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DEMOCRAZIA vs ANARCHIA

 

11 maggio 1999

 

Il tema di questa sera è Democrazia vs anarchia. Come avete notato, stiamo compiendo una serie di giri intorno soprattutto alla retorica e alla possibilità di provare vera o falsa una qualunque tesi. Ora, come sapete, gli umani generalmente cercano di stabilire fra due corni del dilemma quale è vero e quale è falso in modo da potere agire di conseguenza. Tuttavia, stiamo vedendo in questi incontri come ciascuno dei due corni del dilemma, qualunque esso sia, può essere provato tanto vero quanto falso, il che lascerebbe intendere che la ricerca della verità di uno dei due corni del dilemma sia cosa vana o quanto meno inutile. Nel discorso comune, come dicevo, si tratta sempre di stabilire quale dei due elementi sia vero. Ma cosa accadrebbe laddove ciascuno dei due corni del dilemma fosse simultaneamente vero e falso, comunque provabile in questo senso? Per esempio, una disputa intorno alla migliore forma di governo, per esempio la democrazia e l’anarchia, cesserebbe di avere qualche utilità e verrebbe ridotta semplicemente, come vedremo, a una semplice questione estetica. Come dire, io non preferisco la democrazia perché è la forma di governo migliore, quella più idonea per gli umani, ma perché mi piace di più e c’è l’eventualità che non possa affermare niente più di questo. Se voi considerate per esempio questa forma di governo che è nota come democrazia, vi rendete conto immediatamente che, pur essendo fra le forme di governo più praticate nel mondo occidentale, è di fatto una tirannide e cioè la tirannide dei più sui meno, cosa che può comportare qualche problema nei confronti della democrazia anche se molte persone non intravedono forme di governo migliori. Come diceva Sciascia, non del tutto a torto, la democrazia è la cosa peggiore che possa esserci, tuttavia per il momento non ne conosciamo di migliori. Cosa comporta il governo dei più sui meno? Che chiaramente ciò che i più decidono che è giusto, che è bene, viene imposto in un modo o nell’altro a coloro che non sono affatto d’accordo. D’altra parte la stessa anarchia, come ciascuno di voi sa, non è mai risultata essere praticabile. Lasciare a ciascuno il libero arbitrio circa le proprie azioni, come già Platone aveva perfettamente individuato ai suoi tempi, ha sempre condotto alla tirannide, nel senso che a un certo punto nella stessa anarchia ciascuno che riesca ad ottenere del potere cercherà necessariamente di sopraffare gli altri. Da qui qualche pessimismo circa la capacità degli umani di governare e di governarsi. Ma c’è l’eventualità che, poste le condizioni sia psichiche che sociali in vigore negli ultimi tremila anni in effetti governare sia cosa impossibile. Governare è cosa impossibile e pertanto sia l’anarchia sia la democrazia sono forme comunque di governo dove in ogni caso la forza comunque cerca di prevalere. Si tratta allora di vedere perché comunque chi ha del potere cerca di avvalersene contro il prossimo. Pare che almeno per molti questa non sia una eventualità ma una certezza, qualcosa che è addirittura insito nella cosiddetta natura umana. Si tratta di verificare se questa "natura umana", così bellicosa e insofferente, proceda proprio dalla necessità, ritenuta quasi naturale, di fare prevalere uno dei due corni del dilemma sull’altro, esattamente così come accade a livello politico, o anche sociale o personale. Intendo dire questo, così come il corno del dilemma che si suppone vero, prevale assolutamente su quell’altro che è ritenuto falso, allo stesso modo chi è mosso da qualunque intendimento, sia in buona che in mala fede, allo stesso modo chi si ritiene di essere nel giusto, il giusto può essere il suo tornaconto ovviamente, considera qualunque altro discorso, qualunque altra posizione falsa e quindi da eliminare, esattamente allo stesso modo. C’è l’eventualità, come vi dicevo, che tutto questo proceda da un modo di pensare che stabilisce che fra i due corni del dilemma uno debba vivere e l’altro scomparire: vive quello vero, scompare quello falso. Emblematica è la posizione delle religioni che è una posizione in parte esasperata rispetto a questa questione. Come sapete, le religioni non possono convivere con religioni differenti nonostante dichiarazioni di intenti, di buoni propositi, non possono convivere perché si escludono necessariamente: se ciò che io penso è assolutamente vero, qualunque cosa sia differente da ciò che io penso è necessariamente falsa e come tale deve essere combattuta. Non c’è una via di mezzo. Il cattolicesimo non potrà mai per esempio convivere con l’islamismo, con l’ebraismo o con qualunque altra religione, non potrà a meno che il cattolico non compia questa operazione che è una contraddizione in termini, cioè pensare che il suo dio non sia il vero dio, il che è piuttosto improbabile. Dunque, da dove viene questa necessità di pensare l’una cosa vera e l’altra necessariamente falsa, cioè quella che si oppone, quella contraria? Questa posizione di considerare necessariamente vera una cosa e falsa quella che le si oppone è piuttosto nefanda perché è quella che costringe a combattere, ad aggredire e quindi costringe l’altro ovviamente a difendersi. Eppure, da sempre da quando esistono, almeno da quando c’è traccia di loro, gli umani si sono sempre mossi in questo modo considerando che ciò che è vero comporta che il suo contrario sia necessariamente falso e quindi da eliminare. Da dove viene questo modo di pensare così bizzarro tutto sommato, bizzarro poiché ciò che si ritiene necessariamente vero comunque non può essere provato tale, e così lo stesso dicasi per ciò che è il suo contrario. Questo è noto da moltissimo tempo, almeno da Gorgia, da Zenone in poi. Qualunque proposizione può essere provata vera o falsa, dipende soltanto dall’abilità del retore compiere questa operazione; pertanto, non c’è modo di stabilire con assoluta certezza che una qualunque posizione debba essere vera. Per questo vi dicevo può essere una decisione estetica, "a me piace così!" e basta. Così, sia nella politica che nella filosofia, scienza compresa, si è fatto da un paio di migliaia di anni come se invece fosse possibile trovare una prova, una dimostrazione. Poi, di fatto pochi si sono cimentati lungo questa via e quei pochi hanno fallito, ovviamente. È un po’ come la famosa ricerca della verità di cui vi dicevo tempo fa, è stata cercata per moltissimi anni e da moltissime persone senza tenere conto che forse, prima di mettersi alla sua ricerca, può essere non del tutto inutile definirla se no anche nel caso che la trovassimo non la riconosceremmo, e qui ovviamente sorgono problemi insormontabili Ma come definirla? Accorgendosi che una qualunque definizione risulta arbitraria, si può constatare con buona facilità che tutto ciò che è costruito per provare questa cosa, la cui definizione è arbitraria, risulterà non credibile, nel senso che posso avere definito in modo magari anche preciso un qualche cosa che di fatto invece risulta arbitrario. E allora che cosa si è pensato di fare in tutti questi lunghi anni? Di evitare la questione e fare in modo, cioè porre le condizioni, perché non sia pensabile, perché non ci sia nessuno che ponga la questione in questi termini. Questa operazione è riuscita straordinariamente bene, in buona parte è merito dell’insegnamento, i giovani di scuola vengono addestrati a pensare in un certo modo, ed è questa la cosa essenziale, ché le persone non mettono mai per nessun motivo in discussione i fondamenti del pensiero. Tutto ciò che è costruito su questa sorta di omertà potrebbe crollare e tutta la civiltà occidentale fallire nel suo obiettivo, che è quello di mantenere la religione, religione qui intesa nell’accezione più ampia del termine, non mi riferisco alle religioni propriamente dette ma a tutto ciò che funziona, che è costruito come un discorso religioso. Il discorso religioso è quello che muove da un assunto che è né più né meno che un atto di fede, come dire, io posso provare l’esistenza di dio? No, però ci credo. Questo modo di pensare è quello su cui si regge tutto il mondo occidentale, e anche quello orientale, una formidabile omertà che è stata costruita in questi ultimi duemila anni con dovizia di mezzi, in modo che a nessuno possa venire in mente di mettere in discussione il pensiero, il modo in cui funziona, il modo in cui viene costruita una prova, una dimostrazione ecc. Ora, qualcuno si è avvicinato ovviamente alla questione ponendola anche in modo interessante, pensate per esempio a Wittgenstein, tuttavia il richiamo a qualche cosa che vada al di là di quelle stesse condizioni attraverso le quali è possibile considerare il pensiero o qualunque altra cosa, questo è un passo che non è mai stato fatto, un passo che porterebbe eventualmente a considerare che se il pensiero degli umani è retto da alcune condizioni ben precise, senza le quali non esisterebbe, tutto ciò che è prodotto dal pensiero, cioè tutto ciò che gli umani pensano, chiaramente segue a queste condizioni ed è vincolato strettamente a queste condizioni, senza le quali potremmo dire che non esisterebbe nulla, nemmeno gli umani, perché non avrebbero modo di potere stabilire né affermare che qualcosa esista. Naturalmente, qualcuno potrebbe affermare che anche se non ci fossero gli umani il cosmo esisterebbe, ma come lo sa? E per chi esiterebbe? In che modo? Ecco, che ci troviamo di nuovo di fronte alla questione della definizione : per affermare che qualcosa esiste occorre che sappia che cos’è l’esistenza oppure no? Taluni sono indotti a pensare di sì e quindi dovremo definirla ; questo modo in cui verrà definita l’esistenza sarà oppure no vincolato a quelle condizioni che vi dicevo per le quali esiste il pensiero? Sì, dal momento che è prodotta dal pensiero, il quale è vincolato alle regole che lo fanno esistere e pertanto la definizione di esistenza sarà prodotta da queste condizioni e ad esse vincolata, e dunque affermare che il cosmo esisterebbe comunque è un non senso cioè non significa assolutamente niente. Parlavo di condizioni, se io ho in animo di definire una qualsivoglia cosa, come farò, cosa utilizzerò per definire una qualunque cosa? Userò dei criteri, ovviamente, svariati criteri i quali sono riconducibili a dei sistemi inferenziali, se questo allora quest’altro, molto semplice, ma questo sistema inferenziale esiste in natura? E se esiste in natura allora la natura precede me stesso che considero queste cose, ma come posso affermare che esiste in natura? In base a quale criterio, di nuovo altre leggi inferenziali e così via. Ci si trova ad un certo punto di fronte ad alcune considerazioni che rischiano di essere ineluttabili e ineludibili e che riguardano appunto il modo in cui funziona il pensiero. Se io ho in animo di cercare di stabilire se è meglio la democrazia o l’anarchia o la tirannide o l’oligarchia o qualunque altra forma di governo, occorre che io mi ponga questa questione e cioè, una volta stabilito, ammesso che giunga a stabilire una cosa del genere, quale sia la forma di governo migliore, che cosa ho prodotto esattamente? Ho prodotto soltanto una serie di proposizioni fine a se stessa oppure ho individuato qualcosa di vero, qualcosa di autenticamente vero? Ecco perché queste riflessioni intorno alle condizioni, prima ancora di mettersi a riflettere su qualunque cosa, l’eventuale necessità di intendere con che cosa e come rifletterò su questa come su qualunque altra cosa, dal momento che è da come rifletterò, dal "con che cosa", c’è l’eventualità che segua ciò che io concluderò : se penso in un certo modo concluderò in un certo modo, se penso in un altro modo concluderò al contrario, per esempio, e c’è l’eventualità che dipenda esclusivamente dal modo in cui penso, dagli assiomi da cui muovo. Muovete, come si usa dire, da un "punto di vista" e giungerete ad affermare che la democrazia e ineluttabilmente e assolutamente il modo migliore di governare; muovete da assiomi differenti e giungerete a concludere che l’anarchia è quanto di meglio sia pensabile per gli umani. Ma se questi assiomi da cui muovo fossero assolutamente arbitrari? Allora effettivamente non mi rimarrebbe che concludere, come vi dicevo prima, che a me piace più una cosa o più l’altra, assumendomi la responsabilità ovviamente di questa affermazione e considerare inevitabilmente che un'affermazione, per esempio che la democrazia sia la forma di governo migliore, non significa nulla di per sé, è soltanto una cosa che mi piace di più, esattamente così come posso preferire il cioccolato al latte a quello fondente, anche se la disquisizione politica pare retta da assiomi più solidi, c’è l’eventualità però che non sia esattamente proprio così. Vi dicevo delle condizioni attraverso le quali si pensa e abbiamo accennato a un sistema che è quello inferenziale, se A allora B. Ciascuna conclusione cui io giungo, dalla più importante alla più futile, segue a un processo inferenziale, deduttivo, induttivo, se questo allora quest’altro, muovendo da assiomi o principi, i quali non sono che la conclusione di altri percorsi inferenziali. Gli umani hanno sempre pensato che se fosse mai possibile stabilire un assioma assolutamente certo, ineluttabile o definitivo, allora tutto ciò che ne sarebbe seguito sarebbe stato del pari piuttosto solido. Così non è avvenuto e non c’è stata la possibilità di provare in modo definitivo un principio, un’affermazione, rimanendo assolutamente arbitraria. Questo ha comportato una serie di problemi a cui le varie religioni, o comunque il discorso religioso, hanno tentato di ovviare. Come dicevo tempo fa agli amici, ci sono dei periodi in cui la scienza raggiunge l’acme della sua fama e del suo successo, proprio in questi periodi c’è un ritorno di fiamma delle religioni, ufficiali non ufficiali, sette e settine, poiché la scienza, proprio al culmine della sua elaborazione, mostra la corda, mostra cioè di non potere rispondere a delle banalissime domande che gli umani si pongono. Certo, nemmeno le religioni possono offrire una prova di qualunque tipo, però la religione ha un’arma in più, che anche la scienza ha ma meno robusta, vale a dire la speranza di un mondo migliore e quindi promette che tutto ciò che non si è risolto qui verrà risolto altrove. Questo la scienza non lo può fare, dice "stiamo lavorando per voi ma ancora non abbiamo risolto il problema", non può affermare che in un altro mondo tutto si risolverà ma in futuro sì…. La religione ha a suo vantaggio questa prerogativa, perché la scienza può anche fallire, non trovare mai quello che cerca, la religione no, l’ha già trovato c’è solo da aspettare un momento che la vita terrena cessi, dopodiché.. Può apparire una cretinata, e magari lo è, però funziona, funziona da duemila anni ed è seguita da un numero che si aggira intorno ai sei miliardi di persone sul pianeta, non sono pochissimi sono la totalità….cosa che può indurre taluni a compiere qualche riflessione, e giungere al punto da cui siamo partiti in questa serata e cioè alla considerazione di come ciascuna volta sia necessario stabilire con assoluta certezza un elemento ed eliminare quello opposto, sempre con altrettanta assoluta certezza e senza potere considerare che entrambi sono assolutamente gratuiti. Gli umani si sono sempre ammazzati da quando esistono, la guerra è sempre una cosa che attrae moltissimo…..molti si adoperano per dimostrare che questa guerra è necessaria oppure no. Occorre che sappiate che è assolutamente dimostrabile che questa guerra è assolutamente necessaria ed è assolutamente dimostrabile che questa guerra è assolutamente inutile… E allora? C’è certo qualcuno che si muove ad un certo punto e incomincia a farla, in genere per scatenarla è sufficiente uno, per fare la pace ce ne vogliono due, come nelle relazioni interpersonali, c’è qualcuno dicevo che scatena l’offensiva, a che scopo? Uno che muove una guerra, adesso al di là di vari altri interessi che possano esserci, ma a vostro parere pensa di essere nel giusto o muove in assoluta malafede pensando di fare una guerra assolutamente sbagliata, inutile e che probabilmente perderà? In genere…

Intervento: Per me non si pone neanche il problema…

In alcuni casi sì, anche perché non è che ci va lui ma ci vanno altri, i quali occorre che siano persuasi. E allora, occorre motivare questa cosa, per esempio con il fatto che quel tizio nella lontanissima Jugoslavia sta combattendo una guerra etnica e trasgredendo a tutti i comandamenti religiosi e non, arbitrariamente ha deciso di ammazzare un sacco di persone e quindi dobbiamo intervenire…è giusto? È sbagliato? Possiamo anche provare che è giusto. Se Bossi decidesse di sterminare tutti i meridionali che sono nella Padania, uccidendoli a uno a uno, forse non riterreste giusto l’intervento da parte della Nato, a proteggere l’integrità dell’Italia? O lascereste fare? No, direste che la Nato fa bene a intervenire perché non può lui arrogarsi il diritto di decidere della vita o della morte di altri che hanno l’unico crimine di appartenere a una religione oppure a una etnia differente. Naturalmente, anche il contrario può essere mostrato molto facilmente. Ma certo un discorso del genere può apparire non portare da nessuna parte e in effetti ci sono circostanze in cui è preferibile che il discorso non porti da nessuna parte e cioè che né mi costringa ad uccidere il vicino né mi costringa ad approvare il vicino che ammazza qualcuno, il quale vicino si trova a compiere o a subire certe operazioni. Perché? Perché c’è qualcuno che crede nei valori, i suoi ovviamente, e per imporli o difenderli deve uccidere. Cosa sono i valori? I valori sono tutte le superstizioni a cui io credo, alle quali credo fermamente, sono pronto a difenderle e a combattere chiunque non le approvi. Non fatevi illusioni rispetto a chi dice che è possibile convivere tutti anche se pensano diversamente da me, è una tolleranza dettata da una debolezza politica, economica, ecc., perché se avesse il potere di farlo necessariamente cercherebbe in un modo o nell’altro di eliminare chiunque non pensa come lui. E per lo stesso motivo se la chiesa avesse oggi il potere che aveva, anche se lo sta riacquistando, aveva quattro o cinque secoli fa, ci sono ottime probabilità che ripristinerebbe la Santa Inquisizione. D’altra parte, non si vede perché non dovrebbe farlo, è un modo efficace per eliminare tutto ciò o tutti coloro che sono una minaccia per la sua integrità. Chiunque elimina tutto ciò che minaccia la sua integrità, può essere qualcuno, qualcosa o un pensiero. La questione è che o qualcuno effettivamente la minaccia allora questo qualcuno a sua volta ritiene minacciata la propria integrità morale, per esempio, oppure nessuno minaccia la sua integrità ma è soltanto il fatto che altri che pensano in modo diverso. Già questa è una minaccia. Se io credo in un dio, questo, essendo mio, è ovviamente l’unico vero dio e pertanto penserò che tutti coloro che credono o non credono ad altro sono nell’errore necessariamente, sarò anche indotto a pensare che questi altri, essendo in malafede o eretici, faranno di tutto per abbattere il mio vero dio. Lo penso necessariamente, cioè penso necessariamente che loro pensino quello che penso io e cioè che appena giro la schiena mi spareranno e allora prima che lo facciano a me, lo faccio io a loro. È un modo di pensare assolutamente legittimo, anzi, assolutamente normale. Ed è, come dicevo prima, il modo di pensare che è retto da questa struttura religiosa. Ciò che stiamo facendo in questi anni, la scommessa che ci sostiene, è verificare se è possibile costruire un modo di pensare che non sia esattamente questo. Certo, è molto difficile però c’è questa eventualità che abbiamo intravista e che perseguiamo, cioè un modo di pensare che non sia supportato da nulla da difendere e che, quindi, non preveda necessariamente l’idea che l’altro sia inesorabilmente un nemico. Non avendo nessuna idea, nessun dio da difendere, nessun valore, nessun principio, ci si trova nella necessità di non avere l’urgenza di uccidere il prossimo, almeno non l’urgenza, che già sarebbe un passo notevolissimo. Non dico che uccidere il prossimo sia bene o male, non è questa la questione, potrebbe essere bene e può essere male, secondo di come si pensa, sto solo dicendo che non è necessario, non essendo necessario, perché compiere un operazione del genere, in base a quale criterio ? Manca il movente per uccidere, dico uccidere, faccio il caso così più evidente, però ci sono infinite altre forme di massacro e torno a dire non è questione che sia bene o male, non è questo il punto, adesso non ci interessa stabilire se è bene o male, già ponendoci in una posizione del genere, ci troveremmo a stabilire che in alcuni casi è bene, legittimati pertanto a proseguire il massacro. No, non ci interessa a sapere se è bene o se è male, non ci interessa in assoluto e basta. Ché è un modo di muoversi assolutamente impensabile per i più, un modo di pensare dove non esista il nemico, si è mai verificato? No, perché credendo nei valori, con tutto ciò che comporta quindi negli ideali, ecc., il nemico è semplicemente chi pensa differentemente, è l’altro, chi ha un’idea diversa, non è necessario che sia un’altra nazione, può essere il vicino di casa, può essere il marito, può essere chiunque…. Un saggio interessante compare subito dopo il crollo del muro di Berlino, di un certo Zagrebelsky, Il mondo fuori controllo : in effetti, tolto il nemico ufficiale, il nemico prolifica, dappertutto. È stato un disastro per alcuni aspetti il crollo del muro di Berlino. Tolto il nemico ufficiale, il nemico si ramifica, si moltiplica, chiunque diventa nemico, chiunque è sospetto, chiunque può essere una minaccia. Prima era un blocco messo lì al di là della cortina di ferro, adesso chiunque, tutti e nessuno, può essere il nemico. La questione del nemico è una questione che stiamo discutendo tutti i giovedì con gli amici, è una questione di portata immensa, per tutto ciò che comporta chiaramente, la sua necessità, la sua creazione, come si crea il nemico. Il nemico interno è quello più difficile perché è subdolo, se è esterno almeno è al di là della frontiera, si tiene a bada, se è all’interno è subdolo, però occorre che ci sia. Spiegavo tempo fa agli amici come si fa a creare un nemico interno: basta aumentare il numero dei divieti, aumentando il numero dei divieti, ci sarà sicuramente qualcuno che trasgredirà e quindi sarà il nemico. Semplice, no? A questo punto colui che trasgredisce diventa il nemico da colpire, da denunciare, da abbattere. Però, magari intanto qualcuno se ha voglia di intervenire se no proseguo queste considerazioni estemporanee…

Intervento: Il pensiero occidentale comporta un addestramento per poter pensare.

Sì, comincia dalle elementari e va avanti fino all’università

Intervento: Come rendere comunicabile e trasmissibile questa necessità del nemico che è insita nel discorso occidentale con i suoi capisaldi…il pensiero occidentale garantisce una certa comodità attraverso questa "umanità" non mette in discussione il pensiero quindi e immagina che in un certo senso il discorso sia tutelato garantito dal rischio.

Sì, c’è questo aspetto. Però, più che di comodità parlerei di paura, paura tremenda di abbandono (la stessa che cerca la garanzia ma al momento stesso che parlavo di comodità come di accomodare proprio per questa garanzia, lei parlava di nemico ma io parlerei della necessità del padrone) Sì, il padrone è colui che mette al riparo del nemico, secondo il criterio mafioso …

CAMBIO CASSETTA

… Certo, il bisogno di protezione, se c’è il nemico occorre che qualcuno mi protegga … Parlando con le persone, certo, ci si scontra contro un ostacolo enorme per cui chiunque non è assolutamente disposto a tollerare l’eventualità che ciò che pensa non sia né vero né falso. È semplicemente un suo criterio, come dicevo prima, preferisco la cioccolata al latte che quella fondente, e allora? Preferisco la democrazia alla tirannide, va bene, e allora? La tirannide mi piace di più perché suona meglio. Oppure, lo devo provare ma non lo posso fare, è sufficiente che trovi qualcuno abbastanza abile e proverà esattamente il contrario, non esiste una verità suprema …. Sono le obiezioni più banali che si riscontrano, da qualche parte la verità ci deve pur essere, chi lo ha stabilito? E in base a quale criterio?

Intervento:

È un rischio che corriamo anzi che pratichiamo quotidianamente (…….) Questo è noto, dell’interesse del cittadino non importa niente a nessuno (……) Sì, utilizzando la nobile menzogna che lo fa per il bene del cittadino, il che non si è mai verificato negli ultimi tremila anni, come la storia del mondo migliore, oggi c’è la sofferenza ma domani c’è gente che aspetta da 3000 anni e ancora lì……

Intervento:

La libertà potremmo indicarla provvisoriamente come la non necessità di credere in qualcosa, poi vediamo (questa paura…..) Può fare qualcosa di più che mettere in discussione, può provare assolutamente vera una tesi e assolutamente falsa la sua contraria. Certo. Questo esercizio occorrerebbe farlo continuamente perché è utile, fa bene, ringiovanisce, fa bene anche al fegato. Come dicevo tempo fa, si può provare che una certa cosa, un esempio banalissimo è quello della guerra, l’assoluta necessità di tale guerra e l’assoluta inutilità, provarlo proprio in modo che sembri inconfutabile. Se voi riusciste a compiere questa operazione, con qualunque argomentazione comprese le vostre, allora vi trovereste in quella libertà, nella non necessità di credere in qualcosa. Ma se uno lo fa lo fa assumendosene l’assoluta responsabilità : io ritengo che la guerra nel Kossovo sia assolutamente necessaria, perché? Perché mi piace ammazzare. Uno almeno fa i conti con la sua affermazione, e se chiaramente è portato a compiere questi esercizi si porrà magari anche la questione di come mai magari gli piace ammazzare, si accorgerà magari che c’è l’eventualità che il compiere questa operazione cessi di divertirlo perché non serve a niente. Certo, si giunge poi a un punto in cui propriamente molti giochi non interessano più e sempre più interessa l’unico gioco che si ritiene degno di essere proseguito e cioè il discorso teoretico, indagare sulle condizioni del pensiero. Qualunque cosa io pensi ad un certo punto non è più così importante ma interessa che cosa sostiene questo pensiero, che cosa lo regge, quali sono le sue condizioni. In effetti, un gioco che prima o poi giunge ad avere la priorità, non deve essere l’unico, sicuramente la priorità, deve essere quello più interessante, è quello che gli antichi chiamavano teoresi, la ricerca, l’elaborazione introno alla struttura del pensiero e alle sue condizioni, il suo funzionamento. Qualunque altro gioco, certo, può farsi però … così come i bambini giocano ad alcune cose che agli adulti non interessano più. Facevo l’esempio agli amici che quand’ero piccolo giocavo con le palline… adesso tutti, immagino che tutti i presenti non lo facciano più, come mai? (…..) Non è detto certo! Cioè, ci si diverte con altre cose che si ritengono più interessanti, si abbandona un gioco quando è prevedibile o quando le regole del gioco non risultano più sufficientemente interessanti e allora si cercano giochi più sofisticati. Ecco, lungo questo itinerario accade esattamente la stessa cosa, ci si trova cioè cercare giochi più sofisticati e il più sofisticato è quello che riguarda il pensiero, il come funziona, quali sono le sue condizioni, cosa lo sostiene, come si muove, dal momento che a seguito del pensiero avviene qualunque cosa. Essendo il pensiero la condizione di qualunque cosa, indagare sulle condizioni del pensiero è un po’ fare quella che voleva fare Aristotele, la filosofia prima o ultima che sia ha poca importanza, importa che diventi la cosa più divertente, più stimolante, altre stimolano di meno, non che siano meno, però….perché ci si trova nella non necessità di credere qualcosa e questa può essere considerata una assoluta libertà. Non ho necessità di credere perché posso costruire proposizioni che rendano vere e false qualsiasi proposizione e quindi non sto a chiedermi se una cosa è bene o male, ma non per questo faccio qualunque cosa, non che non la faccia perché è bene o perché è male ma perché non mi interessa più (è diverso) è molto diverso.