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Torino, 3 aprile 2007

Libreria LegoLibri

 

Da Freud a Wittgenstein: la logica della psicanalisi

 

IV lezione

 

Intervento di Luciano Faioni

 

Eleonora, la mia collaboratrice, mi farà delle domande sorte dagli incontri precedenti, questioni magari accennate lasciate provvisoriamente in sospeso, e questa sera vedremo di rispondere a ciascuna di queste. Possiamo fare così: prima le leggi tutte in modo che le persone abbiano un’idea del percorso che seguiremo e poi di volta in volta mi rivolgerai le domande.

 

Allora le domande sono:

 

1) In che modo Freud e Wittgenstein hanno dato un contributo al pensiero?

2) Che cosa muove uno psicanalista ad occuparsi di logica?

3) Che cosa significa fornire una fondazione logica e perché la psicanalisi ha bisogno di questa

fondazione?

4) Quale contributo può dare la logica alla psicanalisi e la psicanalisi alla logica?

6) Qual è lo scopo della ricerca teorica in questo ambito

7) E qual è la scommessa della scienza della parola?

 

Questioni impegnative, incominciamo dalla prima…

In che modo Freud e Wittgenstein hanno dato un contributo al pensiero?

Freud era uno psicanalista mentre Wittgenstein come sapete era un logico, anzi propriamente era un ingegnere meccanico, aveva fatto ingegneria meccanica. Freud era ritenuto l’inventore della psicanalisi, prima di lui non c’era, forse è il caso che diciamo qualcosa su che cos’è la psicanalisi, forse non tutti tra i presenti hanno un’idea precisa di cosa sia. Freud ha cominciato a considerare, ascoltando le persone che andavano da lui, che insieme con ciò che si dice c’è qualche cos’altro, per esempio mentre una persona parla, alle cose che dice si affiancano immagini sensazioni pensieri possono affiancarsi ricordi talvolta una notevole serie di elementi che interviene a fianco a ciò che in quel momento si sta dicendo al punto che in alcuni da fare perdere il filo, succede, la persona incomincia a parlare e poi le cose che intervengono a fianco di ciò che sta dicendo lo distraggono, tutta questa serie di cose che lavora mentre si sta parlando Freud l’ha indicata come l’altra scena, dunque un’altra scena che pur non dicendosi ciò non di meno pilota o modifica a seconda dei casi ciò che si dice. La ricerca di Freud intorno alla psicanalisi che potremmo definire come una indagine e una teoria del pensiero, dunque il lavoro di Freud è consistito nell’intendere tutto ciò che interviene in quest’altra scena a pilotare come dicevo a modificare ciò che si sta dicendo, anche perché in alcuni casi lui ha osservato che ciò che si dice, nel senso del proprio discorso anche delle proprie credenze o superstizioni o certezze poteva essere stato costruito proprio da quest’altra scena, cioè da queste altre cose che la persona il più delle volte ignora, come può avvenire questo? Freud come sapete è ricco di casi clinici nei quali ha mostrato come una cosa del genere può avvenire e quali effetti può avere, vi faccio un esempio. Supponiamo che una signora sposata s’invaghisca di qualcuno che non è suo marito, può capitare, è già capitato altre volte, c’è la possibilità che possa capitare ancora; allora è in una condizione dove da una parte si trova in un situazione di benessere e di sicurezza dall’altra invece la novità e la passione, però fin qui potrebbe non sorgere un grosso problema, ad un certo punto decide per l’uno o per l’altro oppure non decide affatto, tiene l’uno e l’altro, ora questo però contrasta con un gioco linguistico, un gioco linguistico non è altro che un insieme di regole che muovono una certa condotta, per esempio urta contro il fatto che se il marito lo venisse a sapere se ne avrebbe a male per esempio, e il marito se ne avrà male perché lui stesso è inserito all’interno di in una serie di giochi linguistici uno dei quali è quello che dice che se una donna sta con lui allora non deve stare con altri, la stessa cosa vale anche per la signora ovviamente però lei in questo caso si trova in una posizione diversa. Vi parlavo di giochi linguistici perché di fatto ciascuna di queste cose di per sé non ha nessun valore né alcun rilievo se non per il fatto che la persona crede in queste cose, cioè per la persona sono importanti, se fosse totalmente indifferente stare oppure no per esempio con il marito non si porrebbe neppure il problema della scelta, e invece c’è qualcosa per cui questa scelta è importante. E ci sono cose che lo sono ancora di più, supponiamo per esempio che la signora si sia invaghita del tizio in questione perché questo tizio mette in moto, scatena, libera delle fantasie sessuali particolarmente importanti per lei, questo rende il tizio particolarmente attraente; supponiamo ancora che da piccola questa signora abbia ricevuto un’educazione tale per cui il manifestare il desiderio sessuale sfrenato o il solo pensare di avere questo desiderio comporti l’eventualità o meglio ancora per lei, la bimbetta, la certezza di essere abbandonata, in quel caso dai genitori per esempio, anche considerando che i genitori sono le prime, spesso le uniche persone con cui un bimbetto a che fare per molti anni, da qui una certa importanza, dunque il manifestare addirittura praticare una sessualità senza limiti va contro un gioco linguistico che lei ha appreso da bimba, il quale gioco porta ad una conclusione o meglio si è costruito con questa conclusione: se farai questo, cioè manifesterai o avrai dei desideri “illeciti” allora verrai abbandonata oppure, a seconda di come ha funzionato la fantasia della bimbetta, ma potrebbe anche essere che le sia stato suggerito il fatto che se mai dovesse dare un siffatto dispiacere ai genitori i genitori ne sarebbero morti. Dunque la bimbetta cresce con questa idea ben radicata in lei che se la sua fantasia erotica si scatena allora o i suoi genitori muoiono oppure viene abbandonata; tutto questo naturalmente è un discorso che funziona in lei, discorso che come tutti i discorsi è costruito da una premessa, da una serie di passaggi e da una conclusione. Questo discorso diventa importante perché è ciò che mantiene vivo il suo desiderio, vedremo tra poco perché, ora supponiamo ancora che il solo pensare di avere questi desideri costituisca una sorta di crimine per cui, come abbiamo detto, o i genitori moriranno oppure l’abbandoneranno, allora non deve neppure pensare una cosa del genere e allora escogita un sistema e cioè: se non posso mantenere una certa cosa allora la sostituisco con qualche altra cosa che mi ricorda l’originale ma è molto più facilmente gestibile perché ha perso la connessione diretta, vale a dire che nel caso in cui il timore sia quello di essere abbandonata dai genitori a causa del suo desiderio sessuale, la bimbetta, da adulta, da donna adulta, produrrà un nuovo discorso dove il timore di essere abbandonata non riguarda più i suoi genitori ma si generalizza, e cioè dirà che tutti la abbandonano. Questo timore di essere abbandonata mantiene quindi la paura di essere abbandonata che seguiva al fatto di avere fantasie sessuali sconvenienti. In questo modo la fantasia sessuale sconveniente potrà mantenersi attraverso ciò che l’ha prodotta, e cioè la paura di essere abbandonata, che diventa la certezza che sarà abbandonata; se sarà abbandonata allora vuole dire che avrà avuto delle fantasie sconvenienti. È come se in effigie mantenesse l’idea o la fantasia originaria cioè quella legata alla fantasia sconveniente attraverso tutti questi passaggi che alla fine fanno di lei una persona che ha la continua paura di essere abbandonata, naturalmente verrà giustificato tutto ciò: qualunque cosa è facile a giustificarsi, vedete quante persone sono abbandonate continuamente vedete quanti matrimoni si sfasciano? Quindi sono perfettamente legittimata a pensare che sarò abbandonata anch’io, cosa ho di diverso io dalle altre che sono abbandonate? E cioè da una giustificazione a un discorso che le appartiene e che in realtà non ha nulla a che fare con il fatto che molte persone vengano abbandonate ma ha l’utilità di mantenere viva, mantenere presente l’idea di una fantasia di una sessualità scatenata, se ho una sessualità scatenata allora vengo punita attraverso l’abbandono ma vengo abbandonata quindi ho una sessualità sfrenata.

Intervento: sta dicendo che per evitare di avere dei figli con dei problemi bisogna o fingere in questo caso, nel senso che potrebbero avere dei problemi con il marito… e iniziarli alla prostituzione…

Ho detto questo?

Intervento: questa mi sembra una logica conclusione…

Freud, poiché sto parlando di lui, direbbe che dovrebbe interrogarsi su questa conclusione così singolare; no, non sto affatto dicendo questo, sto soltanto mostrando un percorso che Freud ha fatto per intendere come dei discorsi possano pilotare altri discorsi che vengono formati lungo la propria esistenza e possono pilotare tutto ciò che segue, ma perché una cosa del genere possa accadere occorre che questo discorso che viene costruito sia considerato un discorso vero, reale, cioè che le cose stiano proprio così perché se potesse essere considerato un discorso falso allora non lo si seguirebbe, nessuno segue una via che è falsa, la segue se è vera ma questa considerazione che Freud non ha fatto tuttavia può essere di qualche interesse poiché merita a questo punto una riflessione su come si costruisce un discorso o come si instaura il linguaggio, se vogliamo proprio dirla tutta, come si insegna a parlare. Come fa in genere la madre non necessariamente, però, insegna indicando un oggetto dicendo: questo è questo e poi dando un nome: orologio per esempio, ora il bimbetto non ha nessun motivo di pensare che la madre stia mentendo né ha gli strumenti per poter valutare se ciò che sta affermando sia vero o falso, semplicemente ciò che viene detto viene accolto come vero cioè reale è la stessa cosa a questo punto si tratta di, diceva Freud, per una persona, in molti casi di una sorta di conflitto tra discorsi tra pensieri, diceva lui o atti psichici, uno và in una certa direzione ma andando in una certa direzione urta contro un altro gioco, cioè un altro discorso e a questo punto si blocca, si blocca perché per esempio non può rinunciare né all’uno né all’altro, così come prima vi facevo l’esempio del caso della signora che si trovi a non poter rinunciare ovviamente alla sua sessualità e al tempo stesso non potere rinunciare a qualcosa che per lei è stato e continua ad essere reale anche se da donna adulta sa che le cose non stanno così però è come se questo antico discorso non soltanto permanesse tale e quale ma mantenesse anche tutta la forze che aveva allora come se non potesse essere messo in discussione, nonostante torno a dirvi da donna adulta si rende conto che le cose magari non sono esattamente così però ci racconta Freud non può rinunciare a questo discorso e il motivo è quello che ho rapidamente detto prima e cioè la conclusione che se lei è colpevole e quindi viene abbandonata è il modo per lei di ricordarsi o di vivere una scena di sfrenata sessualità che la bimbetta ha immaginato e fin qui messer Freud, il dettaglio che ce lo connette con Wittgenstein è questo ed è di qualche interesse. Wittgenstein ad un certo punto ha considerato che i mali dell’umanità, adesso la faccio breve, esemplificati in quelli che lui chiama i mali della filosofia e cioè di uno scorretto modo di pensare sono la causa di una serie di problemi non magari al singolo in quanto tale perché lui non lo considerava ma problemi che riguardano il pensare comune e cioè l’incapacità di formulare conclusioni corrette a questo punto si era ingegnato soprattutto nel Tractatus di costruire un linguaggio che fosse perfetto e cioè potesse condurre tutto il mondo che ci circonda in proposizioni perfette cioè coerenti, vere naturalmente si accorse che questo linguaggio perfetto per essere tale doveva escludere una quantità notevole di altre proposizioni o altri discorsi che appartengono agli umani da qui l’abbandono del progetto del sogno di Leibniz, linguaggio universale perfetto a vantaggio della costruzione di un invenzione di giochi linguistici e qui veniamo alla seconda questione…

2)che cosa muove uno psicanalista ad occuparsi di logica?

Freud nel suo carteggio con Einstein negli anni in cui la seconda guerra mondiale era alle porte si chiedeva perché la guerra, e giungeva a considerare che ciascuna guerra in certo senso è una guerra di religione vale a dire uno scontro tra verità, tra verità che essendo credute tali devono essere difese a tutti i costi con tutti i mezzi, la verità non è altro che la conclusione di un discorso che a un certo punto conclude in modo vero e quindi tutto il discorso viene confermato. Ciascuna persona è fatta di una serie notevole di discorsi, ciascuno di questi discorsi conclude in un modo che o meglio se ha concluso in un modo che è stato ritenuto vero, all’interno del gioco che stava facendo, viene accolto e costituisce uno degli elementi da cui trarre implicazioni vere, se invece è stato considerato falso viene abbandonato. Occuparsi di logica non è nient’altro che cominciare a domandarsi se il lavoro che ha fatto Freud giungendo a considerare che le persone costruiscono discorsi e se questi discorsi appaiono loro veri si muovono di conseguenza allora sia anche possibile mettere effettivamente alla prova questi discorsi e cioè verificare se sono effettivamente veri, qui ovviamente si apre una voragine alla quale né Wittgenstein né Freud hanno saputo porre rimedio e cioè chi deciderà se questi discorsi sono veri, chi deciderà che cos’è la verità e quali criteri utilizzerà per stabilirla, vi rendete conto immediatamente che la questione si fa complessa; tuttavia la posta in gioco è molto alta e cioè la possibilità di costruire un discorso praticabile da ciascuno dove, quella che Freud chiamava la nevrosi sia impossibile da costruirsi, impossibile da costruirsi per il semplice fatto che ciascuna conclusione può essere facilmente verificata all’occorrenza non considerata necessariamente vera e di conseguenza non muovere necessariamente la persona in base a questa verità. A questo punto si potrebbe effettivamente risolvere il problema, prima citavo Leibniz, ma il problema dei logici in realtà e cioè costruire o dare un fondamento tale al pensiero di non avere più la necessità di costruire delle verità da difendere perché magari non così certe per cui ecco che …

3)che cosa significa fornire una fondazione logica?

Esatto, una fondazione logica, bella questione, Freud ovviamente non ha potuto né saputo dare un fondamento a ciò che andava facendo per lui la verità era il frutto dell’esperienza dell’ osservazione quella che per gli antichi greci era l’empiria; come dire osservo che per alcuni casi le cose funzionano in un certo modo allora è possibile che funzioni anche in altri casi, si certo, ma è possibile anche che non funzioni; per i logici invece il problema era simile ma con qualche differenza e cioè che cosa garantisce del fatto che indichiamo con verità una certa cosa e cioè della definizione per esempio che diamo di verità, chi ci dice che sia vera? E se non lo fosse? Quale criterio dovremmo utilizzare e allora in questo caso la soluzione è passata attraverso l’idea che tutto ciò sia intuitivo e cioè gli umani pensano così intuitivamente si suppone che se una cosa è vera e un’altra è vera e le metto insieme viene fuori un’altra cosa che è vera per esempio ma come giustificare tutto questo, di fatto non è mai stato giustificato è stato affermato adducendo il fatto che gli umani da sempre pensano a questa maniera e bello e fatto, però si può andare oltre tutto ciò e considerare invece che qualunque discorso una persona produca qualunque discorso esso sia, compreso il discorso che si fa da bimbetto ma che magari potrà pilotare tutta la sua esistenza, magari, magari no abbiamo detto però in alcuni casi sì e questo discorso come viene costruito? Come qualunque discorso, come si costruisce un discorso? Si prende una premessa e poi attraverso dei passaggi coerenti con la premessa si giunge ad una conclusione attraverso questo procedere che comunemente è noto come inferenza, il discorso si costruisce così non ci sono altri modi per costruirlo naturalmente la premessa occorre che sia vera, se la premessa viene riconosciuta essere falsa allora il discorso non si fa proprio. Vi dicevo prima così come si costruisce il linguaggio così come ciascuno impara a parlare non ha modo di mettere alla prova le informazioni che riceve questa sorta di input gli vengono forniti, le cose sono quelle che sono ed è da lì che si costruisce l’idea della realtà, un concetto che generalmente è difficile da maneggiare quello di realtà che tuttavia costituisce sempre lo costituiva per Freud lo costituisce per Wittgenstein, il criterio di valutazione per ciò che è vero e cioè è vero ciò che si adatta ciò che è coerente congruente o non contraddice il mondo che ci circonda, questo è il concetto di realtà.

Naturalmente quando si tratta di definire che cosa sia esattamente la realtà la questione si fa più complessa comunemente si intende che è ciò che cade sotto i sensi. Per i logici tutto ciò che è costruibile, qualunque mondo possibile qualunque cosa che sia riconducibile a una sequenza di proposizioni vere ora potremmo porre una domanda: questi criteri sono necessari o sono arbitrari? Arbitrari come per esempio le regole del gioco del poker ciascuno sa sono arbitrarie non sono necessarie, si è stabilito che per giocare in certo modo occorrono certe regole però non sono necessarie, stabilire che la realtà è ciò che cade sotto i sensi è una regola al pari di una regola del poker? Oppure è necessario che sia così, se sì perché? È una domanda anche questa che potrebbe essere legittima anche se generalmente non si pone, non si pone perché ciascuno è stato addestrato fino dall’infanzia, dalla più tenera età a considerare che tutto ciò che cade sotto i suoi sensi costituisce la realtà senza porsi nessuna domanda, è così e bell’e fatto e così continua a pensare per tutta la vita. Ora tutto ciò che quindi che costituirà la regola fondamentale per stabilire se ciò che pensa oppure no è vero, sia costruita su un concetto in cui in realtà sa molto poco può avere delle implicazioni anche perché per esempio torniamo a ciò che dicevamo prima di questa fantasia di questa bimbetta la quale si sente dire che se dà libero sfogo alla sua sessualità allora i genitori l’abbandoneranno, magari l’è stato detto, magari no, magari l’ha pensato lei ma in ogni caso ciò che ha pensato è reale, è così non c’è un’altra possibilità così come è reale questo tavolo allo stesso modo, dimostrabile allo stesso modo per lo stesso motivo, cioè non dimostrabile però è reale perché per esempio, facciamo un esempio banalissimo, perché è stato detto dai genitori, tutto ciò che i genitori dicono fino ad un certo punto almeno è la realtà delle cose perché non c’è nessun criterio per poterle mettere in discussione e tutto ciò che si dice è di per sé sempre vero a meno che non ci sia immediatamente un criterio per dimostrarne la falsità, se per esempio io affermassi che questo non è un orologio ma un autobus a due piani, ciascuno di voi dovrebbe possedere delle informazioni sufficienti per potere stabilire che la prima affermazione è falsa mentre la seconda che dice che è un orologio è vera. Lo dice perché ha acquisito nel frattempo delle informazioni lungo l’arco della sua esistenza, ma cosa ha acquisito esattamente? Queste informazioni come funzionano? Sono regole, regole che vengono imparate, imparando queste regole s’impara a parlare, s’impara a vivere s’impara a muoversi esattamente così come s’impara a giocare a poker. È la realtà, la realtà per ciascuno potrebbe anche essere differente la realtà, o sarebbe più propriamente dire quella cosa che si chiama realtà, la res dal latino, la cosa…qual era la domanda successiva?

4)e perché la psicanalisi ha bisogno di una fondazione logica?

In effetti stiamo parlando di questo, la realtà dunque può essere differente anche da una persona all’altra, così come per esempio è assolutamente reale che gli occidentali per un fondamentalista islamico rappresentino il male, è una realtà assoluta più reale dell’esistenza di questo tavolo stesso o qualche secolo fa era il contrario per noi, la stessa cosa. Ora si considera che una persona è normale se la sua condotta è allineata cioè segue alcuni giochi linguistici se se ne allontana allora non è più considerata normale, anche qui con delle eccezioni per esempio, perché se un ossessivo compulsivo ogni volta che esce di casa deve tornare indietro per controllare di aver spento il gas perché se l’avesse lasciato acceso allora entrando i suoi cari farebbero saltare l’appartamento e morirebbero tutti potrebbe essere considerato al pari di quell’altra persona che ogni domenica o ogni giorno deve andare in chiesa e compiere certi rituali perché altrimenti la sua anima morirà allora per lo stesso motivo sia l’uno che l’altro dovrebbe essere considerati malati e come tali curati, che non ci sentano le ditte farmaceutiche perché se no le multinazionali di psicofarmaci si farebbero una barcata di soldi ma detto questo ecco che la psicanalisi può anzi deve darsi un fondamento visto che l’abbiamo detto prima non è nient’altro che un’indagine intorno al pensiero e al suo funzionamento in fondo Freud si chiedeva perché le persone pensassero le cose che pensavano. È possibile dunque dare un fondamento ed è molto semplice anche è sufficiente non fermarsi là proprio nel punto in cui tanto Freud quanto Wittgenstein, per fare solo due esempi ma infiniti altri si sono arrestati proprio sulla nozione di realtà; prima ho accennato all’eventualità che la realtà potesse essere un gioco, un gioco linguistico come dire ci sono delle regole tali che definiscono cosa è reale e cosa no, queste regole sono necessarie? Sì, all’interno di certi giochi sì certo, così come sono necessarie all’interno del poker per vincere contro gli amici per esempio hanno questo genere di necessità ma in questo caso non si parla di necessità ma di utilità che è diverso poiché necessario, occorre che abbia un accezione differente possiamo anche definire, l’abbiamo fatto anche in altre occasioni, con necessario intendere ciò che è e che non può non essere perché se non fosse allora non sarebbe né quella né nessuna altra cosa, mi sembra una definizione abbastanza robusta, arbitraria certo, però per il momento appare la più solida né Freud né la logica, Wittgenstein, hanno potuto fondare ciò che stavano facendo su qualcosa di necessario nessuno dei due e pertanto ciò che hanno fatto rimane una teoria che può essere interessante dilettevole può anche avere degli effetti perché no, d’altra parte anche una qualunque religione ne ha, qualunque neofita di una qualunque religione è una persona piena di entusiasmo che sta benissimo ed è felice della vita ma perché? Perché la scoperta, il reperimento della verità ha sempre un notevole effetto terapeutico per cui chi suppone di avere trovato la verità direttamente o indirettamente affermata per proprie deduzioni o per negazione della verità dell’altro, comunque ne ha sempre, ne ricava sempre una sorta di moto giubilatorio evviva, avevo ragione io. L’effetto terapeutico di tutto ciò naturalmente è connesso con il funzionamento di questi discorsi e cioè con il reperimento della verità e questa verità di cui dicevo è la conclusione di una sequenza di argomentazioni tant’è che se io affermassi qualcosa di singolare come probabilmente sto affermando qualcuno mi chiederebbe conto del perché affermo le cose che affermo, perché me lo chiede, perché mi chiede il perché a che scopo? Perché non accoglie immediatamente qualunque cosa io dico e il suo contrario, perché no? C’è qualche motivo, se sì quale? La risposta potrebbe apparire molto banale potrebbe anche non esserlo in realtà non c’è nessun motivo per cui qualunque cosa io dica o il suo contrario non debba venire immediatamente accolto come assolutamente vero perché si scontra con qualcosa che una persona sa o suppone di sapere e allora? È una questione di una tale importanza e di una priorità assoluta rispetto alle altre tale per cui molte persone sono disposte a morire per una cosa del genere o a far morire altri a seconda dei casi per imporre cioè la propria ragione la propria verità, il proprio stile di vita, come dicono oltre Oceano? Che è nient’altro che la propria verità. Ciascuna di queste verità abbiamo appena detto non è fondabile su niente, sono punti di vista opinioni, cose totalmente arbitrarie ma scambiate per cose assolutamente vere cose per le quali vale combattere e morire ma se una persona avesse l’occasione di accorgersi che la cosa in cui crede non ha tanta importanza e forse non è neanche così vera, morirebbe per questo? Probabilmente no. Se potessimo mettere ciascuna persona nelle condizioni di potere non avere bisogno di credere che le cose che pensa siano necessariamente vere allora ogni conflitto non soltanto tra lui e altre eventuali persone che hanno altre verità da sostenere ma tra i suoi stessi discorsi all’interno, per così dire, di sé tutti questi conflitti cesserebbero di esistere. Ecco perché tornando alla questione originaria da cui siamo partiti e cioè da Freud, il fatto di avere rilevato in più parti ma citavo il carteggio con Einstein intorno alla guerra, la guerra sorge per scontri tra verità, tra discorsi che si credono ugualmente veri ma che giungono a conclusioni contrarie esattamente come avviene, Freud stesso lo rileva dappertutto, all’interno della persona discorsi che si contraddicono o giochi che giungono a conclusioni vere ma che risultano incoerenti tra loro o come dicevano tempo fa i filosofi incompossibili cioè che non possono convivere insieme simultaneamente, uno dei due deve cedere rispetto all’altro. E come noto da sempre ciascuna pace prepara la guerra successiva si sa che ogni guerra è sempre l’ultima dalla guerra di Troia almeno in poi è sempre stata l’ultima, perché si fa per questo perché dopo non ci siano più guerre, e qui arriviamo all’ultima questione…

Quale contributo può dare la logica alla psicanalisi e la psicanalisi alla logica?

Bene, un contributo notevole. La psicanalisi con Freud ha insegnato ad ascoltare e ascoltare tutto ciò che la persona dice supponendo che ciò che sta dicendo sia vero e cominciare ad interrogarlo per venire a scoprire che forse non è così vero e quindi non costringe quella persona a fare tutte quelle cose che la persona stava facendo in omaggio di questa verità supposta tale e d’altra parte la logica può trovarne un grosso vantaggio interrogando allo stesso modo se stessa e cioè chiedendosi perché suppone che questo modo di pensare che utilizza per i suoi calcoli i predicati sia naturale, cosa vuol dire naturale che appartiene alla natura? Forse c’è qualcosa di molto più radicale e qui veniamo all’ultima questione e cioè vale a dire che cosa effettivamente è possibile fare, questo…

Qual è lo scopo della ricerca teorica in questo ambito?

Saltiamo questa

Qual è la scommessa della Scienza della Parola?

Esattamente che potremmo anche dire così che cosa è effettivamente possibile fare. A questo punto non ci resta che compiere l’ultimo passo e vale a dire questo se come dicevamo prima, tutti i discorsi sono costruiti in un certo modo conducono a delle conclusioni, queste conclusioni naturalmente devono essere vere se no il discorso si abbandona ma tutte le cose che una persona crede le crede vere necessariamente per una questione grammaticale dunque tutti questi discorsi dicevo sono costruiti in un certo modo, quale modo e chi ha deciso questo modo forse una struttura quella stessa struttura che è quella per mezzo della quale ciascuno pensa qualunque cosa pensi e allora la domanda è come si fa a pensare? Come pensano le persone? Beh abbiamo già accennato muovono da una premessa fanno dei passaggi e giungono ad una conclusione ma perché fanno proprio così anziché in qualunque altro modo? Ora come abbiamo già accennato in altri incontri esiste una struttura che ha anche un nome che ci permette di pensare si chiama linguaggio, che cos’è il linguaggio? È ciò di cui e per cui e attraverso cui ciascuno pensa e di conseguenza esiste, quindi questione non secondaria ma direi al contrario prioritaria, ciò che stiamo dicendo ma in un modo radicale, sapere perché si pensano le cose che si pensano significa cominciare a metterle in gioco e metterle in gioco è letteralmente inserirle all’interno di un gioco linguistico e quindi cominciare a pensare che le conclusioni a cui si è giunti sono il prodotto di una sequenza che muove da una premessa, è possibile reperire questa premessa? Certo che sì, molte volte non è poi neppure difficile, certo può essere complicato perché la persona si oppone in alcuni casi; torniamo all’esempio che vi ho fatto all’inizio di quella tizia che da bimbetta ha avuto questo problema: è ovvio che non vorrà rinunciare alla sua paura di essere abbandonata perché la sua paura di essere abbandonata è inserita all’interno di un gioco linguistico tale per cui l’essere abbandonata è diventato ciò che ha sostituito la sua sessualità.

E quindi non ci rinuncia, ma se avesse l’opportunità di inserire anche questa sequenza che è diventata la realtà delle cose per lei assoluta e incrollabile una superstizione, cos’è una superstizione? Qualunque sequenza di proposizioni ritenuta vera la cui premessa maggiore non può essere né esibita né meno che mai provata; in retorica tutto questo ha un nome si chiama entimema, un sillogismo o una sequenza, i sillogismi in cui manca la premessa maggiore ciò che regge tutto e perché manca ? Perché non la si sa o perché non la si può dimostrare, questi proverbi sono così efficaci, perché sono tronchi nessuno s’interroga sulla premessa maggiore c’è soltanto in genere la minore e poi la conclusione ovviamente; nessuno s’interroga se effettivamente tutti i gatti neri che attraversano la strada conducano ad un malefizio, magari è successo una volta, è successo anche senza naturalmente, è ovvio che dovrebbe inserire tutto ciò all’interno di un gioco linguistico particolare dove per tutte le x, x è un gatto nero allora se si attraversa la strada ecc… questo non lo si fa ovviamente il proverbio cesserebbe di avere tutta la forza persuasiva che ha così come le proprie opinioni, le proprie credenze e le cose che si ritengono vere sono fondate e costruite esattamente allo stesso modo ne più ne meno; tutto questo dunque inseritelo all’interno di un gioco linguistico fatelo funzionare all’interno di una combinatoria interrogatelo, chiedete al vostro stesso discorso di esibire le fondamenta, le premesse su cui si regge e ogni cosa che è stata costruita incomincerà ad incrinarsi e le cose più certe, le certezze più assolute incominciano a diventare arbitrarie: sì ho pensato questo però è sostenuto su questa cosa, ma come la verifico, è verificabile? Se sì come e quali criteri utilizzerò certo l’operazione potrebbe apparire molto complessa ma in realtà è straordinariamente semplice, basta chiedersi le cose stanno come penso io se sì perché? E se no potrebbero allora potrebbe essere anche al contrario, è uguale, potrei sostenere la tesi anche contraria, che differenza fa? Se invece sostengo questo sarei in condizione di provarlo, sì, no, se sì come?

Forse è il caso che ci fermiamo un momento e diamo l’opportunità a qualcuno se ha voglia di intervenire di farlo tu stessa se vuoi porre altre domande oltre quelle che mi hanno costretto a parlare per un’ora e mezza…

Intervento: in quel caso .del gioco della donna con il timore, mantiene il timore di essere abbandonata.. è perché legato in qualche modo alla sua sessualità sono giochi che sono funzionali l’uno all’altra servono per mantenere questo desiderio di…

Per mantenere un’idea di sessualità, un’idea che si è costruita tra l’altro attraverso l’altro discorso, quindi un altro gioco

Intervento: Certo ma in quel caso il reperire la premessa di questo gioco costruito in questo modo, il reperire la premessa no, quella che sostiene tutto questo accrocco,vivere per esempio bene male… dipende dalle voglie di trasgressione o meno, in questo caso è molto difficile reperirla perché è funzionale al gioco, è funzionale a questa idea di realtà, è lì la questione, al momento in cui decido di ammettere che la premessa si sostiene su questa idea di realtà, cosa avviene,questo mi domando cosa si produce nel discorso perché questa complicità di giochi mantiene l’idea della realtà e quindi della verità assoluta…va a costruire delle proposizioni di esercizio di potere

Questa è una questione importante perché il primo passo è l’accoglimento della responsabilità di ciò che si dice, vale a dire se io penso che le cose stiano in un certo modo il primo passo è cominciare a cogliere la responsabilità il fatto che sono io che sto affermando questo e quindi e poi da lì ecco la domanda perché lo sto affermando, ma se non c’è questo primo passo e cioè l’accogliere la responsabilità di ciò che si dice non si và da nessuna parte

Intervento:a cosa mi serve accogliere queste premesse, questi discorsi quale verità devo costruire, devo esercitare in qualche modo, perché a quel punto intendo perché penso quello che penso, perché in questo momento sto credendo in quella cosa lì…in fondo la domanda di fondo dello psicanalista è quello di portare la persona a chiedersi perché pensa le cose che pensa perché dà per scontato che la realtà sia quella e non il suo contrario per esempio

Sì, esatto se non c’è questo passo che è fondamentale in un’analisi cioè l’accoglimento della responsabilità la persona continua a pensare che le cose che pensa sono vere perché le cose sono così e cioè pensa in un modo come dicevo prima superstizioso perché la superstizione è costruita così. È chiaro che di fronte alla superstizione il lavoro è arduo perché la superstizione è potente e incrollabile perché non metterà mai in discussione se stessa, non lo può fare a meno che non ci sia..

Si altri?

Senza certezze o sicurezze come si fa a stare in piedi?

Perché lei pensa una cosa del genere?

Se io metto in discussione tutte le mie certezze, come dice lei, le cose stanno come penso io se sì mettono in discussione in maniera sistematica, arrivo a un punto in cui comincio a chiedermi se io ci sono se io esisto…

Sì certo può farlo e può accadere si accorge che tutte queste domande conducono ad un’unica considerazione che si tratta di giochi linguistici lei può farsi anche la domanda sapere chi è cosa fa dove và, da dove viene perché è qui, però sa che tutte queste domande in realtà essendo giochi linguistici sono costruiti dal linguaggio hanno il linguaggio come condizione per potere farsi e quindi se vuole può dare tutte le risposte che ritiene più opportune senza nessun problema, è chiaro che se è giunto a considerare che la condizione di qualunque cosa è quella struttura che chiamiamo linguaggio allora non avrà necessità di rispondere a questa domanda per esempio: perché siamo qua? Perché ci ha creati dio, non avrà bisogno di una risposta del genere diciamo che a questo punto non ha più bisogno di nessuna risposta, può darsi tutte le risposte che vuole o le sue contrarie e questo ha degli effetti non tanto l’impossibilità di continuare ad esistere, così come pareva che lei immaginasse, ma di esistere senza la paura, di esistere ciascuna volta in ciò che si sta facendo, senza temere di perdere la verità, di perdere le cose in cui crede perché non ha più bisogno di credere, lo so che per gli umani spesso è impensabile una cosa del genere per cui vivere senza credere in qualcosa appare assolutamente, non soltanto infattibile, ma anche disumano come una macchina ma non è proprio così in realtà cambia soltanto una cosa, non c’è più la necessità di avere paura con tutto ciò che questo comporta, vivere tranquillamente con assoluta leggerezza e soprattutto può vivere senza il bisogno di creare il nemico, il nemico non è altro che quella cosa o quel qualcuno che ostacola il raggiungimento della mia verità o del mio benessere a seconda dei casi è indifferente per cui deve essere eliminato ecco che allora ci sono quei fenomeni noti come guerre se sono in grande stile se no conflitti di vario genere, ma dicevo prima conflitti all’interno della persona stessa in fondo hanno la stessa struttura. Perché una persona vive male? Per esempio come si suole dire, perché una persona è depressa? Supponiamo, torniamo all’esempio della nostra bimbetta di prima se anziché il timore di essere abbandonata avesse ripiegato come spesso accade sul fatto che questa cosa che comunque non può avere in nessun modo è la cosa più importante del mondo allora vivrà con l’assoluta certezza che qualunque cosa non ha nessuna importanza, non ha nessun valore e quindi non merita neanche vivere perché tanto quella non ce l’avrà, quella è l’unica cosa importante qualunque altra cosa è totalmente irrilevante e si troverà in quella condizione nota come malinconia oggi depressione una volta accidia per esempio; è un altro modo in cui un discorso giunge a concludere in un modo che è ritenuto vero per quella persona è assolutamente vero che nulla ha più importanza è una certezza assoluta al punto che in molti casi i depressi sono anche arroganti perché immaginano di essere gli unici a sapere come stanno effettivamente le cose e cioè malissimo non solo cosa ci vuole a giustificare una qualunque depressione basta aprire una qualunque pagina di un qualunque giornale in un qualunque giorno e trova catastrofi macelli di ogni sorta tali da giustificare il peggiore pessimismo per cui ciò che comunemente si chiama stare male muove da conflitti, in questo caso non tra nazioni ma tra discorsi che la persona si fa tra sé e sé lei faccia cessare questi conflitti e la persona cessa di star male e questi conflitti vengono dalle certezze, perché ci sia un conflitto occorre che una cosa certa si opponga ad un’altra certa allora c’è il conflitto se noi fossimo assolutamente sicuri che il nostro dio è superiore a quello dei musulmani e se i musulmani fossero assolutamente sicuri che il loro dio è superiore al nostro allora ci sarebbe il conflitto come c’è stato c’è e ci sarà ancora per qualche tempo per cui si può stare in piedi seduti sdraiati con assoluta comodità senza nessuna certezza, le certezze portano alle guerre da sempre, l’unica cosa a cui portano con assoluta certezza di certezze.

Intervento: è singolare questo discorso che ciascuno all’interno del proprio pensiero sia in qualche modo costretto a considerare le cose che pensa a partire dalle premesse e i passaggi che lo portano a determinate conclusioni, mentre in realtà sembra che in origine ci sia la più assoluta libertà e cioè che le considerazioni che poi vengono fatte siano arbitrarie alla fine la sensazione che vive la persona è quella di essere costretta a pensare in un certo modo e lo è di fatto ma lo è da cosa che ha deciso…

Per essere ancora più precisi di quanto già lo è stato parrebbe dire che il discorso di cui è fatto lo costringe a fare una certa cosa, sì e non può non farla perché di fatto l’unica cosa che gli umani non

possono non fare è pensare e di conseguenza parlare ininterrottamente ventiquattro ore su ventiquattro e non c’è mai un momento di requie neanche durante il sogno come ciascuno sa se continua a sognare, quindi a parlare a costruire discorsi ed è curioso che questa cosa di cui tutti gli umani sono fatti e di cui e per cui vivono ventiquattro ore su ventiquattro ininterrottamente non venga presa in considerazione cioè il fatto che gli umani sono essere parlanti nessuno prende in considerazione questo aspetto e tuttavia non è senza conseguenze perché parlano e parlando costruiscono discorsi si trovano a credere nei discorsi che hanno costruito e si trovano a muoversi di conseguenza e così per tutta la loro vita ininterrottamente…

Intervento: credere in modo passivo senza averne la responsabilità,senza essere consapevoli che si tratta di una considerazione assolutamente arbitraria

Sì esattamente, però è scambiata per necessaria, esattamente così come per i musulmani il loro dio è necessario è esattamente la stessa cosa, cioè la stessa struttura ciascuno spesso è mosso da idee incrollabili, lo stesso relativismo in fondo adesso non parlo della teoria di Einstein ma della corrente filosofica nota come relativismo o molto precedente a questa feticismo faceva dell’idea che qualunque cosa comunque fosse falsificabile o fosse relativa a qualche altra, una verità assoluta mostrando in questa una certa ingenuità perché anche di qui non se ne viene fuori se tutto è relativo lo è anche questa affermazione ovviamente và da sé per cui si riducevano al silenzio che poi non riuscivano a fare neanche questo perché non si può stare in silenzio si pensa comunque il linguaggio non dà nessuna via di uscita ne vie di scampo prosegue a fare l’unica cosa che sa fare costruire discorsi, proposizioni quindi discorsi, quindi pensieri, quindi storie, immagini, aspettative attese gioie dolori desideri tutto ciò di cui ciascun umano è fatto viene da lì ecco perché considero il linguaggio non secondario e uno studio sul suo funzionamento sulla sua struttura è di qualche interesse

Intervento: Professore? Io ho sentito questo discorso qui manca secondo me di sentire parlare di sensazioni, si sente, il dottore chiede come si sente? Si dice che la maggior parte delle volte è difficile descrivere come ci si sente, non c’è un linguaggio per descrivere come ci si sente però di sicuro in italiano c’è tutto un linguaggio del corpo che non si conosce ma agisce come già nella fase del lattante, che non sa parlare come altri bambini che sono stati allevati da animali sicuramente hanno avuto uno sviluppo che non è come il nostro ma le sensazioni secondo me l’hanno guidato lei prima parlava dl piacere, secondo me la nostra società ha avuto troppo bisogno delle parole perché è vissuta troppo lontano…una vita troppo agiata..la psicanalisi è nata in un ambiente agiato, la Vienna signorile a quel punto lì secondo me il bambino poteva avere delle sensazioni molto forti, il piacere senza avere subito sufficientemente dolori e superati da instaurare un equilibrio e una fiducia in sé da non sentirsi impotente totalmente da dover pensare di essere perduto o morto se i genitori li abbandonavano o addirittura di ucciderli, l’errore di Cartesio sono perciò penso, il problema della nostra società è di aver diviso il cuore dalla mente, è come dividere l’anima dalla mente ma il cuore è la mente sono due distinzioni dell’anima e del corpo quando abbiamo rimessi insieme tutti e due secondo me ci accorgiamo… come mai siamo maschi e femmine…però il silenzio per fortuna esiste e non so se lei è convinto che possa essere la musica può essere un linguaggio universale.. è un linguaggio che quasi tutti possiamo comprendere, pochissimi lo parlano….sentire come verbale e non c’è un sentire corporeo, se si riequilibrasse il sentire secondo me si otterrebbe una soluzione di tantissimi problemi.

Occorre per potere sentire qualcosa come dice lei che delle sensazioni siano organizzate in modo tale da potere essere gestite in qualche modo, certo il corpo umano è provvisto di sensori che pare che siano in condizione di segnalare delle variazioni di stato, temperatura, pressione per esempio principalmente queste però anche altri strumenti possono farlo ma noi non diciamo che sentono per esempio un termometro può registrare una variazione di temperatura molto meglio del mio corpo, in modo molto più preciso e anche a temperature alle quali il mio corpo si dissolve però non diciamo che il termometro sente il calore lo misura lo registra ma non lo sente e così si potrebbero fare milioni di esempi in effetti

Il piacere o il dolore…il sentire per me è rilevare…una rilevazione di dati …è qualcosa di collegato all’anima o alla mente

Sa come si crea il piacere? Con l’attesa e la proibizione, in moltissimi casi, non sempre ovviamente e nel caso della ragazzina questo è stato una delle componenti, una cosa che ha immaginato essere un piacere tant’è che una ragazzina di quella età il più delle volte non sa neppure di cosa sta parlando esattamente però avverte qualcosa di molto importante che l’è negato e che è proibito e questo aumenta l’importanza, tutto il cristianesimo è costruito su questo, ha costruito un’idea una idea di qualche cosa che poi chiamerà piacere ma se non ci fosse un discorso che sostiene tutto ciò la ragazzina al pari di qualunque altra cosa sarebbe una sorta di macchina che sente piacere se è posta in una certa condizione, sente dolore se in un’altra, un bicchiere che cade e si spacca sente dolore? Possiamo anche dire di sì, dire qualunque cosa questo ci rende conto di qualsiasi arbitrarietà di qualunque considerazione per cui…

Intervento: Ma se uno riceve una martellata?

Certo il corpo come ho detto prima è provvisto di sensori rilevano variazioni di stato semplicemente poi da questo punto in là tutto è costruito da sensazioni previste da un sistema linguistico altrimenti una martellata in testa sì ti rompe la testa, una martellata sul bicchiere rompe il bicchiere e bello e fatto. Io provo dolore? Certo provo dolore provo quella cosa che sono stato addestrato a provare dolore, tutto questo rientra all’interno di un sistema organizzato altrimenti lo chiamerai soltanto un malfunzionamento del sistema, il dolore in se stesso non è altro che un segnalatore, segnala un malfunzionamento del sistema è come un led

Intervento:È un sistema vivente… Sente la paura sente l’aggressione

Reagisce, così come il ferro reagisce ad una calamità allo stesso modo o in modo diverso? Potremmo dire che il ferro è attratto dalla calamita che ama la calamita a tal punto da non poterne starne lontano? No! Possiamo dire qualunque cosa e il suo contrario ma non possiamo provare niente, rimangono opinioni, possiamo anche dire che noi sentiamo perché dio ci ha dato la possibilità di farlo o sentiamo perché la natura è fatta così detto questo non abbiamo detto assolutamente niente perché questa affermazione vale quanto la sua contraria o più propriamente sono opinioni, è un’opinione affermare che per esempio anche un animale che è sprovvisto di linguaggio soffre, lui di fatto non lo dice, ne abbiamo alcun modo di considerare quello che pensa, lo deduciamo da una serie di nostre considerazioni, possiamo dedurre qualunque cosa e il suo contrario non è difficile però siccome volevamo fondare la psicanalisi su qualcosa che non fosse un opinione, allora non c’era bisogno di fare nessuno sforzo teorico, qualunque cosa andava bene quanto la sua contraria,allora abbiamo abbandonato ogni cosa che certo si può dire ma in nessun modo può essere provata,e cioè un opinione, io penso così va bene, un altro pensa il contrario va bene, e allora che cosa ce ne facciamo di tutto ciò niente. Anzi se lei fosse fermamente convinto di quel che lei afferma ed io fortemente convinto del contrario e avessimo una tale forza di convinzione giungeremmo ad uno scontro probabilmente e allora la parola passa alle armi, una volta si chiamava giudizio di dio

Tortura?

No, il giudizio di dio consisteva in questo, si supponeva che dio comunque avrebbe agevolato colui che era nel vero e per cui tra i due lottatori quello che vinceva era quello che aveva l’approvazione di dio e quindi era nel giusto questo era il giudizio di dio, la tortura è un’altra questione e allora tutto ciò ci è apparso di scarso interesse, sostenere cose che sono opinioni, io la penso così quell’altro la pensa cosà va bene ma non si và da nessuna parte si gira in tondo se una persona è sufficientemente abile può dimostrare o confutare qualsiasi cosa a suo piacere, trovando anche buone argomentazioni, così come facevano i sofisti tanti secoli fa, però fondare invece una teoria, come abbiamo fatto e stiamo continuando a fare è altra cosa e cioè utilizzare per pensare l’unico elemento che può essere posto come criterio perché qualunque definizione io vorrò dare di verità io dovrò averla costruita attraverso il linguaggio perché l’avrò costruita attraverso una sequenza di passaggi e costruire proposizioni attraverso sequenze di passaggi è esattamente ciò che fa il linguaggio di qualunque definizione io voglia dare di verità anche quella che dice che le uniche cose vere sono le sensazioni corporee, questa definizione di verità è stata possibile grazie ad un criterio e questo criterio è stato fornito dal linguaggio se no questa proposizione né nessun’altra sarebbe mai potuta esistere ecco perché dicevo forse all’inizio che tutto ciò che andiamo facendo è sempre volto a ciò che costituisce la condizione di qualunque gioco si voglia fare, la prima inevitabile ineludibile condizione per potere pensare per potere pensare di non pensare comunque ne è la condizione e in assenza di questo, ecco dicevo all’inizio non è possibile né porsi domande del genere né risposte né qualsiasi altra cosa, assolutamente niente, nulla assoluto e irreversibile, detto questo però dobbiamo chiudere. Allora noi proseguiamo queste conversazioni ciascun mercoledì nella sede di via Grassi 10 e discutiamo di questioni teoriche in modo da poter proseguire il nostro obbiettivo non è soltanto la formazione di analisti ma anche proseguire nell’elaborazione teorica, intendere cioè sempre di più sempre meglio, spingere l’elaborazione teorica fino dove può arrivare, cioè oltre ogni limite. La settimana prossima ci sarà Cesare Miorin, e proseguiremo queste conversazioni, ci saranno ancora due incontri, quindi ci vediamo o domani o martedì prossimo qui oppure entrambe le cose. Grazie a ciascuno di voi.