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Torino, 3 novembre 2009

LA PSICANALISI COME SCIENZA

 

Libreria Legolibri

 

LE CERTEZZE DI CHI STA MALE

 

Intervento di Cesare Miorin

 

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Intervento di Luciano Faioni

 

Forse sarebbe opportuna una precisazione. La questione del linguaggio può apparire ardua, con linguaggio ovviamente non intendiamo la verbalizzazione di qualche cosa ma la possibilità di parlare e di conseguenza di pensare. È possibile porre una domanda molto semplice alla quale però occorre dare una risposta: può darsi la depressione, per esempio, in assenza di linguaggio, sì oppure no? La risposta a una domanda del genere è fondamentale perché se potesse darsi la depressione in assenza di linguaggio sarebbe un grosso problema poiché ci si domanderebbe a questo punto come si è prodotta la depressione. La depressione è intesa come una totale assenza di senso della vita, assenza di valore, ma perché ci sia l’assenza di valore occorre che questo valore prima ci sia stato, perché ci sia un valore occorre che questo valore venga accolto, perché venga accolto occorre una decisione, perché ci sia una decisione occorre che ci sia una valutazione, un’inferenza e perché tutto questo possa darsi occorre che ci sia la capacità di pensare e cioè di parlare; a questo punto potremmo anche rispondere alla domanda e cioè che in assenza di linguaggio non c’è nessuna possibilità che si dia la depressione, nessuna, non più di quanto una lucertola potrebbe essere depressa, non si pone il problema, gli umani sì, sono gli unici ad avere questa caratteristica: la possibilità di parlare e quindi di pensare, di valutare, di prendere decisioni. Si è spesso parlato del linguaggio delle api per esempio, non è un linguaggio, è un programma, le api non possono decidere di fare altro da quello per cui sono programmate, non possono decidere anziché di andare a cercare il polline di andare a cercare le Enneadi di Plotino, oppure andarsi a prendere un cappuccino al bar oppure fare uno scherzo a quella che è rimasta a casa, non lo possono fare, questo rende conto della differenza sostanziale e strutturale e cioè di questa particolarità di cui gli umani sono provvisti e che li rende capaci di essere depressi, di essere angosciati, di essere spaventati, spaventati per cose che non esistono naturalmente. La più parte delle paure che gli umani provano sono paure per qualcosa che di fatto non c’è da nessuna parte, viene costruito, così come viene costruita una depressione. Ora se, come ci appare oramai inesorabilmente, la depressione è costruita dal pensiero della persona, dai suoi pensieri così, come una fobia eccetera allora così come l’ha costruita perché non potrebbe anche sbarazzarsene? E in effetti così è, se lo volesse lo farebbe, il problema, questo già Freud lo rilevò tanti anni fa, è che la persona non vuole abbandonare quelle cose che chiama i propri sintomi, nonostante, diceva lo stesso Freud, si rivolga a uno psicanalista per liberarsi di alcune cose a un certo punto sembra, diceva lui, che faccia di tutto per non abbandonarli, perché? È una bella questione, lui rimase sorpreso “come? vengono qui, perdono del tempo, mi pagano pure e a un certo punto fanno di tutto per rimanere come sono” addirittura in certi casi abbandonano l’analisi quando intravedono la possibilità di abbandonare dei sintomi, perché? È una domanda alla quale può essere interessante rispondere, e la risposta in effetti è abbastanza semplice anche se non è così intuitiva: se qualcuno ha costruita, come ha costruita di fatto una fobia, una depressione, se lo ha fatto allora ha avuto dei buoni motivi, non lo fa per niente, se non avesse avuto dei buoni motivi non lo avrebbe fatto, lo stesso motivo per cui nessuno di voi viene qui e si mette a sollevare questa scrivania, dice “perché dovrei farlo?” Non c’è nessun motivo, e di fatto non lo fa, se lo fa c’è un motivo, un motivo che potremmo dire che riguarda qualche cosa che gli torna utile, ancora citiamo Freud visto che parliamo di psicanalisi, qualcosa che Freud chiamava il tornaconto, cioè serve a qualcosa, e questa è una delle questioni basilari da intendere, perché se non servisse a niente non ci sarebbe. Mi rendo conto che è una cosa molto difficile da approcciare e tutt’altro che intuitiva però tant’è, così funziona, gli umani non fanno niente se non hanno un motivo, poi naturalmente si tratta di intendere qual è il motivo. Per quale motivo una persona si costruisce la depressione? E sapere qual è il motivo per cui l’ha costruita magari incomincia a fare intendere anche il motivo perché se la tiene ben stretta nonostante poi apparentemente dica di volersene sbarazzare ed anche per questo c’è un motivo. Il compito di un’analisi quando una persona si rivolge a uno psicanalista è fare in modo che la persona intenda questi motivi, incominci ad accorgersi di che cosa sta facendo e del perché si è trovato a costruire certi pensieri che l’hanno condotta a quella cosa che, per esempio, si chiama depressione, a che scopo? Certo la questione del linguaggio è fondamentale per porre delle questioni teoriche precise in modo che tutto ciò non sia campato per aria, come avviene perlopiù e cioè, come diceva giustamente Cesare costruito non su quello che pare in quel momento, ma costruito su questioni teoriche molto potenti, tanto potenti da essere inconfutabili. Ma il compito dell’analista, dicevo, non è sempre semplice, si tratta di porre una persona nelle condizioni di sapere perché si è trovato a pensare le cose che pensa, anche nel caso della depressione. Vi faccio un esempio molto semplice su come si costruisce una depressione, se uno vuole costruirsela se la costruisce, non è proibito, ma neanche consigliato. Prendete per esempio la depressione cosiddetta post partum che non è così infrequente, anche perché generalmente si notano solo i casi più evidenti dove la cosa interviene in modo più massiccio, perché interviene una cosa del genere? Perché una donna dovrebbe piombare nella depressione più nera in seguito all’evento che si ritiene essere uno dei più felici generalmente, si ritiene, che lo sia oppure no questa è un’altra questione, ma provate a considerare la necessità che può avere una persona, di essere importante per qualcuno, di sentirsi importante per qualcuno, di essere al centro dell’attenzione e questo può essere così importante da essere necessario sentirsi al centro dell’universo e per una donna è abbastanza frequente trovarsi, immaginare di essere al centro dell’universo nel momento in cui è in stato interessante, si chiama proprio così “interessante” perché interessa qualcuno, se no, se non interessasse nessuno non si chiamerebbe così. Passa dei momenti, nove mesi generalmente, in cui effettivamente ha l’opportunità di credersi il centro dell’universo e quindi soddisfa questo bisogno di essere importantissima, di essere vezzeggiata, coccolata, di sentire tutte le attenzioni su di sé, tutto questo è totalmente appagato. Poi accade che il figlio nasca perché non è che sta lì in eterno e in quel momento succede una sorta di rovesciamento, adesso non è più lei il centro dell’attenzione ma quell’altro essere umano che ha messo al mondo, lui diventa il centro di tutto, come dire che si trova dal trono universale su cui pensava di stare seduta, si trova a essere di nuovo quella persona che lei magari si riteneva prima e cioè insignificante, inutile, irrilevante, l’attenzione del mondo intero è convogliata su questo nuovo essere e lei è tagliata fuori, non ha più nessuna importanza, infatti cessa di essere in uno stato interessante, non interessa più. Qui può intervenire qualche problema fino ad arrivare all’annullamento di quella scena, cioè del parto, e a non volere più questa cosa che una volta nata, sì, si ha modo di sbarazzarsene ma va contro la legge, non si può fare, e allora deve convivere con questa cosa, deve trovare un modo: se lei non è più interessante per nessuno a che cosa vale vivere? E magari si butta dal quinto piano dell’ospedale, atterrando malissimo in genere. Questi sono casi limite certamente, difficilmente raggiunge questi livelli, perché ci sono altre forme di compensazione ma era solo un esempio per dire come è possibile costruire una depressione, di come è facile tutto sommato trovarcisi, poi la cosa si risolve generalmente in modo più rapido, più semplice, intervengono altri interessi, la cosa si sposta, ma se questo non accade rapidamente quella donna può trovarsi anche in una situazione del genere e cioè la sua vita cessa di avere qualunque interesse e quindi perché proseguirla? Costruire una cosa del genere non è semplice, sono necessarie una quantità notevole di informazioni, di inferenze, di decisioni, di scelte, di pensieri prima fra tutti la necessità di essere importanti, perché? A che scopo? Perché è così importante essere al centro dell’universo? Naturalmente c’è un motivo anche per questo, se questa necessità diventa basilare per questa persona questo segue a una serie di considerazioni più o meno consapevoli, senza le quali considerazioni non potrebbe giungere a una conclusione del genere. Occorre un lavoro di pensieri, di ragionamenti che come dicevo il più delle volte non sono così consapevoli cioè la persona non si rende conto di tutti i passaggi che compie, però se non li compisse non arriverebbe alla conclusioni cui giunge, ecco perché si tratta di giochi linguistici, come diceva giustamente Cesare, giochi linguistici che possono condurre a conclusioni inimmaginabili, certe volte le più tragiche come una dichiarazione di guerra, per esempio, anche quella segue a una serie di considerazioni, di deduzioni che non possono farsi in nessun modo in assenza di linguaggio. Se gli umani non parlassero e quindi non pensassero, tutto ciò non esisterebbe né sarebbe mai esistito, né esisterebbe la possibilità di chiedersi cose del genere. Ecco perché è importante il linguaggio, è ciò che fa esistere gli umani, nel bene e nel male anzi, è quella cosa che crea anche i concetti di bene e di male, per un leone sgozzare una gazzella e mangiarsela è bene o è male? Non esiste una cosa del genere né potrà mai esistere. Questo solo per illustrare alcuni aspetti che magari potevano essere rimasti poco articolati. Non c’è nessuna domanda, tutto assolutamente chiaro? Bene …

 

Intervento: no a me verrebbe da osservare: però e l’espressione?

 

Cosa intende con espressione? Matematica? Linguistica?

 

Intervento: non è linguaggio l’espressione?

 

Certo che lo è, occorre che sia decodificata, se lei fa una boccaccia a una zanzara non reagisce, occorre che la persona cui lei fa la boccaccia abbia già un codice per decodificare la sua espressione e allora in base a quello che ha imparato, quello che sa, in base alla circostanza in cui si trova, in base a tutta una serie di informazioni acquisite giunge a una conclusione, per esempio, quella boccaccia può essere un gesto scherzoso oppure può essere una minaccia e quindi reagisce di conseguenza, mentre a una lucertola può fare tutte le boccacce che vuole e rimane lì, la guarda e non pensa niente …

 

Intervento: certo però anche la parola … l’interpretazione …

 

Lei ha posta una domanda complessa perché si potrebbe facilmente mostrare che qualunque cosa è interpretazione e mostrare altrettanto facilmente che nulla può essere interpretazione. Il linguaggio consente di fare queste operazioni con relativa facilità, non è tanto la questione di interpretare oppure no ma il fatto che la possibilità degli umani di parlare è ciò che consente loro di costruire dei pensieri e quindi di costruire scene, di costruirle come dei film, possiamo metterla così, uno si fa dei film che possono essere belli o brutti e in base a queste cose che poi crede essere vere si comporta di conseguenza, così come quello che crede che se si fa saltare per aria poi Allah gli regala settanta vergini e allora si fa saltare per aria, crede una cosa del genere perché ciò che le persone credono vero determina anche la loro condotta: se una donna crede veramente che il suo uomo la tradisca si comporta di conseguenza, non fa finta di niente, indipendentemente dal fatto che lui la tradisca oppure no. Lei dice “interpretazione”, si può dimostrare che qualunque cosa è interpretazione e anche il contrario, importa invece intendere che qualunque cosa è costruita da questa struttura e se è costruita da questa struttura è vincolata a questa struttura inesorabilmente, e allora si giunge alla fatidica questione “perché si parla?” perché? Potrebbe non essere facilissimo rispondere a una domanda del genere tuttavia perché il linguaggio costruisce proposizioni, sempre, inesorabilmente, incessantemente, ventiquattrore su ventiquattro, anche di notte si costruiscono sogni, scene perché lo fa? A che scopo? E se la risposta fosse per niente? Faccio un esempio che ho fatto altre volte, ha presente il codice genetico? Sono aminoacidi che si combinano a triplette fra loro e a seconda delle informazioni che hanno costruiscono una persona oppure una zanzara o un dinosauro, perché lo costruiscono? Non è per un senso umanitario degli aminoacidi ché temo siano sprovvisti di umanità, perché lo fanno? Per niente, lo fanno e basta perché seguono delle istruzioni, nient’altro che questo, e allora un’altra questione non meno interessante e cioè che il linguaggio, la sua struttura fondamentale non sia altro che una serie di istruzioni in realtà, istruzioni che consentono di costruire proposizioni, dopodiché una volta costruite proposizioni in base a queste istruzioni, se credute vere allora comportano anche dei comportamenti, atteggiamenti, pensieri, superstizioni, qualunque cosa, teorie, scienze, tutto, ma il motivo per cui si parla, c’è l’eventualità che sia per niente, con tutto ciò che questo comporta ovviamente, che non è poco. Come dire che tutto ciò che gli umani hanno fatto, fanno e faranno finché esisteranno su questo pianeta sarà comunque sempre per niente, che è una bella cosa tutto sommato, dà una certa libertà in fondo, nel senso che ciascuno è libero e affrancato da superstizioni di ogni sorta ed è responsabile certo, tutto ciò che fa in effetti è prodotto del suo pensiero, può goderne, gioire di tutto ciò che il suo pensiero può costruire, e può costruire infinite cose naturalmente anche se le lettere sono sempre le stesse, come in un caleidoscopio o le note musicali, si possono costruire infinità di combinazioni, senza limiti, qualunque cosa è stato costruito e altro ancora si costruirà sempre grazie all’esistenza del linguaggio senza il quale non solo non si sarebbe mai costruito niente ma nessuno avrebbe mai potuto pensare alla possibilità di costruire qualcosa e neanche al concetto di costruire qualcosa, e invece questa sequenza molto semplice di istruzioni che ci permette di costruire proposizioni ci consente non soltanto di costruire proposizioni ma in seguito a questo ci consente, per esempio, la paura dei topi, ecco, per dirne una o l’innamoramento o la fisica nucleare che ha condotto alla bomba atomica o a pensare che cosa si mangerà a cena questa sera, come sedurre una fanciulla, tutto questo è possibile grazie all’esistenza di questa struttura che chiamiamo linguaggio cioè a questa cosa che consente di parlare e di conseguenza di pensare, di fare progetti per il futuro per esempio, evocare il passato, divertirsi, annoiarsi. Sono tipiche funzioni degli umani, pensate che senza linguaggio non ci si potrebbe neanche annoiare, non esisterebbe neanche la noia, è chiaro che non ci si potrebbe neanche divertire, neanche soffrire, non si potrebbe fare niente come un granchio …

 

Intervento: ma … il granchio soffre!

 

Glielo ha detto personalmente? In che lingua glielo ha detto? O lei lo ha visto? Ha visto che ha delle reazioni certo, però a questo punto chi mi impedisce di pensare che se un bicchiere cade e si spacca non soffra?

 

Intervento: infatti!

 

Posso pensare qualunque cosa e il suo contrario e quindi non andiamo da nessuna parte ma invece, invece possiamo considerare ciò che possiamo effettivamente considerare e cioè che cosa è possibile costruire attraverso il linguaggio e cosa accadrebbe in assenza di linguaggio, pensare che una cosa soffra oppure no, un bicchiere o una seggiola, lo posso fare io ma un’altra seggiola non può pensare che quella seggiola che si è rotta la gamba sta soffrendo, io dico che quel gatto soffre, io dico che il granchio soffre, che il bicchiere spaccandosi soffre, io lo faccio, a mio piacimento ma io, e perché io lo posso fare? Perché io sono provvisto di linguaggio e quindi posso decidere tranquillamente che il bicchiere soffre, che il cane non soffre e tutto quello che mi piace pensare in assoluta libertà, tanto posso dire qualunque cosa e il suo contrario, chi me lo impedisce? E siccome accade che se un’affermazione che si ritiene essere vera ha la contraria altrettanto vera non ha più nessun utilizzo, allora abbiamo abbandonate tutte queste cose che non sono utilizzabili così come la religione eccetera, i ricordi non sono utilizzabili perché sono opinioni, un’opinione che non è verificabile in nessun modo non serve a niente, un opinione ha qualche valore se è verificabile se no rimane nulla, appunto come dicevo vale quanto la sua contraria indifferentemente e quindi diventa solo una questione estetica “a me piace pensare che il gambero, il granchio soffra”, va bene, nessuno me lo vieta oppure “che non soffra” va bene, tanto il gambero non dirà mai niente, non c’è una prova, reagisce, magari anche il bicchiere, magari cadendo si spacca e reagisce anche lui e allora? Certe volte portare le cose alle estreme conseguenze indica una via, mostra che forse le cose per un verso non sono così semplici come appaiono, per l’altro invece che possono diventare straordinariamente semplici, è vero Eleonora? Cosa diresti a questo punto per dare un contributo teorico sostanzioso?

 

Intervento: due parole rispetto al fatto dell’interpretazione, pensavo che fosse necessario distinguere i due piani quello del linguaggio e quello del discorso ovvero il linguaggio questa struttura su cui si costruisce il discorso e l’interpretazione può essere relativa solo a quello che si costruisce sopra la struttura fondante quindi va bene che io posso interpretare le parole in mille modi o i discorsi in mille maniere ma la stessa interpretazione si regge sulla stessa cosa su cui si regge il discorso e quindi alla fine l’interpretazione dipende dal discorso ovvero se io su questa struttura ci costruisco mille paure, un’altra persona può costruirci mille divertimenti, come accade quindi il fulcro su cui si fonda questa conferenza nel senso che se si riconosce questa struttura come necessaria si inizierà a conoscere come le proprie paure possano essere arbitrarie, nel senso che da qualcosa è stata costruita la mia paura ma allo stesso tempo si può cercare di capire qual è il vantaggio di questa paura (sì) quindi qual è il suo tornaconto di cui diceva Freud …

 

Il suo utilizzo certo …

 

Intervento: quindi che funzione gli si dà nel proprio discorso e quindi che funzione ha nella propria vita, ovviamente ogni paura deve essere riferita a una certa fantasia che è all’interno di quel discorso personale, se questo discorso però non fosse ritenuto vero non avrebbe nessuna conseguenza …

 

E questa è una questione molto importante …

 

Intervento: quindi deve avere un senso il fatto che una persona abbia una certa malattia o si senta depressa e veda tutto nero, è perché evidentemente ci crede e quindi la reputa vera questa conclusione infatti questa conclusione è sempre riferita a un punto di partenza e anche questo si ritiene vero, ma se si capisce che il punto di partenza viene costruito da qualcosa che non si ritiene più vero ma che è vero, non più interpretato così, ma è necessario che sia così allora anche la paura può diventare una semplice fantasia con cui si gioca come se fosse un divertimento …

 

Esattamente, sì, l’elaborazione intorno alla struttura del linguaggio ci ha condotti effettivamente a intendere proprio questo: che qualunque cosa è costruita dalla persona, qualunque pensiero e quindi qualunque malanno ma anche qualunque innamoramento visto che è considerato una cosa piacevole, gioia o tragedia comunque è considerata tale, cioè tragedia o divertimento in base a delle fantasie, a cose che si credono essere vere, certo una cosa che non si crede essere vera non fa paura a nessuno, si deve pensare che sia vera e per pensare che una certa cosa sia vera occorre una serie di passaggi che giungono a quella conclusione se no non è vera sì, bene qualcun altro che vuole aggiungere qualche cosa?

 

Intervento: il fascino della sofferenza …

 

Sì tutto è costruito su questo …

 

Intervento: si parla sempre ad esempio di animali o cose che soffrono cioè nel senso che è sempre quello attorno a cui ruota il discorso comune, il discorso comune è molto attratto dalla sofferenza, è il modo su cui le religioni si sorreggono se non ci fosse la sofferenza non ci sarebbe …

 

E già, com’è che Gesù Cristo ha redento tutta l’umanità? Mica giocando a briscola con gli amici …

 

Intervento: e quindi bisogna alimentarla questa sofferenza, ha un utilizzo, un utilizzo che è fantastico, fantastico nel senso che è straordinario cioè importantissimo …questo potrebbe comportare quella che è una riflessione sull’utilizzo che nella sofferenza fa anche la persona, che non è molto differente, ha un suo significato politico (anche, anche certo) politico cioè nel modo in cui la sofferenza viene utilizzata per reperire quella importanza non tanto quella dell’essere al centro dell’attenzione dei familiari o cose di questo genere però il fatto comunque che la sofferenza abbia un valore nobilitante, che sia così centrale nel discorso occidentale fa sì che la persona che soffre e spesso il depresso lo dice, lo esprime a chiare lettere …si sente il migliore degli altri proprio perché soffre da qui anche la sua arroganza per questo motivo e quindi è da notare proprio secondo me il significante “sofferenza” come funziona, qual è l’utilizzo e poi questo comporta questo circolo vizioso nel quale si trova il discorso comune per il quale la sofferenza si deve eliminare a tutti i livelli qualunque cosa che venga ritenuto come il male o come qualche cosa che produce sofferenza viene eliminato, la psicanalisi non elimina la sofferenza proprio perché come diceva Cesare la sofferenza è una costruzione, è fatta in modo tale da non essere eliminata anzi da essere sempre autoalimentata, come dicevo prima, le religioni non possono fare a meno della sofferenza tanto che se manca per qualche motivo forse c’è il pericolo che possa venir meno o che consenta qualche cosa che faccia sì che si mantenga, una volta si diceva ridendo “ma se non esistessero più i poveri, la Caritas cosa farebbe?” è un pericolo questo per la Caritas non per i poveri un pericolo …e quindi la questione di eliminare la sofferenza è come il sintomo e il sintomo non si elimina perché se il discorso lo produce chiaramente ha un suo utilizzo, un suo tornaconto è solo al momento in cui si intende l’utilizzo e qual è il tornaconto, qual è il vantaggio che produce, e sono quelli che magari non sono immediatamente consapevoli cioè non devono essere consapevoli perché la sofferenza ha un senso solo se la si subisce …è qualche cosa che subisco nel momento stesso che per qualche motivo posso essere consapevole del fatto che la sofferenza me la sto procurando non è più sofferenza, sparisce diventa piacere…ed è questo che deve fare una psicanalisi se la sofferenza non è più qualche cosa che si subisce ma che il discorso come si deva prima per qualche motivo ha costruito, motivo che si tratta di intendere ecco che a questo punto perde il suo utilizzo non diventa più necessaria …

 

Intervento: non c’è più interesse … io voglio portare il discorso più lontano a una riflessione che occorre fare anche in termini proprio prettamente politici o economici poi chiaramente a questo punto si tratterebbe di valutare cioè almeno si arriva considerare in maniera più precisa e meno ideologica e più strutturale invece di qual è l’utilizzo della sofferenza e accorgersi che la sofferenza non è assolutamente necessaria da qui il suo fascino, io sono partito dal fascino e in effetti l’insegnamento religioso permea un po’ tutto il discorso occidentale e fa sì che la sofferenza sia assolutamente necessaria ma è un fatto che le presone siano attratte dai fatti tragici piuttosto ….io non so voi ma io ho sempre sentito parlare di crisi da quando sono nato c’è sempre crisi, è una costante, però è una metafora della sofferenza in termini economici, quando c’è crisi si soffre e quindi sono questioni da valutare perché possono portare molto lontano …

 

Sì, e leggere tutto questo in modo meno ingenuo, meno ingenuo e meno magico perché la sofferenza quando appunto si dice che si subisce da dove viene? Ad un certo punto si soffre: una persona dice “ieri stava bene oggi è depresso, come mai? Cosa è successo?” è successa una magia. No non è successa una magia o meglio se uno vuole credere a una magia continui pure a credere alla magia non c’è nessun problema ma sono i pensieri …

 

 

C’è ancora tempo per qualche intervento se volete intervenire, qualcosa che non è chiarissimo? Qualche dubbio? Qualche perplessità? Qualcosa che volete aggiungere? Tutto chiaro?

 

Intervento: no. Ma è difficile pensare, ci sono molti pensieri …

 

Ne dica uno …

 

Intervento: no mi verrebbe da dire che più complicato è il pensiero e più si soffre …

 

Non necessariamente, perché dovrebbe essere così?

 

Intervento: non lo so, la semplicità è facile da snodare, da districare …

 

Per complicazione cosa intende lei? Perché qualche cosa può essere anche molto complessa ma anche molto semplice allo stesso tempo: un teorema matematico può essere anche molto complesso però se si conoscono i termini precisi si svolge e diventa molto semplice …

 

Intervento: sì, no, infatti molto complicato ….

 

Oppure come diceva mia nonna stanno meglio i matti che non sanno niente. Come si diceva anche gli uomini primitivi, stavano bene, morivano di malattie o di qualunque cosa, il giardino dell’eden è sempre …

 

Intervento: sì però, se il cammino è semplice e facile da raggiungere quindi si soffre meno per arrivare al giardino dell’eden, se invece è molto complicato si patisce di più arrivarci …

 

Eppure qualunque gioco è strutturato così, deve essere complicato per essere divertente, infatti anche nei giochi mano a mano che si procede diventa sempre più complesso, uno si stufa a giocare un gioco banalissimo come giocare con le birille, quando è adulto non si diverte più, perché? Perché è troppo semplice, non c’è nessuna difficoltà quindi esige giochi sempre più difficili. Interessante è porsi la domanda: perché gli umani esigono sempre giochi più difficili? Perché si complicano la vita? Mettiamola pure così, a che scopo? Eppure lo fanno da che mondo è mondo, come diceva mia nonna, lo fanno sempre e comunque e rispondere a questa domanda potrebbe essere molto interessante perché se lo fanno c’è un motivo per costruire giochi sempre più complessi, complicarsi la vita a tutti i costi, e se uno non ha problemi fa di tutto per crearsene, se se li trova sottomano meglio ma se non li trova sottomano li costruisce in qualche modo con i pensieri e immagina: “ma adesso se io faccio così allora lui farà cosà, ma allora se io faccio così succede quest’altro ma allora…” può andare avanti all’infinito a costruirsi tragedie, sempre tragedie naturalmente è difficile che costruisca cose divertenti, e gli umani fanno questo non da oggi ma da quando c’è traccia di loro, perché secondo lei?

 

Intervento: perché non gli basta …

 

Questo sposta solo la questione, si tratta di intendere di cosa sono fatti se si intende di che cosa sono fatti forse si trova la risposta …

 

Intervento: è proprio questo ciò a cui volevo alludere, è questa la questione perché tutto sommato tutto ciò che gli umani chiamano sofferenza è costruito da un sistema linguistico, il quale sistema linguistico non ha nessun altro scopo che quello di riprodursi, continuare a produrre se stesso e quindi produrre proposizioni, perché, prima si parlava del codice genetico, perché il codice genetico continua a costruire aminoacidi e quindi corpi e quindi cose, perché? ha uno scopo? No, lo fa per niente e così questo sistema linguistico produce la depressione, le paure, le angosce, le tragedie, le guerre … questo sistema linguistico costruisce queste cose perché danno molto da parlare, perché costruiscono molte proposizioni …quale cosa più della sofferenza ha il potere di costruire scene, immagini, rimpianti, ricordi? E chi più ne ha più ne metta … perché va vanti così all’infinito se non ci si accorge di che cosa sono fatte tutte queste cose, di che cosa sono fatti gli umani … è un sistema che ha la necessità di costruire proposizioni e quindi di riprodurre se stesso in continuazione e quali di queste cose è migliore? La depressione per esempio, la quale imposta il discorso e va avanti all’infinito a costruire cose sgradevoli, perché è automatico, costruisce in automatico un sacco di cose da dire anche se sono sempre per lo più le stesse, è ovvio che se si potesse appunto fare i conti con questa questione, se gli umani si accorgessero, anche se non è facile accorgersi, ci vuole molto lavoro, ci vuole un analisi, allora forse si potrebbe inventare altri modi che non siano le tragedie, le paure e tutti quegli spettacoli che sono prodotti da un programma, la sofferenza in fondo è un programma, è un programma messo in atto da una struttura, dal linguaggio perché il linguaggio è ciò che consente il pensiero senza linguaggio non c’è pensiero, non c’è la possibilità di poter pensare e quindi accorgersi di questo direi che sarebbe il primo modo per potere agire il proprio pensiero e non cullarsi sulla sofferenza, su questo piacere, su questa attrazione della sofferenza.

 

Sì c’è la possibilità in effetti di porre la psicanalisi, che non è solo una possibilità ma è un’esigenza, come scienza, una scienza esatta non come la matematica che è arbitraria ma una scienza necessaria, cosa che ha fatto Eleonora nel primo di questi interventi, dove ha illustrato tutto questo in modo molto preciso, vi suggerisco di leggere il suo intervento, si chiama “La psicanalisi come scienza” che è un po’ la premessa generale a tutti questi interventi. Ogni mercoledì sera da tantissimi anni ci incontriamo nella sede dell’associazione per discutere e costruire la teoria, è lì che abbiamo costruita la teoria del linguaggio e costruita una psicanalisi che muovesse, che avesse come fondamento il linguaggio. Questi incontri sono aperti al pubblico, chiunque può intervenire, non c’è necessità di iscrizione, non c’è nessun pagamento, se è interessato a questo discorso che andiamo facendo può venire a trovarci e noi proseguiremo insieme con lui o con lei questo discorso, questa elaborazione teorica. Quindi vi invito domani sera alle nove. Grazie a ciascuno di voi e buona serata.