BIBLIOTECA CIVICA DIETRIC BONHOEFFER
LA PAURA, IL DISAGIO E LA DEPRESSIONE.
Da Freud ai giorni nostri, che cosa è cambiato?
BEATRICE DALL’ARA
LA PAURA DI AMARE
Presentazione dell’Associazione da parte della dottoressa Forlin
Presentazione di Sandro Degasperi
Ora prima di dare la parola all’amica Beatrice voglio dire due brevissime parole per presentare l’Associazione, innanzi tutto ringrazio la Signora Forlin per l’ospitalità, vi posso garantire che non è facile trovare luoghi pubblici in cui poter, diciamo, portare un discorso che non siano quei discorsi inseriti nei vari contenitori ufficiali, diciamo così… dunque due parole per presentare l’Associazione, l’Associazione nasce nel 1992 per opera di alcuni allora giovani psicanalisti, oggi un po’ meno giovani, persone che comunque provenivano da una formazione come psicanalisti prevalentemente, diciamo, da una formazione tipo, per essere semplici perché occorrerebbe entrare nei dettagli un po’ freudiana, è un’Associazione che nasce in seguito a delle riflessioni che ci siamo trovati a fare in seguito perché ad un certo punto ci siamo chiesti, come uno psicanalista dovrebbe fare, che cosa stavamo facendo? qual era il nostro sapere? Quali garanzie aveva il nostro sapere? Qual era il fondamento del nostro sapere? E ci siamo trovati insomma a discutere sotto la guida di Luciano Faioni che questa sera non è presente per impegni suoi, in questi quindici anni per quanto riguarda l’Associazione ma questa attività nasce nel 1982, è nell’82 che si è cominciato a discutere, si è cominciato a riflettere, si è incominciato a elaborare …oggi quando si parla di psicanalisi ogni tanto ci si ente rivolgere la domanda voi cosa siete? Freudiani, Junghiani, Lacaniani, Kleiniani? Oggi il nostro percorso ci consente di dire una cosa e cioè che non abbiamo nessuna teoria di riferimento, non abbiamo nessun testo sacro da rispettare proprio perché siamo giunti alla considerazione che la psicanalisi non è una religione quindi non si può credere alla psicanalisi così come si crede alla religione, in questi incontri cercheremo di esprimere, di dare, di rendere semplice quello che è stato un percorso che vi garantisco è estremamente difficile perché quando vi dicevo che ci siamo trovati a riflettere intorno al nostro sapere ci siamo ritrovati improvvisamente ignoranti e quindi abbiamo dovuto affrontare tutte le teorie psicanalitiche, abbiamo dovuto compulsato centinaia di testi per poter giungere alle considerazioni che man mano siamo arrivati a fare, oggi possiamo essere… come dire? perché no? Orgogliosi, per quanto sia una piccola Associazione, per quanto sia anche poco conosciuta purtroppo noi non abbiamo gli strumenti e neanche i mezzi economici soprattutto di molti altri, che molti altri hanno, non appariamo in televisione, non siamo sui giornali, le riviste scientifiche non ci ospitano ma per una sorta di mafia culturale che esiste da sempre non è una novità però noi siamo orgogliosi di quello che stiamo facendo e cerchiamo comunque limitatamente alle nostre possibilità che vi ho dette, cerchiamo comunque di comunicare con un pubblico quelle che sono le nostre considerazioni ….non so se ho dimenticato qualcosa? No. Quindi anche per non togliere tempo a Beatrice, poi magari se mi viene in mente io dirò qualche cosa dopo nel dibattito …va bene lascio la parola a Beatrice e buon ascolto
Sandro diceva che noi non apparteniamo a una particolare scuola di psicanalisi ci siamo confrontati con tutti i testi delle molte scuole di psicanalisi però visto che non ci interessa credere in una religione perché ci interessa lo svolgersi del pensiero, che il pensiero possa continuare a lavorare, possa proseguire perché se si crede in una certa teoria ecco che tutto si chiude perché la teoria fornisce e chiude le risposte e quindi ferma il pensiero e siccome a noi interessa proprio il pensiero come funziona, di che cosa è fatto ecco che non c’è interesse nel credere nelle verità di una particolare religione, però io questa sera visto che ho fornito una bibliografia, vi consiglio di leggere questi libri perché segnano un percorso, per esempio, io ho consigliato Introduzione alla Psicanalisi, Freud di colui che ha inventato la psicanalisi questa struttura di pensiero e poi De Saussure ginevrino il quale come sapete è nato più o meno ai tempi di Freud che inventò la Linguistica, la scienza della Linguistica e poi Wittgenstein Della Certezza i suoi ultimi pensieri, proposizioni elaborate da Wittgenstein prima di morire infatti le ultime proposizioni che elaborano proprio la questione della certezza del sapere degli umani giungono a tre o quattro giorni prima della sua morte e questa sera per introdurre, per approcciare un’introduzione, in qualche modo alla psicanalisi, ho tratto qualche pensiero proprio da questo testo dalla Introduzione alla Psicanalisi da Freud che ha inventato, istaurato, dicevo, questa struttura di pensiero, a noi piace parlare di struttura di pensiero:
Signori e Signore, non so quanto ognuno di voi sappia sulla psicanalisi dalle sue letture o per sentito dire. Sono comunque obbligato dalla formulazione letterale del programma annunciato - Introduzione elementare alla psicanalisi – a trattarvi come se non ne sapeste nulla e aveste bisogno di una prima informazione……(dovevano essere rivolte queste lezioni anche ai medici, sembra siano state tenute e poi sbobinate e quindi abbastanza mirate perché per Freud il medico doveva avere una cultura psicanalitica…) …purtroppo tutto va diversamente nella psicanalisi. Nel trattamento analitico non si procede a nient’altro che a uno scambio di parole tra l’analizzato e l’analizzante. La persona parla, racconta di esperienze passate e di impressioni presenti, si lamenta, ammette i propri desideri e impulsi emotivi. L’analista ascolta, cerca di dare un indirizzo ai processi di pensiero dell’analizzante, lo esorta, sospinge la sua attenzione verso determinate direzioni, gli fornisce alcuni schiarimenti e osserva le reazioni di comprensione o di rifiuto che in tal modo suscita in lui. I parenti incolti dei nostri “malati”, inoltre, cui fa impressione solo ciò che si può vedere e toccare – di preferenza azioni come quelle che si vedono al cinematografo – non trascurano ma di esternare i loro dubbi che “soltanto con dei discorsi si possa concludere qualcosa contro quella “malattia”. Naturalmente questo è un modo di pensare tanto ristretto quanto incoerente. Si tratta di quelle stesse persone che sono sicurissime che i sintomi dei congiunti “non sono altro che immaginazioni”.
Originariamente le parole erano magie e, ancor oggi, la parola ha conservato molto del suo antico potere magico. Con le parole un uomo può rendere felice l’altro o spingerlo alla disperazione, con le parole l’insegnante trasmette il suo sapere agli allievi , con le parole l’oratore trascina con sé l’uditorio e ne determina i giudizi e le decisioni. Le parole suscitano affetti e sono il mezzo comune con il quale gli uomini si influenzano tra di loro. Non sottovaluteremo quindi l’uso delle parole e saremo soddisfatti se ci verrà data l’occasione di ascoltare le parole che si scambiano l’analista e l’analizzante. Ma nemmeno questo ci è possibile. Il colloquio nel quale consiste il percorso analitico non ammette alcun ascoltatore, non si presta a dimostrazioni….
Questo era per incominciare a dire ciò di cui si tratta in una psicanalisi cioè di un percorso, come dicevo di parola. In una psicanalisi si ha a che fare con delle parole poi si può pensare che si ha a che fare con dei fantasmi o cose di questo genere, lo si può pensare ma comunque questi fantasmi sono descritti e costruiti da parole e dunque un percorso analitico. Il titolo di questa sera è La Paura di amare e rientra in un ciclo di conferenze in cui proprio la paura, il disagio e la depressione sono al centro del nostro discorso e quindi la domanda “Da Freud ai giorni nostri che cosa è cambiato?” non è cambiato nulla di così fondamentale, non è cambiato granché solo, per esempio, la depressione è diventata una malattia e si cura con gli psicofarmaci mentre Freud affermava, e proprio in questi incontri avremo modo di mostrare, che la depressione è un particolare discorso che si trova a fare una determinata persona, che continua a mostrare a lamentare quella che è la sua visione del mondo, cioè come lei vede il mondo ma adesso la depressione è diventata una malattia e si cura con gli psicofarmaci ecc. si cura in molti casi con l’elettroshock, il discorso della depressione ha raggiunto il suo obiettivo aveva dei problemi comunque con l’amore, non lo sapeva come non lo sa una persona che va in analisi, che chiede di avere accesso a una analisi, a una psicanalisi, non lo sa che ha paura dell’amore, per esempio, che i suoi problemi li costruisce proprio a partire da quell’amore che per lei è così importante cioè dal suo modo di amare, non lo sa la persona perché è portata a raccontare e a raccontarsi continuamente quelle storie che più la interessano, quelle storie che le accadono nella vita, quelle storie che lei chiama realtà, storie che lei ovviamente racconta all’analista in una psicanalisi e non dice propriamente che ha paura di amare quando inizia l’analisi perché lei vorrebbe amare ma non lo può fare, perché? Perché dice che ha avuto delle esperienze nefaste ciascuna volta, perché le cose le sono sempre andate male, e quello che la persona racconta sono i dati di fatto, sono la realtà per quella persona, quella persona crede fortemente in quelle storie che lei ama raccontare perché proprio in quel racconto, da quel racconto trae le più grandi emozioni di questo ci si accorge benissimo in una psicanalisi, solo raccontando queste che sono le sue storie e descrivendo le sue azioni perché è molto importante per la persona il suo comportamento; una persona accede a una psicanalisi, perché? Perché c’è qualcosa che non va anche nel suo comportamento per questo vuole mettere in gioco ciò che pensa e ovviamente solo per questo può proseguire una psicanalisi cioè da parte della persona ci deve essere la necessità di mettere in discorso, in discussione, in gioco quello che va pensando perché se no alla prima questione la psicanalisi si ferma subito, e dicevo, che la persona vede soltanto quelli che sono gli effetti di quelle storie che lei ama raccontare all’analista, o raccontare a sé, e sono le cose che le capitano continuamente quelle cose che la fanno agire in un certo modo, lei non vorrebbe agire in quel modo però si trova sempre a fare i conti con questa direzione tracciata nel suo percorso, nel suo cammino, per esempio lei vorrebbe amare per lei l’amore è molto importante visto che ne ha paura però non lo può fare, non può per esempio trovare un innamorato perché l’innamorato che troverà sarà quello che le causerà i più grossi problemi e quindi lei si ritroverà a fare sempre certe scelte, a rimettere in scena la sua realtà e descrive il suo comportamento, le sue azioni, come si comporta, descrive come vorrebbe comportarsi, come vorrebbe essere ed è questo che le crea il maggior disagio perché lei vorrebbe essere come tutti gli altri, lei vede gli altri ma li vede diversi da sé “felici” in qualche modo invece in lei c’è del disagio, c’è qualcosa che non va, c’è qualcosa che non funziona e allora a questo punto decide di mettersi in gioco, decide di approcciare questo percorso che è un percorso non è la parola magica che immediatamente funziona “vai adesso stai bene” uno può credere che sia così ma è leggermente differente e allora dicevo questo percorso che ovviamente è un percorso di parola e cosa accade in questo percorso in cui, per esempio, si ha paura di amare? Beh intanto in prima istanza si racconta, si racconta la propria vita ciò che si ama, ciò che si teme, ciò che si spera, la persona racconta ed è come se avesse a che fare sempre con lo stesso destino, sottoposta allo stesso destino, come se fosse manovrata però non sa nulla del suo racconto, non sa nulla del suo discorso ma questo lo intenderà man mano nel percorso analitico, cos’è l’amore? La Scienza della Parola, come vedete qui ci sono molte trascrizioni di altre conferenze che parlano dell’amore perché l’amore è il tema prettamente analitico, nelle suo opere Freud, e sono dodici o tredici tomi grandissimi, parla di amore, amore in tutte le sue manifestazioni, in tutte le sue configurazioni e che cos’è l’amore? cosa vuol dire che io sono innamorata? Vuol dire che il mio pensiero è attratto da una particolare persona, per esempio, l’amore è attrazione, il pensiero può essere attratto da un ideale, può essere attratto da qualsiasi cosa, può essere attratto dal fare volontariato, per esempio, può essere attratto da una religione e cosa vuol dire? vuol dire che il proprio pensiero, ciò di cui è fatto il proprio pensiero è attratto è interessato fortemente a una certa cosa, come dicevo, a un certo ideale, a una certa religione oppure a una certa persona, quindi l’amore del pensiero segue, è attratto dall’ oggetto d’amore, chiamiamolo così, il pensiero va in quella direzione, va nella direzione in cui è condotto dall’oggetto, per esempio, l’amore di cui parlano i grandi pensatori, i grandi poeti, Dante diceva “amor che tutto move” che muove tutto, alludeva a quell’amore che traina il pensiero che traina gli umani, l’amore per la ricerca della verità, quella ricerca meravigliosa che svincola il pensiero, libera il pensiero, rende veloce il pensiero perché “si diverte” proprio effettivamente nel suo percorso per le cose che incontra e ovviamente qui non c’è nessun disagio, Aristotele, per esempio, nel suo incipit alla Metafisica ci parla proprio degli umani che “naturalmente” tra virgolette hanno innato il loro amore per la verità, per la conoscenza “stupore e meraviglia” così dice Aristotele proprio nella Metafisica, quindi una ricerca infinita, una libertà infinita che è data dal lasciare che il proprio pensiero sia tratto dalle questioni che di volta in volta incontra, questioni che di volta in volta si trova svolgere, con questo grande interesse che ha come fine, come scopo la verità e questo per Aristotele era sublime, per esempio, questa ricerca infinta voi la ritrovate anche nel Convivio di Platone dove Socrate mostra come per lui l’amore erotico non sia così importante mentre per tutti gli altri era importantissimo e cantavano l’amore meraviglioso. L’amore di Socrate e quindi di Platone era per il poter svolgere delle questioni, liberare delle questioni, arrivare anche qui, cioè amore per la verità e quindi questo amore per la verità, questa libertà di pensiero, questo Amore con la A maiuscola dovrebbe essere fine a se stesso, fine a se stesso cioè si fa per il piacere di farlo perché comporta piacere, comporta il divertimento comporta il “divertere” del pensiero, una mobilità estrema, una estrema apertura, beh, questo ideale grandissimo che è cantato da tutti i poeti, in un percorso analitico si ha l’opportunità di elaborarlo, vedere di che cosa è fatto, vedere se questo amore è fine a se stesso, questo amore grandioso che diverte il pensiero, la più grande apertura o se è amore per una storia particolare, per la propria storia particolare, per quella che piace di più, la storia dalla quale si traggono le più grandi emozioni e le più grandi sensazioni, emozioni e sensazioni quelle, quelle grandissime che piloteranno e riprodurranno continuamente la storia, emozioni che la ricreeranno, e la paura dell’amore? Adesso parliamo della paura, la paura che cos’è la paura? Vado un po’ veloce ma sono tante le cose da dire, fermatemi se c’è qualcosa che non intendete, adesso parliamo della paura visto che il titolo è la paura dell’amore, dicevo cos’è la paura? Se voi andate su un vocabolario qualsiasi e cercate “paura” troverete che la paura è un’emozione una fortissima, una fortissima emozione e in certi vocabolari si dice che è importante per gli umani la paura, avere paura, perché è ciò che da il segnale per il pericolo, se io ho paura mi accorgo di un pericolo di cui potrei non accorgermi, interviene questo segnale, questa paura e io mi accorgo del pericolo e quindi la mia esistenza è salva, che ne so? Ho paura di qualche particolare che non riconosco, sta arrivando il tram che non ho visto, mi scanso, la paura dovrebbe avere questa funzione, funzione di salvaguardare l’integrità, l’esistenza della persona, va bene possiamo considerare una cosa di questo genere però quando la paura, per esempio, dicevo che la paura dovrebbe avere questa funzione di segnale per accorgerci di un ostacolo, di un pericolo per cui io a quel punto posso pensare e non sono annichilito dalla paura, posso continuare a pensare e quindi posso pensare a come salvarmi da quel pericolo senza rimanere annichilito lì a subirlo, accucciarmi e finire sotto il tram in quel caso, perché ho subito la paura ché in questo caso come potete intendere paralizza, annichilisce questa grande emozione, se c’è questa grande emozione la persona invece di salvarsi ecco che si accuccia e soccombe, lo subisce il pericolo, quindi come dire? che a questo punto si può intendere la paura come un sintomo, la persona che è portata ad accucciarsi quando dovrebbe invece agire, ovviamente è un sintomo, è il sintomo che viene curato, le fobie. Tutte queste cose qua hanno proprio il carattere di queste grandi emozioni chiamate paura, hanno proprio questa funzione di annichilire, di fermare, di non lasciar più muovere la persona e quindi è un sintomo, e un sintomo che cos’è? Qui si parla di paura, disagio, depressione beh diciamo il sintomo è comune a tutte queste cose e quindi abbiamo definito adesso la paura come sintomo e il sintomo che cos’è? Ancora una volta utilizzando le parole di Freud diremo che il sintomo, così come anche lui lo definisce, è una costruzione, una formazione di compromesso, una formazione di compromesso che è come se servisse a due padroni, cosa voglio dire con questo? Vorrei rendere esplicita la questione, prima parlavamo dell’attrazione del pensiero che va verso ciò che lo interessa, questa attrazione può essere definita in modo positivo e in modo negativo perché l’attrazione in modo positivo è quella che chiamiamo comunemente amore, si chiama amore, se il mio pensiero è piacevolmente attratto da una persona tale per cui io lo amo, questa cosa io la chiamo amore ed è attrazione però l’attrazione è anche ciò che possiamo chiamare, adesso per rendere più esplicito, l’attrazione, per esempio, del proprio pensiero per il nemico, e il pensiero è attratto dal nemico, caspita se è attratto! tutta la sua attenzione è focalizzata su quello che è il nemico è colui dal quale può arrivarmi il pericolo e deve essere fortemente attratto il pensiero, deve focalizzarsi moltissimo su questo nemico cioè voglio dire il pensiero è fisso lì e non si smuove, perché? Perché c’è pericolo il nemico per definizione è colui che comporta il pericolo, voi pensate alle lotte che fanno gli umani, le guerre da sempre perché dal nemico occorre difendersi e questa attrazione dicevo è un’attrazione definita non piacevole, però tuttavia è sempre una fortissima attrazione Freud parlava dell’odio e dell’amore questa dicotomia, questa ambivalenza, diceva lui, dell’amore anzi lui diceva che prima veniva l’odio poi l’amore, ma sia come sia, insomma qui stiamo parlando di attrazione quindi odio e amore che si scambiano a vicenda, questa attrazione del pensiero per ciò che di volta in volta si chiama in modo differente e la paura, la paura che cosa ha a che fare con il pericolo? Ovviamente la paura è una grande emozione che deriva da un pericolo e dicevo anche che è un sintomo in certi casi quando la paura non svolge più il suo compito di segnale di fuga perché se no uno scappa, si sbarazza della paura e non si interessa più di quello che è stato ma scappa o affronta il pericolo lucidamente e invece in certi casi la paura, se io ho paura di amare, io avrò sempre paura di amare in tutte le mie manifestazioni, in tutte le storie che costruirò anche quando penserò, per esempio, cosa che può capitare, che i miei cari, coloro che amo più fortemente possano morire, possa succedere qualcosa a loro danno che non è necessario però il mio pensiero è attratto da questi pensieri, nella depressione voi sapete che questo avviene per lo più, le mamme (anche quelle non depresse) anche quelle non depresse sono attratte dalla paura, questo amore per i loro figli ovviamente e costruiscono letteralmente costruiscono questo desiderio (d’amore) i loro pensieri sono attratti, tratti da questa storia come dire che la paura, questo sintomo questa formazione di compromesso che serve a mantenere due padroni ha una funzione specifica e Freud se voi avete voglia di leggere anche in questo testo lo spiega molto bene … mantenere due desideri, due cose che la persona ama tantissimo ma che non può scegliere, è sempre lì in mezzo a due fuochi, non può scegliere, lì il pensiero ovviamente si blocca non può muovere. La nevrosi quella descritta da Freud è questo: la persona posta fra due fuochi, due cose da cui è attratta irresistibilmente e non può decidere né l’una né l’altra, anche qui cercherò di fare un esempio per rendere abbastanza esplicito ciò di cui parlo quando parlo di questo sintomo come formazione di compromesso. Avete presente i bambini, quelli paciocconi, quelli piccoli che molte volte sono pestiferi? Tre o quattro anni hanno cominciato da poco a parlare e quindi hanno cominciato da poco a pensare e quindi a desiderare, a volere certe cose e a scartarne altre, questi bambini in molti casi sono molto, molto violenti se vogliono una certa cosa la debbono raggiungere a tutti i costi, se vedono un altro bambino con un giocattolino che loro non hanno se possono glielo prendono, glielo strappano e lo buttano via, così sono i bambini molte volte e ciascuna mamma sa queste cose, bene, questo bambino, adesso per spiegarvi un processo di pensiero, come funziona, questo bambino ha scoperto che gli piace moltissimo la nutella, per esempio, gli piace moltissimo e tutti i momenti sono buoni per chiedere alla mamma di fornirgli questa cosa che per lui è così importante, la mamma ovviamente sa che la nutella gliela può dare una volta ogni tanto e quindi lo blocca subito dice “no, la nutella ti fa venire mal di pancia” certe volte il bambino fa delle scenate spaventose così come quando butta per terra e distrugge il giocattolino del compagno, dell’amico che lui non ha, la stessa espressione, la stessa ira potremmo descrivere così e ad un certo momento per il bambino l’unica soluzione per avere quello che per lui bambino, un bambino di tre o quattro anni è il bene più grande cioè in quel momento la nutella quello che potrebbe renderlo felice,se lo vuole così tanto è perché immagina che questo bene comporti la somma felicità e per un attimo può pensare a come fare per raggiungere la nutella, per raggiungere la nutella bisogna fare come con quel giocatollino, si butta per terra, si distrugge cioè si toglie ciò che l’ostacolo e quindi mancando l’ostacolo, mancando la mamma lui potrebbe avere il bene assoluto, la cosa che gli piace di più, la soddisfazione di avere questa cosa che gli piace tanto ma l’ostacolo è la mamma ma è grossa e non la può distruggere come il giocattolino e allora cosa fa? Anche perché la mamma è quella che gli fornisce ogni tanto la nutella e soprattutto la mamma è colei che lo coccola, il bambino vuole molto bene alla sua mamma, è coccolato dalla sua mamma non può desiderare di toglierla di mezzo e allora cosa succede? Perché il bambino non sa come fare gli piace tantissimo la nutella ma non può rinunciare neanche alla mamma perché lui vuole bene alla mamma e poi rimarrebbe da solo e allora o continua il suo pensiero ad andare da una parte e dall’altra senza risolvere nulla ma questo è un problema, deve risolvere qualcosa questo pensiero e allora dicevo, cosa succede? Freud parlava di questo a proposito della condensazione e dello spostamento, noi diremmo della metafora e della metonimia ma adesso è solo un accenno come dire che il bambino non potendo decidere fra questi due corni, sceglie il male minore non può fare a meno della mamma ché gli vuole bene non può fare a meno della nutella che è il bene assoluto in quel momento e allora cosa fa? Per uno spostamento del suo pensiero per poter continuare a pensare il bambino costruisce un personaggio immaginario, penso che voi possiate ricordare, molti di voi almeno, i personaggi immaginari con i quali giocavano quando erano bambini, un personaggio immaginario per esempio la mamma quando lo sgrida gli dice sempre “guarda che arriva l’uomo nero, fai attenzione se non fai il bravo arriva” e il bambino comincia a credere veramente all’uomo nero a questo personaggio immaginario e cosa avviene a quel punto? Avviene che il pensiero di sbarazzarsi della mamma, di far fuori questo ostacolo viene rimpiazzato dalla tenerezza estrema del bambino nei confronti di quella mamma che lo ama di più ché lo deve proteggere dall’uomo nero perché intanto è sorta la paura, la paura dell’uomo nero e questa paura è ciò che continua, ciò che prosegue ciò che mantiene inalterato il suo agire per avere la nutella, ed è come la prima emozione, ha la stesa intensità la stessa soddisfazione, è una grande emozione ma ora si chiama paura ecco questo compromesso che è il sintomo, appunto la paura a questo punto è il sintomo che accompagnerà per tutta la vita la persona certo non si chiamerà sempre “uomo nero” l’oggetto della paura quello che attrarrà il suo pensiero perché poi il bambino crescerà e riderà dell’uomo nero ma non abbandonerà più il suo modo di “sentire” fatto di quelle emozioni, questa è una struttura che continua per tutta la vita ma come venirne fuori? Perché come sapete gli umani in molti casi hanno paura dell’uomo nero, non lo chiamano più così certo ma hanno paura di quel pericolo che costruiscono e le storie che costruiranno terranno conto della paure e allora in quei casi in cui sia possibile l’accesso alla psicanalisi le cose cominceranno a chiarirsi per la persona perché? Perché la persona come dicevo raccontando la sua storia privilegiata, quella del suo amore preferito, del suo amore dal quale trae le più grandi emozioni racconta anche e soprattutto quelle storie che la mettono nei guai, quelle in cui il suo comportamento gli procura tanti guai, non è una storiella così la persona quando va in analisi molte volte è perché è preoccupata di come agirà, di come si muoverà e allora comincia a raccontare. Il lavoro dell’analista è quello di far in modo che l’analisi proceda e che mano a mano la persona cominci ad ascoltare. A volte nel percorso succedono delle dispute in cui all’analista si dimostra, si cerca di dimostrare che questa storia è vera “questa è la realtà in cui io vivo io muovo così perché non posso fare diversamente” ma l’analista deve fare in modo che l’analisi prosegua, possa proseguire se no si ferma tutto lì in un racconto infinito, in una rappresentazione infinita di questa storia in tutti i suoi più piccoli particolari e come si accorge la persona che è una storia prodotta dal suo pensiero, prodotta dal suo discorso? se ne accorge passo dopo passo, si accorge da dove viene e cioè da quello che dice da quello che racconta, si accorge che poi man mano è sempre la solita storia quella che va raccontando però occorre che effettivamente si accorga e comincia a tenerne conto perché non basta che glielo dica qualcuno, se glielo dice qualcuno non serve a nulla occorre che se ne accorga la persona che quella è una sua produzione particolare perché ne ha i suoi buoni motivi quindi l’analista ascolta, ascolta una storia e fa in modo che questa storia si inserisca là da dove viene e cioè dal e nel discorso della persona, che la persona possa accorgersi del discorso che va facendo e di quello che è l’obiettivo del suo discorso perché se non si accorge di questo non potrà fare nulla nei confronti di questa storia e questa storia la subirà all’infinito, all’infinito subirà questa storia che chiama destino, che chiama realtà. Ascoltare un discorso che produce una stessa storia adesso anche qui ancora una volta mi trovo a utilizzare un caso clinico sempre preso dall’Introduzione alla Psicanalisi (….) diceva l’amico Sandro Degasperi per alleggerire un po’ l’incontro, se ci sono già questioni ...
Intervento di Sandro Degasperi: ho interrotto magari un po’ così però mi sembrava la questione centrale perché è proprio quello che differenzia la psicanalisi da qualunque altro metodo di intervento visto che parliamo di paura, di depressione ecc. la questione centrale a cui stava accennando Beatrice era la responsabilità chiunque è abituato nel luogo comune a pensare che una persona depressa, una persona che abbia paura non sia responsabile di ciò che avverte, nessuno pensa di dire a un depresso “tu sei responsabile della tua depressione” anzi la cosa principale, il modo di pensare comune è di pensare al depresso come a una persona malata e in effetti la depressione sembra essere monopolio della medicina o quanto meno della psicoterapia che deve intervenire appunto per aiutare una persona che dice di essere depressa ma come diceva Beatrice la depressione possiamo anche intenderla in un altro modo primo perché la storia ci insegna che affrontando la depressione come una malattia non ci ha aiutato a risolvere la questione non ci ha aiutato a risolvere la questione perché l’intervento è per lo più psicofarmacologico ma la depressione è un modo di pensare sono pensieri che funzionano nella depressione come nell’angoscia, come nella paura come in qualunque altra cosa e quindi è con questo che si ha a che fare soprattutto su come funzionano questi pensieri, da dove vengono, cosa stanno dicendo ecco perché è importante la questione dell’ascolto, la questione dell’ascolto non è lo stare a sentire, chiunque è in grado di stare a sentire un’altra cosa l’ascolto così come la psicanalisi vuole e propone e lo propone proprio nei termini di come funziona il pensiero, come funziona il pensiero qualunque cosa voi pensiate? Partite con un’idea da qualche cosa, da qualunque cosa e in base a questa idea costruite una serie di passaggi, di argomentazioni, di ragionamenti e giungete a delle conclusioni questo è il modo di pensare quello che la persona afferma, non solo il depresso adesso stiamo parlando della depressione ma prendete chiunque afferma qualche cosa quello che afferma è la conclusione di una serie di pensieri e questa conclusione per lui funziona solitamente lo dico così per una sorta di captatio benevolentiæ perché lo è in modo assoluto, funziona come vero ciascuno pensa delle cose e pensa che siano vere (la realtà) è inevitabile ma perché vere? Vere rispetto a che cosa? Rispetto a quelle che sono le premesse da cui parte, per un cattolico l’esistenza di dio è un fatto non è un qualche cosa che si mette in discussione, così come per un mussulmano che la carne di maiale sia assolutamente schifosa, un esempio, ma sono conclusioni che provengono comunque da qualche cosa che pensa che appunto, la credenza nell’esistenza di dio o in Allah ciascuno, ciascuno di noi utilizza la stessa struttura la struttura del pensiero è quella non c’è scampo da questo o si pensa in questo modo o non si pensa assolutamente e allora l’ascolto qual è? Ascoltare non è semplicemente la conclusione e magari dire che non è vero che le cose stanno così ma stanno colà, provate voi a un fondamentalista islamico a dire che Allah non esiste se vi va bene vi lascia andare vivo perché se no … se vi va bene quindi il programma non è quello di discutere le conclusioni ma è quello di reperire nel discorso che la persona fa quali sono le condizioni del suo discorso, vale a dire quali sono le premesse, le fantasie, le sue fantasie ho fatto l’esempio un po’ eclatante. Ma prendete il discorso di ciascuna persona come una teoria, come un religione ciascuno fa il suo discorso perché esistono delle cose che per lui funzionano da elementi fondamentali in cui crede fortemente sono i suoi valori per esempio, e sulla base di questi costruisce tutto il suo discorso e costruisce anche l’angoscia, costruisce l’ansia, costruisce la depressione, costruisce qualunque cosa ecco che allora quando si parla di depressione occorre prendere la questione della depressione come un discorso come un modo di dire le cose, noi spesse volte parliamo delle figure retoriche la depressione è una figura retorica è un modo di dire le cose, è una figura retorica e quindi si tratta di reperire quali sono le fantasie che sono alla base di tutto quel discorso, che operano nel discorso e che fanno sì che quel discorso si produca in quel modo, per esempio, una persona che dice di essere una assoluta incapace di fare qualcosa. Sarà capitato di trovare persone di questo genere, crede fortemente in quello che dice perché per lei è la realtà della cose quella, la sua incapacità è qualche cosa di assoluto e troverà sempre giustificazioni, sempre modo di affermarla al punto che se non troverà modo di affermarla troverà il modo per affermarla comunque. E la paura in questo caso è proprio l’impedirsi di fare qualche cosa, cos’è la paura? La paura ha anche un particolare significato politico Freud diceva che senza senso di colpa non si governa cioè senza la paura gli umani non sarebbero governabili, gli umani sono governabili proprio perché in qualche modo si può indurre in loro paura è come fanno i genitori con i figli spesse volte si educano con la paura “fai questo altrimenti” e gli umani la stessa cosa, può essere la crisi economica, può essere la guerra può essere qualsiasi cosa, importante è che gli umani abbiano paura perché in questo modo sono governabili ma immaginate qualcuno che si produce la paura per impedirsi di fare qualche cosa ecco allora l’incapacità, la paura di essere incapace, praticamente prova paura di riuscire, c’è qualche cosa che va contro qualche cosa che il discorso della formazione di compromesso una parte vuole fare questo e dall’altra qualche cosa glielo impedisce quindi ecco che vorrebbe farlo ma non può farlo, perché non può farlo? Questo era solo un qualche cosa in più rispetto alla questione fondamentale della psicanalisi non esiste un qualche cosa di innato, non esiste una mente malata, non esiste nulla di tutto ciò se non facendo ricorso a un’idea magica della psiche, esiste un discorso che si produce, che si costruisce e che costruisce qualunque cosa, costruisce la gioia, la felicità, la paura, l’ansia sono solo pensieri che si collegano tra di loro e che si producono attraverso quello che dicevo prima questa semplicissima struttura della premessa dell’argomentazione, del produrre ragionamento del produrre pensieri e di arrivare a una conclusione …
C’è qualcuno che adesso vuole già cominciare a chiedere qualcosa?
Intervento: io volevo chiedere sentendo così anche interviste di persone che sono passate attraverso questo tunnel della depressione, persone che stavano apparentemente bene non avevano nessun problema erano benestanti, erano amate e improvvisamente ecco questo tunnel… nessun problema solo un’apparente serenità, è proprio una delle cose che è priva cioè non sono solo pensieri cioè …
Intervento di Sandro Degasperi: totale disinteresse (non sono solo pensieri come mai avviene questa cosa?) il lutto Freud parlava … faceva la differenza fra il lutto e la malinconia …il lutto si sa che cos’è, muore una persona cara e una persona vive una situazione di tristezza e di dolore che si chiama lutto … la malinconia cioè lui non parlava di depressione parlava di malinconia ha la stessa struttura del lutto solo che non si sa esattamente che cosa è andato perduto c’è questa sensazione come diceva lui di perdita, di disinteresse come se nulla interessasse come se tutto fosse assolutamente vano e vacuo
C’è anche da dire che della depressione ormai le persone hanno paura quindi in qualche modo ne sono attratte ed è emblematica la questione sembra un gatto che si morde la coda perché proprio per quello che diceva la signora apparentemente non c’è nessun motivo poi il tunnel per cui in qualche modo questa depressione attrae ed ha un tornaconto non indifferente, per esempio, prima lei parlava di disinteresse per la vita in molti casi, c’era uno psichiatra Cassano di Pisa che aveva scritto un libro sul “Male oscuro” mi pare si intitolasse così male oscuro che è appunto la depressione ovviamente Cassano era uno psichiatra ed interveniva con dosi massicce di psicofarmaci senza ascoltare un discorso, noi parliamo di ascolto (è stato quello che ha reintrodotto l’elettrochoc) certo a Pisa c’era questo strumento che funziona a tutto andare e proprio lui parlava di questo male oscuro ed era il male che prendeva le attrici, prendeva le modelle, prendeva effettivamente quelle persone che non avevano nulla da temere nella vita ecco questo disinteresse ma da Cassano andavano migliaia di queste persone ecco ma questo discorso della depressione che ha dei problemi proprio con l’amore di cui parlavamo prima all’inizio, ha dei problemi con il suo modo di amare e cioè con l’interesse per una particolare storia d’amore in cui l’abbandono è importante, è importante in tutte le sue configurazioni, conformazioni: essere abbandonati o abbandonare ed ora le persone depresse sono riuscite a diventare malate, adesso c’è qualcuno che si interessa a loro, sono interessanti almeno per la medicina, e questa è una rappresentazione che fa questo discorso, questo è stato l’esito o anche l’obiettivo della depressione, quando c’è qualcosa che funziona in un certo modo non è che funziona perché l’ha voluto dio ma è funzionale a tutto un sistema e quindi quel disinteresse di cui lamenta la persona, quelle paure per i propri cari è un disinteresse accolto dai medici e le hanno fatte malate come volevano tutto sommato, potrà sembrare strano ma intanto è quello che si è verificato … dica Signora?
Intervento: visto che io vivo in una famiglia di depressi più che altro di origine traumatica ci sono fattori oggettivi che hanno contribuito alla malattia purtroppo siamo stati costretti a ricorrere a specialisti medici, neurologici ecc. e sono stati usati psicofarmaci, volevo sapere la vostra posizione perché io per carità condivido l’approccio psicanalitico infatti sono passati anche per questa fase però secondo me non è opportuno una sorta di collaborazione tra i due aspetti? visto che poi la psiche comunque influenza il corpo effettivamente il corpo soffre ha dei sintomi che sono reali, oggettivi, evidenti, in questo caso non è opportuno per voi che comunque in casi estremi quando non se ne può fare a meno?
Noi stiamo parlando di un percorso analitico di una persona che domanda di fare analisi, è ovvio che al giorno d’oggi se ha dei grandi problemi immediati, adesso funziona così per lo più, verrà accompagnata dallo psichiatra che in linea di massima le darà degli psicofarmaci, così avviene per lo più oggi, ma sarà la persona se lo potrà fare in seguito a chiedersi effettivamente qual è il suo problema cioè è la persona che deve aver voglia, cosa che difficilmente succede quando ci sono psicofarmaci perché è troppo semplice e troppo facile … collaborazione tra medico e psicanalista? proprio nell’Introduzione alla Psicanalisi Freud si rivolge soprattutto ai medici perché cominciassero ad intendere cosa vuol dire psicanalisi e quindi queste costruzioni del sintomo ad opera del pensiero (il pensiero influenza il corpo) certo stavo parlando proprio di questo, diceva Sandro che il pensiero influenza il corpo anzi il pensiero agisce il corpo senza il pensiero il corpo è ben poca cosa, il pensiero ha una portata sterminata è ovvio che le persone sono sottoposte per ogni piccola ansietà allo psicofarmaco e poi nessuno ha mai parlato loro del loro pensiero, nessuno ha mai fatto una cosa di questo genere e invece occorre che avvenga, occorre che la persona si interessi al proprio pensiero, per esempio, succede ed è successo che persone che hanno assunto psicofarmaci non siano state soddisfatte dalla pillola o dall’elettrochoc vogliano mettersi in gioco e allora accedono all’analisi ma se non c’è questa loro domanda ….
Intervento: quindi bisogna salire a monte del problema
Appunto bisogna salire a monte del problema
Intervento Sandro Degasperi: come la tachipirina che cura la febbre a un malato di cancro la febbre gliela toglie momentaneamente ma non toglie altri problemi occorre intendere il motivo per cui questa depressione in un certo senso è diventata o ciò che in qualche modo sta funzionando nel pensiero perché è diventato così importante
Intervento Cesare Miorin: anche perché il depresso è una persona che crede fortemente cioè è molto convinto delle proprie idee anzi lui ha l’unica certezza (non solo il depresso) sì però perché parlate del depresso cioè lui dice “voi non intendete come stanno le cose, voi non capite nulla” penso ci sia anche questo aspetto, sono irremovibili sono dei credenti al massimo livello cioè difficilmente loro intendono che è tutta una costruzione del loro pensiero perché senza il proprio pensiero non può costruirsi questa certezza perché ogni certezza occorre che abbia un valore e per dare valore a una certa cosa occorre un linguaggio che possa stabilire “questo mi piace, questo non mi piace” per cui la psicanalisi che noi portiamo avanti ormai da anni appunto è centrata sul pensiero, sul linguaggio che è la condizione perché si possa pensare e pensare fuori da questo ambito non è possibile in prima istanza se non ci fosse il linguaggio non ci saremmo neanche noi perché non potremmo neanche definirci, non potremmo dire “siamo persone, belli, brutti” cioè il linguaggio è la fonte di tutto per cui ritenere che esista qualche cosa al di fuori, un ente pensante nessuno può dimostrare questa cosa, è tramite il linguaggio che posso arrivare a questo concetto cioè costruendo con delle regole che io posseggo una mente pensante però è sempre un’espressione linguistica cioè è il linguaggio che mi ha permesso per cui non ho trovato una verità ho trovato una definizione, una teoria cioè un gioco linguistico come noi diciamo e come tutti i giochi si parte da premesse e si arriva alla conclusione certo che la conclusione è vera all’interno di questo gioco però finisce lì, il credere per il depresso come tutte le persone in genere succedere il credere che questo non sia un gioco linguistico ossia le cose che uno dice, fa, conclude, immagina di aver trovato la verità che le cose stiano effettivamente in questa maniera che esistano le cose di per sé, un sacco di cose per cui come diceva Sandro e Beatrice la responsabilità è ciò che gli umani fuggono più fortemente perché finché io agisco in funzione di un qualche cosa al di sopra di me dio e la natura, qualsiasi cosa ovviamente non sono responsabile io, in un certo qual modo, mi trovo a vivere in questa maniera e addosso le mie incapacità, qualsiasi mio disagio ad un mondo esterno sia alla persona, alla natura qualsiasi cosa invece la responsabilità è proprio questa non poter non più delegare a esterni il mio malessere di qualsiasi malessere si parli, sia la depressione cose varie ecco che a questo punto io divento artefice del mio discorso, artefice della mia vita poi e in definitiva se uno ci pensa bene uno agisce in funzione di cosa pensa e cioè se io penso una certa cosa mi muoverò in quella direzione per cui ecco che non è necessario star male, avrò tutta una serie di benefici perché malgrado tutto le persone depresse il disagio di vario genere ha un tornaconto perché c’è chi gli sta vicino, chi li accudisce cioè sono al centro di mille attenzioni ma questo gratifica perché? Perché il discorso come è fatto, il linguaggio come funziona …
Ecco giungere al linguaggio ed è per questo che abbiamo fornito una bibliografia perché le persone di queste cose ne hanno sentito parlare pochissimo allora un possibile percorso Freud, poi De Saussure che nel 1900 ha fondato la Linguistica “Corso di Linguistica Generale” in cui parla appunto del pensiero di cosa è fatto e poi Wittgenstein per incominciare ad accogliere la responsabilità di quello che si va dicendo in ogni momento … si dica Signora
Intervento: voi fino adesso avete parlato di linguaggio, di parola però intendete anche la comunicazione non verbale perché ognuno di noi dice delle cose però il corpo e anche la mente e penso altro però non vengono fuori con la parola … c’è qualcosa di più interno
Intervento di Sandro Degasperi: quando parliamo di linguaggio non intendiamo la verbalizzazione… (…) esatto ma il linguaggio è una struttura, noi qualche volta utilizziamo così una metafora come se fosse un sistema operativo riportandoci alla questione del computer è un po’ quello che fa funzionare il sistema, perché questo? Si può porre una semplicissima domanda in assenza di linguaggio, lei immagini che non esista il linguaggio, potrebbe pensare? (certo si può pensare senza linguaggio) lei immagini (dimostrarlo) a parte che non può dimostrarlo ma il pensiero già De Saussure diceva senza linguaggio sarebbe una nebulosa cioè vaga, indefinita perché non ci sarebbero per esempio la possibilità di distinguere le cose senza linguaggio quindi non potendo distinguere le cose le cose sarebbero niente quindi quando parliamo di linguaggio parliamo di ciò che è la condizione per pensare perché anche quando uno parla fra sé e sé è evidente che non è negli stessi termini del parlare, del dialogare sono due cose diverse per esempio il pensiero è molto veloce perché si instaurano tutta una serie di automatismi però senza il linguaggio è impossibile pensare allora al momento stesso in cui senza linguaggio è impossibile pensare qualunque cosa quindi trarre giudizi, trarre delle conclusioni, decidere qualunque cosa a questo punto la conseguenza è che gli umani non esisterebbero, primo perché non potrebbero pensarsi tali, secondo senza linguaggio non esisterebbe il concetto di esistenza
Intervento: mi scusi, tra linguaggio e realtà c’è un collegamento tale per cui non si può immaginare che il linguaggio sia il fondamento della realtà… come Heidegger sa benissimo ché il linguaggio è la casa dove si trova l’essere, l’essere è più importante del linguaggio …
Lei diceva non si può immaginare, ma lei pensi un attimo … scusi, solo un particolare, perché lei parlava di Heidegger e noi sappiamo comunque di quanto per Heidegger sia stato importante il linguaggio e questo lo sappiamo tutti, ma solo un particolare a questo proposito, Heidegger pensava che il linguaggio fosse la casa dell’essere (la dimora) l’essere che cos’è? Comunque è linguaggio, comunque può essere un verbo, può essere un soggetto di un verbo, può essere un oggetto quindi sempre linguaggio, è linguaggio o no? (sì, è che mi sono occupato sempre di questo) lei immagini questo piccolo particolare se l’essere, mettiamo il caso di questo verbo, se l’essere non avesse la coniugazione, l’essere, questo verbo o sostantivo che è il centro dell’ontologia e al centro della metafisica, non avesse una coniugazione cioè non avesse una grammatica per cui c’è il tempo passato, l’imperfetto, il passato remoto, immagini questo oppure una coniugazione in cui l’essere non sia fornito di futuro, questo tempo futuro, potremmo parlare di Heidegger, pensare ad Heidegger in questo momento? Ci sarebbe “l’essere stato” l’esistenza di Heidegger? Se non ci fosse la sintassi e la grammatica lei potrebbe parlare di essere? lei potrebbe parlare di Heidegger? Allora qual è la condizione dell’essere? dell’esistenza? è l’essere o è il linguaggio?
Intervento: la questione della grammatica è molto seria e non è uguale per tutti …
Lo sappiamo benissimo che è molto complessa questa questione ma non è che non è uguale per tutti, ciascuno parlando utilizza una grammatica e una sintassi e queste sono regole, regole cui non si può derogare sono le regole per cui qualcosa possa significare qualcosa per un pensiero… quello che volevo far notare di sfuggita è che se non ci fosse questo tempo costruito dalla grammatica, questo tempo al passato non potremmo dire che Heidegger fu, per esempio né raccontare quello che ci disse Heidegger assolutamente non lo potremmo fare perché mancherebbe proprio uno strumento fondamentale e pensate che si sia messo qualcuno al tavolino a costruire la grammatica “oggi costruiremo il futuro del verbo costruire”? Questo per dire dell’importanza del linguaggio
Intervento di Sandro Degasperi: lei parlava rispetto al linguaggio e realtà, non è che non ci siamo interrogati su queste cose ci siamo interrogati a lungo ma la questione fra il linguaggio e la realtà pone una questione “possiamo uscire dal linguaggio?” Heidegger anche lo diceva, possiamo uscire dal linguaggio, tutto ciò che è fuori dal linguaggio quindi quello che lei dice la realtà, perché la realtà sarebbe qualche cosa di extralinguistico, tutto ciò che è fuori dal linguaggio non è conoscibile allora io posso supporre che fuori dal linguaggio esista qualche cosa che io chiami realtà ma è un atto di fede cioè posso solo crederlo lo posso dare per supposto, posso fare qualunque cosa ma non lo potrò mai provare perché per poterlo provare io devo essere nel linguaggio quindi fuori dal linguaggio non posso provare nulla (si spegne la luce) neanche che adesso fa buio, però è una questione che ci interroga questa, però per quale motivo ci interroga?
Intervento: non che una sia la conseguenza dell’altro ma stanno insieme, diciamo così, che il linguaggio e la realtà stanno insieme su questo non c’è dubbio, è il minimo che si possa dire…
Intervento: Scusi se posso dire, se no Freud fa, alcune domande me le sono scritte intanto se la depressione può essere ereditaria poi io non ho paura di amare anzi vorrei innamorarmi ogni quattro o cinque (benissimo non è vietato) ho una depressione dichiarata esogena quindi certe volte non so spiegarla, ho dei sogni brutti, ho degli incubi e l’uomo nero in questi incubi è il presidente Bush (ci dovrebbero essere qualche migliaio di depressi allora )
Intervento: sono arrivata da molto lontano proprio perché sapevo dalla locandina che c’era La Paura di amare … ecco avete parlato della paura di amare?
Sì certamente all’inizio ha parlato della paura ampiamente da dove viene e di che cosa è fatta …
Intervento: no, perché stavate parlando del linguaggio e con la paura di amare?
La paura è costruita dal linguaggio, la condizione della paura è il linguaggio, se non ci fosse il linguaggio nessuna paura né di amare né dell’uomo nero …
Intervento: va beh la paura di amare che io sappia è la paura di essere abbandonati …
Certo questa è una fantasia, la fantasia di abbandono
Intervento: va bene ma voi avete spiegato come fare a superarla?
Si supera parlando signora …
Intervento di Sandro Degasperi: potrei dirgliela in due parole perché poi la questione è sempre relativa ad una ciascuna singola persona perché il percorso analitico, Freud diceva un’analisi non si può raccontare però possiamo dire questo la paura di essere abbandonati potrà “svanire” tra virgolette dal momento in cui non serve più, dal momento in cui non ha più un utilizzo, le persone hanno paura ma questa paura, qualunque paura essa sia può essere la paura dei topi come la paura della guerra atomica qualunque cosa, qualunque paura ha come dire? un suo utilizzo come si spiega che lei per ipotesi ha paura di qualche cosa e la paura vicino a lei della stessa cosa? (io è la persona abbiamo avuto due vissuti diversi) certamente ma i vissuti che cosa sono? Sono storie è la sua storia che è diversa della storia dell’altra persona (cosa c’entra il linguaggio? È la psiche) e già, no la psiche non è un contenitore cioè una valigia che si porta dietro le cose essenziali allora dicevamo della storia, della storia che lei si racconta lei quando pensa alla sua storia, la propria storia personale è una storia che lei si racconta ma che cosa le consente di raccontarsela se non avesse questo strumento che è il linguaggio? Un’animale, una formica si racconta una storia? con cosa? con che cosa se la racconta? (con il linguaggio) sì ecco perché noi diamo molta attenzione al linguaggio, è questo il discorso perché quando una persona è in analisi parla per questo noi diamo molta importanza al linguaggio perché è importante …un fabbro utilizza certi strumenti noi abbiamo solo quello come strumento la parola della persona, di chiunque è quello lo strumento e quindi saper usare bene questo strumento, sapere come funziona è ciò che ci consente di poter fare il nostro mestiere quindi di ascoltare e quindi tra virgolette “aiutare” le persone che si rivolgono a noi
Intervento: sì però mi scusi per vent’anni io sono stata in analisi quindi è durata a lungo e mi piace anche parlare, però una volta presa coscienza del tuo problema dei problemi inconsci che hai avuto quasi sempre a livello infantile, sì … abbandono uguale paura di amare però una volta che io ho preso coscienza, lo so perché ciò che è stato all’origine poi dura per tutta la vita infatti le coppie che si separano un motivo c’è, l’avevo capito benissimo perché non è che sono andato solo da uno psicologo per vent’anni, poi sono andata a vedere perché non riuscivo a superare questa cosa, poi sono venuta questa sera proprio perché c’era scritto Paura di amare … la paura di amare io la so a memoria ma come fai a superarla?
Intervento Sandro Degasperi: beh da dove arriva se lo sa a memoria? (la mia paura di amare? La paura di amare deriva quasi sempre, almeno io ho letto Freud quasi tutti i suoi libri la paura di amare è perché generalmente il bambino piccolo appena nato …magari … è attaccatissimo alla mamma, che in quel momento quella mamma non le da da mangiare ha allattato ma…il bambino piange perché ha paura ) mi consenta se fosse così il mondo sarebbe destinato all’estinzione (…) nel senso (…) perché le spiego perché vorrebbe dire che su sei miliardi di persone almeno (nessuno di noi si fa un’analisi personale)
L’analisi personale cioè fatta fra sé è sé non è possibile perché chi interroga utilizza gli stessi strumenti che ha a sua disposizione per rispondersi per cui se non c’è l’intervento di un’altra persona l’analisi va poco lontano perché continua a confermarsi sempre le stesse cose
Intervento: dallo psicologo non da sola …
Intanto noi parliamo di psicanalisi e cioè di un percorso in cui tutte queste cose, tutte queste fantasie di cui lei parlava vengono portate là da dove arrivano e cioè arrivano dal discorso della persona, la persona non è nient’altro che il discorso che lei va facendo ed è il suo discorso che costruisce quelle cose, quelle storie e al discorso servono per trarre quelle determinate emozioni se la persona non intende questo, non intende di essere questo cioè l’artefice di quelle storie che per lei sono le storie preferenziali è ovvio che non potrà averne la responsabilità cioè non potrà intendere che è lei che le sta costruendo (non l’ho capita questa) (la gente comincia ad andarsene) se non intende che è il suo discorso che costruisce queste cose non potrà chiedersi, per esempio, perché ha bisogno di farsi tanto male, perché è proprio lei che se lo sta facendo e quindi a questo punto incominciare a riflettere sul perché il suo discorso funziona in quel modo. Ha capito Signora? La cosa è un pochino più complessa. Se vuole intendere alcune questioni venga trovarci …
Intervento: io ho capito benissimo, ne ho coscienza, so da dove arriva il mio disagio (è allora il disagio?) perché io non riesco a stare bene con un uomo, e questo è molto importante (…) ma io ho provato a stare con un uomo ma con questo uomo dopo un po’ mi sento molto nervosa, non riesco ad amarlo, dopo un po’ mi sento soffocare, devo togliermi dai piedi …
Perché l’amore Signora è così importante per lei?
Intervento: perché io non mi sono mai innamorata …
Questo indubbiamente però perché è sempre attratta fortemente dall’amore?
Intervento: si capisce
Come mai?
Intervento: se no come si fa a vivere?
Intervento di Sandro Degasperi: fra quindici giorni ci sarò io “il disagio non è una malattia” e quindi potrò riprendere questo spunto per rispondere in modo più soddisfacente …
È molto tardi, riprenderemo tutto nel prossimo incontro, vi ringrazio e buona serata.