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LA RETORICA DELLA PROVA

 

Questa sera ci occupiamo della retorica della prova, questione importante dal momento che tutto il discorso occidentale scientifico e non, si avvale di questo concetto per stabilire dei criteri o delle istanze di volta in volta. Che cos’è una prova generalmente? È un’argomentazione che muovendo da alcuni assiomi giunge a una conclusione che dovrebbe mostrare che ciò che è in gioco è necessariamente vero. Ora i problemi connessi con la nozione di prova sono, come sapete, notevoli. Molti hanno sostenuto e sostengono che tutto ciò che una prova, per esempio logica, può giungere a mostrare è l’essersi attenuti correttamente alla struttura o alle regole inferenziali stabilite, nient’altro che questo, tuttavia si parla sempre di prova affermando che qualcosa "è stato provato" "è stato dimostrato" ma forse non sempre si hanno le idee molto precise su che cosa sia, che cosa comporti una prova, dovrebbe essere, almeno teoricamente, un procedimento logico che muove da assiomi. Dicevamo la volta scorsa quanto in qualunque discorso, soprattutto in un discorso scientifico, siano importanti gli assiomi. Occorre che un assioma sia vero per potere proseguire ché, come ciascuno di voi sa, se si muove da un assioma falso ciò che seguirà subirà la stessa sorte. Fra le varie prove che sono state fatte in questi ultimi millenni pochissime hanno retto il corso dei secoli, eppure continua ad esserci l’esigenza ancora molto forte che tutto ciò che si afferma venga provato e questa prova occorre che concluda con qualcosa di necessariamente vero. Perché infatti si esige una prova a seguito di una argomentazione che lascia magari perplessi? Perché ci si aspetta dalla prova un forte potere di convinzione, il che è vero solo in parte, è possibile provare un certo numero di cose che non persuadono affatto, eppure le si prova. Dicevo che ciascuno a modo suo cerca una prova di quello che crede, anche per esempio l’esistenza di dio, non so se ci sono dei credenti in sala ma se ci fossero e se io affermassi che quella bottiglietta è dio, probabilmente avrebbero qualche perplessità, cioè non ci crederebbero, perché no? Potrebbero anche farlo, perché non credono che quella bottiglietta sia dio? Perché non ho le prove? Perché dio ce le ha? E allora che differenza fa? Eppure anche l’esistenza di dio ha delle prove, ovviamente queste prove non provano alcunché, ma anche in quel caso si è avuta la necessità di fondare il discorso su delle prove: Agostino, Anselmo, Tommaso si sono molto adoperati in questo senso, per provare l’esistenza di dio, e perché mai? Perché non affermare semplicemente qualcosa e bell’è fatto? Come appunto se affermassi che questa bottiglia è dio, perché non accade a questo punto che tutti quanti ci credano? Perché no, cosa glielo impedisce? Visto che generalmente ciascuno crede qualunque cosa, perché non questo? La questione è complessa ovviamente, provare, come dicevo prima l’esistenza di dio è stato tentato in molti modi, ma nessuno di questi, è stato sufficiente, perché? Le prove addotte in quel caso sono sempre state confutabili, certo, la chiesa ha provato di tutto per trovare una prova dell’esistenza di dio che risultasse non confutabile, in questo caso avrebbe raggiunto il suo obiettivo, e allora è ricorsa alla fede ovviamente, ma ne avrebbe fatto volentieri a meno se fosse riuscita a trovare una argomentazione così potente da piegare con la logica anziché con la fede, come dire: io non lo posso provare, però ci deve essere lo stesso. Perché? Ma se, come dicevo, fosse riuscita a provare una cosa del genere sarebbe stato tutto molto più semplice, non avrebbe avuto la necessità di ricorrere alla fede che sì, è molto forte, però comporta che chiunque non voglia credere in dio, in qualunque dio non ha nessuna importanza, può farlo, cioè può trovare delle ottime argomentazioni per non credere. Roberto, avevo detto che avrei provato l’esistenza di dio in modo inconfutabile, stasera, perché no? E allora facciamo così, io vi proverò l’esistenza di dio in un modo che nessuno di voi saprà confutare e mi auguro che nonostante questo non usciate di qua questa sera come dei devoti credenti, che non è necessario. Bene, allora dimostriamolo. Innanzitutto di che cosa è fatta una dimostrazione? Occorre, per riuscire, che sia fatta di elementi che non siano opinabili, qualunque elemento opinabile inserito in una dimostrazione la mina dalle fondamenta, perché uno opina una cosa e l’altro ne opina un’altra, e già si parte male e pertanto occorre che sia fatta di elementi che assolutamente risultino non opinabili ma costrittivi, e cioè che non sia possibile in nessun modo affermare il contrario, solo a questo punto la prova diventa una costrizione logica, se no è una opinione: io penso così, lui pensa cosà ecc. Vi dicevo che Agostino, Anselmo e Tommaso si sono dati molto da fare in questo senso, senza raggiungere risultati soddisfacenti, eppure come vedrete fra poco non è difficile provare l’esistenza di dio.

Dunque supponiamo che io affermi che è possibile pensare l’assoluto. Che cos’è l’assoluto? Ciò che non ha soluzione ovviamente, ciò che non ha soluzione di continuità, affermando questo qualcuno potrebbe obiettare che invece no, pensare l’assoluto non è possibile, ma se sa che non è possibile, come lo sa? Lo sa perché qualcuno glielo ha detto, perché c’è arrivato da solo o per qualche altro motivo? Se afferma che non può pensarlo, questa particella pronominale "lo" a che cosa si riferisce esattamente? All’assoluto. Se sa che non lo può pensare è perché è giunto a questa considerazione attraverso una serie di inferenze, cioè ci ha pensato, e quindi se nega che sia pensabile nega ciò stesso che ha fatto, e questo non lo può fare e dunque per potere affermare che non può pensare l’assoluto necessariamente ha pensato l’assoluto. Che cosa intendiamo con pensiero? Semplicemente una catena di proposizioni, coerenti fra loro, organizzate in un modo inferenziale, nient’altro che questo.

Torniamo all’assoluto, è possibile conoscerlo? Se non ha soluzione di continuità no, perché per conoscere un elemento occorre poterlo definire e come definire qualcosa che non ha soluzione e continuità? È come se mi chiedessi qual è l’ultimo numero dei numeri primi, posso conoscere dei numeri ma non tutta la serie, non conoscerò mai tutto l’insieme dei numeri primi. Se non posso conoscere l’assoluto (cioè non avrò mai in nessun modo la certezza di conoscerlo) ma posso pensarlo, avviene un fenomeno bizzarro e cioè avviene che posso pensare una cosa che non posso conoscere. L’assoluto, ciò che non ha soluzione di continuità, provate a chiamarlo dio, in questo modo voi avete tre elementi a disposizione:

1.    Lo pensate

2.    Esiste necessariamente poiché è pensabile

3.    lo potete pensare ma non lo potete conoscere

che è esattamente ciò che si attribuisce a dio, e cioè che esiste necessariamente, è pensabile ma non è conoscibile.

- Intervento: tre obiezioni…

Allora rispondo a tutte e tre. Come era la prima? (sul significante "assoluto"…) potrebbe essere altrimenti? La seconda (in senso ontologico) io non ho parlato di ontologia, ho parlato di esistenza, che cosa esiste? Esiste ciò a cui posso attribuire questo significante, questione che abbiamo affrontato quella dell’esistenza, che cosa esiste? Quando posso dire che qualcosa esiste necessariamente? Esiste ciò che dico ovviamente, l’unica cosa che non posso in nessun modo negare che esista, se no non posso in nessun modo affermare o negare che esista alcunché e quindi attribuire all’assoluto un’esistenza è, se vuoi, una tautologia. Dal momento in cui ne parlo esiste, esiste necessariamente, non ci sono altri criteri di esistenza più robusti… la terza domanda? (…) sì questo è interessante, pensiero e conoscenza, ho utilizzato questi significanti nell’accezione più comune del termine, con pensare, intendo questo, potere costruire una proposizione in cui un elemento sia utilizzabile, con comprendere ho utilizzato questo significante in modo letterale e cioè prendere il tutto, e chiudere in una definizione, per questo ho detto che non posso comprendere del tutto, posso comprenderne degli aspetti ma la questione in toto mi sfuggirà sempre, non a caso ho fatto l’esempio dei numeri primi, posso dire di conoscere i numeri primi ma la serie completa di numeri primi non la conoscerò mai e pertanto rimarrà sempre inaccessibile, è una prova in cui ci si avvale di elementi utilizzati in un certo modo ovviamente, però il modo in cui vengono utilizzati è difficilmente confutabile, questo comporta che è possibile provare l’esistenza di dio, dobbiamo dire che è piuttosto solida, certo c’è un inghippo, e l’inghippo consiste che in questo: che io, come giustamente hai rilevato, non ho costruito nulla di ontologico né potrei farlo, ho soltanto costruito un discorso… (…) probabilmente, ma ho scelto invece la prova dell’esistenza di dio dal momento che nel discorso occidentale è esattamente dio che garantisce l’esistenza di ogni cosa. Lo stesso Tommaso ricorre a queste prove perché si rende conto che altrimenti sarebbe molto difficile provare in modo definitivo l’esistenza di una qualunque cosa, a meno che, come cerca di fare lui, ci si serva di un altro elemento, il quale garantisce di tutti gli altri. Ora questo elemento è provabile. Certo, provando l’esistenza di dio si prova l’esistenza di qualunque cosa o, più propriamente, l’esistenza necessaria di qualunque cosa, questo è ineluttabile. È ovvio che è un sofisma, un sofisma non è altro che un’argomentazione che utilizza il linguaggio piegandolo in tutti i modi in cui è possibile piegarlo, facendo con questo delle costruzioni che non sono facilmente eliminabili, proprio perché utilizza il linguaggio, la sua struttura, e negare la struttura del linguaggio chiaramente non può farsi, neghi ciò stesso che ti consente di fare queste operazioni come qualunque altra, ma posta in questi termini sarebbe come dire che è necessario che dio esista, l’unico problema è che questo non significa assolutamente niente…

Intervento:…

Non è un problema è una considerazione, giusto per intendere come funziona una prova, questa prova che io ho fornita è molto più solida, dicevo all’inizio, delle prove che per esempio fornisce la scienza, dal momento che io ho mosso unicamente da elementi presenti nel linguaggio e che non possono essere negati, la scienza no, la scienza muove da giudizi, da superstizioni, da credenze, dà per acquisite cose che io non do affatto per acquisite, e in questo ovviamente è molto più debole, anche se come si diceva la volta scorsa, ultimamente è sempre più accreditata come fonte di prove ineluttabili, il che non è, non è, dal momento che conduce una argomentazione a partire da assiomi che non sono necessari, sono opinabili o nella migliore delle ipotesi seguono a una vox populi, oppure all’empiria, alla pratica, ma non è il modo migliore di muovere, non è il modo migliore perché è sempre possibile costruire una proposizione che confuti ciò che si è affermato, come Popper aveva considerato, e in effetti rispetto al discorso scientifico funziona esattamente così, qualunque affermazione scientifica è passibile di confutazione. Una argomentazione che muova unicamente dalla struttura del linguaggio, cioè che ha come assiomi soltanto elementi che fanno parte integrante della struttura del linguaggio no, dal momento che se mettete in discussione questo, mettete in discussione l’esistenza stessa del linguaggio e quindi non avete più nessuno strumento per proseguire. Ho parlato di retorica della prova perché in effetti tutto ciò che si chiama prova scientifica o no attiene anziché alla logica, come dicevamo all’inizio, alla retorica. Feyerabend ha intuita la questione e insieme con lui anche altri, che in qualunque dimostrazione scientifica ciò che è in gioco è la retorica, cioè la maggiore o minore abilità di persuadére dello scienziato, ma parlare di retorica della prova comporta anche che qualunque prova una persona si dia rispetto a una qualunque cosa che pensa o che immagina, sarà comunque e necessariamente un’argomentazione retorica. Questo è fondamentale perché essendo un’argomentazione retorica, in effetti sarebbe un non senso parlare di prova, retorica naturalmente, costruisce nella migliore delle ipotesi dei discorsi che persuadono, che risultano gradevoli all’orecchio ma qualunque proposizione retorica non è sottoponibile a un criterio vero funzionale, cioè non c’è un parametro che consenta di stabilire che ciò che si afferma sia vero o falso, non è sottoponibile a un criterio verofunzionale perché fa un altro gioco, un gioco diverso esattamente così come accade, per esempio le regole del poker non sono sottoponibili a un criterio verofunzionale, e perché no? Perché si tratta di un gioco linguistico differente, si impongono delle regole per giocare, si possono accogliere oppure no, ma stabilire se sono vere o false non ha nessun senso rispetto a questo gioco, e così allo stesso modo qualunque cosa vi troviate a concludere occorre che teniate conto che la conclusione cui giungete non è né può essere vera o falsa, l’unica cosa che potete stabilire è che a voi piace così, e questo è inattaccabile ma nulla di più, potete pensare che tutto quello che affermate è vero o è tutto falso, non significa niente, non è né l’una cosa né l’altra perché non è sottoponibile a un criterio verofunzionale; intendo dire questo, poiché sia sottoponibile questo criterio occorre che sia piuttosto solido e cioè un criterio che sappia indicare che cosa necessariamente è vero e di conseguenza ciò che lo nega sarà necessariamente falso, ma questo criterio non è stato mai trovato fino ad ora eppure è semplice, abbiamo detto la volta scorsa che la verità occorre che sia qualcosa che necessariamente è e che non possa non essere, perché se potesse non essere allora non sarebbe la verità, sarebbe un ipotesi, ma c’è una sola cosa che è necessario che sia? Che può in nessun modo non possa non essere? Gli umani per moltissimi secoli si sono adoperati per trovarne una eppure l’avevano lì a disposizione, l’unica cosa che non può non essere è ciò stesso che consente di domandarsi che cosa necessariamente occorre che sia e cioè quella struttura che è nota ai più come linguaggio, questa è l’unica cosa che occorre necessariamente, tutte le altre no. Perché senza di questa non posso fare nessuna considerazione di nessun tipo e per nessun motivo; ecco che allora l’unico elemento assolutamente necessario è questo e quindi potremmo attribuire a questo la nozione di verità, se volete proprio utilizzare questo significante "verità", l’unico che risulti assolutamente innegabile, gli altri sono negabili. E allora occorre, per verificare la verità della propria argomentazione, muovere da questo assioma perché in caso contrario il criterio scelto sarà comunque opinabile e pertanto non potrà mai concludere a nulla di necessario. Se io affermo che la verità è che nulla è fuori dalla parola, per esempio, non è opinabile, perché in qualunque modo voi lo opiniate lo farete attraverso il linguaggio, e pertanto non è opinabile, allora vi dicevo che l’unica argomentazione che può avere qualche probabilità di essere necessaria, cioè assolutamente vera è quella che muove da un assioma del genere, tutte le altre no, muovono da assiomi opinabili e quindi domandarsi se è vero oppure no, non ha nessun senso, nella migliore delle ipotesi è affermare credo questo, ci credo perché mi va bene così, ognuno ha i suoi buoni motivi ma nulla più di una credenza, di una superstizione anzi, generalmente con superstizione si intende un discorso che punta ad affermare un qualche cosa che non è provabile in nessun modo, tutto quello che affermate, tutto quello che la scienza afferma ha la stessa struttura, potremmo dire con buona tranquillità che sono tutte superstizioni, con questo non è che diamo una connotazione necessariamente negativa, è una constatazione. È una superstizione esattamente come quella che afferma che se il gatto nero vi attraversa la strada allora succederà un malanno, forse, un malanno può succedere comunque è un’ipotesi. Tutto ciò che soprattutto dalla scienza, e dalla religione che per molti aspetti collima, viene affermato con assoluta certezza è assolutamente arbitrario, è assolutamente opinabile, potremmo dire che non è neppure sottoponibile a un criterio verofunzionale è, come dicevo prima, una affermazione retorica. Può tradursi in questo "a me piace così" e di fronte questo, certo va bene, ma nulla di più. Ci sono un numero notevole di religioni, c’è chi crede nel dio dei cattolici, in Buddha, chi nella reincarnazione, chi in una quantità sterminata di cose, tutte queste persone che credono una qualunque di queste cose, immaginano che ciò che credono in qualche modo sia sostenuto da qualche prova se no non crederebbero, tant’è che difficilmente potrebbero credere che questa bottiglietta di acqua sia dio, all’inizio mi chiedevo perché no, domanda non del tutto oziosa, perché delle persone credenti in questo caso, immaginano che non ci sia nessuna prova che una cosa del genere sia dio, senza tenere conto che nemmeno ciò che vanno affermando ha una benché minima prova, esattamente allo stesso modo. In effetti la chiesa cattolica che è quella che ha avuto la supremazia ultimamente è dovuta ricorrere ad alcuni stratagemmi per imporre il suo credo, questi stratagemmi, soprattutto a partire dall’undicesimo secolo in poi sono stati piuttosto violenti, ma era necessario per imporre qualche cosa che in nessun modo può imporsi, se voi andate a vedere bene, all’inizio delle varie religioni quasi sempre c’è un atto di forza, le persone più ingenue sono portate a credere ma quelli meno ingenue, che magari non sono di meno, possono creare dei problemi e quindi devono essere eliminate, secondo la migliore tradizione, eliminare i dissidenti è il sistema più efficace, più rapido, ci vuole una buona organizzazione, è chiaro, ma si può fare, assistiti dal governo chiaramente, ma questo atto di forza è giustificato dal fatto che nessuna argomentazione è sufficiente: credi in dio perché lui è sceso sulla terra a redimerti. Primo, nessuno gli ha chiesto niente e secondo perché mai dovrebbe essere questa persona? e terzo cosa lo ha mosso a fare una cosa del genere? e poi uno va avanti all’infinito, non si ferma più, ponendo delle questioni anche imbarazzanti, una fra le tante è quella connessa con il libero arbitrio per esempio, che molto ha travagliato i padri della chiesa. Ora la scienza generalmente non si avvale di questi metodi per persuadére, perché ha utilizzato un altro sistema, sapete che la scienza ha iniziato, almeno qui da noi attraverso la medicina, l’anatomia, la biologia ecc. e quindi mentre la chiesa ha utilizzato la salvezza della persona post mortem, la scienza si è occupata della sua salvezza prima, e questo ha avuto un potere persuasivo non indifferente. L’illusione, in effetti è che la scienza possa un giorno o l’altro in qualche modo prolungare l’esistenza, rendere immortali o comunque svelare i misteri del cosmo per cui gli umani sapranno tutto e in certo senso comunque saranno immortali, è un differente terrorismo, messo in atto dal sistema medico, soprattutto quello più recente, non meno violento, usa sistemi diversi certo ma anche questa disciplina, la medicina come scienza è fondata su nulla, è fondata sull’empirìa, come dicevano i greci, l’esperienza e cioè una delle cose più ingannevoli fra le tante, e in effetti ci si inganna continuamente, ciò che cercava già Aristotele era la possibilità di costruire una argomentazione che non si fondasse sull’empiria della quale aveva pochissima fiducia, ma soltanto su un sistema logico deduttivo, solo questo pensava, e in parte non a torto, avrebbe saputo costruire un sistema certo, sicuro, qualcosa su cui appoggiarsi, qualcosa quindi di non costruito sull’acqua ma su basi più solide quali per esempio un assioma necessariamente vero. Ma una argomentazione come questa che afferma un assioma necessario lascia una sorta di solitudine assoluta, suprema, dalla quale non c’è né rimedio né riparo, tutto ciò che si costruisce, tutto ciò che penso, procede da una struttura e cioè esiste perché esiste questa struttura, se no, non esisterebbe perché in nessun modo potrei affermarlo, e se non lo posso affermare, dire che esiste oppure no non ha nessun senso, cioè è una domanda, una questione che non posso neanche pormi, cosa che lascia la persona, almeno inizialmente leggermente smarrita, come se si trovasse all’improvviso senza la necessaria compagnia della propria inferiorità, inferiorità rispetto a qualunque cosa ovviamente, da qui la necessità di pensare sempre a un essere superiore, supremo, dalla mamma, al governo, a dio, a qualunque cosa e soprattutto della necessità di questi elementi. C’è l’eventualità, ponendo le cose nei termini in cui le stiamo ponendo, che non ci sia la necessità di un tutore, in questo caso ovviamente iniziare a pensare in questi termini può comportare un certo numero di problemi, soprattutto laddove tutto un sistema è costruito e organizzato in modo tale da prevedere necessariamente l’esistenza di un tutore, cioè di qualcuno che pensi per voi in definitiva, ma se ciascuno pensa per sé occorre che cominci a pensare in modo più solido, e da dove cominciare a pensare? Sulla prima sciocchezza che vi passa per la mente o su qualche altra cosa? Se devo costruire un pensiero, un pensiero che abbia qualche solidità è necessario che muova da qualche cosa della quale possa dire che sia necessariamente vera perché in caso contrario una qualunque cosa vale quanto quell’altra, l’unica cosa necessariamente vera è quella vi ho affermata, per questo l’altra volta si diceva: o si pensa così o non si pensa affatto, cioè si gira in tondo costruendo proposizioni che non significano assolutamente niente, questo non vuol dire che non abbiano un uso, come dicevamo, ce l’hanno ma in nessun modo chi produce queste proposizioni può pensare che siano vere, perché non lo sono, e per una questione grammaticale risulta credibile una cosa soltanto se si ritiene che sia vera o che possa esserlo, se si sa con assoluta certezza che è falsa risulta impossibile crederla vera. Ecco perché è importante riflettere intorno alla nozione di prova per accorgersi che tutto ciò che viene generalmente spacciato come prova e quindi come qualcosa di necessario è totalmente e irrimediabilmente arbitrario, cosa che può avere qualche implicazione nel pensiero di taluni, mentre per gli altri no.

- Intervento: lei aveva detto dimostrerò in modo inconfutabile che dio esiste, un discorso alla conclusione del quale voi troverete che dio esiste. Se questa cosa fosse inconfutabile dovrebbe per forza di cose essere necessariamente vero….due minuti fa lei ha detto che l’unica cosa che è necessariamente vera è il famoso enunciato di Gorgia: nulla esiste fuori dalla parola…

Lui si era fermato al "nulla è" noi abbiamo fatto questa modifica che la rende inattaccabile, però in effetti ho detto inconfutabile non innegabile, e sta qui l’inghippo, cioè è confutabile: non è confutabile perché risulta inattaccabile questa serie di proposizioni ma è negabile, come dire ciò che ho fatto non è affatto costruire l’esistenza di dio, ma soltanto costruire delle proposizioni, nient’altro che questo

- Intervento: lei ha detto non è possibile conoscere l’assoluto, però posso pensare una cosa che non posso conoscere, lei potrebbe in maniera inconfutabile dimostrare l’inesistenza di dio… se ho ben inteso il principio del terzo escluso, una cosa o è o non è e quindi se posso dimostrare in maniera inconfutabile che dio esiste e in maniera inconfutabile che dio non esiste allora sto dicendo un sacco di parole senza avere assolutamente niente in mano…tutte le parole che ha fatto lei sono soltanto parole senza comunque un filo logico, perché se avessero seguito un filo logico si sarebbe dovuto arrivare a una preclusione che non potrebbe essere…questo perché la logica parte da assiomi che sono necessariamente veri… il dubbio mio è che gli assiomi da cui lei è partito mi sembrano logici (rispetto alla prova dell’esistenza di dio?

Vede siccome io non sono un predicatore né un credente, ho fornito la prova dell’esistenza di dio e simultaneamente anche una sorta di contrappunto di questa prova dell’esistenza di dio, dicendo che questa prova è inconfutabile ho affermato qualche cosa in termini molto retorici, quindi è confutabile, ma per poterlo fare occorre un certo addestramento. Cosa vuol dire che una cosa è inconfutabile? Significa soltanto indicare all’altro che sarà molto difficile che ci riesca, ma se è sufficientemente abile potrà sempre farlo, qualunque sia la proposizione riuscirà sempre a trovare il modo di confutare una affermazione, altro è invece affermare una proposizione che risulta non negabile, non negabile perché negandola si autoinchioda in una posizione da cui non può muoversi, se io affermo che non si dà nessun elemento fuori dalla parola, negare una cosa del genere comporta utilizzare necessariamente ciò che devo negare e questo non posso farlo, per questo ho distinto fra confutare e negare. Vede se io affermo, così come abbiamo fatto per gioco con gli amici, che nulla è fuori dalla parola, questa affermazione è confutabile ma non negabile, sa come si fa a confutarla? Discutendo con gli amici l’altro giorno abbiamo fatto questa operazione, dal momento che ci interessa reperire tutte le possibili obiezioni, è confutabile in questo modo: se nulla è fuori dalla parola, nulla è necessariamente qualcosa, visto che ne sto parlando, è innanzitutto un significante, un elemento linguistico e quindi è qualcosa, quindi affermare che nulla è fuori dalla parola comporta che qualcosa sia fuori dalla parola, quindi l’affermazione è falsa… (…) non le dice nulla perché ancora non ha fatto molto esercizio. Dice che è un gioco di parole. È vero, è assolutamente vero, la questione che ci ha incuriositi tanti anni fa e che poi abbiamo proseguita, è che pare non si dia nient’altro all’infuori di questo, è vero ciò che lei afferma, è un gioco di parole, ma tutto ciò che lei pensa, immagina, crea, distrugge, opina, assente, avverte, tutto questo ha una sua esistenza in quanto esiste una struttura che le consente di poterlo dire, di poterlo affermare, se questa struttura non esistesse cioè non esistessero questi giochi di parole, tutte queste cose non solo non esisterebbero ma non sarebbero mai esistite. Ecco perché abbiamo incominciato a pensare che forse i giochi di parole non sono una cosa così marginale, ma c’è l’eventualità che siano ciò su cui ciascuno costruisce la propria esistenza anzi che siano l’esistenza di ciascuno, non "una" esistenza ma l’unica possibile, anche perché questi giochi di parole essendo costruiti su quella struttura di cui dicevo prima cioè il linguaggio possono costruire e demolire qualunque altra cosa, essendo questa altra cosa costruita non sulla struttura del linguaggio ma su affermazioni che risultano assolutamente negabili, tutto ciò che a suo parere, per esempio, non è un gioco di parole, ebbene tutto ciò è assolutamente negabile, confutabile, cioè è possibile provare che è falso. Generalmente le persone non si curano molto della logica contrariamente a quanto affermano, se se ne curassero la quasi totalità delle loro affermazioni non verrebbero fatte o verrebbero fatte in un altro modo….

- Intervento: mi ritrovo in un circolo vizioso perché se lei può affermare che ciò che dico io è falso questo deve comunque poter affermare una verità per negare quello che dico io, che a sua volta può essere negata da altre argomentazioni, di conseguenza…

Non ha fatto attenzione quando ho formulato la nozione di verità, supponga che io enunci come verità: "nulla è fuori dalla parola", questa proposizione non è negabile, non è eliminabile in nessun modo…

- Intervento: ma lei l’ha confutata.

Allora aggiungo questo elemento, gli assiomi da cui stiamo muovendo sono ancora al di qua della confutabilità o della negabilità di una proposizione, appartengono a qualcosa che è la condizione per poter compiere questo gioco che si chiama confutazione oppure quest’altro che si chiama dimostrazione, sono due giochi che sono al di là, noi ci siamo occupati di qualcosa che è al di qua e che ne costituisce la condizione, confutare o dimostrare sono giochi linguistici ovviamente, più o meno divertenti, più o meno utili in alcuni casi ma restano giochi linguistici, che possono farsi, è chiaro che può confutarsi qualunque cosa perché qualunque cosa, qualunque affermazione, tolta quella che ho indicata come assioma si muove in ambito retorico cioè muove da un principio che comunque sarà negabile, per questo può confutare qualunque cosa, perché i principi da cui muove sono sempre opinabili cioè discutibili, e questo la mette nella condizione di poterlo confutare. Basta per esempio chiedere all’interlocutore delle prove dei principi da cui muove per potere affermare quello che afferma, non lo potrà fare oltre un certo limite e cioè dirà che è così perché è così, e lei potrà ritenere questa risposta insoddisfacente. Ma dopo esserci accorti che era possibile sia provare sia confutare qualunque cosa ci siamo volti ad un altro elemento che era la condizione per potere fare sia l’una cosa che l’altra, senza questa condizione non è possibile né provare né confutare alcunché. Ecco questo forse è l’elemento che mancava, certo posso confutare qualunque cosa, posso provarla, in mille modi diversi, ma questo unicamente perché ciascuna proposizione è sempre mossa da un principio che risulta arbitrario, è questo l’inghippo che consente di provare e di confutare qualunque cosa a piacere ed è l’intoppo, se vuole porla così, di tutto il pensiero occidentale che da una parte esige che certe affermazioni siano provate, dall’altra impedisce di farlo, impedisce perché poi di fatto i principi da cui muove sono totalmente arbitrari cioè fondati sull’esperienza comunque totalmente arbitraria e cioè non ha una costrittività logica, l’esperienza è la vox populi, tutti pensano così, sarà così, ma provi a pensare di non essere soddisfatto da una cosa del genere, che può comportare anche problemi non indifferenti, ché non è che tutti quanti sono razzisti e quindi sono razzista anch’io… certo molte cose sono entrate nell’uso comune, molti sono comunque i giochi linguistici praticati ininterrottamente questo è ovvio, ma la differenza che sembra minima ma è fondamentale sta nell’accorgersene che sono giochi linguistici e non entità reali…

- Intervento:…

Prima costruisce un’argomentazione che prova l’assoluta necessità dell’esperienza, dopo di che costruisce un’argomentazione che prova l’assoluta insostenibilità dell’esperienza. Quando ha fatto questo gioco magari ha le idee più chiare, anche sull’esperienza se no accade di darla per acquisita, come se fosse una cosa necessaria, potrebbe non esserlo, per esempio i mistici le racconterebbero, se fossero qui, che hanno avuto esperienza di dio, hanno parlato direttamente con lui. Che dire di quella esperienza? È riproducibile perché molti altri hanno avuto questa esperienza in altri luoghi, anzi ci sono molte cose, come la madonna che piange, è riproducibile, qualche anno fa si riproduceva continuamente, una proliferazione in vari luoghi, questi mistici direbbero che la loro esperienza è assolutamente inattaccabile, e che lei non ci crede soltanto perché non ha avuto questa esperienza ma se l’avesse avuta ci crederebbe necessariamente (…) si tratta vede, a seconda anche delle epoche e delle mode del momento, che alcuni dati dell’esperienza sono e si pongono come assolutamente normali, acquisiti, ad un certo punto cambiano le mode e diventano strampalerie di visionari, mentre prima non lo erano affatto, mentre prima se uno non ci credeva veniva, come si diceva tempo fa, eliminato. L’esperienza ha subito nel corso dei secoli delle variazioni e in ogni caso muove sempre da qualche cosa che è arbitrario e quindi inaffidabile per un’argomentazione logica. In effetti la logica cerca di partire il meno possibile dai dati dell’esperienza, perché si rende conto che è sempre molto arbitrario, opinabile e vano, occorre qualcosa di molto più solido. Fino a qualche tempo fa era il calcolo numerico, poi dopo Cantor anche quello ha mostrato il fianco e allora è sorto il pensiero debole, ecco invece propongo il pensiero fortissimo, così forte quanto non ce ne sono mai stati prima…

- Intervento: io sono disarmata… io posso credere e non credere e quindi…

Possiamo credere a qualunque cosa, infatti la più parte delle persone crede una infinità di cose, alcune un po’ problematiche nel senso che creano dei problemi, anche solo la questione del dio ha creato per molte persone dei problemi, se non intendevano credere una cosa del genere, ancora oggi se non fosse che le condizioni sono cambiate, ma altri che sono un po’ più animosi come gli islamici (è seccante quando entrano nei cinematografi sparando con il kalashnikov, perché secondo loro in quel giorno non si deve guardare il film), vede che certe volte credere una qualunque cosa diventa un problema ma non tanto perché lei ci crede ma perché la più parte delle credenze, delle superstizioni è come se esigessero di essere condivise, e questo è un problema, così come quando, esattamente allo stesso modo, lei vuole persuadére qualcuno di qualche cosa, vuole che le sue ragioni siano accolte dall’altra persona, quando per esempio pensa di aver ragione e vuole che questa persona gliela dia questa ragione, almeno ci prova, e perché ci prova? La struttura è la stessa dell’islamico che vuole persuadére l’altro, oppure i cattolici di qualche secolo fa o gli ebrei, un po’ di tempo prima. Gli ebrei avevano fama, molto tempo prima della nascita di Cristo, di essere uno dei popoli più feroci e sanguinari, ironia della sorte… ecco dicevo perché può essere importante riflettere sulla questione della prova e della credenza ecc. perché può condurre a conclusioni che talvolta possono avere dei risvolti spiacevoli, anche Hitler pensava che gli ebrei fossero una razza inferiore, aveva torto o ragione, secondo lei?

- Intervento: dipende dal punto di vista.

Infatti e quindi lui ha fatto benissimo a fare quello che ha fatto, visto che dal suo punto di vista era giusto così (….) ma lui sentiva fortemente questa avversione contro gli ebrei, (lui sì ma gli altri no). La questione fondamentale in tutto ciò che andiamo dicendo è che accogliendo alcune tesi perché sembrano vere, si è indotti poi ad accoglierne altre che possono diventare, diciamo pericolose, in un certo senso, pericolose per altri soprattutto ed è notevole il fatto che ciascuno che creda di aver ragione su qualche cosa, cerchi di persuadére anche il prossimo alla sua ragione in un modo o nell’altro. Spesso è per quell’altro che è un po’ problematico. E perché secondo lei uno che ha ragione vuole persuadére l’altro che le cose stanno come dice lui? Potrebbe dire va bene tu pensi che abbia torto, va bene, nessun problema. Perché invece si fa di tutto per persuaderlo? Che ne ha quando lui gli dà ragione?

- Intervento:…

È una questione complessa certo, perché da qui seguono tutta una serie complessa di elementi importanti. Proviamo a fare questa operazione, proviamo a giustificare il fatto che una persona che ha ragione cerchi di persuadére l’altra della propria ragione, poi dobbiamo stabilire i limiti oltre i quali non puoi andare, chi stabilirà questi limiti? Supponiamo che la persona sia recidiva e in nessun modo voglia darle ragione quando lei ce l’ha, non le viene di prenderla a schiaffi? Lei è dolce e mite, però talvolta…

- Intervento: nel discorso religioso si può arrivare all’estremo, a distruggere…

Accogliendo una cosa del genere, cioè che è giusto che se ho ragione che io cerchi di persuadére l’altro, posso giungere a conclusioni tali che mi giustificano se compio un massacro, non perché sono cattivo ma per il suo bene, si uccide sempre o quasi sempre per il bene dell’altro. Per questo dicevo che forse è bene considerare questi aspetti in modo un po’ più attento, ché possono avere implicazioni sgradevoli… lei pensa che io abbia ragione o abbia torto?

- Intervento: ci penserò molto…

Che cosa la lascia perplessa in tutto ciò? (che non si riesce mai ad arrivare ad una conclusione assoluta) lo abbiamo appena fatto! Perché? come lo sa? (la storia, è successo sempre così) la storia ci dice che gli umani si sono sempre ammazzati fra di loro e quindi è bene che continuino a farlo, hanno sempre fatto così, chi siamo noi per impedire il corso della storia? (penso che finirà prima o poi questo sistema) c’è l’eventualità, certo. Secondo lei il discorso che sto facendo io è un discorso bellicoso, porta guerre, catastrofi, mali?

- Intervento: no, penso che è un discorso che aiuta a riflettere, dà delle idee sulle cose che dà per scontate e quindi questo può servire per…

Non avverte una minaccia in tutto questo? (no) allora gliela mostro io… (dipende che cosa si intende con minaccia) catastrofi di proporzioni bibliche, lei pensi a questa eventualità, le persone cessano di credere in dio, nello stato, nel governo, nella famiglia, cessano di credere perché non è più necessario, non sanno più cosa farsene, né di una cosa, né dell’altra né dell’altra ancora, come governare a questo punto? Chi mi darà retta? Nessuno. Se io impongo una verità, una necessità, mi diranno e mi dimostreranno facilmente che dico un sacco di stupidaggini, la catastrofe si profila all’orizzonte minacciosa, la dissoluzione di tutta la civiltà, di tutto ciò che gli umani hanno costruito negli ultimi tremila anni scomparirà, e adesso come la mettiamo? Roberto è soddisfatto nell’eventualità che si dissolva il mondo civile. Ovviamente occorrerebbe una ristrutturazione, cessa di esistere la civiltà così come esiste oggi e se ne inventa un’altra

- Intervento:…

Comunque non è un pericolo immediato, non è una minaccia, non ci saranno sovversioni di tale portata, perché questo modo di pensare possa diventare funzionante ci vogliono molti anni, poi le dirò quanti, una volta pensavo che ne occorressero cinquantamila adesso ho accorciato i tempi, perché sto andando un po’ di fretta e allora devo necessariamente abbreviare i tempi. Bene, buona notte e grazie!

 

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