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12 maggio 2005

 

Libreria LegoLibri

 

Beatrice Dall’ara

 

L’altruismo del potere

 

 

L’incontro di questa sera è titolato: “L’altruismo del potere”. Che cos’è il potere intanto? Ciascuno di noi laddove si trovi a utilizzare il termine potere sa, bene o male, di che cosa si tratta e in effetti nell’accezione comune in cui è utilizzato questo termine, questo concetto, non gode di grandi favori perché si sa che il potere è la necessità di imporre il proprio volere sull’altro per fare il proprio bene. Il potere si sa che lavora per il proprio bene, questo nella vulgata, questo il suo utilizzo e ovviamente per fare il proprio bene utilizza quelli che sono gli strumenti che gli servono per mantenere tale potere, per mostrarlo, per ostentarlo perché un potere che non si può riconoscere potere non ha una nessuna forza, cioè se non si può constatare, vedere, sapere che qualcosa è potere, che potere è? Quindi un potere che deve mantenersi, deve trovare tutti i modi e le maniere per mantenere questo potere e quindi si dà da fare per trovare tutte le argomentazioni, tutti gli strumenti perché questo avvenga, ma questo sempre per fare il proprio bene. Qui, in questo titolo, si parla dell’altruismo del potere e allora, visto che il potere lavora per sé, per fare il proprio bene, dobbiamo intendere perché ci sia qualcuno che accoglie questo potere, perché come fa il potere a mantenersi se non predica per il suo mantenimento, se non predica e non trova i modi di persuadere gli altri della sua necessità, se non predica la sua protezione, se non offre la sicurezza, se non diventa altruista poi tutto sommato? Cioè se non offre un bene che sia partecipato da ciascuno un bene comune, se non compisse questa operazione ovviamente nessuno accoglierebbe quel potere, quella protezione, nessuno compierebbe questa operazione per cui l’altruismo del potere in questo senso non può che essere seduzione, persuasione, deve trovare tutti i modi per potere compiere questa operazione se no non sarebbe riconosciuto e sopratutto non potrebbe mantenere il suo potere, coltivarlo nemmeno e nemmeno poterlo ostentare, ma nel titolo il termine altruismo staccato dal contesto dell’altruismo del potere quindi da questa seduzione, da questa persuasione, da questa messa in atto della protezione da parte del potere, l’altruismo quello che con la A maiuscola, quello che è un valore nella vulgata, il valore del popolo. È molto bello essere altruisti, è uno dei valori, delle strutture ideologiche che funzionano per lo più nel discorso occidentale, quel discorso in cui noi ci troviamo ed è appunto come dicevo considerato un valore, l’ideologia sto parlando dell’ideologia dell’altruismo, di questo qualche cosa che parte da una premessa che afferma che è possibile e quindi necessario fare il bene dell’altro. L’altruismo è questo, è il fare il bene dell’altro, di esistere per l’altro, di annientarsi nell’altro. Questa è un’ideologia allo stesso modo in cui è ideologia il potere, ma valori differenti e il valore dell’altruismo così come è utilizzato nella struttura occidentale è caro agli dei, è caro alle istituzioni è un bene, si inneggia all’altruismo e a questo annientamento, in qualche modo, da parte del proprio io a favore di un altro io, a favore di questo altro che comunque ha bisogno, è bisognoso di aiuto, di protezione, ha sempre da essere salvato… ora qui sto cercando di portare alle estreme conseguenze una struttura per intendere la paradossalità di un’operazione di questo genere, di questa credenza laddove sia praticata e soprattutto sia considerata uno dei valori al pari della giustizia, della libertà, di queste grandi cose che rendono i popoli sicuri e liberi. Sto cercando di portare alle estreme conseguenze questa struttura proprio per mostrare a questo punto il potere dell’altruismo, cioè la sua capacità di diventare quella fonte inesauribile di storie che si perseguono in cui l’uomo necessità dei favori dell’altro uomo, per cui è necessario il bisogno, è necessario il pericolo, è necessaria sempre la sicurezza dell’altro, l’altruista è pronto a fare tutto e compiere battaglie grandiose per portare avanti e per perseguire questa idea, questa cosa in cui crede fortemente, questa credenza densa di significato per cui l’altro ha bisogno di essere salvato. Molti anni fa quando Freud costruì la psicanalisi e incominciò a intendere la nevrosi, la struttura nevrotica, la struttura psicotica parlò dell’assoluta asocialità del nevrotico il quale è assolutamente indifferente a qualsiasi stimolo ma al momento in cui il nevrotico può abbracciare una religione, un credo a questo punto la sua sofferenza scompare come d’incanto perché, soprattutto se può porre in atto quelle che sono le sue modalità, al momento in cui potrà salvare l’altro, beh, a quel punto troverà la sua ragione di vita, abbracciando un’altra religione chiaramente. Questo altruismo, questa ideologia, questo valore caro agli dei e alle istituzioni sta diventando sempre più importante nella struttura occidentale per cui tutti tendono all’altruismo a mostrarsi e soprattutto sentirsi altruisti, buoni, questo “vogliamoci bene” che è imperante e che necessita continuamente di costruire il bisognoso, il nemico, l’incapace, pronto l’altruista a farsi paladino dei diseredati pur di… insomma necessitante il qualche modo l’altruista, di costruire continuamente la sofferenza, di trovare in ogni angolo del mondo quelle catastrofi che gli permettono di mettersi in atto, di funzionare, di lavorare, di dare il meglio di sé. Ma questo che cos’ha a che fare con il potere? Perché io prima ho capovolto la questione parlando prima, dell’altruismo del potere come della seduzione da parte del potere per mantenersi e quindi per fare il proprio bene e del potere dell’altruismo per portare avanti il proprio discorso e quindi per fare il proprio bene, costruire la sofferenza che c’è nel mondo… per questo incapace, per questo bisognoso che costruisce continuamente, di cui ha bisogno per vivere. Questa è la visione del mondo dell’altruista, la visione del depresso… del melanconico, del nostalgico perché no? E prima parlavo della struttura nevrotica e psicotica individuata da Freud molti anni fa, parlavo della struttura religiosa, della struttura occidentale fondata sulle superstizioni, sulle credenze che ha costruite e a cui crede fortissimamente, crede che le cose stiano proprio così, è questa la realtà e infatti la realtà è una dura realtà , è tragica ci si può sbarazzare di questa realtà dandosi da fare appunto ad aiutare l’altro che è in preda a tutte le tragedie oppure facendo beneficenza perché no? Accogliendo tutti gli appelli che sono necessari per qualsiasi prova si possa dare di amore per il prossimo, dicevo, sbarazzandosi assolutamente di tutte le questioni e fruendo di quello che passa il convento… uno dei motivi “economici” direbbe Freud, è provare grandi emozioni, grandi sensazioni a basso prezzo direi, sbarazzandosi bellamente delle questioni e cercando di combattere la dura realtà con i mezzi a propria disposizione, quelli dell’altruista sappiamo quali sono: la costruzione dell’infelice, del disperato. Ma cosa ha a che fare tutto questo con il potere? Perché l’altruismo laddove immagini di fare il bene dell’altro pare che non abbia nessun potere, anzi, cos’ha a che fare con il potere? Intanto occorre domandarsi se riconosce il potere l’altruista oppure no. Se lo riconosce e quindi se lo accoglie e quindi fa il gioco del potere oppure se non lo riconosce e fa il suo gioco senza riconoscere nulla ma a modo suo tanto per fare, per togliersi dalla noia. Beh, non potrebbe l’altruista non riconoscere il potere, il potere… come imparano i bambini a parlare? Come impara il bambino cinese? La bambina israelita? Il bambino italiano? Possiamo continuare all’infinito, come imparano a parlare e quindi a vivere i bambini? Imparano a parlare dallo loro mamma ovviamente o da chi ne fa le veci, e la mamma al bambino, al bambino marocchino, al bambino ebreo insegna a parlare e insegnando a parlare insegna quel gioco, un gioco principale il gioco del bene e del male, lo insegna con le sue parole per fare il bene del bambino, insegna come si deve muovere nel mondo e insieme a questo gioco insegna a riconoscerlo questo bene, questo amore e quindi a giocarlo. E la mamma come lo ha imparato? Beh, allo stesso modo in cui l’ha imparato il bambino dalla sua mamma e questo di volta in volta, questa è la storia ogni mamma ha imparato a parlare venendo a nascere in quel popolo in cui è nata e questo gioco del bene e del male è tramandato attraverso le parole della mamma, delle istituzioni che dai tempi di Zeus praticamente funzionano e stabiliscono che cos’è il bene e quindi il male, ovviamente, ovviamente differente per ciascun popolo perché ciascun popolo ha un dio con le sue leggi che insegnano e che normano e che stabiliscono che cos’è il bene e quindi il male, e ciascuno laddove viene a parlare si trova inevitabilmente, automaticamente preso in un programma in cui è un fuscello mosso da questo gioco del bene e del male tramandato di generazione in generazione, di mamma in mamma… fino ai giorni nostri con delle regole, delle leggi stabilite in base, in base a che cosa? In base, sto parlando dell’etica, della morale, in base al sapere delle istituzioni civili ma e soprattutto religiose, divine perché, perché divine poi tuttavia e tutto sommato, queste leggi che stabiliscono i giochi del bene e del male per ciascun popolo? Ovviamente il bene e il male è stabilito da leggi particolari per cui ciò che è bene per i sudditi di Allah è male per i seguaci di Cristo, per esempio ma perché dicevo un dio, perché le leggi sono considerate divine? Perché una delle questioni importanti, uno dei valori principali fra i popoli, comune a tutti i popoli è che solo un dio, un essere al di sopra delle parti, imparziale può stabilire cos’è il bene per coloro che accolgono la sua parola, perché ciascuno sa che l’uomo, l’uomo non può essere imparziale perché l’uomo mira a fare il suo bene e quindi se le leggi non sono leggi divine, quindi leggi stabilite da qualcosa sopra, al di là dell’uomo, beh, allora potrebbero nascere dei problemi per il bene comune, per quel bene che ciascun umano si attende dal suo dio, perché dio ama tutti delle stesso amore. Questo è fondamentale per ciascun popolo, per ciascuna istituzione e quindi chiedo l’altruista deve riconoscere il potere? L’altruista parla e quindi conosce il gioco del bene e del male, quel gioco in cui lui si trova a vivere perché parlando necessariamente lui sa qual è il bene e qual è il male ed è come un fuscello, dicevo prima, nelle mani di un programma che lo muove tanto per cui se accoglie le regole del potere divino, se ama il suo dio si dà da fare e parlerà a favore del suo dio e quindi seguirà i suoi insegnamenti, la sua parola, se invece non è d’accordo con quel dio per qualche motivo, allora diventerà un brigatista ma sempre riconoscendo e partendo da quel dio, non c’è scampo se parla e quindi se gioca il gioco del bene e del male. Non c’è modo per uscire da una questione del genere. Ora la parola divina occorre sia decodificata dall’umano perché l’umano possa intendere quello che dio va dicendo e ci sono sempre coloro i quali sono preposti a compiere questa operazione e in effetti proprio in questi giorni ascoltavo uno dei discorsi dell’ultimo papa Benedetto, il quale è un teologo tedesco e chiaramente preposto come gli altri anzi più degli altri a decodificare e quindi a porgerci la parola di dio e in questi giorni diceva che ringraziava dio per avergli data questa incombenza, questa grande fatica da compiere, quella di portare la pace sulla terra e lui si fa umile servitore di chi accoglie la parola di dio “mediata” ovviamente, e si darà da fare per la pace mondiale, per il bene comune, per la felicità di un mondo che da sempre soffre, il figlio stesso di dio è venuto sulla terra e si è fatto uomo e come l’uomo ha portato la croce, perché questo è il destino naturale dell’uomo, è morto sulla croce, quindi questo è il destino dell’umano. Però Benedetto si adopererà per la pace quindi per il bene del popolo, per il bene di tutti i popoli. Va bene. Dicevo se è abbastanza semplice per il luogo comune accorgersi del potere e in molti casi combatterlo, in altri casi la cosa è sfumata perché il potere è funzionale al discorso, alle promesse, alle premesse di un paradiso non qui sulla terra certamente ma sempre di là da venire e questo già comporta la felicità, le grandi emozioni, le grandi sensazioni che dipendono dalla sofferenza, da una croce naturale che è ciò che l’umano deve sopportare. Se è messa in questi termini la questione pare non avere soluzione questa è la cruda realtà, bene o male adesso parlavo della chiesa cattolica ma tutte le religioni, le promesse di protezioni, promettono poi questo, la sicurezza per tutti un giorno ci sarà l’amore e la felicità. Ora in tutto questo pare che l’uomo anche quell’uomo che può contare sulla sua intelligenza nulla possa contro il destino, la natura crudele, i nemici e via dicendo pare che l’intelligenza non possa che non sottomettersi a queste leggi dei giochi, quel gioco del bene e del male di cui parlavo, pare non ci sia uscita e in effetti posta la questione in questi termini non c’è uscita, non c’è uscita se l’uomo non può considerare ciò che ha a disposizione, la ricchezza che l’uomo ha a disposizione, che cosa? Il suo pensiero. Questa è la ricchezza più grande, la sua intelligenza, la sua intelligenza che può portarlo a considerare e quindi a porsi, a porre quelle interrogazioni al suo pensiero che da millenni, dai tempi di Zeus l’hanno costretto in questo circolo vizioso per cui il pensiero è limitato, limitato da qualcosa di trascendente, al di sopra di lui per cui non può muovere se non per compiere sì delle operazioni, cercare di intendere perché gli umani hanno bisogno sempre di fare delle guerre, chi ha ragione, chi ha torto, oppure perché gli umani muoiono della tal malattia, oppure perché gli umani “si ammalano” di nevrosi o di psicosi e sopportano sofferenze inaudite ma senza poter assolutamente contare su nulla che poi non sia inevitabilmente il solito psicofarmaco, la solita droga per cui costruisco con la mia fantasia qualcosa che mi possa far superare questa dura realtà, ebbene dicevo della ricchezza immensa del pensiero se può muovere, sbarazzarsi, se può intendere quali sono i fondamenti e quindi le fantasie che ingombrano il suo cammino, le credenze che accoglie accogliendo i giochi stabiliti come quello del bene e del male. L’intelligenza, il pensiero sbarazzato di quelli che sono i macigni portanti che non hanno mai permesso l’interrogazione all’umano, non hanno mai permesso di andare oltre alle famose colonne d’Ercole, questi fondamenti sono delle fantasie, superstizioni che si accolgono per cambiare la realtà, la dura realtà per vivere, ma ecco il pensiero può andare oltre a tutto questo laddove appunto sbarazzandosi e quindi ponendosi delle domande e continuando incessantemente questa domanda e questa risposta può arrivare al fondamento del pensiero, può interrogare la condizione per cui esiste il pensiero e può arrivare ad accorgersi che la condizione per cui esiste il pensiero è che esista una struttura linguistica, il linguaggio che lo produce. Questo è il fondamento la condizione del pensiero è ciò che mi fa affermare che esiste il pensiero. Ora è marginale per il pensiero, sgombrato ovviamente da tutto ciò che gli ha permesso di dipendere, dal protezionismo che la fede gli ha sempre promesso e che lui ha mantenuto caro per poter vivere, dicevo, è marginale per il pensiero sapere di che cosa è fatto? Sapere qual è la sua condizione? Visto che senza il mio pensiero nulla può esistere? È marginale accorgersi di come funziona? Stabilire come funziona, accorgersi che è linguaggio che sta funzionando che è solo questo ed è tutta la ricchezza che l’umano ha, l’umano può dirsi umano, può accogliersi umano, può decidersi umano solo a questa condizione che lo possa pensare e cioè che ci sia una struttura logica in prima istanza, sintattica, linguistica, quando parliamo di struttura linguistica parliamo di una struttura logica quella che permette, per esempio, di passare da un elemento ad un altro elemento, accorgendosi che è un altro elemento quello che accoglie, se non potesse il linguaggio passare, compiere questo passaggio e accorgersi di questo, inferirlo questo passaggio da un elemento a un altro elemento, non muoverebbe questa struttura, il linguaggio non funzionerebbe e quindi non avrebbe la possibilità di concludere né questo né qualsiasi altra cosa perché semplicemente non funzionerebbe il linguaggio assolutamente e quindi perché qualsiasi cosa esista logicamente è necessaria una struttura… ma dicevo questo è importante oppure no? È importante poter considerare il linguaggio una struttura che sta funzionando e che permette qualsiasi cosa, permette il sentire, il provare emozioni, l’annusare la rosa, permette la costruzione di un dio, permette che cosa per esempio? cosa comporta accorgersi, ora sono molti anni che noi parliamo di linguaggio non possiamo continuamente mostrare, ciascuno lo può tuttavia provare che qualsiasi cosa è un atto linguistico, un elemento linguistico perché qualsiasi cosa penserà di porre in atto per negare questa affermazione che va compiendo sarà comunque linguaggio, sarà una proposizione e da questo non c’è uscita e quindi ciascuno lo può provare, può provarlo anche logicamente con il suo pensiero se ha voglia ma perché non ne ha voglia, in molti casi, perché? Perché, per esempio, sa la difficoltà, sa che sono nate delle scienze, la linguistica, per esempio, la semiotica, la semantica, la logica che si è interessata di proposizioni, di linguaggio che sta funzionando ma perché non ha potuto compiere questo passaggio che qualsiasi, dico qualsiasi cosa è un atto linguistico? Hanno sempre considerato queste scienze molto sofisticate, molto complesse, molto difficili indubbiamente, pensatori stupendi ciascuno a modo suo ha fatto il suo gioco ma nessuno ha potuto considerare che al momento in cui, per esempio, costruiva una teoria linguistica o semiotica… Greimas con la semantica che mentre costruiva questa teoria stava utilizzando il linguaggio cioè ciò che stava descrivendo, nessuno ha potuto considerare questo e quindi che la condizione per cui qualsiasi cosa esista è che esista questa struttura che permette qualsiasi cosa. È una ricchezza estrema poter giocare questo, per esempio, se l’altruista potesse considerare, l’altruista, quando parlo dell’altruista parlo della visione del mondo che costruisce l’altruista e quindi della sofferenza e quindi parlo della struttura nevrotica della depressione e soprattutto della malinconia, se l’altruista, dicevo, potesse considerare che la sofferenza è una costruzione linguistica? Lo può considerare l’altruista? Oppure no? È estremamente difficile perché deve essere assolutamente curioso questo altruista per poterlo fare perché se no si renderebbe conto che avrebbe sofferto per tutta la vita senza accorgersi della inutilità, della stupidità di questa operazione avrebbe tratto tutte le più grandi emozioni e sensazioni soltanto perché ha creduto in una costruzione, si è attenuto ad una costruzione linguistica funzionale al potere che se necessariamente deve proteggere deve costruire colui che deve essere protetto e quindi colui che deve soffrire, patire. Ingannato. Un inganno oltraggioso, tremendo, quello della protezione è uno degli inganni più terribili che il Sapere possa fare a chi crede in questo sapere, ecco che a questo punto potrebbe infiammarsi e uccidere e invece no, non serve a niente compiere questa operazione, questa operazione è un’operazione garantita del discorso religioso il quale deve perpetrare un gesto che è l’unico gesto che squassa gli animi e offre le più grandi emozioni e sensazioni, che solo la sofferenza può offrire quindi il grande spettacolo, quell’attrazione immane che il linguaggio, il quale linguaggio non ha nessun altro scopo né finalità che di funzionare e quindi di costruire proposizioni, tante proposizioni vere. Basta così. Ora noi da molti anni parliamo di linguaggio e da molti anni diciamo di questo inganno e di come qualsiasi pensatore che non parta da questa sua condizione necessaria di linguaggio che sta funzionando, sia costretto a girare in tondo e trovarsi a fare la guerra laddove si senta ingannato, deluso ma non si può essere ingannati da una struttura linguistica… e dicevamo queste cose, racconto ancora questa, poi vorrei che qualcuno intervenisse. Negli incontri passati, dicevo si parlava di linguaggio, del suo funzionamento, del tesoro dell’umano che è la sua intelligenza e si parlava del discorso religioso e allora una signora intervenne ed era abbastanza battagliera, arrabbiata laddove noi parlavamo del discorso religioso come quel discorso che blocca l’intelligenza perché promette e costruisce quella verità che non può dimostrare e lei questa signora intervenne e disse “ma come, voi parlate di intelligenza, limitate la mia intelligenza, io sono assolutamente intelligente anche se credo in dio e dio è ciò che mi serve per costruire la mia immortalità”. Quindi una cosa molto bella, oceanica direbbe Freud, quando nell’Avvenire di un’Illusione parlava di questo sentimento oceanico che è la ricchezza dell’uomo, a parere di un certo signore che aveva scritto e spiegava a Freud cos’era questa grande cosa, questa oceanicità del sentimento, questo amore immenso che è per tutti e Freud rispose… per rispondere e per spiegare in qualche modo cosa intendo quando parlo di psicotizzazione, fissità del discorso e quindi fermo del discorso su certe postazioni dalle quali non è possibile che se non ripartire, mi servirò di un esempio tratto da un testo di Freud “L’uomo dei lupi”. Che è curioso che intervenga in un discorso sull’altruismo perché Freud proprio in questo caso si trovò in qualche modo a fare la parte dell’altruista, lui che metteva in guardia dal “furor sanandi” perché questo Uomo dei Lupi che era un nobile russo decaduto non aveva i soldi per l’analisi eppure Freud volle proseguire. Questo personaggio era di un’intelligenza assolutamente vivace e senza freni come la sua passionalità d’altra parte, una storia interessante, nuova da svolgere che mostrava come i giochi prediletti dal bambino siano i giochi prediletti dall’adulto, dell’uomo, per cui avrebbe comportato molto per la psicanalisi e così Freud e quelli che facevano parte dell’associazione psicanalitica si tassarono, pagarono il sostentamento a questo russo, il quale russo “forse” trasse da questo gesto motivo per non muovere dalle sue posizioni anche se non c’era più malessere nella sua vita, ma che cosa diciamo quando parliamo dell’intelligenza ferma su certe questioni? Freud raccontò che nell’analisi di questo personaggio che aveva intorno ai trentacinque quarant’anni intervenivano le parole di quel bambino, un bambino di quattro anni il quale raccontava, era molto cattivo questo bambino in quel periodo, che il papà e la mamma decisero di insegnargli la storia sacra. Incominciarono col leggere le storie, i vangeli e raccomandarono alla nania, che era la vecchia bambinaia, di raccontare la storia di Gesù a questo bambino e la nania si adoperò con tutti i mezzi che aveva a sua disposizione. Ma il bambino si ribellò a questo dio crudele, a questo dio malvagio, non capiva come se era dio onnipotente e quindi poteva fare tutto perché mandasse gli uomini a soffrire tanto sulla terra … per il bambino era assolutamente un dio malvagio, cattivo perché ne andava della onnipotenza del dio o era dio oppure era malvagio, crudele ma era dio quindi… e poi e soprattutto mandava suo figlio a morire sulla terra e sulla croce e il bambino si ribellava, il suo pensiero, l’attaccamento per il suo papà, l’amore per suo padre dal quale voleva amore ed aveva amore, la sua educazione non gli consentivano di risolvere questo problema cioè di dare una coerenza a tutte le contraddizioni che sorgevano, non sapeva accogliere tutto sommato un atto di fede. Il bambino non poteva accogliere l’incoerenza, la contraddittorietà… la nania non sapendo bene cosa fare di fronte a un tal subbuglio, alle sue manifestazioni violente lo calmò così come si calmano i bambini dandogli la caramella e dice Freud che a questo punto la strada era fatta il bambino di fronte a quelle che erano le interrogazioni sulle quali il pensiero coerentemente risponde alle domande, il pensiero ciascun pensiero parte da una premessa e coerentemente risponde, ma lì il bambino non poteva e questa fu una delle scappatoie che permise all’Uomo dei Lupi di acquietare la sua intelligenza che era assolutamente libera e che già subito poneva domande che i “grandi” non possono più porsi su delle postazioni dalle quali poi non volle più uscire perché era comoda la caramella della nania. Bene, ho parlato moltissimo, qualcuno vuole intervenire? Sandro Degasperi sì…

 

Intervento: al momento in cui si pone la questione del bene, la questione del linguaggio intanto l’essenziale da dire è questo a mio avviso sul potere, una cosa estrema, il potere non esiste in quanto tale è un discorso. Quando si parlava dell’inganno del potere è proprio questo il potere vuole ingannare o inganna facendo credere di non essere un discorso. È qualche cos’altro. Intanto la questione del potere si pone anche così nel luogo comune come la gestione del bene pubblico, non del bene privato ma del bene pubblico quindi del bene comune, il bene pubblico è il bene comune. Qual è il massimo bene comune? Il massimo bene comune è la verità. Quale verità quella che il potere stabilisce come tale, prima diceva giustamente quella verità esattamente quella verità che gli consente di potersi in qualche modo conservare e diceva il compito primario di uno stato qual è? Quello di conservare se stesso. Quindi il potere ha questa funzione diciamo quella di conservare se stesso, ovviamente per fare questo ha bisogno di tutta una serie di premesse, sono premesse ideologiche, premesse religiose il così detto “potere temporale” non è altro che un erede moderno del potere religioso. La divisione fra il potere religioso e il potere temporale è una cosa abbastanza recente ma che tuttavia ne mantiene la struttura, in effetti parlando di potere è interessante intendere qual è la struttura, il suo funzionamento e dicendo che il potere in quanto tale non esiste ma è un discorso allora si tratta di intendere qual è il funzionamento di questo discorso. Qual è il funzionamento di qualunque discorso? quello di proseguire se stesso ciascuno si trova in un discorso e ciò che fa, si trova continuamente a fare è reperire quella condizione necessaria e sufficiente per proseguire questo come più volte abbiamo avuto modo di ripetere, questa condizione è che il discorso trovi man mano risposte vere alle sue domande, solo là dove conclude in termini di verità conclude in modo vero questo gli consente di proseguire, ovviamente se di fronte a un problema, di fronte a un’interrogazione è impossibile trovare la risposta per qualche motivo è come se ci fosse un arresto, come se non ci fosse la possibilità di andare avanti quindi qualunque discorso e quindi anche il discorso del potere ha questa necessità di reperire ciascuna volta ciò che ritiene essere vero, ciò che impone sì in questa caso il potere si pone vorrebbe porsi, si pone come la risposta ma qui basta pensare a quello che succede quotidianamente il potere è colui che attraverso le sue istituzioni dovrebbe rispondere ai bisogni del cittadino, cosa sono i bisogni del cittadino? Sono le sue domande e quindi si pone come risposta e quindi ovviamente se si pone come risposta, si pone anche come risposta vera, non come una risposta fasulla, almeno vorrebbe avere questa posizione di essere una risposta vera, ai bisogni del cittadino il quale per definizione è incapace e bisognoso, adesso questa idea del cittadino incapace e bisognoso si sostiene sull’idea di un potere necessario e in effetti la grande opera che ha compiuto il potere è stato quello di farsi amare. Di farsi amare questa è stata l’invenzione più grande e in effetti anche quando il cittadino si lamenta del potere delle inefficienze qua e là… cosa dice? Dice qual è il suo ideale “il mio ideale è un potere efficiente che si impone, un potere assoluto” questa è l’idea del cittadino quando si lamenta. Mi veniva in mente un po’ come i giovani che si ribellano ai genitori…spesso perché si ribellano? Non tanto perché hanno voglia di autonomia come si sente dire e si potrebbe pensare ma perché spesso è accusato il genitore di venire meno ai suoi compiti, di non essere all’altezza, di non essere un vero padre o una vera madre, per esempio, esattamente come il cittadino si “ribella” tra virgolette, non si ribella poi in fondo perché in pratica sta dicendo “tu non sei un vero potere” forte che mi protegge, che mi dà quello di cui ho bisogno, perché il cittadino si sente per definizione bisognoso che poi non è altro che l’alter ego del peccatore in senso religioso l’uomo è peccatore per definizione (per questo deve soffrire)… ovviamente c’è anche da dire questo il cittadino ama il potere perché gli attribuisce una verità, non questo potere di destra o di sinistra ma il potere nel senso come idea, il potere è il depositario della verità ovviamente questo comporta anche una situazione per cui il cittadino si sente sempre in debito nei suoi confronti e quindi ama il potere ma vuole anche essere amato dal potere, come dicevo prima il giovane imputa al padre di non essere amato abbastanza (e quindi fa di tutto per farsi amare e quindi combina tutti i guai possibili pur di essere legato a lui) le religioni più estreme sono delle rivendicazioni d’amore e non è molto differente se uno riflette il rapporto fra il cittadino e il potere, il potere è una sorta di padre, dio visto che parlavamo della religione è considerato il padre, è considerato colui che ha il potere assoluto… intanto diamo la possibilità ad altri di intervenire…

 

Intervento: (si sente molto poco)

 

È funzionale questa struttura del potere perché è vero che c’è il potere ma è vero che c’è chi l’accoglie questo potere in qualsiasi modo lo si voglia considerare…

 

Intervento: chi ha il potere lo ha perché qualcuno glielo ha dato no? Dare il potere è delegare anche la responsabilità all’altro?

 

Certamente.

 

Intervento: non è dare sempre la colpa a qualcun altro, delegare? La responsabilità insomma

 

Certo ma questo colui che si assoggetta o sconfigge il potere è una questione prettamente di responsabilità , perché accogliere e perseguire il potere se non per avere la certezza che ci sarà chi pensa per me, chi fa per me? (comodo!)

 

Intervento: No, non è solo una questione di comodità secondo me è una questione anche proprio di necessità perché una delle cose che gli umani assolutamente non tollerano è l’incertezza, gli umani non tollerano l’incertezza e quindi hanno bisogno di qualcosa che rappresenti per loro al certezza, ma questo accade a ciascuno quando pensa di ritrovarsi a farsi delle domande, avere dei dubbi come se… spesso si presentano delle strade diverse come risposta a una singola domanda e quindi non c’è una certezza… vado di là? vado di qua?… faccio questo? faccio quest’altro? l’idea che ci sia qualcuno o qualcosa che indichi la direzione, che dica questo è giusto o questo è sbagliato, bene o male, è una necessità fino al punto che si rappresenta e si incarna il potere quindi certamente sì è una comodità perché in effetti le riposte alle proprie domande si trovano all’interno di quel gioco che ha creato la stessa domanda quindi nel linguaggio, nel discorso (quindi un circolo vizioso!) non è un circolo vizioso se io mi pongo determinate domande posso anche cercare per tutta la vita la risposta a queste domande ma se non intendo come queste domande si sono prodotte, che cosa mi sto chiedendo ma non nei termini di cosa come oggetto della domanda ma come questa domanda si è costruita (…) certamente anche se apparentemente la domanda è la stessa cioè se formulandola sintatticamente e grammaticalmente è la stessa ma ciascun termine con cui è costruita ha degli effetti anche di significato per ciascuno differenti (l’utilizzo differente) l’utilizzo differente, il potere invece ha questa idea che esista il bene comune, un significato comune che debba valere per tutti mentre invece questo è come dire un modo di pensare molto ideologico, religioso che si sia tutti uguali o che il linguaggio funzioni per tutti in modo uguale, e che ciascuno si trovi a dover affrontare quelle questioni e che queste questioni producano una risposta che comunque vale per me, vale per lei, vale per chiunque altro… questo non è assolutamente perché ciascuno è preso nella sua storia particolare e la particolarità della propria storia è dato dal proprio discorso, dalle cose che penso, dalle cose in cui credo, dalle cose che per me sono importanti, dai giudizi di valore che ho dato, dalle esperienze che sono poi esperienze di pensiero e queste sono assolutamente differenti, particolari al discorso di ciascuno per cui non c’è modo di soddisfare al domanda in modo generale. Questo diciamo ha inteso la psicanalisi laddove diciamo che la storia di ciascuno non è altro che il racconto e ognuno la propria storia la racconta a suo modo, la racconto a suo modo perché? perché è un discorso che si produce e che producendosi provoca degli effetti, quindi non è solo una questione di comodità la questione della responsabilità, è un effetto di comodità questo sì ma direi proprio che è una necessità quella del discorso occidentale quello di delegare, come quello di pensarsi responsabile

 

Intervento: Francesca parla della responsabilità… il discorso ossessivo

 

Volevo chiederti una cosa Annamaria, tu che sei stata una fondatrice della Scienza della Parola molti anni fa, volevo chiederti quando noi parliamo di linguaggio ora, quali sono gli effetti a distanza di anni, per esempio, quando parliamo del linguaggio come la condizione perché qualsiasi cosa esista. Forse dieci anni fa le questioni sembravano ancora molto complesse anche se erano già… e mi piacerebbe sentire da te visto che siamo in pochi, di fronte a una affermazione assolutamente responsabile che non si può negare, nessuno la può negare…

 

Intervento: è davvero un altro modo di affrontare le questioni perché ti accorgi che tu non sei altro che linguaggio e che anche una manifestazione d’ira se la svolgi è nulla.

 

No, sono delle proposizioni, che è differente e non è marginale…

 

Intervento: tu non sei altro che il discorso che produci (il discorso che vai facendo, certo!) per chi non l’ha mai sentito è una bomba atomica… mi viene in mente le grandi questioni dell’amore e dell’odio, di questi affanni anche solo la volta scorsa si parlava della dipendenza dall’amore e molte persone sono intervenute dicendo “accidenti l’amore eterno, il mio partner è qualcosa di assoluto” poi può durare cinque minuti o una vita intera però qualcosa di assoluto. A me l’altra volta veniva da pensare che significa assoluto o per lo meno quale valenza ha l’assoluto? Se non nel momento in cui tu ti trovi a pensarlo (assoluto cioè senza soluzione) per me il percorso d’analisi è stato…

 

 

Ma a parer tuo, dicevi che il linguaggio questa struttura che produce qualsiasi cosa quando uno lo intende è come una bomba atomica e allora a parer tuo è necessario perpetrare l’inganno?

 

Intervento: cioè bombardare!

 

Intervento: inganno nel senso?

 

Nel senso di raccontare la storiella!

 

Intervento: no

 

Intervento: anche se non c’è la volontà di raccontare la storiella

 

 Intervento: raccontare la storiella è come chiedere l’assoluzione allora se io me la racconto e mi piango addosso perché…beh ho trovato la soluzione perché posso dire “mi piace soffrire, godo di soffrire”…

 

Intervento: è come se uno prendesse la Bibbia e dicesse questo è un libro al pari….è una serie di favole penso che almeno i due terzi delle guerre che si stanno combattendo automaticamente non avrebbero più motivo di essere… se uno prendesse il proprio discorso, la propria storia come una fiaba molti danni proprio personali svanirebbero nel senso che questi danni sono costruiti sulla credenza che la propria storia corrisponda a qualcosa che sia vera, come io posso combattere nel nome di dio se credo che la Bibbia sia vera, dica qualcosa di vero. Ad esempio se io fossi nato nella Nuova Guinea, non saprei assolutamente nulla di ciò che predica…(…) forse proprio perché lo considera una storiella può trarre dall’amore quello che effettivamente l’amore può dare (…) ciascuno di noi muove in base a ciò che pensa (…)

 

E infatti Signora se noi avessimo il pubblico del papa in piazza San Pietro forse qualcuno potrebbe considerare il funzionamento del linguaggio….ma non è il numero che stabilisce ciò che è vero e ciò che è falso… va bene giovedì prossimo Cesare Miorin e Gabriele Bardini con “L’inganno della certezza”. Grazie a ciascuno e buona notte.