche altra cosa? Cioè mi sono avvicinato di più alla verità per esempio o a qualunque altra cosa? È una domanda su cui è possibile riflettere, perché nel caso che io non abbia fatto null'altro che cambiare gioco, allora in questo caso ciò di cui posso rendermi conto è soltanto che questo gioco può eventualmente (ma non in questo caso comunque) darmi maggiore mobilità, in quanto le regole sono ridotte al minimo e cioè sono soltanto quelle che impediscono che il discorso si arresti. Solo questo, qualunque altra mossa in questo gioco è permessa, questa è, chiamiamola la "virtù" tra virgolette di quella che andiamo inventando man mano e che chiamiamo Sofistica. Si tratta di un gioco che consente qualunque mossa, tranne quelle che impedirebbero l'arresto del gioco, nient'altro che questo, si occupa soltanto che il gioco continui, senza porre limiti che non siano quelli detti prima. Va da sé che trovarsi in questa posizione impedisce radicalmente e definitivamente ciò che da tempo indichiamo come il credere, che possiamo indicare così: dare il proprio assenso a una proposizione, immaginando che questa proposizione sia qualcosa di necessario.
Mi rendo conto che forse le cose sembrino un po' complicate questa sera. Ma non sono complicate, tutto sommato sono semplicissime, la questione sta nel, come dire, averci a che fare con queste considerazioni, che di per sé sono banalissime. Dicevo, le cose che sto dicendo non offrono nessuna difficoltà, sono talmente ovvie, talmente banali da risultare difficilmente eliminabili o scartabili come false, come non considerabili. È questo che ha sorpreso in effetti lungo il lavoro che stiamo facendo, la straordinaria semplicità di una struttura che si mostra effettivamente non negabile rispetto al gioco che fa il linguaggio, è come se indicasse quali sono le procedure, cioè tutte quelle proposizioni che non possono eliminarsi, salvo eliminare lo stesso linguaggio. Possiamo indicare come due aspetti del gioco le procedure e le regole, le procedure come tutto ciò che non può eliminarsi dal linguaggio, senza che lo stesso linguaggio si dissolva, e indichiamo con regola ("regula" una volta era l’asticella che si usava per misurare), tutto ciò che queste procedure consentono ciascuna volta, però limitando delle mosse del gioco, perché se il gioco avesse mosse non limitate, cioè se non ci fossero mosse che sono non concesse dal gioco il gioco non esisterebbe più.
E così potete pensare qualunque gioco, che vieta necessariamente delle mosse proprio perché il gioco possa darsi. Un modo dunque, dicevo, di considerare le cose che sbarazza tutto ciò che risulta negabile, ma lo sbarazza in un'accezione particolare, non è che lo tolga di mezzo, no, rimane lì, ma con questa assoluta consapevolezza che è assolutamente negabile. Ora per un'altra regola del linguaggio, ciò che può essere negabile non posso crederlo, per crederlo devo pensare che possa essere vero in qualche modo, se so con assoluta certezza che è negabile, non posso crederlo. Questo non mi impedisce di utilizzarle evidentemente, ma sicuramente in un altro modo.
Questa sera ho trovato, qui in libreria, un testo di Alessandro di Afrodisia che ha come titolo L'Anima. Si tratta di un testo di Alessandro che rilegge e commenta il De Anima di Aristotele, ed è interessante. Perché letture così disparate? Le cose che mi trovo a leggere sono sempre tantissime, ma per un unico scopo, e cioè reperire argomentazioni, di qualunque tipo, non mi interessa sapere che cosa dice o cosa sostiene, è marginale, anzi il più delle volte non ha nessun interesse, come dire che un testo che sostiene cose assolutamente ridicole può essere invece interessante per il modo in cui lo fa. Reperire argomentazioni e cioè cogliere altri giochi. Se per esempio Alessandro di Afrodisia riuscisse a persuaderci dell'esistenza dell'anima, allora per alcuni, da questo momento l'anima comincerebbe a esistere, altri invece considererebbero soltanto che le argomentazioni che propone sono straordinarie e cioè che sta facendo un gioco che ha delle regole così fatte che gli consentono di giungere a considerazioni difficilmente confutabili.
E perché questo? Perché in qualunque riflessione ciascuno considera sempre l'eventualità di non avere tenuto conto di aspetti che possono eventualmente confutare quello che dice, ma questo di per sé non sarebbe un grosso problema anzi, non significa assolutamente niente, ma soltanto che io, per esempio, non ho tenuto conto di alcuni aspetti, ciò che vado pensando è in qualche modo limitato, cioè non tiene conto di un altro elemento ma non perché se io potessi tenere conto di tutti gli elementi allora direi il vero, questa proposizione non ha nessun senso. Ce l'ha invece per esempio per Popper, perché gioca un altro gioco, il quale prevede che la verità esista e costituisca il parametro di ciascuna proposizione che le si aggiusti, una sorta di aggiustamento, però questo gioco prevede l'atto di fede. Ecco, c'è questa regola che noi non abbiamo accolta, e quindi facciamo un altro gioco, semplicemente. Popper fa male a fare così? Tommaso faceva male a fare come faceva? Che interesse ha, che senso ha questa domanda? Nessuno. La questione è che avviando una, chiamiamola così, nell'accezione più tradizionale, una speculazione teoretica, questa, se portata alle estreme conseguenze si mostra come la cosa che più attrae. Perché in un certo senso è la sola che consente di ripensare qualunque altro elemento come ciò che in definitiva fornisce ciascuna volta qualcosa di nuovo, di inedito, che trascina, letteralmente. Per questo una volta avviata diventa difficilmente rintracciabile, per quale altra cosa? Si interroga, eventualmente, quest'altra cosa e, avendo acquisisti un certo numero di elementi, diventa difficilmente sostenibile, per quanto piacevole e divertente possa essere, però è forse uno degli aspetti più pericolosi, o considerati tali, dal discorso occidentale. Tutta l'istruzione è impegnata a impedire che qualcosa del genere possa verificarsi. Ho detto varie volte della necessità dell'istruzione di produrre una struttura, un modo di pensare (poi l'informazione che qua e là fornisce è soltanto il pretesto per addestrare a pensare in un certo modo) possibilmente tecnico, cioè che insegni come fare, come fare qualunque cosa, dall'aggiustare un rubinetto, a operare chirurgicamente il cervello, o inventare un calcolatore (però già la questione dell'invenzione è differente), si tratta sempre in definitiva di eseguire una tecnica. Non è casuale che sia sempre stata vista con sospetto la persona che non segue necessariamente una certa formazione e invece prende un'altra via, ma questa è un'altra questione ancora. Mi sono reso conto che mi sono trovato a proseguire in termini più radicali quando ho cessato di domandarmi perché faccio tutto questo, o a che scopo, o dove porti o quale ne sia l'utilità, cioè in definitiva quando mi sono accorto di avere cessato di pensare in termini religiosi, come se ciascuna di queste domande ne comportasse infinite altre.
Sentiamo magari se ci sono delle questioni, intanto sull'Inquisizione. Che cos'è l'Inquisizione? È la ricerca scientifica, così come comunemente avviene, e cioè qualunque discorso abbia di mira la verità e pertanto la instauri come ipostasi. Perché l'inquisitore che cosa faceva? Così come ci è stato tramandato, e poi d'altra parte ci sono anche molti manuali sull'Inquisizione, se volete diventare bravi inquisitori c'è il Malleus Maleficarum di Institor e Spränger, due domenicani, e poi quello di Guaccio e altri ancora.
Alcuni manuali spiegano come si riconosce l'eretico e come si corregge e come si elimina. Ecco, dicevo, l'inquisitore interroga l'inquisito appunto perché deve dire la verità, e finché non dice la verità l'inquisitore non è contento, perché a questo punto la sua operazione non è più di salvezza ma è soltanto una eliminazione. Si, può eliminarlo certo, ma l'altro non si è ravveduto, occorre che si ravveda, e quando si ravvede? Quando riconosce la verità. Ora l'inquisito va interrogato in modo opportuno, sul modo opportuno ci sono varie scuole, c'è chi usa le tenaglie, di strumenti ne sono stati inventati a bizzeffe, ma al di là di questo, ciò che è essenziale è che l'inquisito confessi, cioè ammetta il suo errore e dunque riconosca la verità, la confessione è questa, riconoscere la verità, se non la riconosce che confessione è? E quindi va interrogato in modo opportuno, già Platone nel Menone anticipa la questione, lo schiavo Menone se opportunamente interrogato riesce a giungere alla verità. Anche Galilei sosteneva una cosa del genere, l'universo diceva è un libro scritto in caratteri matematici, basta trovare, come direbbero oggi gli informatici, il codice di accesso e si apre tutto, e cioè viene fuori tutta la verità, cioè anche l'universo non mente, confessa...
- Intervento su titoli di libri di Popper.
Logica della scoperta scientifica è il libro che lo ha reso celebre, edito da Einaudi, poi ha scritto molte altre cose però quello rimane il libro che lo ha reso famoso, il pilastro, lì dentro c'è tutto il suo pensiero.
- Intervento sugli inquisitori.
Se l'inquisitore fosse stato preso dal dubbio sarebbe stato messo lui al posto dell'inquisito.
- Intervento...
L'inquisitore, no, perché già lui veniva scelto accuratamente dalla Santa Sede, dal Santo Uffizio per fare l'inquisitore, qualche volta è accaduto che l'inquisitore venisse sedotto da qualche strega, e allora era un problema, perché allora il diavolo si era impossessato dell'inquisitore e veniva bruciato anche lui. È una struttura che non transige, non ammette la possibilità che la parola dell'inquisitore e quindi della Santa Inquisizione potremmo dire, possa essere messa in gioco, perché è la parola di dio. Mettere in gioco la parola dell'Inquisizione è bestemmiare, e chi bestemmia...
- Intervento sulla struttura gerarchizzata dell'Inquisizione.
Si, certamente, l'obiettivo è sempre questo, giungere a fare ammettere l'errore e quindi a fare dire la verità, tutto sommato. Ho raccontato tante volte della prova del lago. Mettevano la strega in mezzo al lago, senza barca evidentemente, e allora se affondava, non era una strega, se stava a galla era una strega e doveva essere bruciata. Era un modo. Però se è facile constatare, perché oggi sono cambiate alcune regole, la ferocia e la stupidità dell'Inquisizione, però ciò che passa, per esempio oggi come il terrorismo scientifico, non è più considerato come Inquisizione...
- Intervento: mi stavo chiedendo che interesse c'è a diffondere...
Ecco potremmo dire così, giusto per concludere, provare a reperire qual è il terrorismo che ciascuno applica nei propri confronti e cioè, in altri termini, qual è la sua personale Inquisizione.