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Torino, 9 marzo 2006

 

Libreria LegoLibri

 

Luciano Faioni

 

PERCHÉ SI AMA

 

 

Perché si ama dunque, questo il tema di questa sera, e ne discuteremo in modo prevalentemente psicanalitico, tenendo conto del fatto che sono uno psicanalista, è il mio mestiere, e quindi terrò conto di questo. È un titolo interessante in effetti anche se mostra una questione che generalmente non viene posta, in genere ci si chiede che cos’è l’amore, o se si ama in modo corretto oppure no, ma perché si ami in effetti è una domanda che non si pone e sopratutto non si pone la domanda perché esista l’amore, questa poi non se la pone nessuno, tuttavia, essendo uno psicanalista è una fra le domande che occorre porsi. L’analista in genere si fa molte di domande, e rivolge anche molte domande alle persone, spesso domande alle quali le persone non sono abituate a rispondere, ma tant’è. Intanto cosa intendiamo con amore? Come sapete di definizioni ne sono state date un numero notevole ma in ogni caso possiamo considerare l’amore come un caso dell’essere attratti da qualcosa o da qualcuno perché in effetti può anche essere amore per qualche cosa, per un’idea, non necessariamente per qualcuno anzi, talvolta l’amore per un’idea è ancora più forte. Tale attrazione, questo essere letteralmente trasportati viene considerato generalmente come qualcosa che va al di là delle intenzioni della persona, una sorta di travolgimento, ma vedremo se è proprio così, perché c’è anche l’eventualità che non sia proprio così, cioè non sia qualcosa che prende dall’esterno e travolge ma che invece riguardi il discorso della persona. Definendo l’amore, in qualunque modo lo si voglia definire (poi di fatto se uno ci pensa bene in realtà l’amore non è nient’altro che ciò che lui o lei pensa che sia) generalmente ha questa connotazione, e cioè come dicevo l’essere fortemente attratti da qualche cosa o da qualcuno. Ora che cosa attrae una persona e perché? A questa domanda possono darsi varie risposte ma a noi interessa fornirne una in particolare, tenendo conto che l’amore come ciascuno di voi sa esiste da quando esistono gli umani, da quando c’è traccia di loro, e ciascuno nella sua vita almeno una volta in genere ha avuto occasione di provare questo sentimento, e pertanto è cosa che riguarda ciascuno in un modo o nell’altro, quindi è una cosa straordinariamente generalizzata. Tuttavia è una di quelle cose che non è possibile insegnare, non esistono delle istruzioni per amare, ciascuno lo impara per sé, ciascuno lo fa in modo differente, tant’è che talvolta l’accusa che si rivolge al partner è proprio questa, di non amare nel modo in cui ci si aspetta che l’altro lo faccia. Ma veniamo alla questione che più ci interessa: perché accade che una persona sia attratta da un’altra oppure da un’idea, o da qualche cosa. Le risposte che vengono fornite perlopiù non hanno un grande interesse, o più propriamente non rispondono se non spostando su altre cose e cioè la natura umana prevalentemente, il fato, il divino o qualcosa comunque di imponderabile, in definitiva nessuno lo sa, la nozione di amore per gli antichi, presso i greci per esempio, aveva a che fare con un travolgimento di cui la persona appariva totalmente irresponsabile e nemmeno loro sapevano fornire un motivo a un accadimento del genere, accade e tanto basta, ma in quanto analisti invece siamo chiamati a rispondere anche a una cosa del genere, l’accade e basta non è risposta sufficiente, che cosa torno a ripetervi attrae qualcuno e perché? Intanto la cosa fondamentale che occorre dire è ciascuno è attratto da ciò che per lui o lei che sia rappresenta il bene, qualunque cosa sia per il momento non ci interessa, però per una certa persona una certa cosa rappresenta il bene, vale a dire ciò che per lui o per lei costituisce la somma felicità, l’appagamento del desiderio, la rappresentazione di tutto ciò che ha sempre desiderato. Si tratta di intendere a questo punto che cosa c’è in comune in tutte queste cose che, come sapete bene, possono essere le più svariate, per alcuni il bene può essere il benessere di qualcuno, la sua felicità, per altri l’eliminazione di altri, a seconda dei casi, ma ciò che vi è di comune in ciò che si chiama bene è il fatto che esercita un’attrazione irresistibile, al punto che la persona è disposta a fare qualunque cosa pur di raggiungerlo. Ciascuno sa, per la sua diretta esperienza, che difficilmente per esempio è una persona, una persona ad un certo punto non risponde a ciò che mi aspetto che sia, può diventare differente da quella che io immagino che sia, oppure un’idea, un’ideale può mostrarsi illusorio, può mostrarsi inadempiente e quindi venire abbandonato ma ciò che non si abbandona mai è l’idea che in qualche modo questo bene, il mio bene, da qualche parte ci sia o comunque possa essere raggiunto. In fondo è ciò che muove ciascuno, qualunque cosa faccia, dica, pensi è sempre comunque tesa verso qualche cosa che per la persona rappresenta il bene, torno a dirvi per il momento non ha nessuna importanza che cosa sia per questa persona, cioè quale configurazione assuma, ciò che importa è che questa persona lo seguirà, talvolta anche a costo della propria vita, nel senso che può essere disposta anche a perderla pur di raggiungere questo ideale, come accade a tutt’oggi, e quindi questa cosa che chiamiamo il bene, che poi è ciò che fa innamorare, merita di essere considerato molto attentamente poiché è ciò che muove gli umani da sempre, e sappiamo che non è necessariamente né una persona, né una cosa, né un’ideale, eppure è qualcosa che deve essere a portata degli umani, è sempre stato lì sotto gli occhi o, più propriamente ancora, in ciò che si dice. Che cosa cercano gli umani al di là di ogni altra considerazione morale, etica, politica etc.? A che cosa non rinunciano mai, per nessun motivo, anche questa è una questione che è sempre stata sotto gli occhi di ciascuno perché la pratica ininterrottamente, anche se magari non ci presta attenzione. Pensate alla situazione più banale, più quotidiana, una qualunque discussione tra amici, tra colleghi, in questa discussione ciascuno di voi si trova a parlare e a esporre le sue ragioni, ma cosa sono le sue ragioni? Beh le cose che crede essere vere, le espone dunque e fa in modo, se ci riesce, che anche le altre persone che stanno a sentire accolgano le sue ragioni o, come si dice generalmente, diano ragione, e questa è una cosa che riguarda ciascuno ma alla quale non si presta molta attenzione anche se la si pratica continuamente e talvolta anche con un certo fervore, lì forse c’è qualche cosa di notevole che merita di essere considerata: perché una persona vuole avere ragione? Perché se ascolta qualcosa che secondo il suo parere non è vero se ne allontana o addirittura espone con forza le sue ragioni in modo da combattere questa cosa? Perché lo fa, a che scopo? Perché non accoglie delle cose che ritiene, che suppone siano false come vere e ci crede immediatamente? Perché non avviene questo fenomeno? Non è mai avvenuto naturalmente e non può avvenire, ma a noi interessa sapere perché, poiché a quel punto avremo buoni elementi per rispondere alla domanda da cui siamo partiti e cioè che cos’è il bene per ciascuno. Facciamo altro un esempio, supponiamo che in questo momento ci sia qualcuno tra voi che non è d’accordo con ciò che io sto affermando, può accadere, perché no? Se non è d’accordo con ciò che io sto affermando il primo impulso sarà quello di muovere delle obiezioni, che poi lo faccia pubblicamente oppure no questo è un altro discorso, ma cercherà di trovare delle contro argomentazioni a ciò che io affermo, per potere dire “no, le cose non stanno come dici tu ma come dico io”, perché fa questo anziché non farlo? Sembra una domanda molto banale, però la risposta potrebbe non essere così banale, anche perché è una cosa che ciascuno fa ininterrottamente, quotidianamente da quando ha iniziato a parlare, a ragionare, a pensare, ad accorgersi di esistere: fare valere le sue ragioni, mostrare che le cose che lui pensa, afferma, dice, sostiene, sono vere. Dunque vi dicevo che questa è una di quelle cose che gli umani cercano incessantemente, quotidianamente e con forza, con la forza della ragione, talvolta con la forza del potere in alcuni casi, con le armi in alcuni casi ancora: imporre la propria ragione, cioè piegare l’altro alla mia ragione, in fondo se delle persone non vogliono darmi retta e io con la forza delle armi riesco a piegarle mi daranno ragione per forza. Che in fondo è esattamente ciò che io voglio che facciano, e allora potremmo porla come una domanda: la cosa che per gli umani è più importante in assoluto è forse l’avere ragione sull’altro? Per il momento è una possibilità, valutiamola. Avere ragione dell’altro significa avere potere sull’altro, esercitare il potere sull’altro, qui potere intendetelo nell’accezione più ampia, che comprende anche l’eventualità che altri per esempio abbiano bisogno di me, se altri hanno bisogno di me io ho potere su queste persone, bisogno di me per qualunque cosa non ha importanza, anche per chiedermi che ore sono. L’esercizio del potere è comporta il sapere qualcosa che l’altro non sa e dirglielo, è una delle cose che fornisce una notevole soddisfazione alla persona, per questo motivo, perché si sente di avere del potere, torno a dirvi qui intendete il potere nell’accezione più ampia possibile però è sempre un esercizio del potere così come, per esempio, la necessità di occuparsi di qualcuno; perché mai qualcuno dovrebbe occuparsi di qualcun altro? Soprattutto se l’altro non glielo chiede magari, beh l’idea che l’altro abbia bisogno di me per esempio, mi mette in una posizione che è molto soddisfacente e gratificante per cui lo cerco. Vi sarà capitato di sentire un bimbetto, una bimbetta, che pretende dai suoi genitori che le comprino un gatto, o un cagnolino, perché lo vuole? Che se ne fa? Non è per mangiarlo generalmente, ma è per avere qualcuno di cui occuparsi, come è noto da sempre, ma perché vuole qualcuno di cui occuparsi? In genere si risponde a questa domanda in questo modo: “per potere dare del bene”, si risponde così generalmente questa è la risposta “corretta”. La risposta meno corretta, che magari però apre a questioni più interessanti, è invece che lo fa per potere immaginare che quella cosa, quella bestia in quel caso, abbia bisogno di lei e che quindi sia necessario per la bimbetta accudire questo gatto, o quello che è, naturalmente accudendolo cosa fa? Una serie di operazioni che sono necessarie per esempio per la sopravivenza di quell’animale e quindi diventa necessaria la presenza della bimbetta per quel gatto. Tutto ciò è un esercizio di potere, tant’è che gli insegna a obbedire, cosa tutt’altro che marginale, come si fa anche ai bambini,gli si insegna ad obbedire; ma anche in questo caso è un esercizio di potere? In buona parte sì, ciascuno sa che la più parte delle donne quando raggiungono una certa età, avvertono irresistibile la necessità di avere un figlio, ora si suppone, si dice generalmente che è un fatto naturale, dicendo con questo assolutamente niente, sarebbe come dire che è la volontà di dio, ma non è che andiamo molto lontani, e se non fosse invece proprio così? In fondo anche per questa donna avere un figlio rappresenta il suo bene, ma di questo “bene” stiamo incominciando a dire delle cose che vanno al di là del luogo comune. Esercitare il potere è trovarsi in una posizione dove io so delle cose e di queste cose ho la necessità di informare altri, informare proprio alla lettera, di formare, badate bene non c’è nulla di male in tutto questo, sto facendo delle considerazioni né morali, né etiche, non è questo che mi interessa, sto cercando di intendere insieme con voi come funzionano le cose, che è la sola cosa che ci interessi. Dunque io so delle cose, e di queste cose che so avverto l’impellente necessità di dirle a qualcuno, funziona esattamente come il pettegolezzo, né più né meno, uno viene a sapere una cosa, la prima cosa che ha urgenza di fare è di raccontarla, quella cosa che ha giurato e spergiurato di non dire mai a nessuno, la prima cosa che farà sarà di raccontarla alla persona di cui si fida ovviamente, perché la persona l’ha detta a lei perché si fidava, ed è vero era l’amica di fiducia, la quale però ha un’altra amica di fiducia e così la catena nel giro di pochi minuti…

Intervento: perché parla al femminile scusi?

Non dovrei? Non è mai successo che una donna abbia fatto qualcosa del genere? Adesso sto parlando al femminile, dopo parliamo al maschile, se vuole parliamo al maschile, ma sono partito dalla fanciulla, poi ho proseguito lungo quella linea, però non è così restrittivo in effetti, è stato più casuale che voluto, adesso parleremo degli uomini. Ma dicevo che funziona allo stesso modo e cioè c’è una necessità assoluta di dire questa cosa e nessuno di fatto si chiede mai perché ha questa necessità impellente, l’avverte e bell’e fatto, però è come se ciò che si è venuto a sapere e che si ritiene essere vero dovesse quasi per sua “natura” mettete qui natura tra virgolette, essere raccontato a qualcuno, detto, diffuso, esternato immediatamente e non è solo per pura informazione, come si sa il pettegolezzo non è una comunicazione di servizio, è qualcosa che piace fare, ma che cosa piace? La cosa che piace è potere dire all’altro qualcosa che l’altro non sa ancora ed essere io a poterglielo dire, questo si chiama esercizio di potere. La stessa cosa, se portata in ambito molto più ampio, si volge in quella che oggi si chiama banca dati, sono pettegolezzi anche quelli, però estesi in modo molto più ampio o, come si suole dire, informazioni, ed è noto che chi ha un maggior numero di informazioni ha anche maggiore potere, ma questo potere perché ce l’ha? Appare quasi inevitabile che di fronte a chi sa molte cose, colui che ne sa poche si senta in difetto, anche qui nessuno sa bene perché, però funziona così, e a noi, torno a dirvi, interessa sapere perché funziona così, perché di fatto da quando c’è traccia degli umani ha sempre funzionato così, lo stesso Dante, concedetemi la citazione, si trovò a affermare che “chi più sa, più vale”, ma non spiega neanche lui perché, in ogni caso se io so un sacco di cose e voi no, io mi trovo nei vostri confronti in una posizione di potere, soprattutto se sono cose che a voi interessa sapere. Quando si insegna a obbedire a un bambino si è in una forte posizione di potere, l’altro è totalmente assoggettato alla mia volontà tant’è che farà esattamente quello che gli dico di fare. Ora, se tutto ciò ha sempre funzionato e ha sempre costituito ciò che per gli umani ha rappresentato la fonte maggiore di piacere e di attrattiva, cioè l’esercizio del potere, c’è l’eventualità che ciò che all’inizio chiamavamo il bene, per ciascuno corrisponda a qualcosa del genere. Dicevamo che si ama perché in effetti si vede in quella persona o in quell’idea o in quella cosa ciò che rappresenta il bene, tant’è che se rappresentasse il male nessuno lo amerebbe, e neanche se non rappresentasse nulla, a maggior ragione non si amerebbe, occorre che rappresenti il bene, cioè la soddisfazione di tutto ciò che si desidera, in fondo il bene non è altro che questo e, dicevamo fino a poc’anzi, che ciò che gli umani inseguono per lo più continuamente è proprio questo. Ma allora non sarà questo forse ciò che rappresenta per ciascuno il bene? Vale a dire non tanto o non necessariamente l’esercizio del potere su qualcuno, si configura poi molto spesso così, ma il raggiungere qualcosa che per la persona rappresenta la verità, qualcosa di vero, di certo, sicuro, indubitabile, innegabile e inalienabile: il possesso della verità. Il sapere ciò che altri vogliono sapere e elargirlo, è il possesso della verità. Pensate ora alla relazione tra due partner, qui magari potrebbe apparire più difficile da cogliere la questione, tuttavia è esattamente la stessa cosa, ciascuno dei due partner è attratto prevalentemente dalle cose che l’altra persona dice, aldilà della immediata effimera attrazione che può esercitare l’aspetto fisico, e queste cose che l’altra persona dice e pensa di conseguenza occorre che collimino con le cose che per me sono vere, sono importanti. Qualche giorno fa con gli amici facevamo un esempio: pensate a un fanciullo che è un militante di sinistra, potrà innamorarsi di una fanciulla fascista? È possibile, ma è improbabile, a meno che non intervenga il desiderio di farle cambiare idea e allora sì, questo è l’unico motivo ma se no non interessa, non interessa perché le cose che per lui sono importanti, sono più importanti di ogni altra e quindi le più vere, la fanciulla non le condivide, per l’altra persona sono false e quindi non potrà confermare le cose in cui crede e se non lo farà non si innamorerà, è inevitabile. Pensate bene: cosa cerca ciascuno di voi nella persona che ama o della quale potrebbe eventualmente innamorarsi? Di essere capita, e che le cose che pensa siano considerate importanti dall’altra persona, perché se le considerasse di nessun interesse, di nessun rilievo, sarà difficile che avvenga qualcosa. È come se tutto ruotasse sempre intorno a questo: a ciò che la persona ritiene essere vero cioè le sue verità, le cose in cui crede, i suoi, come talvolta usa dirsi, valori, cioè le cose che per quella persona valgono qualcosa, e se valgono sono necessariamente vere. Tutte queste cose ruotano sempre intorno alla verità e al suo esercizio, potremmo anche compiere questa equazione: verità uguale a potere. Da tutto ciò potrebbe emergere che la risposta alla domanda di cui il titolo potrebbe essere: per esercitare il potere sull’altro, che è sicuramente un’operazione piacevole, questo nessuno può metterlo in dubbio, si tratta di considerare se è soltanto questo o c’è dell’altro, potrebbe esserci dell’altro, ma che cosa esattamente? Quale altro, che di fatto non sia facilmente riconducibile al primo, torno a dirvi che non considero qui l’esercizio del potere una cosa né negativa né positiva, non mi interessa stabilire questo, ma soltanto intendere come funziona, perché se una persona sa che cosa sta facendo e che cosa sta accadendo nel momento in cui accade la sua condotta, il suo modo di pensare e quindi di agire sarà modificata, è inevitabile, che cosa si modificherà in prima istanza? Il travolgimento, cioè la supposizione di essere presi da qualcosa di magico, di ipnotico in alcuni casi, di divino o demoniaco a seconda delle circostanze, e quindi di non avere nessuna possibilità di sottrarsi a una cosa del genere, cioè nessuna responsabilità in definitiva. Sapere tutto ciò di cui andiamo dicendo questa sera pone invece la forte eventualità di non potere non sapere ciò che si sta facendo, e cioè un gioco, piacevole magari, perché no? Ma un gioco che ha delle regole, come tutti i giochi di questo mondo, e per potere amare qualcuno è necessario che io supponga di avere, di esercitare del potere su quella persona. Provate a immaginare per un istante questo, e cioè di non avere nessun potere di nessun tipo sulla persona che amate, non soltanto di non averlo, ma di non potere averlo neanche in futuro mai per nessun motivo, riuscireste a innamoravi di quella persona? Provate a chiedervi una cosa del genere: nessun potere, nel senso che questa persona non avrà mai l’occasione di darvi ragione per esempio, o l’interesse a fare una cosa del genere, perché non gli importerà né che abbiate ragione, né che abbiate torto, non potrete persuaderla di niente perché ciò che direte non avrà su di lui nessun effetto, nessun potere, provate a immaginare questa situazione, come vi sentireste in un frangente del genere? Malissimo suppongo, perché se togliete a questa cosa che si chiama amore ciò di cui è fatto, una volta sbarazzato di questo non resta niente, ma questo non significa affatto che non lo si debba praticare l’amore, è ovvio, ma ciascuno può, ed è anche auspicabile che avvenga, sapere in ciascun instante ciò che sta facendo, quindi anche esercitare del potere. Io posso accorgermi di esercitare del potere, in alcuni casi è inevitabile, anche in questo istante mi può accadere di esercitare del potere, perché no? È possibile, ma non è questo ciò di cui ho bisogno, se invece ne avessi bisogno allora io costruirei la mia vita per trovarmi sempre in situazioni dove io possa esercitare il potere e farò di tutto per esercitarlo, a qualunque costo, cercando in tutti i modi di trovare persone che hanno bisogno di me, e se non ne hanno bisogno fare in modo che ce l’abbiano, perché senza qualcuno che abbia bisogno di me io cesso di esistere o, come si suole dire generalmente, la mia vita non ha senso, questa è forse la formulazione più nota, e cioè la mia vita ha senso soltanto se io posso esercitare il potere su qualcuno se no, no. Detta così potrebbe anche apparire una cosa tutto sommato abbastanza irrilevante, il problema può sorgere quando nel momento in cui non c’è nessuno su cui io possa esercitare il potere io incomincio a stare male, posso cadere nella cosiddetta depressione, o posso diventare una belva, a seconda dei casi o delle situazioni e fare danni in giro oltre che a me, e questo è possibile evitarlo. In moltissimi casi per esempio la depressione ha a che fare con questo, con la sensazione o la certezza che non c’è nulla per cui valga la pena fare alcunché, nulla su cui esercitare che cosa? Il mio potere, e quindi una persona si avvilisce e bell’e fatto, ma fornite a questa persona l’occasione di sentirsi necessaria, importante e indispensabile per la vita di qualcuno e la sua depressione scomparirà immediatamente, in molti casi scompare anche se prende fuoco la casa dove abita, però questo è un caso un po’ particolare, ma della depressione abbiamo detto tantissimo, ora non voglio dirne qua, ma solo per dire di uno degli effetti che l’assenza della possibilità di esercitare il mio potere sull’altro può provocare. Se ci pensate bene anche quella affermazione che accade di sentire da persone un po’ avvilite “nessuno mi ama” “nessuno mi desidera” “nessuno mi cerca” sottintendono sempre “nessuno ha bisogno di me”, e se nessuno ha bisogno di me io cosa faccio? Non faccio niente, e non facendo niente in genere la persona si avvilisce. Esercitare il potere non è altro che esercitare la propria verità in ultima analisi, nient’altro che questo, se ho potere è perché posso imporre la mia ragione, letteralmente, sull’altro, piegarlo alla mia ragione con la persuasione. La retorica, l’antica e nobile arte della retorica insegnava questo: persuadere con le parole, e prima ancora i sofisti, oppure con la forza, fino alla forza delle armi, che è sempre un forte argomento persuasivo. Sentiamo se c’è qualche questione prima di proseguire? Se c’è qualche domanda, qualche considerazione, dubbio, perplessità, obiezione, sarò felice di rispondere a tutto ciò che vorrete dire, se no vado avanti all’infinito…

 

Intervento: lei dice io ho potere verso la persona che desidero che mi ami e che io amo e tutto questo mi fila liscio, ma io ti amo perché tu sei mia simile, perché ho bisogno di te…bisogno non solo di compagnia ma di rapporto, di relazione, di comprensione di rispetto, di affetto, di amore nel senso proprio più sublime… e allora io dico questo se io ti amo, una persona che ama apre le braccia se le chiude resto solo, questo assunto penso che lei lo condivida…

 

Io non condivido generalmente nulla, però ci sono casi in cui una persona che ama non apre le braccia come lei dice, ma le tiene chiuse perché è infastidita da qualche cosa, è successo, magari si avvicina con le braccia aperte e l’altra ecco che le rinserra…

 

Intervento: in questo caso chiaro quella le chiude non corrisponde… comunque io sono sempre di questo avviso che l’amore è una relazione di scambio

E perché è di questo avviso? C’è qualche motivo?

 

Intervento: c’è un motivo… non c’è un motivo… perché se io mi chiedo perché siamo in questo mondo… per stare insieme non per vivere in un’isola no?

 

A questa domanda lei può fornire qualunque risposta e il suo contrario, e vanno tutte bene, non c’è nessun problema, il problema sorge quando la risposta che lei fornisce le è richiesto di provarla, allora diventa un problema perché deve trovare intanto un criterio per poterlo fare, un criterio di verifica e quindi costruire una sequenza e cioè una argomentazione che prova in modo potente ciò che lei afferma. Dire che è sempre stato così, la natura vuole così o tutti fanno così, di fatto non è che significhi un granché, ecco perché dicevo all’inizio che è importante porsi delle questioni e soprattutto affrontarle in modo preciso, senza accontentarsi del “è così, si suppone che sia così, pare che sia così, dicono che sia così”, non significa niente. Uno dice così, e mia nonna dice cosà, va bene, e allora? Qualunque cosa vale quanto qualunque altra ,diventa soltanto una questione estetica, come dire: a me piace pensare così, va bene però è un giudizio estetico appunto, nient’altro. In ambito teorico un giudizio estetico non ha una grossa valenza, come dire che a me piace il cioccolato, l’altro dice: no a me piacciono le lasagne al pesto, va bene, ma in ambito teorico non andiamo molto lontani

 

Intervento: sì però se io soddisfo il mio appagamento…

È chiaro che soddisfa il suo appagamento, se no non sceglierebbe quella soluzione, anche un cioccolatino soddisfa…

 

Intervento: mi pare di cogliere che ci sia un’attenzione a un polo della copia, diciamo così, perché c’è una complementarietà: da una parte c’è qualcuno che esprime potere e manifesta ed esercita potere e dall’altra parte c’è qualcuno che lo subisce.

 

Questa è una bella questione, adesso la riprendiamo…

 

Intervento: e poi c’è un altro elemento che mi sembra interessante da determinare che è: questa dinamica noi la sperimentiamo in fase precocissima…

 

Siamo addestrati fino dai primi vagiti

 

Intervento: esattamente… per cui c’è una questione di identificazione lei che diceva perché, perché ci siamo passati da lì e quindi in una sorta di identificazione noi la riproponiamo, in schemi e modelli…

 

Sì, certo, però anche se è vero costituisce un buon incentivo a proseguire in quella direzione, però non tutte le cose che si acquisiscono da piccoli poi si mantengono, alcune si abbandonano…

 

Intervento: beh quelle soddisfacenti…

 

Ecco, lì sta la questione: “perché sono soddisfacenti?” e allora si torna al punto di partenza, però aveva posto una questione interessante prima riguardo alla coppia. Diceva che c’è uno scambio dove se uno ha del potere allora l’altro occorre che glielo dia questo potere, se nessuno mi dà il potere che cosa faccio? E qui sta in effetti un aspetto importantissimo, perché chi, se non la persona che concede all’altro di avere potere su di lei, ha più potere? Come dire: “ho talmente tanto potere che ti consento di esercitare il tuo potere su di me, più di così non posso fare”. E in questo modo ribadisco il mio potere assoluto sull’altro. Ora ciascuno dei due, sia maschio che femmina, entrambi compiono questa operazione. In molti casi c’è qualcosa di differente in base a questo e in parte anche all’educazione e all’addestramento, però entrambi desiderano la stessa cosa e in questo caso la questione è assolutamente corretta per entrambi, ciascuno cerca esattamente questo ed è una questione che va al di là del sesso, e che riguarda il parlante in quanto tale, l’umano in quanto tale, maschio o femmina che sia. Certe volte non è tanto l’avere effettivamente il potere sull’altro, cosa che è piuttosto difficile da avere, ma l’idea di averlo, la fantasia, la supposizione, e questo è più che sufficiente a fare in modo che io mi diverta a stare con una certa persona, poi in fondo si tratta di questo, tant’è che se non mi diverto più a stare con un partner, sì, posso anche rimanerci però diventa pesantina la situazione, in fondo nessun insegna ad amare come dicevamo all’inizio, è una cosa che non si insegna anche perché è complicato, così come nessun insegna a fare sesso, eppure ciascuno sa che il sesso è uno degli aspetti fondamentali nel buon andamento di una coppia e quindi se si vuole che la famiglia tenga e vada avanti bene occorrerebbe che ciascuno fosse addestrato a fare questa operazione nel miglior modo possibile e invece no, anzi, non se ne parla proprio, che è curioso e così accade che non sapendo praticamente niente anziché passare il tempo a divertirsi si passa il tempo a sacrificarsi, soddisfacendo così la santa e romana chiesa. Dovevamo sentire altri…

 

Intervento: Si arriva al paradosso di non amare più… perché?

 

Non saprei, cioè non ama più per tanti motivi, non saprei adesso dire così… non è che tutto ciò che ho detto punti al fatto di cessare di amare, assolutamente no, anche perché è una delle cose più piacevoli, perché mai? In fondo anche giocare a poker con gli amici può essere una cosa piacevolissima pur sapendo che è un gioco, non è che il fatto che sia un gioco allora… sì?

 

Intervento: …io non vorrei esercitare questo potere e vorrei in qualche modo fuggire dalla condanna dell’amore

 

Dalla condanna dell’amore? Non sapevo che fosse…

 

Intervento: è possibile che ci sia questa direzione o siamo condannati tutti ad amare qualcosa?

 

No, non è una condanna a vita, in questo caso però… ciò che si chiede è interessante in effetti, se è possibile non amare. Amare nell’accezione quella romantica e tradizionale, questo sì certo, ma è complicato invece rinunciare a qualche cosa che rappresenti il bene, questo è complicato, perché in ogni caso ciascuno per il solo fatto di parlare è indotto, è portato verso qualche cosa che per lui è importante e quindi è vero, questo è inevitabile per la struttura stessa degli umani e quindi del linguaggio di cui sono fatti poi in definitiva, quindi è possibile certo non amare, però risulta molto complicato non cercare la verità questo sì, non quella dei filosofi, ma cercarla anche nelle cose quotidiane, stabilire che cosa è bene e che cosa è male, cosa è giusto, cosa è vero, cosa devo fare, cosa non devo fare, è una continua ricerca di che cos’è vero. Quando una persona non sa cosa deve fare e si chiede: “adesso farò bene, farò male a fare così?” che cosa si sta chiedendo in realtà se non quale delle due cose è vera, non cerca quella falsa, e anche questa è una bella questione…

 

Intervento: la ricerca avviene anche con il pensiero non con l’azione per forza…

 

Sì io infatti passo buona parte della mia vita a cercare con il pensiero, però occorre che il pensiero abbia gli strumenti, e in alcuni casi sia anche esercitato a fare questa operazione, perché può non essere semplice compiere questa operazione, cioè cercare con il pensiero, talvolta il pensiero senza accorgersene gira in tondo, gira a vuoto e non trova niente così come in alcuni casi la persona che deve prendere una decisione non può farlo perché entrambe le due possibilità sono equivalenti e quindi non sa decidersi, non ha nessun modo per decidere e allora aspetta che siano gli eventi a decidere per lui, eventi che poi magari senza accorgersi in qualche modo pilota, però apparentemente a sua insaputa. Il fare è un effetto di ciò che si pensa, in base a ciò che una persona pensa e crede agirà, e in base a questo è anche prevedibile la sua condotta, se sapete le cose a cui una persona crede e sapete il modo in cui pensa avrete ottime probabilità di sapere quello che farà. Faccio un esempio molto banale prendete una persona che sapete essere una fervente cattolica, credente in tutto e per tutto, non è difficile prevedere che la domenica andrà a messa, sapete le cose in cui crede e sapete il modo in cui pensa e quindi concludete che farà questo, questo potete applicarlo a qualunque cosa anche se in alcuni casi diventa più complicato perché intervengono delle variabili, però tecnicamente non è impossibile…

 

Intervento: ma queste cose che abbiamo ascoltate possono preludere a un modo diverso di pensare…

 

Assolutamente sì, ma prosegua…

 

Intervento: mi sembra di intuirlo a questo punto e vorrei sapere qualcosa di più da lei.

 

Richiesta legittima. Sì, quello che ha detto è assolutamente vero. Come dicevo modificando il modo di pensare si modifica anche la condotta, si cessano di fare alcune cose e se ne fanno altre, alcune cose che apparivano di importanza vitale diventano irrilevanti e altre che non si erano mai considerate e delle quali non ci si era mai accorti invece diventano importanti. Per esempio non avere più la necessità di imporre, in questo caso dico imporre più che esercitare, il potere sull’altro modifica la propria esistenza soprattutto per chi mi circonda in particolare, ma anche la mia perché non avendo più questa necessità, anche se non avrò potere sull’altro non giungerò alla inevitabile conclusione di sentirmi una nullità, ma potrò continuare a esistere, a pensare alla mia esistenza e agli affari miei comunque, e fare le cose che mi interessano, perché questa cosa non è più diventata la condizione della mia esistenza. Prenda un fondamentalista islamico, l’eliminazione degli infedeli e dei miscredenti è una questione di vita o di morte appunto, perché si ammazza per questo ecco questa è una delle cose per le quali si può morire: la fede, e si muore infatti, ma in cosa consiste la fede? Se io per esempio so per certo che il mio dio è quello vero, assolutamente vero, va da sé che qualunque altro che venga professato sarà falso, se il mio è vero e il suo è diverso il suo è falso, tertium non datur, diceva già Aristotele, e quindi dovrò combatterla e per la maggior gloria del mio dio farla fuori. Lo facevamo anche noi un tempo fa, adesso non più, o non in modo così evidente. Dunque se io penso una cosa e so con assoluta certezza che è vera, allora chiunque pensi in modo diverso da me è ovvio che penserà il falso, non ci sono alternative, e se pensa il falso o è nell’errore perché ancora non sa e allora io glielo spiego, oppure lo fa in mala fede e allora deve essere abbattuto. Funziona così, io sono costretto a difendere la mia verità, non da qualcuno in particolare, ma dall’eventualità che non sia vera. Ma se cesso di pensare che la cosa in cui credo sia assolutamente vera posso trarne vantaggio, e anche quelli che mi stanno intorno perché la mia condotta si modificherà. Vi faccio un altro esempio: un fastidio, una idiosincrasia, una piccola cosa che un partner fa e che non si sopporta può diventare, come accade spesso, motivo di separazione e di odio feroce e insanabile, eppure è una cosa piccolissima ma di fronte alla quale non si transige e perché non si transige? Se compite un certo numero di giri arrivate a questa conclusione: perché per voi quella cosa è assolutamente vera e non c’è via di scampo, e la persona che la mette in discussione irriterà inevitabilmente. Ci sono persone che sono particolarmente irritabili quando non si dà loro ragione, Freud gli ha trovato anche un nome: paranoici, questi sono particolarmente infastiditi dall’essere messi in dubbio in discussione, contraddetti, e in questo caso è evidente che se vera una questione e qualcuno gliela mette in discussione si infastidisce, ma questo accade per lo più, e potreste anche chiedervi perché, perché una persona è infastidita se qualcuno gli dice che tutte le cose che crede, che quella che sta dicendo è falsa o non significa niente o è una stupidaggine, perché si infastidisce? Anziché dire: sì è così. Non lo farà e in alcuni casi vi fate un nemico se farete una cosa del genere, anche se non sempre fortunatamente. Questo per dire quanto una cosa apparentemente non considerata e irrilevante in effetti sia per ciascuno di importanza vitale, continuamente, ininterrottamente, e c’è anche l’eventualità che ciò che gli umani avvertono o chiamano disagio in buona parte venga da questa questione, cioè dal non essere più in condizioni di esercitare la loro verità. Ma ne hanno sempre una? Questa è una bella questione, potrebbe in alcuni casi pensarsi che forse delle volte non c’è, sì in alcuni casi può accadere, ma si fa di tutto per trovarla in modo da potere ristabilire una certezza, una solidità, una stabilità; gli umani a causa del linguaggio di cui sono fatti non possono stare in assenza di verità, cominciano ad agitarsi, a stare male, ad inquietarsi, a dare segni di insofferenza, la stessa insofferenza che pongono in atto quando si mettono in dubbio le cose in cui credono. Non so se ho risposto alla sua questione…

 

Intervento: sì, però a questo punto di questa… mi chiedo di fronte a questa analisi che mi persuade… mi chiedo se non ci prendiamo troppo sul serio, tanto sul serio…

 

E come mai avviene questo fenomeno?

 

Intervento: me lo chiedo anch’io

 

Ecco, e cosa si risponde? Perché è una bella domanda e merita di essere considerata…

 

Intervento: perché se penso a un bisogno di sicurezza che corrisponde al bisogno di convincere l’altro della propria verità ma tutto questo mi dico, può essere superato da un certo tipo di analisi che parte da una analisi che abbiamo cominciato a fare questa sera.

 

Deve farlo, se no non serve a niente…

 

Intervento: c’è un altro modo più leggero…

 

Sì ha detto bene, più leggero, un modo che dà l’assoluta libertà…

 

Intervento: anche una relazione meno passionale, meno soddisfacente sul piano romantico ma molto più soddisfacente su altri piani.

 

No, perché? Non necessariamente perde…

 

Intervento: cioè acquista un altra tipo…

 

Perde di tragicità, questo sì certo, però la passione c’è sempre, come giocando a carte si può essere molto passionali pur sapendo che è un gioco ovviamente. Il prendersi molto seriamente è non derogare rispetto a ciò che si crede essere vero, e sottolineo si crede, se lei pensa invece a ciò che suscita l’ilarità, il riso, in genere è il disvelamento di qualche cosa che si credeva essere vero, essere in un certo modo e poi appare e si manifesta in tutt’altro, questo produce sempre un moto giubilatorio che a volte si manifesta nel riso…

 

Intervento: a me aiuta molto pensare di essere in transizione e poi cambiare fondatamente idea… il fatto di sentirmi in transito mi serve…

 

Verso che cosa transita? C’è una destinazione oppure no? Come voleva Borges: “ogni passo è la meta” sì, è un bel modo di procedere. Va bene, ci sono altri?

 

Intervento: io consideravo le implicazioni soprattutto per l’intelligenza di potere considerare questo esercizio di potere che avviene da parte degli umani laddove si trovano ad affermare o a cercare il loro bene imponendo la loro verità, le implicazioni per l’intelligenza perché abbiamo visto prima della complicità di coloro che vogliono il potere e impongono…

 

Definisca l’intelligenza, è sempre meglio sapere di che cosa si sta parlando.

 

Intervento: …la relazione dell’intelligenza, cosa comporta per l’intelligenza /…/ potere considerare questo esercizio di potere che avvinco continuamente da parte degli umani per cui si trovano a difendere le loro verità e a imporre le loro verità, prima si diceva che c’è una complicità da parte di chi subisce il potere però è come se fosse un potere ancora più forte e le implicazioni da sempre nel discorso in cui ci troviamo l’intelligenza è una dote naturale cioè qualcosa data da dio e permette una produzione di sapere quindi di verità non ha considerato l’umano che invece questa naturalità dell’intelligenza e quindi questa naturalità di chi proferisce il sapere, di chi impone il sapere non è nient’altro che un gioco che gli è permesso da coloro che invece attribuiscono con complicità il potere, come dire sono ancora più forti perché c’è nell’umanità ci sono pochi che sanno, che possono produrre sapere e c’è una valanga di incapaci che subisce il sapere, ora pare che sia appunto una questione naturale però se noi possiamo considerare e portare alle estreme conseguenze per esempio questa analogia ci possiamo accorgere che l’incapacità nella più parte dei casi come ci si accorge nell’analisi il nevrotico è incapace, è incapace d’amare ed è incapace nella vita, ci possiamo accorgere di questo gioco del ruolo dell’intelligenza che è considerata naturale senza accorgersi della possibilità estrema che ha l’intelligenza di sapere per esempio di questo esercizio di potere che avviene anche nell’amore

 

Beh questo che dice funziona in ambito istituzionale nella stragrande maggioranza dei casi, il cittadino ideale è il cittadino che non si fa nessuna domanda, che fa ciò che gli si dice e quindi rispetto all’intelligenza, che lei non ha definita, lo farò io adesso… che sia deficitario, perché l’intelligenza non è soltanto il sapere muovere da una premessa vera, attraverso passaggi coerenti ad una conclusione altrettanto vera, ma anche e soprattutto sapere mettere in discussione la premessa da cui si parte, cosa che generalmente non si fa perché si dà per vera, o per autorità perché lo dice qualcuno, o perché si suppone che sia qualcosa di naturale. Ma come mettere in gioco la premessa del proprio sapere, come interrogarla? Rimettendo in discussione ogni cosa, che può apparire una operazione di proporzioni bibliche, ma basta trovare gli strumenti per farlo e diventa un’operazione abbastanza semplice…

 

Intervento: sì questo è un discorso che va ampliato

 

Io ho appena accennato alla questione del linguaggio, ne abbiamo parlato tantissimo negli incontri precedenti e ne parleremo ancora perché costituisce un aspetto fondamentale in tutto ciò che abbiamo considerato in questi ultimi anni quanti. Il linguaggio è ciò di cui ciascuno è fatto, in effetti siamo ciò che siamo, pensiamo di essere, o supponiamo di essere o crediamo di essere perché c’è il linguaggio attraverso il quale costruiamo delle proposizioni che affermano queste cose. Vi pongo una questione, giusto così per chiudere in bellezza: a vostro parere le cose, in assenza di linguaggio, esisterebbero oppure no? E poi rincaro la dose: l’esistenza stessa in assenza di linguaggio esisterebbe oppure no? Bene, rifletteteci e se vorrete vi risponderò giovedì prossimo, risponderò personalmente a tutti coloro che lo vorranno.