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LA NOBILE MENZOGNA COME PSICOTERAPIA DI STATO

 

10 maggio 1996

 

Quand'è che una menzogna è nobile? Quando è fatta a fin di bene, quando viene fatta allo scopo di beneficare qualcuno. Come Voi sapete è Platone che per primo pone la questione in termini così espliciti, nella Repubblica, dice che c'è una menzogna che occorre dire, e la menzogna che occorre dire è quella per cui ciascuno deve essere convinto che, se ad esempio suo padre faceva il ciabattino, allora anche lui avrebbe dovuto fare questo, per via di un disegno superiore. Ma in definitiva la questione è questa, si tratta di fare credere a qualcuno qualche cosa perché questo qualcuno sia governabile, o meglio governabile. Potremmo dire che il cittadino, parafrasando Diderot, è ottimo quando sa adattarsi a qualunque circostanza o, potremmo dire, a qualunque governo, qualunque forma di governo. Lui comunque si troverà sempre bene, che al governo ci sia Stalin, ci sia Hitler, ci sia Che Guevara, oppure John F. Kennedy, lui si troverà sempre bene. Ma come dicevamo all'inizio, questo è fatto per il bene, almeno così Platone ci illustra la sua ipotesi, fatto per il bene vale a dire per la governabilità, quindi in definitiva per il mantenimento dello Stato. Potremmo dire dello "status quo" ma indipendentemente dalla forma di governo che lo regge. Dicevamo tempo fa che qualunque sia la forma di governo che regge uno stato, una delle pochissime costanti è la necessità, di ciascun governo, di fare intendere che lui, lo Stato, in definitiva è sempre necessario. Questa breve premessa è per parlare della psicanalisi, perché avevamo detto che avremmo parlato della psicanalisi, o la psicoterapia, come dice il titolo: la nobile menzogna come psicoterapia di stato; e in effetti agire per il bene di qualcuno è compiere una psicoterapia. La psicoterapia è una menzogna? Anche se di primo acchito verrebbe da rispondere di sì, occorre illustrare questa risposta, e dire anche in che modo la psicoterapia sia una menzogna, perché la menzogna in effetti, in alcuni casi non è neanche una menzogna, ma è qualcosa di peggio. Perché qualcosa sia una menzogna occorre che ci sia la volontà dell'inganno, se non c'è volontà non si può più parlare di menzogna. Dunque menzogna a fin di bene la psicoterapia, ma perché menzogna? Su cosa mente? Mente nel fare supporre l'esistenza di una ragione superiore, una ragione suprema. Questa ragione suprema è chiamata generalmente legge dell'inconscio. Ragione suprema di cui per altro non può dirsi nulla se non che c'è, e in omaggio alla quale viene fornito un criterio di interpretazione, decodificazione di un discorso che rende conto di queste leggi che governano ciascun individuo, queste leggi dell'inconscio. Ciascuno, per questa ipotesi, è mosso da cose che ignora, e cosa dice la psicoterapia? Dice che esiste una prima serie di schemi secondo i quali gli umani sarebbero fatti e comunque si muoverebbero, e una variazione rispetto a questi schemi comporta una impossibilità di adattamento, di adeguamento, e quindi un disturbo.

Che detta così uno potrebbe anche crederci, nel senso che è verosimile, è plausibile, sono le tesi più propriamente sociologiche che dicono che la società è fatta in questo modo, con delle richieste e delle pretese, e che se per qualche motivo queste richieste non possono essere ottemperate, si crea un disturbo, un disagio. Da qui la necessità di consentire a queste persone di riadattarsi alla società. Questa è la tesi più americana. Oppure tesi che sostengono invece, per esempio, la non adattabilità, o meglio il non adattamento a causa di conflitti non superati avvenuti nell'infanzia. Anche lì, il conflitto si ha ciascuna volta in cui c'è una richiesta rispetto alla quale non è possibile muoversi nella direzione richiesta, e d'altra parte risulta arduo se non impossibile muoversi anche nella direzione opposta. Oppure ancora che le stesse leggi dell'inconscio sono tali per cui il disadattamento è inevitabile. Questo ha condotto per esempio Freud ad un certo pessimismo, soprattutto nel suo scritto Il disagio della civiltà e L'avvenire di un'illusione, allora non si tratta più di soddisfare richieste che vengono dalla società, ma richieste che verrebbero dal Es, allora questa altra istanza che è l'Io, che deve fare da cuscinetto tra l'Es, cioè il luogo delle pulsioni e il mondo esterno, si trova in difficoltà, così come l'individuo si trova in difficoltà a soddisfare richieste che gli vengono imposte dalla società.

Abbiamo indicato prima tutto questo come una nobile menzogna, con questo non stiamo affatto dicendo che le cose non stiano così, non è questo che ci interessa fare, stiamo solo dicendo che utilizzando gli stessi criteri e altrettanto legittimamente, possiamo dire che le cose stanno così, come abbiamo illustrato o in qualunque altro modo, altrettanto legittimamente. Ma questo modo di porre le questioni interviene quando? Interviene laddove esiste una teoria, esiste una serie di proposizioni organizzate tra loro e interdipendenti e deducibili una dall'altra, per cui ciò che si sostiene è che le cose sono così. Perché questo non ci interessa? Perché arresta il gioco, semplicemente.

Se io dovessi credere all'esistenza delle leggi dell'inconscio allora, come dicevamo tempo fa, compio un puro e semplice atto di fede, e allora posso credere anche alla madonna che piange o a qualunque altra cosa, a seconda dell'umore del momento o delle altre cose a cui credo o rispetto alla quali questa nuova idea si situa bene, così, per una questione estetica ad esempio. Dunque se invece non c'è un atto di fede allora si pone immediatamente un'altra questione, e cioè che cosa si stia dicendo, dicendo quello che si dice, e cioè che esiste una legge dell'inconscio o legge di natura o qualunque altra cosa, a che cosa si riferisce tutto ciò esattamente?

Una volta avviata questa domanda avviene qualcosa di terribile, perché non c'è nessuna risposta che possa darsi a questa domanda, nessuna risposta che faccia qualcosa di più che girare in tondo, e cioè che non riconduca immediatamente alla stessa domanda. Ma è necessario porsi questa domanda? Sì e no. Può diventarlo laddove il discorso che si incontra aggira questa domanda immaginando di saperla, o per intuizione o per ispirazione, o per deduzione o per qualunque altro motivo. In questo caso allora è necessario, è necessario perché ciò che in questo caso si pone come un atto di fede mostri la corda. Può diventare non necessario nel momento in cui, questa stessa domanda cessa di porsi perché per la sua stessa struttura impedisce la risposta. Mi spiego meglio: c'è qualcuno che fa un'affermazione di qualunque tipo, io mi chiedo come lo sa, la cosa anche più banale. Parrebbe una di quelle domande che non possono porsi, non possono porsi perché spalancano un baratro, un abisso, un abisso che risulta immediatamente non colmabile. Un abisso che rende assolutamente impossibile e inattuabile qualsiasi nobile menzogna, ma non perché la risposta a questa domanda di per sé sia terribile, terribile è che non c'è nessuna risposta, che, come dicevo prima, non rinvii alla stessa domanda. Da qui la sensazione di vuoto, di vertigine, di insopportabilità, come dire... se metto in discussione questo allora devo mettere in discussione tutto, compresa questa domanda. Sì è vero, la questione è che a quel punto si acquisisce uno strumento in più, uno strumento in più che mostra effettivamente che ciascuna affermazione ha, chiamiamolo un senso, che è strettamente dipendente, questo senso, dal gioco in cui è inserito. Se qualcuno dovesse porre una domanda del genere: ovviamente chiederei che cosa intende con questa domanda, restituendogli la patata bollente, ma a quel punto è come se giocasse a carte scoperte, nel senso che la sola risposta che possa formularsi da queste domande riguarda la precisazione circa qual è il gioco che in quel momento si sta giocando, né più né meno. Qualunque altra risposta può venire smontata, smantellata in quattro e quattr’otto. Quando tutto ciò acquista un senso, trova un senso? Una volta che si è inteso, si è in un certo senso individuato il gioco che si sta facendo e per cui questa domanda ha un senso, fuori da questo gioco non ha nessun senso. E allora la domanda all'interno di un gioco che prevede il rilancio di giochi linguistici, questa domanda ha un senso, fuori da questo gioco non significa assolutamente niente. Allora tutto questo per illustrare di che cosa si tratta propriamente in assenza di psicoterapia. La psicoterapia dice questo: il modo in cui ti comporti non è corretto; non è corretto nell'accezione più ampia che volete, non è corretto teoricamente, socialmente, psicologicamente o moralmente. Si, anche moralmente, e forse sarebbe la cosa più sensata, tutto sommato, in definitiva ciò che si dice deve essere sostituito da un'altra cosa. Sempre, necessariamente, voi provate a confrontarvi con qualunque dottrina psicanalitica, dalla più ingenua alla più sofisticata, e troverete sempre e necessariamente questa posizione, qualche cosa dovrà essere necessariamente sostituita con un'altra. E perché questo? Ecco la nobile menzogna. Perché così è male, cosà è bene. Nobile, abbiamo visto perché è fatta a fin di bene, per il bene del tizio in questione ovviamente. Tempo fa parlavamo della conversione, è una conversione, né più né meno, uno si converte a un'altra dottrina e quindi abbandona quella precedente per abbracciare quella più recente, con una grandissima fede, poche persone come i neofiti o comunque quelli che passano da una religione all'altra sono così fervidi e difensori, strenui difensori della nuova fede. Nobile abbiamo visto, menzogna, dicevamo, menzogna nella migliore delle ipotesi, tutto sommato sarebbe preferibile che qualcuno fosse assolutamente in malafede. Perché è preferibile, perché essendo in malafede magari certe ingenuità non riuscirebbe a farle o a dirle. Tempo fa con gli amici discutevamo dell'eristica e l'avevamo definita così, un po' per gioco, come l'arte del vincere un agone dialettico, un qualunque agone dialettico in assoluta malafede, cioè senza difendere o dovere difendere nessuna verità, di nessun tipo, nessuna realtà, nulla, un puro e semplice gioco linguistico.

E` un esercizio, se volete metterla così, un esercizio che ha degli effetti. L'effetto di un certo interesse è quello di non essere più, di non trovarsi più ad avere bisogno di nobili menzogne, e questo per un motivo molto semplice, e cioè che consente e instaura una maggiore mobilità di pensiero. La necessità di dovere ricondurre qualunque cosa alle cose a cui si crede è comunque sempre una limitazione. Per quale motivo uno dovrebbe fare questo? Avviene che ad un certo punto una persona smetta di giocare a birilli e giochi con delle cose che lo muovono, lo provocano, lo interessano di più. Quali cose lo interessano di più? Quelle che di più mettono alla prova la sua intelligenza, tutto sommato, prendete intelligenza nell'accezione più ampia che volete e che potete, tutto ciò dunque che mette alla prova la sua intelligenza è anche e simultaneamente ciò che gli consente di trovare delle cose. Ed è esattamente ciò che ciascuno fa o cerca di fare, ciascuno poi lo enuncia nei modi più svariati, e c'è chi è sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, c'è chi è sempre in attesa di essere stimolato da qualcun altro, c'è chi lamenta la sua condizione che è sempre identica a sé, sono vari modi, ma enunciano una questione che è importante per ciascuno, e cioè che cosa effettivamente è irrinunciabile. Sapete che cosa è effettivamente irrinunciabile? La teoresi. Sì, e cioè la ricerca intellettuale, fine a se stessa. Intendo dire che è finalizzata alla produzione di altri elementi che muoveranno e spingeranno e trascineranno ancora questa ricerca. D'altra parte il confronto con l'intelligenza, adesso definiamo anche l'intelligenza, è ciò che ciascuno cerca in definitiva, ed è la sola cosa che gli consente di trarre una soddisfazione che non ha pari con nessuna altra cosa. Intelligenza che non è soltanto mettere le cose insieme con un criterio che ciascuno stabilisce, ma il trovare, nel porre innanzi le cose in connessione tra loro, altre cose che si combinano ancora e ancora in un altro modo e ancora in un altro modo ancora, mostrando, continuando a mostrare altre cose, altre cose o altri aspetti delle stesse cose che pertanto non sono più le stesse.

E` questa la sola cosa che muove gli umani e li ha sempre mossi tutto sommato, senza parlare del periodo greco, dove effettivamente era considerata l'unica attività degna di un essere umano, la teoresi. Un'obiezione a questo potrebbe porla ad esempio Geymonat, il quale la pone in uno scritto intorno a Galilei, dove dice che Galilei sì, era un teorico, ma andava a Venezia, nei cantieri per vedere lì in atto lo svolgersi delle sue teorie, dei suoi pensieri. Cioè ciascuna teoria che andava facendo, doveva trovare un'applicazione. La questione che ci stiamo ponendo è che la teoresi, posta in questi termini, non può non avere applicazione. Se io mi trovo a cominciare a pensare in certi termini, questo stesso fatto è già l'applicazione, nel senso che produce già effetti. Effetti sono, come dicevo prima, il cessare di credere, il cessare di avere bisogno che qualcuno accudisca, custodisca, la necessità di dovere pensare che esista un paradiso o un'armonia universale o qualunque altra cosa a cui tendere. No, mano a mano nel mio discorso trovo gli elementi che mi consentono di procedere, ma li trovo cogliendo in questi elementi, ciascuna volta, qual è il gioco che stanno facendo e sapendo perfettamente che questa domanda a sua volta è consentita da un altro gioco linguistico e così via all'infinito. Provate a porre la questione in questi termini e vi troverete immediatamente di fronte a una sorta di infinitizzazione anche del pensiero, dove non sono più tanto delle domande come "a che cosa serve" o "dove vado" o "che cosa è meglio" a porsi quanto piuttosto che cosa mi sto chiedendo con questo, per esempio, che cosa sto facendo chiedendomi una cosa del genere. Se io mi dico che il pensiero tende verso una certa direzione, non sto dicendo assolutamente nulla se non intendo qual è il gioco che si sta facendo dicendo una cosa del genere, cioè in quale gioco è inserita questa proposizione. Questo modo di muoversi mostra sbarra la possibilità di immaginare che qualche cosa esista di per sé, che ci sia un referente, un garante, qualunque cosa non importa che cosa, e cioè in definitiva mi rilancia, mi rinvia, mi restituisce continuamente ciò che dico, senza la possibilità di poterlo appuntare su qualche cosa che lo debba sostenere.

Va da sé che in questi termini non c'è nessuna possibilità di diffondere alcuna nobile menzogna, perché non c'è la possibilità di credere alcuna nobile menzogna. Non è che la psicoterapia non abbia degli effetti, ha degli effetti straordinari, come qualunque religione. Produce generalmente benessere, quiete, sicurezza di sé e forse ha anche altre virtù che adesso mi sfuggono, per cui non è che condanniamo né la religione né la psicoterapia, non condanniamo nulla né nessuno, né proponiamo d'altra parte assolutamente niente, semplicemente discutiamo, riflettiamo sulle cose, tutto qui.

Riflettendo sulle cose ci siamo trovati a dovere confrontarci e analizzare e svolgere il discorso occidentale che è quello attraverso cui facciamo queste operazioni, e in questo percorso abbiamo reperiti molti elementi, soprattutto abbiamo colta la non sostenibilità di molti altri elementi, riflettendo proprio sulla nozione di sostenibilità o di esistenza o di utilità o di qualunque altra cosa. L'altro giorno con gli amici si discuteva intorno ai luoghi retorici, i luoghi retorici hanno qualcosa di molto interessante e addirittura si giungeva a considerare che ciò che consente, in una qualunque discussione o argomentazione, di passare da un antecedente a un conseguente, ha la stessa struttura di un proverbio, come il "chi la fa l'aspetti" ad esempio, questo consente di dedurre, questa struttura, da un antecedente a un conseguente; e i proverbi hanno questa virtù di essere generalmente generali, universali e di non essere scalfitti da nessuna obiezione, da nessuna controdeduzione, la logica contro il proverbio non può nulla, il proverbio rimane lì, immutato, monolitico, inaccessibile, non è scalfibile da nulla. Curiosa struttura quella del proverbio, meriterebbe di essere considerata con molta attenzione perché c'è l'eventualità che il discorso occidentale abbia la stessa struttura. Che perlomeno in parte è quella che indicavo prima, quella prodotta da un atto di fede, per cui una persona che è fermamente credente non sarà scalfitta minimamente da qualunque controdeduzione che riguardi la sua religione, non perderà la fede per questo, può perderla ma non per questo, non è mai la questione logica che fa perdere la fede.

Curiosamente ciascuno si appella alla logica, ma della logica non gliene importa assolutamente nulla a nessuno, funziona anche la logica come un proverbio, ha la stessa portata e lo stesso utilizzo soprattutto, altra questione che meriterebbe di essere presa in considerazione, tutt'altro che semplice da affrontare e allora dicevamo, possiamo addirittura porla in un modo un po' azzardato, e cioè che ciò che mi consente di dedurre da una cosa un'altra ha la struttura di un proverbio, la stessa funzione, la stessa portata e soprattutto la stessa sostenibilità logica. Ma sono questioni che meriterebbero certamente un'altra riflessione, sono appena accennate, giusto per dire in quale direzione stiamo andando.

Il titolo è La nobile menzogna come psicoterapia di Stato, dello Stato non abbiamo detto nulla, in effetti abbiamo annunciato che avremmo parlato di psicanalisi, ma quale psicanalisi? E` da verificare se questo termine sia ancora di qualche interesse, abbiamo visto ciò che generalmente si intende con psicanalisi perlopiù appunto una psicoterapia, nell'accezione in cui indicavo prima, cioè una nobile menzogna. E` chiaro che abbandonando queste dottrine, questi riferimenti teorici che hanno gli psicanalisti, può risultare più arduo proseguire. Ciascuno che voglia, per così dire, fare lo psicanalista, non ha che l'imbarazzo della scelta tra le infinite e varie dottrine che si praticano. L'esserci trovati di fronte all'assenza di dottrine, può per un verso creare qualche difficoltà perché la nobile menzogna è fatta per essere utilizzata, per potere governare facilmente il cittadino, in questo caso per potere governare più facilmente l'analizzante.

Governare facilmente cosa vuol dire? Vuol dire che c'è un impianto dottrinale teorico saldo che consentirà, mettendolo a confronto con un discorso, di giungere a certe conclusioni, ma questo, in quanto dottrinale, occorre che sia molto saldo e che soprattutto sia creduto, soprattutto da parte dello psicanalista, allora effettivamente sarà predisposto a un atto di fede e non c'è nessun problema, sarà sempre molto accondiscendente, anche perché paga e quindi poco disposto a mettere in discussione quello che sta facendo. E questo sembra un buon argomento fra gli altri, ma non solo questo ovviamente, a convincere della bontà di ciò che fa. E qui gli si offre esattamente ciò che chiede, e cioè di credere in qualcosa, soltanto che ciò che in cui credeva prima non è più sufficiente, non basta più, occorre qualcosa di più raffinato, che è quello che gli psicanalisti gli offrono. Ma il motivo certo rimane, quello della guarigione, della terapia, togliere i mali, togliere le paure, le fobie, le angosce, le ansie ecc. Vengono tolte in parte, per cui tutto sommato la richiesta viene soddisfatta, così come ciascuna struttura religione offre, come dicevo prima, la sicurezza, la tranquillità, la quiete, la pace, il benessere, e uno si sente facente parte di un gruppo, di un insieme quindi si sente accudito, protetto, amato, considerato ecc., e quindi sta benissimo, per cui non abbiamo nulla contro la psicoterapia, è perfettamente funzionale, così come il cattolicesimo o l'islamismo o il buddismo o qualunque altra religione, vanno bene, stiamo soltanto dicendo che facciamo tutt'altro, lasciando alla religione il discorso religioso e proseguendo una via dove necessariamente qualunque affermazione religiosa non può essere considerata, se non come inserita in un gioco linguistico, e cioè acquista un certo senso perché inserita in una certa combinatoria, fuori da questa combinatoria non significa assolutamente niente. Ecco allora la questione è che lungo questa via non si producono buoni cittadini, ma pessimi cittadini, mentre ciascuna religione per definizione è agganciata a un ordinamento e quindi ha bisogno di buoni cittadini, ma cattivi cittadini in una certa accezione, non è che sono dei gangster necessariamente, adesso non vorrei essere frainteso. Nell'accezione che sto dicendo Totò Riina è un ottimo cittadino, come Andreotti, come Bossi, come Silvio Berlusconi, come Romano Prodi, Di Pietro o chiunque altro, sono tutti ottimi cittadini ma, dicevo, il cattivo cittadino è quello che non ha più bisogno di essere accudito, protetto, non avverte questa necessità, questo non toglie che altri, avendo maggiore potere e forza lo accudiscono a forza, sì, questo accade, ma non ha questa necessità, non avverte questo bisogno di essere accudito né dallo Stato né da altri. Né dallo Stato, né dalla mamma, né da un amante, da nessuno. Questo non significa che viva isolato, il contrario, e cessa di mentire esattamente così come cessa di dire la verità. Sì, chiaramente conosce i giochi linguistici che vengono svolti perlopiù, li conosce perfettamente bene e quindi sa perfettamente quali sono le regole di questi giochi, per cui sa sia rispondere a tono sia rispondere non a tono. Ha acquisito molti elementi.

Si configura così ciò che vado indicando con il sofista, potremmo indicarlo così, come chi non ha necessità di essere accudito, protetto, sostenuto, considerato, amato e tutta una serie di cose, per questo non è che le rifugge, può anche apprezzarle, è che non ne ha bisogno, c'è questa piccolissima differenza. Perché non si trova più, come dicevo prima, nella necessità di credere alla menzogna, per quanto nobile sia. Ecco, sentiamo se ci sono degli interventi intanto...

- Intervento: Bisogna credere che ci sia una verità oppure...

Come preferisce, è la stessa cosa. Se preferisce una cosa, allora si adatta a quella. Se preferisce quell'altra si adatterà a quell'altra.

- Intervento:...

Perché no? Dipende da cosa intendiamo con trabocchetto, o perché esista il trabocchetto o non esista il trabocchetto ecc. Di per sé non è che ci dica un granché, dicevo che uno può credere che esista o che debba esistere una verità, è libero di farlo, anzi perlopiù avviene così, oppure che non esista la verità. Ma che cosa sta dicendo esattamente con questo? Perché uno che sostenga fortemente che la verità non esiste, non va da sé che con verità intenda esattamente la stessa cosa di chi invece sostiene il contrario, come diceva giustamente Hjelmslev, la nozione di democrazia per Stalin e per Eisenower non era la stessa cosa, per cui intendevano con lo stesso significante cose totalmente differenti, c'è questa eventualità.

- Intervento: L'inconscio esiste.

Cosa dobbiamo fare di questa proposizione? Era una domanda se l'inconscio esiste? Posta in questi termini è difficile rispondere. Ci siamo posti chiaramente questa questione, ma in un modo particolare, e cioè a quali condizioni possiamo parlare di esistenza di qualche cosa e allora, stabilito questo, possiamo stabilire a questo punto se esiste l'inconscio, se esiste Pinco Pallino o qualunque altra cosa, possiamo dire che esiste o che non esiste, e va bene, ma non andiamo molto lontani cioè, in entrambi i casi, si pone così come un atto di fede, ma uno dei criteri, delle regole del gioco che stiamo facendo invece è proprio di non attenerci ad atti di fede. Cosa che può essere più difficile in alcuni casi, però è molto più divertente, perché consente di avere maggiori rinvii, maggiori rilanci. Se no ad un certo punto uno si ferma. Noi abbiamo constatato con gioia che non c'è assolutamente nulla che ci costringa a fermarci, assolutamente niente, e questo è un vantaggio non indifferente.

- Intervento: Il discorso dei proverbi mi ha fatto pensare alla psicologia degli archetipi junghiani, questa memoria collettiva, questa traccia... c'è una analogia?

No, parlavo dei proverbi non in questo senso, cioè come (...parlavo di traccia come percorso obbligato) sì ho inteso, certo per Jung la questione si pone esattamente in questi termini, una sorta di archetipo....

- Intervento: io parlavo di traccia come struttura.

Sì, mi riferisco alla struttura sintattica, grammaticale del proverbio, fatto in modo tale per cui non è scalfitto da nessuna controdeduzione logica. Non i proverbi in quanto tali in virtù del loro valore semantico, ma proprio della loro struttura sintattica che è particolarissima, e ha queste virtù di essere inaccessibile. Facevo questa connessione col discorso occidentale perché le cose che ciascuno crede si configurano in questo modo, come piuttosto inattaccabili, piuttosto inaccessibili, proprio come un proverbio. Anche contro qualunque evidenza logica, il proverbio rimane assolutamente intatto, così come le cose in cui ciascuno crede, non vengono scalfitte da nulla, per cui non è parlare di una traccia che esiste e si perpetua e si trasmette, ma della struttura di cui è fatto il linguaggio, poi uno può pensare che si trasmetta nei secoli, che si sia trasmesso da quando esiste l'uomo o da quando esiste il DNA, o anche da molto prima. Che venga dai buchi neri, o da qualunque altro posto, uno può congetturare quello che vuole, si tratta invece, ed è quello che stiamo facendo, di riflettere proprio sulla struttura del linguaggio, come funziona, per questo non ci ha interessato minimamente l'elaborazione di Jung, proprio perché si muove dal luogo comune, che crede, e va bene, cioè rispetto a questo non da obiettare né da aggiungere nulla, ma soltanto prendere atto di quello che dice.

- Intervento:...

Che sono fatti dello stesso modo, delle stesse cose, qualunque principio, qualunque teoria è spesso...

- Intervento:...

È difficile accorgersi certo, che una teoria è una formulazione linguistica, che è fatta di proposizioni, di inferenze, così come un proverbio appunto: - Chi la fa l'aspetti. - ha la forma di un'implicazione -Se... allora -, ma molto più potente di qualsiasi implicazione logica. Certo, la questione su cui stiamo riflettendo è da cosa trae questa potenza, che la rende assolutamente inaccessibile e questo può consentire di intendere con maggiore precisione perché ciò che ciascuno crede è così saldamente ancorato, consolidato e inamovibile. Non per fargli cambiare opinione ovviamente, non importa nulla, ma per proseguire la ricerca, ciascuno può pensare quello che vuole.

- Intervento: allora uno può diventare anarchico...

Sì, uno può diventare qualunque cosa. Le idee politiche sorgono mica per nulla, sorgono dal bagaglio che ciascuno ha delle proprie credenze, superstizioni ecc. e variano in conseguenza di questo. Il bene del popolo di cui si parla talvolta è una figura astratta, sulla quale sono tutti d'accordo generalmente, ma è perché si dà la nobile menzogna che qualcosa è creduto, che è possibile credersi qualche cosa, per cui anche anarchico, qualunquista o qualunque altra cosa.

- Intervento: Il termine anarchico in senso etimologico deriva da anarké, senza origine. La nobile menzogna dice: Tu appartieni.- Tu appartieni, quindi devi rispettare questa appartenenza....

Sì, perché quello che è passato come anarchismo generalmente, per esempio da anarchismo russo da Bakunin, e da altri, qui in Italia Cafiero, però è sempre molto prossimo a un nichilismo, quello di cui parlammo a proposito della depressione, e cioè non c'è più un senso e allora niente ha senso e allora distruggo tutto, oppure nulla più interessa, nulla più ha valore, che è il passo che fa il malinconico, non gli interessa più niente, tanto, nulla ha valore, come diceva tempo fa qualcuno, tutto è nella parola, nulla ha consistenza di per sé, se "tutto" sono solo parole allora che importanza ha? Non è così propriamente, la questione è che anche questa annotazione effettivamente viene da una struttura linguistica, ma dire che ciascuna cosa è una parola allude all'implicazione di questa affermazione, come dire che se ciascun elemento che interviene è un elemento linguistico, quindi un atto linguistico, questo si porta appresso il fatto che: primo non è pensabile che sia altrimenti che questo, secondo che tutto ciò che si produce è un effetto di questo e ancora, se vogliamo proprio dirla tutta, che questa formulazione che lamenta che queste sono soltanto parole, è ancora nell'attesa che qualcos'altro si dia. E` in attesa di dio, del messia e c'è il rischio che prima o poi lo trovi, che dagli oggi, dagli domani, si trovi un dio. Anarchia, è da riprendere, perché può condurre a riflessioni di un certo interesse.