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Torino, 12-5-2010

 

CIRCOSCRIZIONE LUIGI CARLUCCIO

 

 

SCOMMETTERE SULL’INTELLIGENZA

 

Intervento di Beatrice Dall’ara

 

 

 

Ho inserito nella bibliografia questo testo di De Saussure, che conoscerete immagino, se non lo conoscete è colui dal quale è nata la moderna linguistica, dal quale è nata la semiotica, tutte scienze che si trovano a considerare il linguaggio e un altro testo che ho messo nella bibliografia è quello di Wittgenstein “Della Certezza” è l’ultimo testo con il quale Wittgenstein ha chiuso la sua vita e poi ancora un testo di Freud, visto che mi occupo di psicanalisi, può sembrare strano il fatto che una persona che si occupa di depressione, si ritrovi, oltre il testo di Freud che ha inventata la psicanalisi, a consigliare delle letture come quelle di De Saussure oppure di Wittgenstein, oppure posso citarvene moltissimi altri di testi che si occupano di linguaggio ma sarete voi a chiedere e io sarò felicissima tanto per mostrare anche in qualche modo una traccia della nostra ricerca teoretica, questa sera è l’ultimo degli incontri iniziati proprio da una domanda “da Freud ai giorni nostri che cosa è cambiato?” la depressione è diventata una malattia, è cambiato questo, la depressione è una malattia ormai ed è curata con gli psicofarmaci e di questo abbiamo parlato a iosa nelle “puntate” precedenti e quindi non è più considerata, la depressione, un modo di pensare come invece era considerata ai tempi di Freud, un modo di pensare, quel modo di pensare che produce disagio, e sul disagio Freud aveva inventato la psicanalisi, proprio ascoltando il disagio e chiedendosi a quali condizioni era possibile la sofferenza, perché certe persone costruivano con i loro pensieri cose tragiche, nefaste? godevano di queste grandi emozioni tutto sommato che erano date da una storia che il loro pensiero costruiva, proprio ha incominciato ad interrogarsi su questo e ad intendere che sono proprio le persone che hanno la necessità di costruire questo “male” psichico, costruito dalla psiche e lui appunto si era interrogato su questo fino a giungere alle considerazioni cui è giunto cioè che è il pensiero di quella persona che necessita di credere in quelle cose che procurano disagio e da questo disagio non vogliono assolutamente allontanarsi, in effetti lui già allora, parliamo di molti anni fa, all’inizio si era stupito del fatto che le persone andavano da lui, spendevano dei quattrini, perdevano del tempo per compiere questo itinerario e al momento in cui l’analisi progrediva e incontrava finalmente delle questioni importanti e risolutive ecco che la persona in molti casi abbandonava, non voleva proseguire, non voleva proseguire, certo non tutte le persone ma molte persone abbandonavano l’analisi proprio al momento in cui avrebbero potuto intendere qualcosa del loro discorso. All’inizio Freud trovava stranissima una cosa di questo genere poi si è accorto che invece queste persone non potevano abbandonare quel mondo “incantato” incantato tra virgolette, che il loro pensiero costruiva e del quale lamentavano gli effetti ovviamente, insomma erano aggrappati alla loro sofferenza come un bambino è aggrappato alla mamma, vi rendete conto che è difficile avere a che fare con cose di questo genere, una persona vuole sbarazzarsi della sua sofferenza e al momento in cui può farlo ecco che fatica, non vuole compiere questo passo come se dovesse a quel punto mettere in gioco tutte quelle cose che ha creduto, che ha pensato fino a quel momento, ricordate che diceva delle resistenze in analisi? Tuttavia non tutte le persone abdicano a un percorso di pensiero per lo psicofarmaco, per lo psicofarmaco o ciò che fa lo stesso per la credenza o per la religione, qualsiasi religione si ponga come limite a quel pensiero, in questa accezione noi parliamo di religione, poi ciascuno può credere quello che gli pare più opportuno però qualsiasi cosa o credenza, superstizione si ponga come assolutamente vera in un pensiero questo è il limite di quel pensiero, perché non potrà più interrogare, non potrà più fare assolutamente nulla, è un limite, una grossa ingenuità, diciamo così, e dunque noi Scienza della Parola quando nel 1992 abbiamo deciso, provenendo e proseguendo un percorso analitico e avendo la necessita di continuare la ricerca iniziata da Freud, per gli effetti che erano intervenuti, effetti assolutamente strabilianti, abbiamo deciso allora, molti anni fa dicevo, di proseguire la ricerca per dare un fondamento alla psicanalisi, perché non ci bastava più credere in un inconscio che guidasse come dei burattini le persone a compiere quelle cose che tutto sommato dicono che non vogliono compiere, era un limite al pensiero, all’intelligenza e comunque non il fondamento della psicanalisi e in effetti proprio su queste questioni ci sono state le maggiori lotte alla psicanalisi, a questo percorso di pensiero, perché fondare tutto quanto sull’inconscio? Qualcuno poteva anche obiettare e legittimamente, e quindi dovevamo trovare un fondamento e abbiamo continuato la ricerca, abbiamo continuato la ricerca e qui torno a ripetere alcune cose, per non essere costretti a partire da delle superstizioni, da atti di fede, da qualcosa che non fosse assolutamente dimostrabile e, dicevo continuare questa ricerca, ad un certo momento ci siamo chiesti, come avviene in una psicanalisi, abbiamo rivolto a noi, al nostro discorso, a quello che stavamo facendo, le stesse domande che avremmo posto ad un analizzante che vuole proseguire una ricerca e questa è la cosa più importante, soprattutto una domanda fondamentale ci siamo posti “cos’è che consente a una psicanalisi di esistere?” non solo a una psicanalisi ovviamente ma a qualsiasi cosa, per esempio alla scienza, alla religione “che cos’è che consente a qualsiasi cosa di esistere? Qual è la sua condizione?” in una psicanalisi occorre che ci siano due persone che parlano, ci siano dei parlanti, perché una psicanalisi avviene proprio con le parole, non ci sono altri strumenti, non c’è nient’altro per portare la persona a “risolvere” quelli che sono i suoi problemi, e quindi senza cercare cose stranissime questa è la prima domanda che ci siamo posti e alla quale abbiamo risposto, perché si dia una psicanalisi occorre che ci siano dei parlanti che dicono delle cose, ricordate De Saussure? non sto a ripetere tutti i passaggi che ho fatti negli altri incontri e anche Wittgenstein e Freud che poneva una attenzione estrema alle cose che avvenivano parlando, ricordate? e dicevo, la condizione necessaria perché esista una psicanalisi o la scienza o la nevrosi o la psicosi o quel capo indiano là dipinto, tutte queste cose e qualsiasi altra cosa devono la loro esistenza al fatto che gli umani parlano incessantemente, ininterrottamente, perché gli umani non solo parlano, come sto facendo adesso io qui con voi, ma parlano fra sé e sé quando pensano, di che cosa è fatto il loro pensiero? Delle parole che dicono, delle parole che si dicono in prima istanza, e cioè delle considerazioni, dei giudizi, delle domande, delle argomentazioni che si fanno, gli umani sono sempre pronti a considerare quello che dicono gli altri ma nessuno ha mai potuto considerare quello che dice lui in prima istanza, lui, perché pensa quelle cose che pensa, come avviene questo fatto che ad un certo momento la persona si trova a credere che il mondo sia fatto in un certo modo e invece un’altra persona crede che il mondo sia fatto in un altro modo? queste realtà, cioè ciascuno chiama il suo mondo realtà e non si accorge che il mondo per ciascuno degli umani se interrogato è quel mondo particolare che loro dicono, che conoscono da quando hanno cominciato a parlare, quindi il fatto che gli umani parlino ha delle implicazioni che poco, poco se ciascuno ci riflette sono importantissime, il fatto che gli umani parlino e che tutto quanto avvenga all’interno del loro pensiero perché si parlano, comunicano tra loro, traggono giudizi tra loro e tutto questo avviene per via di una struttura, di una struttura che funziona in un certo modo, avviene attraverso una grammatica, avviene attraverso una sintassi e anche quando gli umani affermano che c’è qualcosa che comunque non è linguaggio, lo possono fare soltanto utilizzando il linguaggio, ma dicevo delle implicazioni se ci si sofferma un attimo a considerare come funziona la grammatica, la cosa più semplice di questo mondo. Prendete i verbi: passato, presente, futuro se non ci fossero queste differenze che connotano una realtà passata, una realtà presente, una realtà futura, se non ci fossero, come per esempio, in certe lingue queste distinzioni? infatti ci sono differenze di concetti fra lingua e lingua che dipendono dalla grammatica e quindi dalla sintassi ovviamente ma se non ci fosse per esempio l’imperfetto o il passato come potrebbero darsi i ricordi? Basta riflettere un attimo su una cosa di questo genere, come potremmo dire di ricordare? Oppure di sperare che domani sarà un mondo migliore se non ci fosse questa differenziazione che compie incessantemente la grammatica mentre parliamo? Non ci sarebbe né il ricordo né la speranza…perché è importante in una psicanalisi sapere, sapere che tutto quanto funziona per via di una struttura? Perché la persona, la persona che fa domanda di analisi e di questo abbiamo già parlato abbastanza compiutamente altre volte, perché possa farsi una psicanalisi occorre che sia la persona che chiede di compiere questo percorso se non c’è questo gesto iniziale da parte della persona ecco che alla persona non interessa intendere qualcosa della sua intelligenza, del suo pensiero non gliene importa un granché occorre che ci sia l’interesse della persona ecco perché noi facciamo conferenze perché coloro che per esempio temono la depressione possano sapere qualcosa del loro pensiero, sapere che ci sono ormai degli strumenti precisi, perfetti per intendere perché si pensano le cose che si pensano e quindi si costruiscono tutte quei problemi spaventosi che comporta la depressione, c’è la possibilità perché sappiamo, l’analista deve sapere assolutamente ciò con cui ha a che fare quando accoglie una domanda di analisi, accoglie la persona dopo un colloquio preliminare se ci sono le condizioni, perché questo? perché a differenza di tutte le varie dottrine o religioni che si pongono come quelle che risolvono i problemi, l’analista sa proprio questo che basta accogliere una nuova religione e può funzionare si può diventare illuminati, ma che differenza c’è dallo psicofarmaco? oppure lo psicologo il quale psicologo insegna il benessere, sa cos’è il tenesse e quindi lo amministra “per stare bene devi pensare a queste cose che sono belle e buone e non devi pensare alle altre cose” per esempio, in un controllo totale dell’intelligenza e della libertà, è ovvio che il percorso che noi proponiamo è un percorso dove al centro del nostro interesse in prima istanza è il pensiero, sappiamo di che cosa è fatto, come funziona e sappiamo quali sono gli strumenti perché la persona, se decide di compiere questo percorso possa ascoltare lei in prima istanza le cose che va dicendo e non liquidarle come se fossero delle “cosette” le parole che dice ma confrontarsi con le cose che dice, fino ad arrivare ad ascoltare lei in prima istanza le cose che dice e quindi cominciare la persona stessa ad accorgersi di quelle strade che il proprio pensiero passo dopo passo mette in atto per giungere alla sofferenza, ascoltarsi per accorgersi effettivamente di quelle che sono le cose importanti che valgono per quel discorso, perché se la persona non si accorge di come sia l’artefice di ciò che sta vivendo, costruendo ciascuna volta, per la persona ogni volta sarà nuova questa cosa e si troverà sempre a fare i conti con un mondo esterno che è colpevole lui il mondo circostante, non lei responsabile di ciò che pensa, ovviamente, non il suo pensiero, ma è il mondo esterno che la limita, che la chiude, che la fa soffrire, è così automatico, è così semplice proiettare sul mondo esterno quelle che sono le colpe, le responsabilità perché la persona immagina il colpevole, immagina colui che le è contro, per lo più immagina queste cose, non sa nulla del suo pensiero, non sa che è invece il suo pensiero che costruisce il colpevole anche quando costruisce sé come colpevole e infierisce su di sé perché è colui che lo limita, colui che vuole imporgli la sua ragione, colui che lo punisce ma è il suo pensiero che gioca, gioca perché queste cose avvengano, quante persone si trovano a trasgredire quelle che sono le regole del vivere comune solo perché nel loro pensiero funzionano delle fantasie che datano da quando era piccino e quindi trasgredisce queste regole, perché? Perché vuole essere punito per esempio, Freud scrisse un saggio e ve lo consiglio se avete voglia di leggerlo “Delinquenti per senso di colpa” che è molto interessante, in biblioteca sicuramente ce l’hanno, saranno quindici o venti pagine “Delinquenti per senso di colpa” fa parte di una trilogia di saggi, Freud spiega molto bene in quell’occasione come le persone pur di (entrano nuove persone) dicevo, certe persone non tutte, tenete conto che il pensiero è particolare a ciascuno…ciascun pensiero, ciascun discorso parte da delle premesse che sono sue, sue particolari non si può fare una miscellanea, certo le fantasie sono per lo più sempre quelle ma …allora dicevo “Delinquenti per senso di colpa” in questo saggio lui mostra come delle persone che “soffrono” tra virgolette di complessi di colpa, sensi di colpa e non sappiamo elaborare la questione e non sappiano quindi dare un nome a questa cosa che “sentono” tra virgolette che sentono e che li travaglia, che li far star male, ad un certo momento diventino, compiano un’azione proibita dalla società, per esempio, uccidendo qualcuno pur di dare un senso a questo malessere, a questa cosa che chiamano senso si colpa, si sa che uno sta male quando prova dei sensi di colpa, però producono forti emozioni, sensazioni che se non si elaborano, se non vengono intesi, se non si riportano là da dove occorre che vengano riportati e quindi al pensiero che li costruisce, alla costruzione di quel pensiero ecco che pur di gestire questo senso di colpa le persone uccidono, finalmente hanno reperito, confermato una verità e quindi “punitemi, sono sicuro finalmente, posso dare un nome a tutto quello che mi infastidisce” e sembra un paradosso “ma sono tranquillo” leggetelo questo saggio perché è interessantissimo, ancora due parole e poi vorrei che parlaste voi (…) e allora su che cosa conta l’analista colui che accoglie una domanda di analisi? Su che cosa conta? Conta sull’intelligenza di quella persona, scommette su questo, non ha altri strumenti, sa che ciò che fa muovere la persona è ciò che la interessa e quindi gioca con il suo interesse e in questo modo riesce a far muovere, e questo avviene solo in un’analisi, a far muovere quel pensiero e quindi a sbloccarlo da quelle che sono le sue particolari realtà, verità ecco che quel pensiero muovendo di volta in volta riuscirà effettivamente ad agire il suo discorso, perché verrà a sapere di che cosa è fatto, il suo interesse su come funziona, è ovvio che questo è un percorso non è una cosa, non basta sapere che qualsiasi cosa è un atto linguistico perché immediatamente le cose si risolvano come per un colpo di bacchetta magica occorre che la persona si accorga nell’analisi del perché si trova a pensare e quindi a costruire quelle cose che la fanno soffrire, per esempio, nel caso della depressione, e se ne accorge perché? Perché ad un certo momento interviene il suo ascolto, e cioè l’attenzione della persona per quelle cose che le capitano continuamente, faccio un piccolo esempio stupidissimo, ci sono delle persone che, anche qui l’altra volta c’era una signora che parlava di realtà e diceva giustamente che per ciascuno c’è una realtà differente, ed è vero, ciascuno ha una sua realtà particolare che è la premessa che sostiene quel discorso e questa signora, per esempio, citando anche Pirandello “Uno, nessuno, centomila” a suffragio di questa questione, che ciascuno ha la sua realtà, ad un certo momento ha parlato delle sue amiche che ovviamente avevano una loro realtà differente dalla sua però la sua, quella della signora, lei affermava essere quella vera e questa era la conclusione della signora ma al di là di questo un piccolo esempio di quello che si pensa per lo più, una persona si accorge che ad un certo momento un’amica grandissima con la quale si confidava, erano sempre insieme “si amavano” tra virgolette, perché tutte le cose, i segreti ma un certo giorno, si frequentano continuamente tutto va sempre meravigliosamente bene, un certo giorno cosa avviene? Avviene che parlando ovviamente, l’altra persona pone delle obiezioni a quello che lei va dicendo e li qualcosa comincia a incrinarsi, comincia a incrinarsi, perché? Perché le cose, quell’andare d’accordo su tutte le questioni mostra degli aspetti che forse prima non si erano intesi e quindi questa sua amica le è contro, non le è più amica, non vanno più d’accordo e litigano, da quel momento cosa avviene nel pensiero della persona? Si accorge di quello che le è successo “ma guarda ho litigato con quell’amica con la quale andava tutto così bene” ed è dispiaciuta di questa questione in linea di massima ma non si accorge, questa persona, che nella sua vita ha compiuto migliaia di volte questa operazione, è come se non se ne ricordasse più, ma questa è una cosa importante del suo discorso perché cosa succede? Succede che trova sempre delle amiche meravigliose con le quali va d’accordissimo però poi ad un certo momento con queste amiche litiga e si chiude il rapporto, come avviene questa ripetizione? Però la persona non è che si ricordi che nella sua vita questa cosa ha funzionato sempre, è accaduta sempre, perché se, se ne ricordasse che è accaduta sempre una cosa di questo genere, comincerebbe a chiedersi perché succede sempre così, così come accade anche nell’innamoramento fidanzati che si lasciano continuamente “come sono sfortunata sono sempre da sola, non riesco a trovare un uomo, non riesco a trovare un’amica, tutti quanti mi deludono” e crede sempre che sia la prima volta, può anche giungere a dire che le succede sempre ma imputa tutto questo ad un mondo esterno, per esempio, che gli altri non la capiscono, sono gli altri che la tradiscono, sono gli altri che non le vogliono bene “sono tutti quanti dei cattivi!” può accadere che una persona di questo genere capiti in analisi e che per i primi tempi lamenti questa storia, queste cose che le capitano continuamente e che lei non riesce a intendere perché solo a lei capitino queste cose così fatte, le imputa, come dicevo, ad un mondo esterno oppure al destino, ecco che nell’analisi può accadere che la persona si accorga del tornaconto, direbbe Freud, del perché si trova ad abbandonare o a porre le condizioni perché avvenga l’abbandono, perché l’amica in quanto tale non c’entra niente, è lei che “vuole” passo dopo passo spinta da una fantasia di abbandono, chiamiamola così, che proviene dalla prima infanzia, è lei che necessita, o meglio quel pensiero che necessita di ripetere, ricostruire questa storia, non sono altri ma è il suo pensiero, perché? beh questo occorre intenderlo e cioè intendere perché la persona vuole essere abbandonata e quindi soffrire ovviamente e quindi lamentarsi, è questa la verità che occorre intendere incominciando ad intendere quali sono tutti i passaggi, se una persona vive la sua vita e incontra tutti i problemi che ci sono nella vita è portata a pensare che questi problemi li incontra in quel momento lì e basta e non si accorge di come molte volte sia lei a cercare e a costruire questi problemi, spinta, come in un programma, da quelle cose che lei dice, da quelle cose che sono importanti e quindi vere e che la pilotano in quelle direzioni, perché se per la persona è importante godere di una fantasia di abbandono, per esempio, per tutta la vita la persona si troverà a mettere in atto l’abbandono con l’amica, con il fidanzato, col marito, con i figli, con l’amante, perché questa è l’unica scena di cui gode, come se conoscesse solo questa, è la cosa che “le piace” di più tra virgolette, non è che sia consapevole la persona di una cosa di questo genere, ecco perché Freud parlava di inconscio, non è consapevole la questione se non ci si accorge di tutti questi passaggi ed è con l’intelligenza, dicevo, che l’analista compie, porta la persona ad essere lei consapevole e quindi una volta che la persona è consapevole di quello che il suo pensiero, il suo discorso produce, costruisce ecco che sarà anche in grado di agire, muovere questo pensiero e quindi di disinteressarsi finalmente di questa fantasia, non sarà più interessata all’abbandono in quanto tale e quindi comincerà effettivamente l’itinerario intellettuale perché a quel punto non interesseranno più tutti questi giochini da bambino piccolo, ecco questo per dire ciò su cui conta l’analista, l’analista conta sull’intelligenza, perché ha la dignità dell’intelligenza perché è con intelligenza che si compie questo percorso, liberandosi da tutte le credenze e le superstizioni, come? Cominciando ad interrogare le cose che si credono assolutamente vere, una persona racconta la sua vita, racconta quelle che sono le sue speranze, le sue attese, ciò che ricorda e ciò che mette in atto, l’itinerario intellettuale è proprio questa domanda, l’analista non fa altro che chiedere, chiedere conto del perché, perché crede assolutamente vera qualsiasi cosa, perché? E allora la persona per esempio comincia ricordare e quindi comincia questo discorso a recuperare quelle che sono le connessioni con la storia infinita, infinita nel senso che non finisce mai di produrre se stessa, anche se in infinite varianti, per esempio la storia di abbandono che non finisce mai di produrre abbandoni e comincia ad intendere qual è la premessa che sostiene quel discorso, poter interrogare è un inno all’intelligenza, un atto di intelligenza, conta su questo la psicanalisi non conta su altro non ha “paura” che le persone non siano intelligenti, sa, sa che le persone sono dotate, ciascuna, di questa cosa meravigliosa che è la loro intelligenza, è ovvio che se è bloccata, fermata da quei macigni che sono rappresentazioni di fantasie infantili e quindi religioni di ogni ordine e tipo cioè tutto ciò che il discorso occidentale spaccia come realtà, come verità ma che sono solo delle costruzioni linguistiche …

 

-          Intervento: io volevo dire queste fantasie, per esempio, dell’abbandono potrebbe anche dipendere dal carattere della persona, se una persona è intollerante e non ha la capacità di mettersi in dialogo con gli altri di accettare una verità diversa ….il litigio con l’amica può dipendere anche dal carattere non le pare?

 

Certo signora ma anche dall’inquinamento, perché no? molte volte si da la colpa di tutto all’inquinamento oppure ai marziani, certo o da qualsiasi cosa

 

-          Intervento: secondo lei il carattere non c’entra?

 

Anche il carattere fa parte del pensiero

 

-          Intervento: è linguaggio

 

-          Intervento: si può modificare con l’aiuto dello psicanalista

 

Certo, e soprattutto con l’aiuto dell’interrogazione però occorre che intervenga l’interrogazione, gli strumenti perché la propria intelligenza possa muovere ce li ha ciascuno ma in genere non vengono utilizzati

 

-          Intervento: scusi andando a fondo di questo esempio dell’abbandono che secondo me è abbastanza pregnante

 

Poi le racconto un esempio sul sintomo

 

-          Intervento: cioè questo tornaconto è chiaro che tra virgolette è “inconscio” ma è un tornaconto perché se continui a riprodurre questa struttura ci sarà …ci può accennare, anche perché si ha bisogno di questo tornaconto, …capisco che sia difficile ma solo un accenno

 

Io lo accenno così

 

-          Intervento: perché sembra diabolico ma è così

 

Se una persona riflette sulla sua vita si accorge di tutte le cose che continua a ripetere come in un programma, è più facile accorgersi di ciò che ripetono gli altri non ciò che appartiene alla persona è per questo che occorre per accorgersene compiere un percorso particolare, ma lei mi chiedeva del tornaconto, da dove viene

 

-          Intervento: sì perché capisco che è un tornaconto di sofferenza cioè “ho bisogno di soffrire”

 

Sì, lei ha ragione, sì, fermo restando il fatto che la sofferenza per gli umani è un valore e quindi da valore alle cose e quindi comporta delle grandi emozioni ma questo è un altro discorso, l’ho già fatto mi pare, della sofferenza come valore e quindi è consigliato e caldeggiato dalle religioni, Gesù è morto sulla croce e per questo è diventato dio…morendo sulla croce e quindi acquisendo questo grande valore, la sofferenza è fatta di questo, ma sia come sia, questo può essere la panacea per qualcuno, per altri invece è lo stimolo per pensare, ma torniamo alla questione del tornaconto da dove parte? (forse si intende meglio) parte dalle prime questioni che la persona incontra nella sua vita, da quando cioè incomincia a parlare, da quando tutte le cose che appaiono sono vere, da quando incontra la prima verità diciamo, le prime verità sulle quali non ha la possibilità di riflettere, perché un bambino al momento in cui incomincia a parlare, al momento in cui questo sistema comincia a funzionare, a trarre le prime inferenze qualsiasi cosa è assolutamente vera, ogni cosa è alla “mia” portata e quindi al momento in cui, per qualche motivo, nel pensiero del bambino si è raccontata, per esempio, questa storia di abbandono, per qualche motivo, che sarà solo la persona che ci può dire, questa storia di abbandono per lui è diventata una cosa importante, “la più importante” ecco che questa cosa che poi non potrà mai, se non in una analisi interrogare, per tutta la vita sarà costretto a interpretarla e reinterpretarla

 

-          Intervento: perché da piccolo tu non sai se è bene o male

 

Esatto, non c’è la possibilità da piccolo di interrogarla e di chiedere conto a questa cosa che appare così importante, la più importante ma può risultare ovviamente una stupidaggine, una cosa risibile quando si interroga poi, proprio perché da piccini, i piccoli parlanti trovano tutto quanto vero, sono le prime verità, è tutto quanto bellissimo, grandissimo, meraviglioso, però quando interviene l’educazione, per esempio, i primi no, lì possono intervenire delle questioni ma lì non c’è il modo di interrogarle queste cose, lì ci sono le prime “fissazioni” direbbe Freud, le prime cose che si fissano come assolutamente vere, se queste cose assolutamente vere possono essere interrogate, esposte all’argomentazione allora rivelano quelle che sono delle fantasie se invece, come accade nella quasi totalità dei casi, non hanno la possibilità di essere interrogate beh allora o c’è lo psicofarmaco oppure si continua a costruire questa storia, per esempio di abbandono e quindi di sofferenza con tutte le sue infinite varianti

 

-          Intervento: per riallacciarmi al discorso della signora cioè nel caso dell’abbandono

queste fantasie di abbandono

 

-          Intervento: oltre le fantasie ci sono anche dei fatti oggettivi perché io sono egoista e non do niente, per mille motivi magari pratici quindi lo psicanalista deve capire anche questo però poi c’è la storia del vittimismo a me fa più comodo sentirmi vittima nessuno mi vuole bene (sicuramente) tutti i bambini secondo me hanno questa fantasia di abbandono perché è la crescita però alcuni invece di reagire preferiscono piangere su se stessi …cioè, come dice lei, è una fantasia ma allo stesso tempo una realtà perché non c’è capacità del cambiamento

 

Conferma la sua fantasia con quella realtà che costruisce e quindi ci crede ancora di più, perché questa fantasia deve sempre essere confermata dalla realtà e quindi dall’abbandono continuo con tutte le sue varianti

 

-          Intervento: sì però è anche una realtà allo stesso tempo

 

Certo che è una realtà, è una realtà costruita dal suo pensiero, perché, per esempio, se questa persona continua a litigare con tutte le amiche oppure con il marito oppure con i vari amanti e non si accorge mai di nulla perché non si accorge di ciò che ripete

 

-          Intervento: dal punto di vista statistico il paziente quante volte riesce ad ascoltarsi?

 

Non lo so dal punto di vista statistico

 

-          Intervento: io faccio psicanalisi però non credo che andando dai medici si risolve tutto e sempre

 

Dipende cosa intende con risoluzione

 

-          Intervento: lo psicanalista non è un medico?

 

Non è previsto che sia medico anzi

 

-          Intervento: dal punto di vista statistico quand’è che il paziente riesce ad ascoltarsi? A realizzare, a contrastare quei fenomeni

 

Raccontare la propria vita ad una persona che per la prima volta ti sta ad ascoltare ed è interessata al tuo discorso, alle cose che dici, perché sei un discorso e quindi l’analista è interessato alle cose che dice e non alle cose che vorrebbe sentirgli dire, è interessato alle sue parole, tutto questo da parte della persona comporta un grande beneficio, la persona sta subito bene perché finalmente ha trovato quella persona che effettivamente ha interesse per il suo discorso, perché non gli da consigli, non si precipita a dirgli che cosa è bene e che cosa è male ma è interessato alle sue parole e questo è già una cosa molto importante e la persona sta benissimo, poi man mano l’analista deve fare in modo che la persona cominci ad interrogarsi sulle cose che va dicendo, sulle cose che dice, cominci ad ascoltarsi deve trovare e fare in modo che questo avvenga, adesso fare una statistica di quanto tempo ci voglia perché la persona cominci ad ascoltarsi non gliela posso fare, ognuno ha i suoi tempi

 

-          Intervento: non credo che tutti abbiano il coraggio di mettersi in discussione

 

Se si è interessati alla propria intelligenza questo avviene

 

-          Intervento: magari sarà il familiare che consiglia

 

-          Intervento: se una persona ha veramente bisogno e capisce in prima istanza, capisce la persona che non ce la fa più da sola, che ha bisogno di aiuto e quindi se c’è questa volontà di miglioramento, di cambiamento

 

-          Intervento: ha già conquistato il cinquanta per cento

 

-          Intervento: insomma quando uno sta male, se sta male

 

-          Intervento: insomma qual è compito del familiare?

 

Anche di questo l’altra volta abbiamo parlato perché proprio qui avevamo una signora che aveva portato il marito che era “depressissimo” e lei qui davanti a noi si è messa a piangere eccetera, qual è il compito del familiare? Direi che se il familiare non sa nulla di psicanalisi è una delle difficoltà più grandi all’intelligenza della persona, per dirla in modo molto semplice, il familiare vuole star bene lui, nel caso della signora era lampante che era lei che non stava bene perché erano gravi i fastidi, le dava dei problemi si vede che gli psicofarmaci non bastavano e quindi anche lei era depressa, in una sorta di complicità e proprio Freud su questo ha anche scritto dei saggi, dei testi, i familiari sono coloro che vogliono che la persona immediatamente dimostri di star bene, è ovvio che quello lo può dare solo lo psicofarmaco, solo con lo psicofarmaco gli dai una mazzata e quello non si muove più

 

-          Intervento: ma non è la soluzione

 

No, assolutamente però se la persona, se il familiare ha lui per primo cura della sua intelligenza avrà cura anche dell’intelligenza del suo congiunto ed ecco che allora ci possono essere gli strumenti, si possono trovare dei modi perché si possa giungere non a un sacrificio comune

 

-          Intervento: anche se un po’ tutti avremmo bisogno di scaricarci

 

Non si tratta di “scaricarci” ma di contare sulla propria intelligenza che solo Lei può risolvere qualsiasi problema, è l’unica ricchezza

 

-          Intervento: non riesco a capire bene per quale motivo è la persona che ha un problema che deve dire ho bisogno di aiuto? Per quale motivo non si può portare uno, sanno tutti che quello ha bisogno di cure portarlo dallo psicanalista?

 

Ci sono tutte le strutture nelle Unità Sanitarie, ci sono gli psichiatri, gli psicologi, le persone che hanno bisogno di cure vengono portati lì anche dai familiari però è differente portare una persona dallo psicanalista perché se la persona non vuole fare analisi non la farà mai, perché tu prendi un bambino, un bambino piccolino e gli dici “fai questo” ci sono molti bambini che assolutamente, proprio perché glielo dici, dicono “no” anzi te lo fanno per dispetto e quindi se non c’è da parte della persona la voglia di mettere in gioco il proprio pensiero, di contare sulla propria intelligenza, cosa che ciascuno, ciascuno dovrebbe contare sulla propria intelligenza, perché mai gli umani non si accorgono che la loro intelligenza è la cosa più importante, è il tesoro più grande a loro disposizione, perché? E quindi anche lo psicanalista più bravo del mondo con una persona che non vuole fare analisi non la fa e allora, cosa dobbiamo dire che invece non è così? Ma non è vero, sarebbe un inganno quello che io vado dicendo

 

-          Interventi vari su come portare le persone in analisi

 

Bisogna far sapere alle persone depresse (e non depresse) che ci sono gli strumenti per uscire da tutti quei problemi che il loro stesso discorso costruisce

 

-          Intervento: senta io vorrei sapere se questa metodologia analitica abbia avuto un evoluzione in rapporto alle neuro scienze, a tutto quello che in questi ultimi tempi, alla conoscenza che il sistema nervoso centrale ….

 

Però Signora se si immagina che le neuro scienze oppure la fisica oppure qualsiasi scienza anche la più sofisticata siano teorie che provengano da chissà dove, provengano dal nulla, finché si immagina che le neuro scienze non siano state frutto del pensiero degli umani che hanno costruito le varie teorie, finché si immagina che esistano per decreto divino o naturale, cosa dobbiamo dire? (ma le aree del cervello) ma signora le aree del cervello sono costruzioni delle argomentazioni degli umani, argomentazioni che esistono in quanto gli umani sono parlanti, se non parlassero ecco che non esisterebbero le argomentazioni e quindi neanche le aeree del cervello o le neuro scienze, quindi sono costruite dal linguaggio di lì non si scappa

 

-          Intervento: ma scusi la chirurgia fa dei passi da gigante

 

Indubbiamente …

 

-          Intervento: sta parlando di pensiero in questo momento, la chirurgia col pensiero cosa c’entra?

 

La chirurgia è una scienza, prima di avere inventato ogni moderno o antico metodo o strumento per intervenire sui corpi, gli scienziati hanno dovuto ciascuna volta pensare, domandarsi delle cose, rispondere alle loro stesse domande, la chirurgia come qualsiasi altra branca della medicina è stata costruita pezzo per pezzo, così come ogni strumento, ogni movimento che compie esiste in base ad una teoria, ma ogni movimento muove da che cosa? muove dal pensiero degli umani

 

-          Intervento: sì certo

 

Quindi da una struttura linguistica che ha costruito una certa cosa che chiama chirurgia

 

-          Intervento: sì ma mentre la chirurgia dieci anni fa mentre certe patologie non le curava mentre adesso le cura la medicina anche, la psicanalisi rimane

 

La psicanalisi si occupa del pensiero e quindi del perché esiste la chirurgia, perché esiste la scienza, perché esiste la religione, si occupa del pensiero e quindi della condizione perché esista qualsiasi cosa, sa qual è il fondamento perché qualsiasi cosa possa esistere? se no si trova a credere, come avviene, che qualsiasi scienza che si proclama tale esista per decreto divino e non costruita dal pensiero degli umani, il fondamento è il linguaggio …io molti anni fa sono andata, la chirurgia asporta i tumori, io sono andata alla conferenza di un oncologo il quale aveva e forse ha ancora una clinica a Parigi il quale curava i tumori e voleva che affiancato alla persona ci fosse uno psicanalista perché lui, non sono molte le persone che pensano in questo modo, si era accorto per esempio, di come il tumore alla mammella nella donna abbia una percentuale altissima, ci sia una percentuale altissima di tumori alla mammella connessi con ciò di cui parlavamo prima e cioè fantasie di abbandono, storie, realtà di abbandono, donne che sono sole, che hanno avuto dei problemi, per esempio, in campo sentimentale si ritrovano con questo tumore, anche quella è medicina ma ecco viene affrontata in un modo assolutamente differente, noi prima che arriviamo a parlare di malattie e quindi ad affrontare questioni connesse con i così detti “problemi psichici” passeranno ancora molti anni ma ci arriveremo perché il linguaggio costruisce anche queste cose, però per il momento le persone non sono ancora pronte ad accogliere che il tumore se lo costruisca il discorso stesso

 

-          Intervento: però con l’elettrochoc certe fisse le toglievano una volta

 

-          Intervento: e poi guarivano

 

-          Intervento: cosa intende con linguaggio?

 

ecco una domanda interessante, brava, “cosa intendo con linguaggio?” con linguaggio intendo una struttura, una sorta di sistema operativo che produce per esempio tutte le parole, le proposizioni che noi in questo momento stiamo facendo, stiamo parlando, no? un sistema operativo, utilizziamo questa metafora informatica, un sistema operativo e poi un giorno potremo anche parlare di come questo sistema operativo continui a funzionare, visto che non ci sono spine elettriche come nel caso del computer, il linguaggio funziona ininterrottamente, le persona parlano e quindi pensano ininterrottamente, è un sistema operativo che compone ininterrottamente proposizioni, ogni volta parte da una premessa e attraverso una serie di passaggi coerenti che non devono contraddire la premessa conclude, così si costruisce il pensiero, così le persone pensano o si pensa così o non si pensa perché il pensiero funziona attraverso inferenze ciascuna volta

 

-          Intervento:

 

certo è ovvio che la carezza, perché sia carezza, è presa in un sistema segnico, segni che ininterrottamente rinviano l’uno all’altro, la carezza perché sia carezza perché possa significare qualcosa per qualcuno, perché qualcuno possa dire “questa è una carezza” se sfiora il viso oppure “questo è un pugno” se è una manata occorre appunto che possa significare, si possa distinguere e quindi trovare un senso differente e quindi perché tutto questo possa avvenire occorre che tutto questo sia costruzione di una struttura, il linguaggio questo sistema operativo è una struttura che funziona rinviando continuamente i suoi elementi le parole

 

 

-          Intervento: non so se solo le parole sono linguaggio

 

-          Intervento: la carezza

 

Ho detto che non è linguaggio? beh in prima istanza ciò che possiamo dire di assolutamente certo è che la carezza è un significante, un elemento linguistico e poi possiamo utilizzare questo elemento nei modi più differenti ed è questa la questione più complessa, non sempre e non subito uno arriva a considerare la carezza un elemento linguistico infatti nessuno ha mai considerate queste questioni se non gli addetti ai lavori, se non chi ci lavora con le parole, credendo invece che ci sia la possibilità di dire quello che si vuole senza considerare minimamente una struttura che mi fa dire, che mi fa parlare, le persone in genere considerano che il linguaggio sia soltanto un mezzuccio che serve per descrivere delle cose e quindi che sia possibile indifferentemente entrare e uscire dal linguaggio ma non si può “entrare e uscire” da una struttura che costruisce qualsiasi cosa, la carezza è un significante, la persona può accorgersi dei vari contesti in cui questo termine interviene, può intervenire appunto come un pugno se uno vuol fare un dispetto oppure come un gesto d’amore … non sei convinta?

 

-          Intervento: io volevo dire ancora un’altra cosa? forse non mi sono fatta capire bene dai discorsi che ho fatto poco fa …come dicevano i Romani “mens sana in corpore sano” sono convinta che i nostri pensieri producono anche malattie, che incidono, possono creare una depressione, sono perfettamente d’accordo, però secondo me è anche il contrario cioè un cattivo funzionamento del sistema nervoso può creare…

 

Signora ciascuno ha le sue opinioni e questa è un’opinione condivisa, la maggior parte delle persone pensano così cioè pensano che non siano costruzioni del linguaggio, del pensiero …va bene ciascuno può pensare quello che vuole … dica

 

-          Intervento: con la depressione si nasce? È una cosa congenita?

 

Allora, se il pensiero costruisce la depressione di quella depressione ne ha l’assoluta responsabilità perché è quel pensiero e solo quel pensiero che la costruisce quindi non è perché è congenita o perché la mamma aveva la depressione, perché la zia o il nonno Federico …no, è perché quella depressione è funzionale a quel modo di pensare, c’è un tornaconto per cui una persona utilizza per vivere la depressione e quindi la sofferenza, perché tra virgolette “le piace” non è consapevole la persona che è questo che “le piace” però è ciò che fa funzionare il suo discorso visto che le cose che “piacciono” quel discorso continua a riprodurle incessantemente

 

-          Intervento: l’ansia è l’anticamera della depressione?

 

È possibile signora, però non possiamo generalizzare, le persone sono spaventate dalla depressione ma in genere non sanno neanche cos’è

 

-          Intervento: la depressione come fenomeno nasce con la persona …diventa un meccanismo piacevole anche se è inconscio

 

Piacevole? Certo però non potrebbe mai ammetterlo la persona perché se no come farebbe a soffrire? (solo perché inconscio ) non solo perché è inconscio, Freud dava questa giustificazione cioè delle cose che la persona non sa e quindi ripete ma la persona non può giocare a carte scoperte con sé, in questo caso, e cioè che le cose che fa le fa perché a lei piacciono (e il suicidio?) in molti casi il suicidio è una punizione che si da all’altro, in molti casi cioè in qualche modo si punisce l’altro ( è il senso di colpa ) signora sono questioni abbastanza complesse non si può dire è così perché è così, sono tutte questioni che o si affrontano analiticamente con la persona oppure sono delle opinioni che lasciano il tempo che trovano, c’è ancora una cosa a proposito del sintomo di cui l’altra volta mi avevano chiesto per mostrare in modo semplice come il pensiero, per esempio, costruisce il famoso sintomo, ad esempio una paura, forse lei, mi aveva chiesto dei sintomi fisici che possono accadere anche in una analisi?

 

-          Intervento: sì mio fratello che ha male in bocca “ha la bocca amara” è depresso…

 

Appunto è ovvio (….) la costruzione di una paura, questo che potremmo chiamare sintomo, Freud diceva prende parte al discorso, nel senso che in certi contesti interviene questo sintomo che può essere fisico, che può anche essere una paura, prende parte al discorso e quindi è proprio per questo che il discorso riprende una certa direzione, come se questo sintomo fosse un operatore di direzione in qualche modo ma ecco, per esempio, e forse rende anche conto di certe questioni. Prendete un bambino piccolo, torniamo sempre al bimbo piccolo che da poco ha incominciato a parlare per cui ogni cosa è possibile, è vera, questo bimbo ha assaggiato la nutella e per lui è la cosa più grande al mondo, è come fosse per lui un bene assoluto, è la cosa che gli piace di più oppure un giochino, una macchinina, con la quale si diverte, con la quale vuole sempre giocare e se viene un altro bambino assolutamente non la lascia oppure se viene un altro bambino guai se la mamma da la nutella, insomma per questo piccolo parlante le cose hanno cominciato a funzionare da poco, sono poche le argomentazioni che questo bambino si fa, una di queste conclude con “voglio la nutella” però la mamma dice “no, caro, non puoi mangiare continuamente la nutella perché ti fa male” ma il bambino però la vuole ad un certo momento al bambino viene in mente come fare per avere il suo bene più grande, non ci sono altri modi ed è quello di sbarazzarsi della mamma, togliere questo ostacolo che è la mamma e lì per il pensiero di quel bambino sorgono i primi problemi perché non sa come muoverlo questo pensiero, da una parte c’è il bene assoluto che è la nutella dall’altra la mamma che è un ostacolo alla nutella, che è quella cosa che per lui vale di più però ama anche le coccole della mamma, vuole le sue coccole e se la mamma non c’è? Allora niente coccole….questo è un problema per il pensiero, io sto parlando di pensiero, di queste stringhe, di queste proposizioni che vanno in conflitto tra di loro, creano un conflitto nel senso che è come se ci fossero due verità che si contrappongono e quindi non può muovere il pensiero, come si risolve? Il sintomo non è nient’altro che una sorta di compromesso che il pensiero costruisce per poter funzionare, è una via di mezzo e infatti cosa fa il bambino preso fra questi due fuochi, questi due beni assoluti che sono le coccole della mamma e la nutella, tenete conto che è un bambino piccolissimo …di notte si sveglia urla, piange, dice che c’è un uomo nero che vuole portar via la mamma, ecco il compromesso, la via di mezzo che già da subito può costruire il pensiero cioè interviene il sintomo: la paura dell’uomo nero, perché è lui che vuole togliere di mezzo la mamma, ecco questa è la struttura che già da subito costruisce il pensiero per poter pensare, per funzionare, una costruzione di un personaggio immaginario, d’altra parte se lo trova fatto, quante volte sentiamo le mamme dire ai bambini “guarda che se non stai bravo arriva l’uomo nero e porta via la mamma”? e l’uomo nero arriva, ciascuno può ricordare i personaggi immaginari con i quali giocava da piccino e questo è uno di questi personaggi ma quello lì ha una funzione particolare quello di far funzionare il pensiero, anche se sembra paradossale, è vero che in quel pensiero si è costruita la paura e i modi di agire di questa paura, però il pensiero può proseguire e quella persona che ha costruito questo compromesso, ha costruito questa paura per poter continuare a pensare ecco che nella vita non rimarrà l’uomo nero, è risibile a quarant’anni ma di volta in volta si chiamerà “il capoufficio” si chiamerà “la moglie” cambieranno le forme dell’uomo nero ma intanto quel pensiero ha potuto funzionare, perché in fondo il pensiero deve solo funzionare, produrre continuamente altri pensieri non importa in che modo, è una struttura che funziona e quindi se funziona con le paure o con le tragedie perché no? una volta che la persona comincia ad ascoltare il suo discorso, si è accorta delle fantasie che sono a fondamento delle sue paure ecco che può cominciare effettivamente a lavorare in modo ben differente, interessandosi e non potendo non farlo, al funzionamento di quella struttura che costruisce il suo pensiero, che costruisce il pensiero degli umani e quindi la loro vita, è ovvio che a questo punto tutto cambia ma ci vuole proprio l’ascolto, il proprio ascolto, le cose che io dico, non solo quello che dice l’altro, ma quello che io dico, questo io che poi se ci pensate bene non è nient’altro che un pronome …va bene. Altre questioni?

 

-          Intervento: solo una questione stupida, lo psicanalista attiene alla branca della psicologia e della psichiatria?

 

Non fa parte di nessuna branca, non ha a che fare né con l’una né con l’altra perché alla psichiatria, alla psicologia non interessa il pensiero o meglio lo fanno derivare da cause naturali e quindi lo pongono fuori da una struttura linguistica che è poi quella struttura che permette loro di trarre tutte le conclusioni e quindi tutte le affermazioni che queste scienze si trovano a fare e quindi non sono interessate al pensiero, non sanno di che cosa è fatto né come funziona, allo psicanalista se è tale, interessa il pensiero, solo il pensiero e quindi il funzionamento del linguaggio

 

-          Intervento: sono medici?

 

Interventi vari

 

No, non necessariamente, intanto ci vuole un’analisi personale e quindi con l’analisi la formazione già Freud, anche su questo se lei va a leggere Freud nelle sue opere parla proprio della formazione e anche se Freud era un medico dice di come la formazione medica sia all’opposto di quella che è una formazione analitica

 

Interventi vari

 

Intervento: lei doveva fare l’esempio alle ragazze del cagnolino e della psicanalisi perché se no non si capiva alla fine

 

E sì ha ragione allora, premetto che io ho un cane e un gatto, perché di solito le obiezioni sono “chi non ha animali non capisce il linguaggio degli animali” allora diciamo che la condizione della psicanalisi e di qualsiasi altra scienza è che gli umani parlino e sono solo gli umani che parlano possono pensare perché il loro pensiero è fatto di linguaggio, è fatto di quello che dicono allora la prima obiezione è “come solo gli umani? Ma il mio cagnolino?” oppure il sordomuto oppure gli uomini primitivi …queste sono le obiezioni che, se voi venite alle conferenze, immancabilmente si pongono e allora …io anche, come dicevo, ho un cane e un gatto e se li ho è perché mi piace ovviamente, il cane e il gatto non pensano perché non parlano se mai reagiscono ma sarà il mio pensiero che ciascuna volta conclude che le cose stanno in un certo modo e comunque poi dei pensieri del cane, del gatto, dei primitivi o del mio vicino di casa se non sono esposti, detti, non ne posso sapere assolutamente nulla se non quello che, io, sto dicendo quindi intanto sarebbe da parte mia un arbitrio non indifferente attribuire i miei pensieri ai cani o ai gatti e ingannare dicendo che sono i loro, lo so che questo avviene sempre nella civiltà occidentale non solo con i cani e i gatti ma soprattutto con le persone pensate alla costruzione del nemico, cosa sanno le persone dei pensieri del nemico? Del nemico sanno al massimo le sue fattezze ma poi con ciò che chiamano nemico si arrabbiano, litigano ma questo avviene tutto all’interno dei loro pensieri, i propri pensieri poi li attribuiscono, li proiettano sul nemico e basta, dicevo che mi piace qualche volta pensare che il mio cane, che il mio gatto sia felice, sia contento oppure se non muove tanto pensare “oddio ha la depressione” ma ciò di cui si tratta anche e soprattutto in campo teoretico, cosa da tenere sempre presente, che sono “miei” quei pensieri “mie” quelle conclusioni, non sono del mio cane o del mio gatto e di questi pensieri sono responsabile ma non per questo io distruggo il mio cane o il mio gatto perché sono qualcosa che mi rende felice, per questo me li tengo, ne ho la responsabilità, do loro da mangiare, se stanno male li porto dal veterinario ma questa è una questione estetica “mi piace così” ma in campo teorico imporre il pensiero degli animali oltre che un inganno madornale è di una ingenuità disarmante

 

-          Intervento: e sono anche molto cari gli psicanalisti dei cani, costano molto alle loro padrone

 

-          Intervento: per quando riguarda il bambino che si costruisce l’uomo nero

 

Non del bambino, signora, ma del pensiero che deve funzionare non lo dimentichi

 

-          Intervento: sì …nella fantasia non si nasconde per caso un meccanismo di difesa?…

 

Potremmo stare qui e dire, e scrivere libri, e libri, sulle cause, su quello che potrebbe essere, vede non è un’interpretazione questa che mi sono trovata a fare ma è un esempio di come il pensiero agisce, di come funziona nei confronti di giochi linguistici non compatibili, che sono in conflitto fra di loro …

 

-          Intervento: sensi di colpa?

 

 potrebbero essere sensi di colpa, potrebbe essere qualsiasi cosa ….signori è molto tardi ancora una cosa, io vi invito alla sera al corso del mercoledì, se avete voglia di venire all’associazione, noi lì ci confrontiamo con il pensiero, con il linguaggio e questa sera ci sarà una rilettura che partirà proprio dal linguaggio. Ogni mercoledì noi siamo in via Grassi 10 e questo da più di vent’anni, poi io intendo riprendere in autunno gli incontri, non so se in questa circoscrizione o in altre, comunque ne sarete informati. Vi saluto e vi ringrazio.