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10-3-2005

 

LegoLibri

 

IL POTERE DELLE DONNE

 

Beatrice Dall’Ara

 

Allora proseguiamo gli incontri che da molti anni continuano e si inseriscono ciascuna volta in una elaborazione, per esempio questo incontro dal titolo “il potere delle donne” si inserisce in quel contesto, nell’elaborazione che prosegue il discorso iniziato giovedì da Luciano Faioni “l’Amore, soprattutto” prosegue l’elaborazione, prosegue il suo discorso appunto in questo contesto che parte dall’amore, da quell’amore sincero, puro e passa attraverso la costrizione, il controllo fino ad arrivare al potere delle donne appunto o di coloro che si pongono in questa condizione; oppure dall’amore, quel movimento, quella curiosità per la propria intelligenza, per il proprio pensiero che solo conduce al benessere. Benessere che è dato dal pensiero, se è libero da quegli ostacoli che lo fermano, che lo costringono… dicevo che il titolo di questa sera è “il potere delle donne” questa credenza, questa superstizione, a cui credono le donne e a cui credono gli uomini perché è funzionale alla struttura occidentale. Ma perché il potere alle donne visto che le donne, nella struttura occidentale, sono piccole, fragili, indifese queste sono le connotazioni della loro femminilità mentre il potere come si sa dovrebbe così come è cantato dai poeti, dagli storici dovrebbe appartenere all’uomo che è grande, che è robusto, che è virile. Perché dunque il potere alle donne? Parrebbe contraddire ciò per cui si parla di potere, ma cos’è il potere intanto? Il potere è la volontà, la capacità di far subire all’altro la propria verità. Di far subire al mondo la propria verità questo è il potere. Ma dicevo di come i canoni per cui l’uomo e la donna si distinguono sono canoni estetici l’uomo è grande e la donna piccola, fragile, indifesa non è forte eppure… cosa desidera l’uomo? L’uomo desidera il corpo della donna. È attratto dal corpo della donna e la donna lo sa, sa soprattutto questo che l’uomo è attratto dal suo corpo, e quindi ha la massima cura del suo corpo, e lo vediamo tutti quanti da ciò che l’industria dei giornali, l’industria filmica propone questo corpo di donna che deve essere sempre più seducente, più attraente, è molto importante il corpo per la donna, molte delle sue sofferenze, delle sue depressioni hanno origine da quell’immagine discordante che a loro appare del come vorrebbero avere il corpo, molte delle questioni, molti dei conflitti avvengono proprio a partire da questo corpo che in molti casi gioca dei brutti scherzi alle donne, le quali donne sono sempre a dieta da lunedì, dalla signorina, dalla quindicenne fino alla nonna. La necessità del controllo del corpo, questo corpo che differisce continuamente dal suo ideale, da quella figura, da quell’immagine che la donna deve sempre tenere presente… ed è molto importante soprattutto nei confronti dell’altra donna. I canoni estetici sono dettati dalle donne e autorizzati dalle donne allo stesso modo, l’uomo in tutto questo non ha una gran parte, è ovvio che anche l’uomo si adegua ai canoni stabiliti e che funzionano nella struttura occidentale, la donna all’uomo serve come vessillo, come ciò che ha, la bella donna è importante per l’uomo per mostrarla ma dicevo che la questione importante per l’uomo è l’attrazione per il corpo della donna, è attratto dal corpo della donna e la donna di questo sa e quindi la donna deve continuamente giocare con l’immagine del suo corpo di ciò che vede del suo corpo, con ciò che vorrebbe avere fino alla sofferenza in molti casi, si sa, per esempio, che il corpo della donna laddove sia grande e sgraziato comporti burla, riso così come il corpo dell’uomo mingherlino come sanno i cineasti non viene scelto per fare i film alla James Bond sarebbe qualcosa che va contro il senso comune. Ma cosa comporto questo controllo della donna a partire dal suo corpo? Questo corpo che sa essere il richiamo, ciò che cattura l’uomo, cosa comporta per la donna? Comporta in primo luogo che la donna può godere a partire dal desiderio dell’uomo, non può mai accogliere il suo desiderio perché anche nell’amplesso è controllata, in molti casi per vedere il suo corpo, come si muove, cosa fa, non c’è piacere in tutto ciò (forse è questo il piacere) non dico che sia per tutte così però laddove quel sentimento sincero, quell’amore che la donna chiede a gran voce è il sentimento dell’essere amata, beh, forse può considerare alcune questioni perché quell’essere amata non ha nulla di quel movimento di cui parlavamo per cui il pensiero è importante, no, è importante soltanto il corpo e come il corpo possa e debba mostrarsi, come del corpo possa godersi come figura, come immagine adeguata in tutti i modi. Un corpo tiranno in certi casi, accennavo prima alla questione della dieta perenne alla quale la donna si sottopone da quando diventa signorina, questo corpo tiranno che in certi momenti nonostante le diete ingrossa a dismisura, gonfia, non si può tenerlo a freno e la donna si vergogna esibisce la sua vergogna, quando parla con sé prova vergogna per quel desiderio che nonostante tutto mostra, mostra un corpo grosso ma lei prova un’infinita vergogna quasi appunto a denunciare un desiderio che non deve trapelare, un segreto. Basti pensare alle questioni dell’anoressia, per esempio, questa rappresentazione che la donna fa, questo controllo infinito di tutto ciò che ingurgita, ché la donna ha fame, l’anoressica ha una fame pazzesca però non può concepire, ogni cosa può essere l’inizio della fine per il suo corpo, amato od odiato che sia è la distruzione che mostra, però… ma adesso la questione dell’anoressia non ci interessa ci interessa intendere il ruolo del corpo nella donna, corpo che appunto può tradirla in qualche caso, può metterla in gioco, può rivelare degli aspetti che lei non vuole rivelare perché il corpo le serve e quindi tutto il suo controllo è in quel corpo. Perché la donna non può accogliere il suo desiderio ma fare tutti questi giri lunghissimi di pensiero per cui l’altro è costretto a desiderarla, ad amarla perché non può essere tutto più semplice?… beh qui bisogna considerare che la bambina e il bambino hanno imparato a parlare ed è la mamma che lo ha insegnato loro, ha insegnato i caratteri principali quelli che contraddistinguono il maschio dalla femmina, questo per istruirli nella vita. La mamma poi tra l’altro in molti casi è fiera del figlio maschio quindi “tu sei un maschio, sei più grande, sei forte…” tutte queste belle cose che ciascuna mamma sa insegnare al suo bambino, alla femminuccia la mamma invece insegna che è piccola, è fragile e deve difendersi da un mondo in cui bisogna difendersi. Sono le cose che si imparano al momento in cui si incomincia a parlare e quindi a confrontarsi con le cose del mondo, per cui ci deve essere qualcosa che fa la differenza anche per quella bambina che non riesce a intendere perché il maschio sia importante, ci deve essere qualcosa che lei non ha, per esempio, qualcosa che non ha e che fa la differenza ma queste sono fantasie di bambini che colgono le prime differenze e chiedono conto a sé del perché e di cosa è fatta questa differenza poi si diventa grandi, si diventa adulti e queste cose sono ridicole, sono scherzi, sono cose da bambini, le guerre ataviche tra uomo e donna cominciate con Adamo ed Eva ora ai giorni nostri paiono scomparse, non c’è più conflitto fra i sessi, meglio ora le donne hanno rivendicato quello che dovevano rivendicare, si sono emancipate e quindi sono soddisfatte di quello che hanno ottenuto con la loro lotta, proprio l’altro giorno era la festa delle donne e se c’è una festa ci sarà anche il motivo, ora tutte queste questioni sono risibili sono oggetto di battute, di scherno e dicevo che pare non ci sia più traccia di quello che per esempio fra i greci, all’epoca di Platone, Aristotele, le donne erano considerate poco più degli schiavi, anzi poco meno, nel secolo scorso c’era il padre padrone e la donna era adibita a quei ruoli che ciascuno di noi sa ora invece no, la donna ha lottato e può accedere a quasi tutte le cariche pubbliche, lo può fare, ha avuto accesso al lavoro, ha avuto il diritto al lavoro come l’uomo anche se l’uomo ha sempre lavorato ma lei prima aveva i figli a cui pensare, quindi il diritto al lavoro, ora per esempio le donne in carriera, le donne in carriera quelle che non hanno più (…) sono donne che dimostrano la loro capacità sono molto in gamba, sono molto furbe e precise le donne per cui sul lavoro in molti casi con gli uomini ingaggiano il conflitto e lo vincono, perché sono più attente, più furbe, più scaltre. Molte donne in questo conflitto con l’uomo che vincono, in molti casi ne assumono l’aspetto sono uomini altre invece mantengono la loro femminilità, curano il loro aspetto perché sanno che può essere utile. Freud un centinaio di anni fa quando ha inventato la psicanalisi si trovava ad ascoltare delle persone che andavano da lui e che avevano dei problemi, beh, si trovava ad ascoltare delle lamentele, dei discorsi e intatte le parole della mamma che insegna al bambino qual è la differenza. Erano fantasie talvolta isteriche, fantasie certo storie, fantasie paranoiche, lamentele di persone che poi nella vita, deprecavano la loro incapacità a muovere, la loro insicurezza, i loro problemi, la loro incapacità ad affrontare il mondo ed erano storie di bambini. Freud le chiamava con una metafora , queste storie le chiamava con il nome “invidia del pene” barzellette, storie, scherzi…dalle quali nascono discorsi in cui, diceva lui, questo “pene” era il bambino e comportava tutta una serie di discorsi, di costellazioni che portavano la persona a muoversi in un certo modo nella vita, sempre partendo da una mancanza che rispondeva all’unica domanda “ce l’ho o non ce l’ho?” l’unica eccitazione, nient’altro… oppure l’altra direzione del discorso poteva farsi a partire dal “pene feci” sozzura, altra costellazione che portava la persona ad agire in un certo altro modo. Parole, discorsi, storie ora se è risibile come dicevo la storia dell’invidia del pene che ormai viene utilizzata come barzelletta, si ride, si scherza si conclude e non ci si pensa più eppure la donna vuole essere amata, vuole farsi oggetto …la donna desidera a partire da quel corpo che ama anche nell’amplesso, che controlla continuamente e dal cui amore dipende la sua felicità o infelicità e che risponde alla domanda “che cos’è?” ma soprattutto non esce dall’ambito “ce l’ho o non ce l’ho?” basta pensare a come la nostra società sia impostata, una società consumistica (lo dice anche il Papa) per cui le persone acquistano tutto ciò che trovano sul mercato, tutto ciò che impone la pubblicità perché immaginano che acquistando tutto ciò che trovano sul mercato possano essere felici, che derivi da questo, da tutto ciò che hanno la loro felicità. Una differenza che è basata su un tratto anatomico perché il tratto anatomico che contraddistingue l’uomo dalla donna in questo caso è ciò che ne fa la differenza, è l’unico dato sensibile che può stabilire una differenza fra gli esseri, questo perché gli esseri, gli umani danno poco valore alla loro intelligenza, considerano che la loro intelligenza nulla possa nei confronti di un mondo che è diviso fra chi ha tanto e chi non ha, fra chi è capace e chi è incapace e se è incapace è perché gli mancano degli strumenti che naturalmente dovrebbe avere e immaginano che con la propria intelligenza non si possa andare oltre, si possa soltanto con la propria intelligenza cambiare una dura realtà con la fantasia, e quindi rendere più accettabile questa realtà, ma dicevo hanno poca stima del loro pensiero e il loro pensiero nasce da un corpo ancora una volta, da un cervello che funziona tramite degli ingranaggi per cui c’è solo la scienza che è in grado di stabilire le cose sul pensiero, ma l’intelligenza se è sgombra da quelle fantasie che la ingombrano perché non può rispondere a domande differenti dal che cos’è una certa cosa, o ce l’ho questa cosa che tutti hanno? se può compiere questa operazione, se può essere sgombra dalle fantasie infantili, beh, può cominciare a funzionare, può trovare anche i modi per uscire da quei circoli viziosi che i dati di fatto, i dati dell’esperienza, i dati della vista, in questo caso, saltano all’occhio per cui se sono mancante di qualcosa allora non è colpa mia, per esempio, e mi acceco, ciò che distingue l’umano è il suo pensiero, quello che sa costruire, quello che sa inventare è quello che non si ferma né si scoraggia di fronte a circoli viziosi dai quali non riesce ad uscire, ma non riesce uscire effettivamente perché non ha gli strumenti perché non è mai stato addestrato alla cura del proprio pensiero né c’era nessun motivo per farlo…qui mi servo ancora una volta di Freud, Freud in un saggio non ricordo se fosse titolato “Perché la guerra” o “Perché la morte? Comunque non ha importanza “Perché la guerra?” allora, quando scrisse questo saggio si era alle porte della seconda guerra mondiale per cui la guerra poneva dei forti interrogativi, d’altra parte uno psicanalista è con i conflitti che ha a che fare e quindi chi meglio di lui può chiedere conto e interrogare, interrogare sé del perché gli umani dai tempi di Troia hanno bisogno dei conflitti per vivere? Conflitti propri o guerre per esistere, perché hanno bisogno di queste grandi emozioni e sensazioni che li travolgono ad un certo momento… Freud a questo punto era anche abbastanza… non credeva anche per via della sua formazione che il pensiero avrebbe potuto andare oltre alla “necessità” lui la chiamava, e descriveva in qualche modo come degli abili, lucidi pensatori, i pensatori erano quelli che erano delegati a risolvere i problemi delle nazioni che si accingevano ad entrare in guerra, questi erano i pensatori i quali erano abituati, delegati a risolvere i problemi, beh, questi abili pensatori diceva lui che erano avvezzi a risolvere problemi quindi a ragionare sul modo di uscire dagli inghippi che si ponevano, scusate il termine, ad un certo momento nei confronti di certe questioni che intervenivano e quindi nei confronti di certi elementi smettevano il ragionamento per la risoluzione del problema e regredivano, come diceva lui, alle fantasie originarie. Cosa vuol dire regredire alle fantasie originarie se non smettere di ragionare cioè di trattare in un certo contesto e cominciare a proiettarsi un film? Di giocare con la propria fantasia, con i propri sogni, con i propri piaceri, smettendo appunto di ragionare e quindi arrivando appunto al conflitto, arrivando a condurre le nazioni ai conflitti perché tanto non c’è modo se le cose stanno così e l’intelligenza di queste persone non poteva proseguire, non poteva andare avanti e accorgersi per lo meno del vantaggio del conflitto, perciò non poteva contare su di sé. Ora il negativismo di Freud si può superare e si può superare se si considera, se la propria intelligenza sgombra da quelle che sono le fantasie che gli umani utilizzano per lo più per parlare, per pensare può interrogarsi su qual è la sua condizione, sulla condizione per cui esiste il pensiero, perché esiste la propria intelligenza, perché io possa esistere senza la cui condizione appunto nulla esisterebbe né l’uomo, né la donna, né l’invidia del pene, né qualsiasi storia le persone si trovino a utilizzare per i loro trastulli. E il pensiero l’intelligenza, considerando che la condizione per cui qualsiasi cosa esista l’esistenza stessa, il concetto di esistenza è che ci sia una struttura che lo permetta, immediatamente dà modo di potere interrogare quelle questioni che fino ad ora non si potevano interrogare, non si poteva interrogare, non si possono interrogare dei dati di fatto, se questi dati di fatto non sono all’interno di una struttura che li produce. No, non si può fare l’intelligenza nulla può contro il destino, contro una natura, contro qualsiasi cosa che solo il linguaggio ha costruito, linguaggio che ha un unico scopo quello di continuare a funzionare e può continuare a funzionare solo se conclude a delle proposizioni che gli permettono di concludere, che gli permettono di dare un giudizio, di dire come stanno le cose, è solo una struttura che lo può fare, le cose non avvengono di per sé, le cose avvengono perché una struttura linguistica le fa esistere, questa è la condizione per cui possa esistere il pensiero, possa esistere la propria intelligenza e con la propria intelligenza non si può barare, non si può fare perché se no non ci si diverte più, eppure è al divertimento che si mira in continuazione, al poter “divertere” un pensiero fermo da millenni su delle questioni che si danno per scontate. Ora di tutto questo ci si può accorgere oppure no ed ovviamente non è semplice accorgersi di come ciascuno non sia nient’altro che quello che va affermando, quello che va concludendo, è chiaro che se il linguaggio, il pensiero non hanno nessuna possibilità su dei dati di fatto allora non è possibile uscire da circoli viziosi, non è possibile contrastare una dura realtà che con la fantasia e basta. Dicevo che questo non è semplice accorgersi di una cosa di questo genere nessuno ha gli strumenti per farlo solo in un percorso mirato e condotto da chi si è accorto del grosso inganno perpetrato dal linguaggio sul linguaggio perché non importa niente al linguaggio basta che funzioni, basta che prosegua e quindi per proseguire utilizza ciò che reperisce, ciò che è semplice da reperire e i drammi, le tragedie, le storie sono utili al linguaggio per proseguire ma per chi non sa di essere linguaggio è difficile considerare di essere nient’altro che un elemento linguistico che funziona all’interno di una struttura linguistica, è molto difficile accorgersi che si è gli artefici effettivamente del destino, di quella storia che si interpreta, che si mette in scena, che si mostra della quale non si può sapere ma che si agisce ché si agisce il proprio soffrire, la propria sofferenza credendo di non avere nessuna responsabilità in tutto questo e dicevo che solo in un percorso analitico c’è l’eventualità e la possibilità di accorgersene, cosa per altro molto difficile perché la persona per nulla al mondo vuole ammettere di essere l’artefice di quel destino, che è l’artefice di quell’amore, di quella storia d’amore, per esempio, che la fa soffrire nella quale storia d’amore è sempre abbandonato, non può pensare di essere l’artefice perché se lo potesse fare allora questa storia che va mettendo in scena e di cui non può accorgersi… non ne vede i vantaggi, beh allora se sapesse che è lui che la costruisce non avrebbe più l’interesse di giocare questo gioco, potrebbe finalmente giocare con altre cose e fare altri giochi più interessanti. Quali sono i vantaggi di potersi considerare linguaggio in prima istanza? Sono moltissimi intanto quello di poter a questo punto agire il linguaggio scegliendo quelle che sono le direzioni che mi portano effettivamente a un vantaggio, ad un benessere e poi per esempio a non avere più bisogno di avere paura, a non avere più bisogno di costruire un nemico per abbatterlo, a non essere più nemici di sé, perché sono storie che non interessano più, il linguaggio ha ben altro con cui giocare divertendosi effettivamente ma per arrivare a questo occorre quell’interesse quella curiosità intellettuale che se ciascuno vuole può trovare gli strumenti per costruirla, per giocarla e basta accorgersi di come costruisce il mondo di quel mondo che lo opprime e questo è già un bel passo. Adesso mi pare di aver parlato abbastanza e quindi vorrei che qualcuno intervenisse, sono molti anni che parliamo la nostra Associazione si chiama “Scienza della Parola” e un motivo c’è, per cui mostriamo il linguaggio e la chance di potersi considerare un elemento linguistico in prima istanza e poi altro, tutto quello che si vuole a quel punto l’interesse è per il linguaggio e come funziona perché è vero, l’unica verità è che una struttura permette tutto ciò che è la ricchezza degli umani, solo una struttura ciò che chiamiamo linguaggio è la condizione per tutto ciò che noi possiamo vedere, annusare, sentire, godere e poi anche tutte le altre cose… sì?

 

Intervento: apparentemente mi sembra di vedere una contraddizione di essere attirato da un corpo e doverlo percepire con il linguaggio, un corpo parla… dire che le cose avvengono perché una struttura linguistica le fa esistere…

 

Vede lei deve partire dal linguaggio in prima istanza sempre da questo e chiedersi come può una struttura funzionare. Una struttura può funzionare soltanto attraverso dei suoi ingranaggi e la struttura quella di cui parliamo il linguaggio, quello che permette da una certa proposizione di passare ad un'altra proposizione è ciò che chiamiamo linguaggio, ma dicevo, questa struttura perché possa funzionare necessita di elementi che possa riconoscere, possa utilizzare, quindi una struttura per poter riconoscere, perché un elemento lei lo possa utilizzare e quindi far funzionare, questo elemento deve essere significante per un altro elemento, quindi deve essere un altro elemento della struttura, questa struttura quindi è fatta di soli elementi che funzionano tra di loro ma funzionano tra di loro perché sono elementi linguistici, se non fossero elementi linguistici tutto il lavoro del linguaggio si interromperebbe non trovando un elemento che riconosce perché non è significante, non è un segno per lui, non è qualcosa per qualcuno, diciamo così, un elemento linguistico è qualcosa per qualcuno se significa qualcosa per qualcuno, se è segno, se non è segno non è nulla, quindi questa struttura per funzionare necessita di un altro elemento linguistico, al di fuori della struttura non è possibile andare perché ogni volta l’elemento deve essere significante cioè deve concludersi e quindi sono elementi linguistici, qualsiasi cosa è un elemento linguistico ora il corpo, lei dice, il corpo può utilizzare il linguaggio ma è fuori dalla struttura e come farebbe il corpo ad essere fuori dalla struttura se il linguaggio non lo potesse utilizzare, non potesse riconoscerlo come un suo elemento, come elemento della struttura? Quindi anche il corpo è all’interno della struttura, io posso sapere che ho un corpo perché una struttura linguistica mi permette di concludere e quindi di affermare che ho un corpo, senza il mio pensiero perciò senza il mio discorso che conclude che ho un corpo, senza questa conclusione il mio corpo non esisterebbe, quindi necessariamente, logicamente, da qui non si può uscire se non con un atto di fede credendo che le cose stiano così ed effettivamente tutti affermano che il corpo è fuori da una struttura linguistica, ma è proprio questo l’inganno che il corpo è un elemento di questa struttura perché se no il corpo non avrebbe nessuna esistenza. È difficile da accogliere, da accettare perché tutto l’addestramento, tutta proprio la struttura occidentale non si è mai interrogata su questa questione che poi è una questione molto semplice, assolutamente fra le più semplici nessuno ci ha fatto caso e proprio perché non ha potuto considerare che il corpo è un elemento del mio discorso, del discorso ciascuno parla e sa che c’è un corpo, sa come è fatto un corpo ciascuno di noi sa come è fatto un corpo, la scienza ha costruito il corpo e può studiarlo perché qualsiasi parte del corpo è inscritta in quella struttura ma immagina che il corpo sia fuori… nessuno si è mai chiesto su una questione di questo genere ed è la questione più ardua effettivamente quella che crea problema perché nessuno è abituato a considerare il linguaggio ciò che è la condizione, anche perché il linguaggio si “accorga” che può considerarsi, può mostrarsi per quello che è, il linguaggio ha funzionato da quando gli uomini parlano credendo di servirsi del linguaggio per descrivere delle cose, degli stati d’animo, qualsiasi cosa e non ha mai potuto il linguaggio, non ha mai avuto la necessità neanche di farlo tanto funziona lo stesso, non importa come, è chiaro che quando il linguaggio e nessun altro… c’è tutti uno stuolo di operatori che funzionano all’unisono, quando il linguaggio costruisce la tragedia perché la tragedia è ciò che dà molto più da dire, dà molto più parola, crea e allaccia per le emozioni che dispensa sempre nuove direzioni e quindi al linguaggio è utile per funzionare e se consideriamo il linguaggio come un mezzo a disposizione di una bocca o di un cervello che funziona è chiaro che di lì non si può mutare nulla, non si può modificare assolutamente nulla io sono qua e le cose sono là e le posso vedere, le posso descrivere certamente con il linguaggio che funziona in un certo modo, che è fatto in un certo modo, una grammatica, una sintassi, la linguistica è molto complessa molto complicata, tutto quello che vogliamo ma sempre fuori di me e per qualche motivo funziona. Ora se uno può e ha l’occasione di potere considerare che l’unica verità è che il corpo è inscritto, è inserito, è un elemento di questa struttura, beh, allora può anche cominciare a interrogarsi sul come rispondere a delle domande che a questo punto gli si aprono e non sono più le stesse è ovvio che i primi momenti per ciascuno è molto difficile rispondere a delle domande cui nessuno ha mai potuto rispondere se non accogliendo quello che passa il convento, che passa l’istituzione, che passa il sapere, la scienza al momento in cui può considerare la condizione per cui qualsiasi cosa esiste allora può incominciare a interrogarsi di più sulle cose, sulle questioni che il linguaggio produce, per esempio perché è necessaria la sofferenza? E se fosse la religione, il discorso religioso che la impone, visto che senza sofferenza non avrebbe più motivo di esistere? Cominciare a considerare qual è la condizione per cui io possa dire e sapere che esisto, già questo è importante, difficile ma dipende dalla curiosità intellettuale, dalla propria curiosità dalla propria intelligenza trovare i modi per proseguire e anche trovare gli strumenti per poterlo fare… un’elaborazione la nostra che è cominciata da molti anni, sorta proprio da un percorso analitico, da una psicanalisi che interroga le questioni e non è soddisfatta di ciò che trova e quindi porta avanti, spinge il pensiero ma il pensiero di fronte alla sua fisicità, costretto in un cervello che è fatto in un certo modo, è ovvio che diventa difficile, ci si spaventa di fronte a queste questioni laddove e quindi “cosa me ne faccio del fatto che io sono un elemento linguistico?” perché non incominciamo a considerare quali sono i vantaggi? I vantaggi sono di aprire a delle nuove domande intorno a questioni sulle quali nessuno ha mai potuto interrogarsi e di passo in passo giungere al divertirsi, tutto questo lo facciamo divertendoci perché è quello che ci diverte, quello che non possiamo più non fare, ovviamente e soprattutto il nostro obiettivo è di portare anche altri a poter parlare e quindi ad agire il linguaggio, trovando i modi più semplici, perché le persone ci rendiamo conto che è difficile partire dall’unica verità, quella che sbarazza da qualsiasi barriera, dalla condizione del linguaggio per qualsiasi cosa esista, dalla condizione di una struttura che funziona in un certo modo…

 

Intervento:… perché voi mettete il linguaggio come soggetto

 

No, noi lo mettiamo come la condizione

 

Intervento: lo so, ma voi dite che il linguaggio è qualcosa sul quale noi non possiamo intervenire perché già siamo parlati dal linguaggio…

 

Ma assolutamente (questa è l’impressione) questa è l’impressione e mi piacerebbe intendere perché sorge dalle nostre parole questa impressione, questa conclusione, questo pensiero perché ci interessa molto intendere quali sono gli effetti che produce il nostro discorso questo per raggiungere quella semplicità, perché intendere come non ci sia uscita dal linguaggio significa proprio togliere qualsiasi barriera all’intendimento per cui a quel punto si può cominciare a muovere… si è parlati dal linguaggio laddove questo linguaggio si subisca, si sopporti, ma al momento in cui io so che sono linguaggio posso incominciare a muovermi interrogandomi e continuando a trovare e a cercare quelli che sono i passaggi affinché la questione mi diventi più semplice…ma avremo modo di continuare mi rendo conto che è complesso soprattutto per l’addestramento che ciascuno di noi ha avuto, ché nessun uomo effettivamente ha mai potuto considerare queste questioni però questo non ci deve vietare di proseguire… sì nessuno vuole dare il suo contributo? Sandro?

 

Intervento: la questione nasce da una considerazione che non c’è uscita dal linguaggio nel senso che gli umani qualunque cosa facciano, dicano, disfino ecc. ecc. lo possono fare solamente perché esiste questa struttura, certo che in qualunque modo vogliano uscirne e anche l’idea di uscirne è consentita da questa struttura, è un po’ l’en passe di un’analisi di trovare quel qualcosa fuori dal linguaggio che garantisca il linguaggio stesso, quello che chiamiamo la realtà delle cose, l’essenza delle cose appunto considerando che il linguaggio sia effettivamente uno strumento che consente la descrizione di qualcosa che appunto linguaggio non è. È un po’ come un cane che si morde la coda, circoli viziosi… ma qualora anche si potesse uscire dal linguaggio con cosa mi accorgo, per esempio, di questo qualcosa che è fuori dal linguaggio? non posso non accorgermi per via del linguaggio stesso in questo senso si dice che non c’è possibile uscita dal linguaggio e ciò che Beatrice diceva sono solamente le implicazioni di questa considerazione, tutte le possibili implicazioni che vengono da questa considerazione che è in qualche modo inconfutabile e inequivocabile: non c’è possibile uscita dal linguaggio. È chiaro che a questo punto possiamo immaginare che esista qualunque cosa, anche qui vi torno a dire tutto ciò che io immagino esista fuori dal linguaggio è qualche cosa che mi è consentito dal linguaggio. Terminando semplicemente… tutto ciò che noi stiamo considerando è semplicemente la prosecuzione in termini logici di questa considerazione che non c’è uscita dal linguaggio, diceva anche la volta scorsa Faioni, il linguaggio è una sorta di insieme chiuso e aperto allo stesso tempo chiuso perché non se ne può uscire e aperto perché il linguaggio consente un’infinità di cose, un’infinità di giochi, un numero illimitato, si può fare qualunque cosa anche pensare alla propria non esistenza… come dire il divertirsi cercando di portare alle estreme conseguenze questa considerazione: non c’è possibile uscita dal linguaggio, e vedere dove ci porta non lo sappiamo

 

Intervento: la difficoltà non è quella di accettare che tutto ciò che esiste nella nostra mente è descrivibile attraverso il linguaggio.

 

No con questo sono d’accordo ma una volta che ho acquisito questa nozione? Cioè se io ho dei sentimenti negativi o attrattivi, è perché mi dico qualcosa di diverso che questa realtà cambia? E che cos’è che me lo fa dire? c’è già il costruttivismo che lavora in questo senso cioè di modificare credenze, o modificare la sintassi perché il mondo funzioni diversamente, ma al di là di questa considerazione per cui la realtà emotiva è in funzione del significato che io do al costrutto linguistico che però è un dato di fatto che ciascuno reperisce non so se ci mancano degli esempi, quindi dire che tutto è dicibile perché c’è un linguaggio. Infatti possiamo pensare che essendo il 90% di animali quando abbiamo attrazione fisica nei confronti di un altro animale me ne frego anche del linguaggio, cioè non è che in quel momento do un significato, un senso, ma lei come fa a “fregarsene”? (non ci penso) per compiere questa operazione deve avvenire da parte sua un giudizio (e no, ma è proprio lì ci sono degli atti inconsulti, non a caso si chiamano così) si può pensare… questo si può pensare, diceva Sandro, che si può pensare qualsiasi cosa e il suo contrario (ecco a questo punto acquisito tutto questo…) esatto, cosa ce ne facciamo del fatto che qualsiasi cosa è un elemento linguistico? Pare che all’umano la questione non sia utile, cosa ce ne facciamo, per esempio, quando diciamo che subiamo, soffriamo, proviamo dei sentimenti e crediamo che questo ci provenga dal mondo esterno, crediamo che la causa di questi malesseri sia una causa esterna a me? Se io potessi considerare che questa causa esterna a me sono io che la concludo, il mio discorso che la conclude e che la costruisce, perché il linguaggio deve necessariamente concludere e trovare delle proposizioni vere. Se questo potesse avvenire cioè di qualsiasi cosa mi accada io ne sono assolutamente responsabile perché è quello che sto dicendo credendo di descrivere la realtà in effetti è qualcosa che io posso cogliere di questa “realtà” perché c’è qualcosa che mi attrae in questa “realtà” cioè è il mio discorso che coglie dalla realtà ciò che mi serve per concludere, per esempio, che questo mi fa soffrire, questo mi fa godere e questo mi fa sollevare il pensiero per cui penso ad un’altra cosa

 

Intervento:… la famosa martellata… tutti coloro che ricevono la martellata da una persona che ritengono…

 

Tutti coloro che ricevono una martellata sul dito lei non negherà che sanno che fa male, che provano dolore. Lo sanno? C’è qualcuno che non lo sa che se riceve una martellata sul dito prova dolore? Cos’è? Una conclusione di una stringa di proposizioni, di una stringa inferenziale che è esattamente il sapere di ciascuno… potrebbe lei a partire da questo sapere che la martellata sul dito fa male, potrebbe partendo da questa conclusione potrebbe non sentire male? Non lo potrebbe fare anche se è un atto linguistico, perché l’atto linguistico funziona proprio perché ci sono delle regole che lo fanno funzionare in quel modo e contro il proprio sapere, contro in questo caso la realtà lei non può andare, ora questo a cosa le serve? Le serve a non provare a darsi la martellata sul dito perché anche se è una costruzione linguistica fa male, produce il male. (secondo me fa male prima della costruzione linguistica…) in quanto lei sa come tutti sanno che se mi do una martellata sul dito io ho male ma questo lo sanno tutti cioè è una proposizione che il linguaggio utilizza laddove interviene qualche cosa come una martellata…è una costruzione, se io voglio distruggere il dolore della martellata perché so che è una costruzione linguistica, beh, non è questo l’intendimento, non è questo che mi serve a modificare il modo di pensare e che sgombera la mia intelligenza da i vincoli della metafisica, questa è mania di potenza in qualche modo perché voglio distruggere il dolore in quanto il dolore è una costruzione linguistica, no, non è in questo modo che io intendo che è una conclusione quindi una proposizione vera di un certo gioco linguistico, è il sapere e ciascuno sa che se mi do una martellata sul dito mi faccio male ora se io tento, questo è il giochino che avviene per lo più laddove ci si accorge della struttura ma si pensa che il linguaggio sia l’espressione della propria mente, sia qualcosa di etereo no il linguaggio è assolutamente costrittivo nelle sue costruzioni, nei suoi giochi, visto che qualsiasi cosa esiste in quanto costruzione, in quanto struttura, in quanto utilizzo del parlante, non devo partire dal presupposto che se so che la martellata sul dito necessariamente è una stringa di elementi linguistici posti in un certo modo allora io posso arrivare a sconfiggere il dolore, forse anzi è possibilissimo ma per il momento non è questo che interessa, questa è una conclusione di un gioco, punto e basta, è un sapere, è un dato di fatto e contro il sapere, contro il dato di fatto poste le questione in questi termini quelli della famosa martellata sul dito lei non riuscirà mai, posta la questione in questi termini a intendere quali sono effettivamente i vantaggi, i vantaggi non sono quelli di togliere il dolore allorché mi do una martellata sul dito ma sono ben altri sono per esempio quelli di fare in modo che non ci sia più la necessità di darsi delle martellate sul dito per provare delle forti emozioni, delle forti sensazioni dicendo “ho ragione io, lo sanno tutti” si può fare ben altro… questa è la questione della martellata sul dito. Va bene direi che è l’ora, dunque noi siamo qui giovedì prossimo a parlare del linguaggio e a spiegare quali sono le sue meraviglie, la ricchezza. Allora il 17 marzo “La comunicazione efficace”. Grazie a tutti e buona serata.